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Sulle tracce di un fantasma

Su mille socialisti, forse uno solo ha letto un’opera economica di Marx, su mille antimarxisti, neppure uno ha letto Marx.

La Critica di Marx: Incompiutezza Versus Sistematizzazione
Pochi uomini hanno scosso il mondo come Karl Marx. Alla sua scomparsa, passata pressoché inosservata, fece immediatamente seguito, con una rapidità che nella storia ha rari esempi ai quali poter essere confrontata, l’eco della fama. Ben presto, il nome di Marx fu sulle bocche dei lavoratori di Chicago e Detroit, così come su quelle dei primi socialisti indiani a Calcutta. La sua immagine fece da sfondo al congresso dei bolscevichi a Mosca dopo la rivoluzione. Il suo pensiero ispirò programmi e statuti di tutte le organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio, dall’intera Europa sino a Shanghai.

Le sue idee hanno irreversibilmente stravolto la filosofia, la storia, l’economia. Eppure, nonostante l’affermazione delle sue teorie, trasformate nel XX secolo in ideologia dominante e dottrina di Stato per una gran parte del genere umano e l’enorme diffusione dei suoi scritti, egli rimane, ancora oggi, privo di un’edizione integrale e scientifica delle proprie opere. Tra i più grandi autori, questa sorte è toccata esclusivamente a lui.

Ragione primaria di questa particolarissima condizione risiede nel carattere largamente incompleto della sua opera. Se si escludono, infatti, gli articoli giornalistici editi nel quindicennio 1848-1862, gran parte dei quali destinati al «New-York Tribune», all’epoca uno dei più importanti quotidiani del mondo, i lavori pubblicati furono relativamente pochi, se comparati ai tanti realizzati solo parzialmente ed all’imponente mole di ricerche svolte . Emblematicamente, quando nel 1881, in uno dei suoi ultimi anni di vita, Marx fu interrogato da Karl Kautsky, circa l’opportunità di un’edizione completa delle sue opere, egli rispose: «queste dovrebbero prima di tutto essere scritte» .

Marx lasciò, dunque, molti più manoscritti di quanti non ne diede invece alle stampe . Contrariamente a come in genere si ritiene, la sua opera fu frammentaria e talvolta contraddittoria, aspetti che ne evidenziano una delle caratteristiche peculiari: l’incompiutezza. Il metodo oltremodo rigoroso e l’autocritica più spietata, che determinarono l’impossibilità di condurre a termine molti dei lavori intrapresi; le condizioni di profonda miseria ed il permanente stato di cattiva salute, che lo attanagliarono per tutta la vita; l’inestinguibile passione conoscitiva, che restò inalterata nel tempo spingendolo sempre verso nuovi studi; ed infine, la consapevolezza acquisita con la piena maturità della difficoltà di rinchiudere la complessità della storia in un progetto teorico, fecero proprio dell’incompiutezza la fedele compagna e la dannazione dell’intera produzione di Marx e della sua stessa esistenza. Il colossale piano della sua opera non fu portato a termine che per un’esigua parte, risolvendo in un fallimento letterario le sue incessanti fatiche intellettuali, che non per questo meno si mostrarono meno geniali e feconde di straordinarie conseguenze. Tuttavia, nonostante la frammentarietà del Nachlass di Marx e la sua ferma contrarietà ad erigere un’ulteriore dottrina sociale, l’opera incompiuta fu sovvertita e un nuovo sistema, il «marxismo», poté sorgere.

Dopo la morte di Marx, avvenuta nel 1883, fu Friedrich Engels a dedicarsi per primo alla difficilissima impresa, stante la dispersività dei materiali, l’astrusità del linguaggio e l’illeggibilità della grafia, di dare alle stampe il lascito dell’amico. Il lavoro si concentrò sulla ricostruzione e selezione degli originali, sulla pubblicazione dei testi inediti o incompleti e, contemporaneamente, sulle riedizioni e traduzioni degli scritti già noti.

Anche se vi furono delle eccezioni, come nel caso delle [Tesi su Feurbach] , edite nel 1888 in appendice al suo Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, e della [Critica al programma di Gotha] uscita nel 1891, Engels privilegiò quasi esclusivamente il lavoro editoriale per il completamento de Il capitale, del quale era stato portato a termine soltanto il libro primo. Questo impegno, durato oltre un decennio, fu perseguito con il preciso intento di realizzare «un’opera organica e il più possibile compiuta» . Tale scelta, seppur rispondente ad esigenze comprensibili, produsse il passaggio da un testo parziale e provvisorio, composto in molte parti da «pensieri scritti in statu nascendi» e da appunti preliminari che Marx era solito riservarsi per ulteriori elaborazioni dei temi trattati, ad un altro unitario, dal quale originava la parvenza di una teoria economica sistematica e conclusa. Così, nel corso della sua attività redazionale, basata sulla cernita di quei testi che si presentavano non come versioni finali quanto, invece, come vere e proprie varianti e sulla esigenza di uniformarne l’insieme, Engels più che ricostruire la genesi e lo sviluppo del secondo e del terzo libro de Il Capitale, ben lontani dalla loro definitiva stesura, consegnò alle stampe dei volumi finiti .

D’altronde, in precedenza, egli aveva contribuito a generare un processo di sistematizzazione teorica già direttamente con i suoi scritti. L’Anti-Dühring, apparso nel 1878, da lui definito l’«esposizione più o meno unitaria del metodo dialettico e della visione comunista del mondo rappresentati da Marx e da me» , divenne il riferimento cruciale nella formazione del «marxismo» come sistema e nella differenziazione di questo dal socialismo eclettico, in quel periodo prevalente. Ancora maggiore incidenza ebbe L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza, rielaborazione, a fini divulgativi, di tre capitoli dello scritto precedente che, pubblicata per la prima volta nel 1880, conobbe fortuna analoga a quella del Manifesto del partito comunista. Seppur vi fu una netta distinzione tra questo tipo di volgarizzazione, compiuta in aperta polemica con le scorciatoie semplicistiche delle sintesi enciclopediche, e quello di cui si rese invece protagonista la successiva generazione della socialdemocrazia tedesca, il ricorso di Engels alle scienze naturali aprì la strada alla concezione evoluzionistica che, di lì a poco, si sarebbe affermata anche nel movimento operaio.

Il pensiero di Marx, pur se a volte attraversato da tentazioni deterministiche, indiscutibilmente critico ed aperto, cadde sotto i colpi del clima culturale dell’Europa di fine Ottocento, pervaso, come non mai, da concezioni sistematiche, prima tra tutte il darwinismo. Per rispondere ad esse ed al bisogno di ideologia che avanzava anche tra le file del movimento dei lavoratori, il neonato «marxismo», che andava sempre più estendendosi da teoria scientifica a dottrina politica – divenuto precocemente ortodossia sulle pagine della rivista «Die Neue Zeit» diretta da Kautsky – assunse rapidamente medesima conformazione sistemica. In questo contesto, la diffusa ignoranza ed avversione all’interno del partito tedesco nei riguardi di Hegel, vero e proprio arcano impenetrabile , e della sua dialettica, ritenuta finanche «l’elemento infido della dottrina marxista, l’insidia che intralcia ogni considerazione coerente delle cose» , giocarono un ruolo decisivo.

Ulteriori fattori che contribuirono a consolidare definitivamente la trasformazione dell’opera di Marx in sistema, sono rintracciabili nelle modalità che ne accompagnarono la diffusione. Com’è dimostrato dalla tiratura ridotta delle edizioni dell’epoca dei suoi testi, ne furono privilegiati opuscoli di sintesi e compendi molto parziali. Alcune delle sue opere, inoltre, recavano gli effetti delle strumentalizzazioni politiche. Comparvero, infatti, le prime edizioni rimaneggiate dai curatori, pratica che, favorita dall’incertezza del lascito marxiano, andò, in seguito, sempre più imponendosi insieme con la censura di alcuni scritti. La forma manualistica, notevole veicolo di esportazione del pensiero di Marx nel mondo, rappresentò sicuramente uno strumento molto efficace di propaganda, ma anche l’alterazione fatale della concezione iniziale. La divulgazione della sua opera, dal carattere complesso ed incompiuto, nell’incontro col positivismo e per meglio rispondere alle esigenze pratiche del partito proletario, si tradusse, infine, in impoverimento e volgarizzazione del patrimonio originario , fino a renderlo irriconoscibile trasfigurandolo da Kritik a Weltanschauung.

Dallo sviluppo di questi processi, prese corpo una dottrina dalla schematica ed elementare interpretazione evoluzionistica, intrisa di determinismo economico: il «marxismo» del periodo della Seconda Internazionale (1889-1914). Guidata da una ferma quanto ingenua convinzione del procedere automatico della storia, e dunque dell’ineluttabile successione del socialismo al capitalismo, essa si mostrò incapace di comprendere l’andamento reale del presente e, rompendo il necessario legame con la prassi rivoluzionaria, produsse una sorta di quietismo fatalistico che si tramutò in fattore di stabilità per l’ordine esistente . Si palesava in questo modo la profonda lontananza da Marx, che già nella sua prima opera aveva dichiarato: «la storia non fa niente (…) non è la ‘storia’ che si serve dell’uomo come mezzo per attuare i propri fini, come se essa fosse una persona particolare; essa non è altro che l’attività dell’uomo che persegue i suoi fini» .

La teoria del crollo (Zusammenbruchstheorie), ovvero la tesi della fine incombente della società capitalistico-borghese, che ebbe nella crisi economica della Grande Depressione, dispiegatasi lungo il ventennio successivo al 1873, il contesto più favorevole per esprimersi, fu proclamata come l’essenza più intima del socialismo scientifico. Le affermazioni di Marx, volte a delineare i principi dinamici del capitalismo e, più in generale, a descriverne una tendenza di sviluppo , furono trasformate in leggi storiche universalmente valide dalle quali far discendere, sin nei particolari, il corso degli eventi.

L’idea di un capitalismo agonizzante, autonomamente destinato al tramonto, fu presente anche nell’impianto teorico della prima piattaforma interamente «marxista» di un partito politico, Il programma di Erfurt del 1891, e nel commento che ne fece Kautsky che enunciava come «l’inarrestabile sviluppo economico porta alla bancarotta del modo di produzione capitalistico con necessità di legge naturale. La creazione di una nuova forma di società al posto di quella attuale non è più solo qualcosa di desiderabile ma è diventata inevitabile» . Esso fu la rappresentazione, più significativa ed evidente, dei limiti intrinseci all’elaborazione dell’epoca, nonché dell’abissale distanza prodottasi da colui che ne era stato l’ispiratore.

Lo stesso Eduard Bernstein, che concependo il socialismo come possibilità e non come ineluttabilità aveva segnato una discontinuità con le interpretazioni in quel periodo dominanti, operò una lettura di Marx altrettanto artefatta che non si discostava minimamente da quelle del tempo e contribuì a diffonderne, mediante la vasta risonanza che ebbe il Bernstein-Debatte, un’immagine egualmente alterata e strumentale.

Il «marxismo» russo, che nel corso del Novecento svolse un ruolo fondamentale nella divulgazione del pensiero di Marx, seguì questa traiettoria di sistematizzazione e volgarizzazione con un irrigidimento persino maggiore. Per il suo più importante pioniere, Gheorghi Plekhanov, infatti, «il marxismo è una completa concezione del mondo» , improntata ad un semplicistico monismo in base al quale le trasformazioni sovrastrutturali della società procedono in maniera simultanea alle modificazioni economiche. In Materialismo ed empiriocriticismo del 1909, Lenin definisce il materialismo come «il riconoscimento della legge obiettiva della natura, e del riflesso approssimativamente fedele di questa legge nella testa dell’uomo» . La volontà e la coscienza del genere umano devono «inevitabilmente e necessariamente» adeguarsi alla necessità della natura. Ancora una volta a prevalere è l’impostazione positivistica.

Dunque, a dispetto dell’aspro scontro ideologico apertosi durante quegli anni, molti degli elementi teorici caratteristici della deformazione operata dalla Seconda Internazionale trapassarono in quelli che avrebbero contrassegnato la matrice culturale della Terza Internazionale. Questa continuità si manifestò, con ancora più evidenza, in Teoria del materialismo storico, pubblicato nel 1921 da Nikolaj Bucharin, secondo il quale «sia nella natura che nella società, i fenomeni sono regolati da determinate leggi. Il primo compito della scienza è scoprire questa regolarità» . L’esito di questo determinismo sociale, interamente incentrato sullo sviluppo delle forze produttive, generò una dottrina secondo la quale «la molteplicità delle cause che fanno sentire la loro azione nella società non contraddice affatto l’esistenza di una legge unica dell’evoluzione sociale» .

La critica di Antonio Gramsci che si oppose a siffatta concezione, per la quale la «posizione del problema come una ricerca di leggi, di linee costanti, regolari, uniformi è legata a una esigenza, concepita in modo un po’ puerile e ingenuo, di risolvere perentoriamente il problema pratico della prevedibilità degli accadimenti storici» , riveste particolare interesse. Il suo netto rifiuto a restringere la filosofia della praxis marxiana a grossolana sociologia, a «ridurre una concezione del mondo a un formulario meccanico che dà l’impressione di avere tutta la storia in tasca» , fu tanto più importante poiché si spingeva oltre lo scritto di Bucharin e mirava a condannare quell’orientamento assai più generale che sarebbe poi prevalso, in maniera incontrastata, in Unione Sovietica.

Con l’affermazione del «marxismo-leninismo», il processo di snaturamento del pensiero di Marx conobbe la sua definitiva manifestazione. La teoria fu estromessa dalla funzione di guida dell’agire, divenendone, viceversa, giustificazione a posteriori. Il punto di non ritorno fu raggiunto con il «Diamat» (Dialekticeskij materialzm), «la concezione del mondo del partito marxista-leninista» . L’opuscolo di Stalin del 1938, Del materialismo dialettico e del materialismo storico, che ebbe una straordinaria diffusione, ne fissava i tratti essenziali: i fenomeni della vita collettiva sono regolati da «leggi necessarie dello sviluppo sociale», «perfettamente conoscibili»; «la storia della società si presenta come uno sviluppo necessario della società, e lo studio della storia della società diventa una scienza». Ciò «vuol dire che la scienza della storia della società, nonostante tutta la complessità dei fenomeni della vita sociale, può diventare una scienza altrettanto esatta quanto, ad esempio, la biologia, capace di utilizzare le leggi di sviluppo della società per servirsene nella pratica» e che, di conseguenza, compito del partito del proletariato è fondare la propria attività in base a queste leggi. È evidente come il fraintendimento intorno ai concetti di «scientifico» e «scienza» fosse giunto al suo culmine. La scientificità del metodo marxiano, fondata su criteri teorici scrupolosi e coerenti, fu sostituita con il modo di procedere delle scienze naturali che non contemperava contraddizione alcuna.

Accanto a questo catechismo ideologico, trovò terreno fertile il più rigido ed intransigente dogmatismo. Completamente estraneo ed avulso dalla complessità sociale, esso si sosteneva, come sempre accade quando si propone, con un’arrogante quanto infondata cognizione della realtà. Circa l’inesistente legame con Marx, basta ricordare quello che era il suo motto preferito: De omnibus dubitandum .

L’ortodossia «marxista-leninista» impose un’inflessibile monismo che non mancò di produrre effetti perversi anche sugli scritti di Marx. Inconfutabilmente, con la Rivoluzione Sovietica il «marxismo» visse un significativo momento di espansione e circolazione in ambiti geografici e classi sociali dai quali era, sino ad allora, stato escluso. Tuttavia, ancora una volta, la diffusione dei testi, più che riguardare direttamente quelli di Marx, concerneva manuali di partito, vademecum, antologie «marxiste» su svariati argomenti. Inoltre, invalse sempre più la censura di alcune opere, lo smembramento e la manipolazione di altre, così come la pratica dell’estrapolazione e dell’astuto montaggio delle citazioni. A queste, il cui ricorso rispondeva a fini preordinati, venne destinato lo stesso trattamento che il brigante Procuste riservava alle sue vittime: se troppo lunghe venivano amputate, se troppo corte allungate.

In conclusione, il rapporto tra la divulgazione e la non schematizzazione di un pensiero, a maggior ragione per quello critico e volutamente non sistemico di Marx, tra la sua popolarizzazione e l’esigenza di non impoverirlo, è senz’altro impresa difficile da realizzare. In ogni caso a Marx non poté capitare di peggio.

Piegato da più parti in funzione di contingenze e necessità politiche, venne a queste assimilato e nel loro nome vituperato. La sua teoria, da critica quale era, fu utilizzata a mo’ di esegesi di versetti biblici. Nacquero così i più impensabili paradossi. Contrario a «prescrivere ricette (…) per l’osteria dell’avvenire» , fu trasformato, invece, nel padre illegittimo di un nuovo sistema sociale. Critico rigorosissimo e mai pago di punti d’approdo, divenne la fonte del più ostinato dottrinarismo. Strenuo sostenitore della concezione materialistica della storia, è stato sottratto al suo contesto storico più d’ogni altro autore. Certo «che l’emancipazione della classe operaia dev’essere opera dei lavoratori stessi» , venne ingabbiato, al contrario, in una ideologia che vide prevalere il primato delle avanguardie politiche e del partito nel ruolo di propulsori della coscienza di classe e di guida della rivoluzione. Convinto assertore dell’abolizione dello Stato, si ritrovò ad esserne identificato come suo baluardo. Interessato come pochi altri pensatori al libero sviluppo delle individualità degli uomini, affermando, contro il diritto borghese che cela le disparità sociali dietro una mera uguaglianza legale, che «il diritto, invece di essere uguale, dovrebbe essere diseguale» , è stato accomunato ad una concezione che ha neutralizzato la ricchezza della dimensione collettiva nell’indistinto dell’omologazione.

L’incompiutezza originaria del grande lavoro critico di Marx soggiacque alle spinte della sistematizzazione degli epigoni che produssero, inesorabilmente, lo snaturamento del suo pensiero sino ad obliterarlo ed a divenirne sua manifesta negazione.

UN AUTORE MISCONOSCIUTO
«Gli scritti di Marx ed Engels (…) furon essi mai letti per intero da nessuno, il quale si trovasse fuori dalla schiera dei prossimi amici ed adepti, e quindi, dei seguaci e degl’interpreti diretti degli autori stessi?» Così Antonio Labriola andava interrogandosi, nel 1897, su quanto fosse sino ad allora conosciuto delle loro opere. Le sue conclusioni furono inequivocabili: «il leggere tutti gli scritti dei fondatori del socialismo scientifico è parso fino ad ora come un privilegio da iniziati»; il «materialismo storico» era giunto fra i popoli di lingue neolatine «attraverso una infinità di equivoci, di malintesi di alterazioni grottesche, di strani travestimenti e di gratuite invenzioni» . Un «marxismo» immaginario. In effetti, come poi dimostrato dalla successiva ricerca storiografica, la convinzione che Marx ed Engels fossero stati veramente letti è stata il frutto di una leggenda agiografica. Al contrario, molti dei suoi testi erano rari o irreperibili anche in lingua originale e, dunque, l’invito dello studioso italiano: dare vita ad «una edizione completa e critica di tutti gli scritti di Marx ed Engels» , indicava un’ineludibile necessità generale. Per Labriola, non bisognava né compilare antologie, né redigere un Testamentum juxta canonem receptum, bensì «tutta la operosità scientifica e politica, tutta la produzione letteraria, sia pur essa occasionale, dei due fondatori del socialismo critico, deve essere messa alla portata dei lettori (…) perché essi parlino direttamente a chiunque abbia voglia di leggerli» . Oltre un secolo dopo il suo auspicio, questo progetto non è stato ancora realizzato.

Accanto a queste valutazioni prevalentemente filologiche, Labriola ne avanzava altre di carattere teorico, di sorprendente lungimiranza in relazione all’epoca nella quale visse. Egli considerava tutti gli scritti ed i lavori di circostanza di Marx ed Engels non portati a termine come «i frammenti di una scienza e di una politica, che è in continuo divenire». Per evitare di cercare al loro interno «ciò che non c’è, e non ci ha da essere», ovvero «una specie di volgata o di precettistica per la interpretazione della storia di qualunque tempo e luogo», essi potevano essere pienamente compresi solo se ricollegati al momento ed al contesto della loro genesi. Diversamente, coloro i quali «non intendono il pensare ed il sapere come operosità che sono in fieri», ossia «i dottrinari e i presuntuosi d’ogni genere, che han bisogno degl’idoli della mente, i facitori di sistemi classici buoni per l’eternità, i compilatori di manuali e di enciclopedie, cercheranno per torto e per rovescio nel marxismo ciò che esso non ha mai inteso di offrire a nessuno» : una soluzione sommaria e fideistica ai quesiti della storia.

Naturale esecutore della realizzazione dell’opera omnia non avrebbe potuto essere che la Sozialdemokratischen Partei Deutschlands, detentrice del Nachlaß e delle maggiori competenze linguistiche e teoriche. Tuttavia, i conflitti politici in seno alla socialdemocrazia, non solo impedirono la pubblicazione dell’imponente e rilevante massa dei lavori inediti di Marx, ma produssero anche la dispersione dei suoi manoscritti, compromettendo ogni ipotesi di edizione sistematica. Incredibilmente il partito tedesco non ne curò alcuna, trattando l’eredità letteraria di Marx ed Engels con la massima negligenza . Nessuno tra i suoi teorici si occupò di stilare un elenco del lascito intellettuale dei due fondatori, composto da molti manoscritti incompleti e progetti incompiuti. Tanto meno vi fu chi si dedicò a raccogliere la corrispondenza, voluminosissima ma estremamente disseminata, pur essendo utilissima come fonte di chiarimento, quando non addirittura continuazione, dei loro scritti. La biblioteca, infine, contenente i libri da loro posseduti recanti gli interessanti marginalia e sottolineature, fu ignorata, in parte dispersa e solo in seguito ricostruita e catalogata.

La prima pubblicazione delle opere complete, la Marx Engels Gesamtausgabe (MEGA), prese avvio solamente negli anni Venti, per iniziativa di David Borisovič Rjazanov, principale conoscitore di Marx nel Novecento e direttore dell’Istituto Marx-Engels di Mosca. Anche quest’impresa, però, naufragò a causa delle tempestose vicende del movimento operaio internazionale che troppo spesso ostacolarono anziché favorire l’edizione dei loro testi. Le epurazioni dello stalinismo in Unione Sovietica, che s’abbatterono anche sugli studiosi che guidavano il progetto, e l’avvento del nazismo in Germania, portarono alla precoce interruzione dell’edizione, vanificando anche questo tentativo. Si produsse così la contraddizione assoluta della nascita di un’ideologia inflessibile che s’ispirava ad un autore la cui gigantesca opera era in parte ancora inesplorata. L’affermazione del «marxismo» e la sua cristallizzazione in corpus dogmatico precedettero la conoscenza di testi la cui lettura era indispensabile per comprendere la formazione e l’evoluzione del pensiero di Marx . I principali lavori giovanili, infatti, furono dati alle stampe solo con la MEGA: [Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico] nel 1927, i [Manoscritti economico-filosofici del 1844] e [L’ideologia tedesca] nel 1932. Ancora successivamente, in tirature che riuscirono ad assicurare soltanto una scarsissima diffusione, furono pubblicati alcuni importanti lavori preparatori de Il capitale: nel 1933 il [Capitolo VI inedito] e tra il 1939 ed il 1941 i quaderni dei [Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica], meglio noti come Grundrisse. Questi inediti, inoltre, come gli altri che seguirono, quando non celati nel timore che potessero erodere il cànone ideologico dominante, furono accompagnati da un’interpretazione funzionale alle esigenze politiche che, nella migliore delle ipotesi, apportava scontati aggiustamenti a quella già predeterminata e che mai si tradusse in seria ridiscussione complessiva dell’opera.

Il tortuoso processo della diffusione degli scritti di Marx e l’assenza di una loro edizione integrale, insieme con la primaria incompiutezza, il lavoro scellerato degli epigoni, le letture tendenziose e le più numerose non letture, sono le cause principali del grande paradosso: Karl Marx è un autore misconosciuto, vittima di una profonda e reiterata incomprensione . Lo è stato nel periodo durante il quale il «marxismo» era politicamente e culturalmente egemone, tale rimane ancora oggi.

UN’OPERA PER L’OGGI
Liberata dall’odiosa funzione di instrumentum regni, cui in passato è stata destinata, e dalla fallacia del «marxismo», dal quale viene definitivamente separata, l’opera di Marx riemerge nella sua originale incompiutezza ed è riconsegnata ai liberi campi del sapere. Sottratta a sedicenti proprietari ed a costrittivi modi d’impiego , il pieno dispiegarsi della sua preziosa ed immensa eredità teorica, in parte ancora inedita, è reso finalmente possibile.

Con l’ausilio della filologia trovano risposta l’esigenza non più eludibile di ricognizione delle fonti, per tanto tempo avvolte e mistificate dalla propaganda apologetica, ed il bisogno di disporre di un indice certo e definitivo di tutti i manoscritti di Marx. Essa si offre come imprescindibile mezzo per far luce sul suo testo, ristabilendone l’originario orizzonte problematico e polimorfo ed evidenziandone l’enorme divario con molte delle interpretazioni e delle esperienze politiche che, pur essendosi a lui richiamate, ne hanno trasmesso una percezione oltremodo sminuente. Leggere Marx con l’intento di ricostruirne la genesi degli scritti e il quadro storico nel quale nacquero, di evidenziarne l’importanza del debito intellettuale dell’elaborazione, di considerarne il carattere costantemente multidisciplinare : è l’impegnativo compito che la nuova Marx Forschung ha innanzi a sé e che necessita, per essere perseguito, di un orientamento permanentemente critico e lontano dal fuorviante condizionamento dell’ideologia. Tuttavia, quella di Marx non è soltanto un’opera priva di un’adeguata interpretazione critica in grado di rendere giustizia al suo genio , ma è anche un’opera in costante ricerca d’autore.

Le riflessioni di Marx sono attraversate da una differenza irriducibile, da un carattere del tutto particolare rispetto a quelle della maggior parte degli altri pensatori. Esse racchiudono un inscindibile legame tra teoria e prassi e sono persistentemente rivolte ad un soggetto privilegiato e concreto: «il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente» (die wirkliche Bewegung welche den jetzigen Zustand aufhebt), al quale viene affidato il «rovesciamento pratico dei rapporti sociali esistenti» (den praktischen Umsturz der realen gesellschaftlichen Verhältnisse) . Credere di poter relegare il patrimonio teorico e politico di Marx ad un passato che non avrebbe più niente da dire ai conflitti odierni, di circoscriverlo alla funzione di classico mummificato con un interesse inoffensivo per l’oggi o di rinchiuderlo in specialismi meramente speculativi, si rivelerebbe impresa errata al pari di quella che lo ha trasformato nella sfinge del grigio socialismo reale del Novecento.

La sua opera conserva confini e pretese ben più vasti degli àmbiti delle discipline accademiche. Senza il pensiero di Marx mancherebbero i concetti per comprendere e descrivere il mondo contemporaneo, così come gli strumenti critici per invertire la subalternità al credo imperante che presume di poter raffigurare il presente con le sembianze antistoriche della naturalità e dell’immutabilità.

Senza Marx saremmo condannati ad una vera e propria afasia critica. Non tragga in inganno l’apparente inattualità, l’assoluto ed unanime dogma che ne decreta con certezza l’oblio. Le sue idee potranno invece suscitare nuovi entusiasmi, stimolare ulteriori feconde riflessioni e subire altre alterazioni. La causa dell’emancipazione umana dovrà ancora servirsi di lui. Critico insuperato del sistema di produzione capitalistico, Karl Marx sarà fondamentale fino al suo superamento. Il suo «spettro» è destinato ad aggirarsi per il mondo ed a far agitare l’umanità ancora per molto.

APPENDICE: CRONOLOGIA DELLE OPERE DI MARX

ANNO TITOLO DELL’OPERA INFORMAZIONI SULLE EDIZIONI
1841 [Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro]

1902: in Aus dem literarischen Nachlass von Karl Marx, Friedrich Engels und Ferdinand Lassalle, a cura di Mehring (versione parziale).

1927: in MEGA I/1.1, a cura di Rjazanov.

1842-43 Articoli per la «Gazetta Renana» Quotidiano stampato a Colonia.
1843 [Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico] 1927: in MEGA I/1.1, a cura di Rjazanov.
1844 Saggi per gli «Annali Franco-Tedeschi» Sono inclusi Sulla questione ebraica e Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione. Unico numero pubblicato a Parigi. La maggior parte delle copie furono confiscate dalla polizia.
1844 [Manoscritti economico-filosofici del 1844] 1932: in Der historische Materialismus, a cura di Landshut e Mayer ed in MEGA I/3, a cura di Adoratskij (le edizioni differiscono per contenuto e ordine delle parti). Il testo fu escluso dai volumi numerati della MEW e pubblicato separatamente.
1845 La sacra famiglia (con Engels) Pubblicato a Francoforte sul Meno.
1845 [Tesi su Feuerbach] 1888: in appendice alla ristampa del Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca di Engels.
1845-46 [L’ideologia tedesca] (con Engels)

1903-1904: in «Dokumente des Sozialismus», a cura di Bernstein (versione parziale e rimaneggiata).

1932: in Der historische Materialismus, a cura di Landshut e Mayer ed in MEGA I/3, a cura di Adoratskij (le edizioni differiscono per contenuto e ordine delle parti).

1847 Miseria della filosofia Stampato a Bruxelles e Parigi. Testo in francese.
1848 Discorso sulla questione del libero scambio Pubblicato a Bruxelles. Testo in francese.
1848 Manifesto del partito comunista (con Engels) Stampato a Londra. Conquistò una certa diffusione a partire dagli anni Settanta.
1848-49 Articoli per la «Nuova Gazzetta Renana» Quotidiano uscito a Colonia. Vi è incluso Lavoro salariato e capitale.
1850 Articoli per la «Nuova Gazzetta Renana. Rivista politico-economica» Fascicoli mensili stampati ad Amburgo in tiratura esigua. Comprendono Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850.
1852 Il diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte Pubblicato a New York nel primo fascicolo di «Die Revolution». La maggior parte delle copie non furono ritirate dalla stamperia per difficoltà finanziarie. In Europa giunse solo un numero insignificante di esemplari. La seconda edizione – rielaborata da Marx – comparve solo nel 1869.
1851-62 Articoli per il «New-York Tribune» Molti degli articoli furono redatti da Engels.
1852 [I grandi uomini dell’esilio] (con Engels) 1930: in «Archiv Marksa i Engel’sa» (edizione russa). Il manoscritto era stato precedentemente occultato da Bernstein.
1853 Rivelazioni sul processo contro i comunisti a Colonia Stampato come opuscolo anonimo a Basilea (quasi tutti i duemila esemplari furono sequestrati dalla polizia) ed a Boston. Nel 1874 la ristampa sul «Volksstaat» nella quale Marx appariva come autore, nel 1875 la versione in libro.
1853-54 Lord Palmerston Testo in inglese. Pubblicato inizialmente in forma di articoli su «New-York Tribune» e «The People’s Paper». In seguito divenne un opuscolo.
1854 Il cavaliere dalla nobile coscienza Pubblicato a New York in forma di opuscolo.
1856-57 Rivelazioni sulla storia diplomatica del diciottesimo secolo Testo in inglese. Nonostante fosse stato già pubblicato da Marx, venne successivamente omesso e pubblicato ad Est solo nel 1986 nelle MECW.
1857 [Introduzione ai Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica] 1903: in «Die Neue Zeit», a cura di Kautsky con notevoli discordanze con l’originale.
1857-58 [Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica]

1939-1941: edizione di esigua diffusione.

1953: ristampa che ne permise l’effettiva circolazione.

1859 Per la critica dell’economia politica Stampato in mille copie a Berlino.
1860 Herr Vogt Stampato a Londra con scarsa risonanza.
1861-63 [Per la critica dell’economia politica (Manoscritto 1861-1863)]

1905-1910: Teorie sul plusvalore, a cura di Kautsky (versione rimaneggiata). Il testo conforme all’originale apparve solo nel 1954 (edizione russa) e nel 1956 (edizione tedesca).

1976-1982: pubblicazione integrale di tutto il manoscritto, in MEGA² II/3.1-3.6.

1863-64 [Sulla questione polacca] 1961: Manuskripte über die polnische Frage, a cura dell’IISG.
1863-67 [Manoscritti economici 1863-1867]

1894: Il capitale. Libro terzo. Il processo complessivo della produzione capitalistica, a cura di Engels (basato anche su manoscritti successivi, editi in MEGA² II/14 ed in preparazione in MEGA² II/4.3).

1933: Libro primo. Capitolo VI inedito, in «Archiv Marksa i Engel’sa».

1988: pubblicazione di manoscritti del Libro primo e del Libro secondo, in MEGA² II/4.1.

1992: pubblicazione di manoscritti del Libro terzo, in MEGA² II/4.2.

1864-72 Indirizzi, risoluzioni, circolari, manifesti, programmi, statuti per la «Associazione Internazionale degli Operai». Testi per lo più in inglese. Includono l’Indirizzo inaugurale dell’Associazione internazionale degli operai e Le cosiddette scissioni nell’Internazionale (con Engels).
1865 [Salario, prezzo e profitto] 1898: a cura di Eleonor Marx. Testo in inglese.
1867 Il capitale. Libro primo. Il processo di produzione del capitale Stampato in mille esemplari ad Amburgo. Seconda edizione nel 1873 in tremila copie. Traduzione russa nel 1872.
1870 [Manoscritto al libro secondo de „Il capitale“] 1885: Il capitale. Libro secondo. Il processo di circolazione del capitale, a cura di Engels (basato anche sul manoscritto del 1880-1881 e su quelli più brevi del 1867-1868 e del 1877-1878, in preparazione in MEGA² II/11).
1871 La guerra civile in Francia Testo in inglese. L’opera conobbe in breve tempo numerose edizioni e traduzioni.
1872-75 Il capitale. Libro I: Il processo di produzione del capitale (edizione francese) Testo rielaborato per la traduzione francese uscita in fascicoli. Secondo Marx dotato di un «valore scientifico indipendente dall’originale».
1874-75 [Note su „Stato e Anarchia“ di Bakunin] 1928: in «Letopisi marxisma», prefazione di Rjazanov (edizione russa). Manoscritto con estratti in russo e commenti in tedesco.
1875 [Critica al programma di Gotha] 1891: in «Die Neue Zeit», a cura di Engels che modificò alcuni passi dell’originale.
1875 [Il rapporto tra saggio del plusvalore e saggio del profitto sviluppato matematicamente] 2003: in MEGA² II/14.
1877 Dalla «Storia critica» (capitolo dell’Anti-Dühring di Engels) Pubblicato parzialmente sul «Vorwärts» e poi integralmente nell’edizione in volume.
1879-80 [Annotazioni su „La proprietà comune rurale“ di Kovalevskij] 1977: in Karl Marx über Formen vorkapitalistischer Produktion, a cura dell’IISG.
1879-80 [Glosse marginali al „Manuale di economia politica“ di Wagner] 1932: in Das Kapital (versione parziale).
1933: in SOČ XV (edizione russa).
1880-81 [Estratti da „La società antica“ di Morgan] 1972: in The Ethnological Notebooks of Karl Marx, a cura dell’IISG. Manoscritto con estratti in inglese.
1881-82 [Estratti cronologici 90 a. C. – 1648 ca.] 1938-1939: in «Archiv Marksa i Engel’sa» (versione parziale, edizione russa).
1953: in Marx, Engels, Lenin, Stalin Zur deutschen Geschichte (versione parziale).

Riferimenti
1. Boris Nikolaevskij-Otto Maenchen-Helfen, Karl Marx. La vita e l’opera, Einaudi, Torino 1969, p. 7.
2. La testimonianza più significativa del ciclopico lavoro di Marx è resa dai compendi e dagli appunti di studio pervenutici. Fin dal periodo universitario, infatti, Marx aveva assunto l’abitudine, mantenuta per tutta la vita, di compilare quaderni di estratti dai libri che leggeva, intervallandoli, spesso, con le riflessioni che essi gli suggerivano. Il Nachlaß di Marx contiene circa duecento quaderni e taccuini di riassunti, essenziali per la conoscenza e la comprensione della genesi della sua teoria e delle parti di essa che non ebbe modo di sviluppare. I suoi estratti conservati, che coprono il lungo arco di tempo dal 1838 fino al 1882, sono scritti in 8 lingue – tedesco, greco antico, latino, francese, inglese, italiano, spagnolo e russo – e ineriscono alle più svariate discipline. Essi furono desunti da testi di filosofia, arte, religione, politica, diritto, letteratura, storia, economia politica, relazioni internazionali, tecnica, matematica, fisiologia, geologia, mineralogia, agronomia, etnologia, chimica e fisica; oltre che da articoli di quotidiani e riviste, resoconti parlamentari, statistiche, rapporti e pubblicazioni di uffici governativi – è il caso dei famosi Blue Books, in particolare i Reports of the inspectors of factories, le cui indagini furono di grande importanza per i suoi studi. Questa sterminata miniera di sapere, in larga parte ancora inedita, fu il cantiere della teoria critica di Marx. La quarta sezione della MEGA², Exzerpte, Notizen, Marginalien, concepita in trentadue volumi, ne permetterà, quando completata, finalmente l’accesso.
3. Benedikt Kautsky (a cura di), Friedrich Engels’ Briefwechsel mit Karl Kautsky, Danubia Verlag, Wien 1955, p. 32; tr. it. parz. Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx e Engels, Einaudi, Torino 1977, p. 438 (tr. modificata).
4. In proposito si veda la cronologia delle sue opere in appendice.
5. Cfr. Maximilien Rubel, Marx critique du marxisme, Payot, Paris 2000 (1974), pp. 439-440; tr. it. parz. Marx critico del marxismo, Cappelli, Bologna 1981, p. 109 e Bruno Bongiovanni, Le repliche della storia, Bollati Boringhieri, Torino 1989, p. 7.
6. Nel presente saggio i manoscritti incompiuti di Marx, pubblicati da editori successivi, sono inseriti tra parentesi quadre.
7. Friedrich Engels, Vorwort a Karl Marx, Das Kapital, Zweiter Band, Marx Engels Werke, Band 24, Dietz Verlag, Berlin 1963, p. 7; tr. it. Prefazione a Karl Marx, Il capitale, Libro secondo, Editori Riuniti, Roma 1965, p. 9.
8. Friedrich Engels, Vorwort a Karl Marx, Das Kapital, Dritter Band, MEGA² II/15, Akademie Verlag, Berlin 2004, p.7; tr. it. Prefazione a Karl Marx, Il capitale, Libro terzo, Editori Riuniti, Roma 1965, p. 10.
9. Le più recenti acquisizioni filologiche valutano che gli interventi eseguiti da Engels, durante il suo lavoro di curatore, sui manoscritti del secondo e del terzo libro de Il capitale, ammontano a circa cinquemila. Una quantità di gran lunga superiore a quella sino ad oggi presunta. Le modifiche al testo, che consistono in aggiunte di passaggi, sostituzioni di concetti, trasformazioni di alcune formulazioni di Marx e traduzioni di parole da lui utilizzate in altre lingue, saranno disponibili nella loro interezza con la conclusione, prevista per il 2007, della seconda sezione della MEGA², Das Kapital und Vorarbeiten. Essa comprenderà la pubblicazione integrale di tutte le edizioni autorizzate de Il capitale (comprese le traduzioni) e di tutti i suoi manoscritti preparatori, a partire da quelli del 1857-58. Il completamento di questa impresa consentirà, finalmente, la valutazione critica certa sullo stato degli originali lasciati da Marx e sul ruolo svolto da Engels in qualità di editore.
10. Friedrich Engels, Vorworte zu den drei Auflagen de Herrn Eugen Dührings Umwälzung der Wissenschaft, MEGA² I/27, Dietz Verlag, Berlin 1988, p. 492; tr. it. Anti-Dühring, Marx Engels Opere, vol. XXV, Editori Riuniti, Roma 1968, p. 6.
11. Cfr. Hans Josef Steinberg, Il socialismo tedesco da Bebel a Kautsky, Editori Riuniti, Roma 1979, pp. 72-77.
12. Eduard Bernstein, I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia, Laterza, Bari 1968, p. 58.
13. Cfr. Franco Andreucci, La diffusione e la volgarizzazione del marxismo, in Aa. Vv., Storia del marxismo, vol. secondo, Einaudi, Torino 1979, p. 15.
14. Cfr. Erich Matthias, Kautsky e il kautskismo, De Donato, Bari 1971, p. 124.
15. Friedrich Engels-Karl Marx, Die heilige Familie, Marx Engels Werke, Band 2, Dietz Verlag, Berlin 1962, p. 98; tr. it. La sacra famiglia, Marx Engels Opere, vol. IV, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 103.
16. Cfr. Paul M. Sweezy, La teoria dello sviluppo capitalistico, Boringhieri, Torino 1970, p. 225.
17. Cfr. Hans Josef Steinberg, Il partito e la formazione dell’ortodossia marxista, in Aa. Vv., Storia del marxismo, vol. secondo, op. cit., p. 190.
18. Karl Kautsky, Il programma di Erfurt, Samonà e Savelli, Roma 1971, p. 123.
19. Gheorghi Plekhanov, Le questioni fondamentali del marxismo, in Gheorghi Plekhanov, Opere Scelte, Edizioni Progress, Mosca 1985, p. 366.
20. Vladimir Ilic Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, in Vladimir Ilic Lenin, Opere complete, vol. XIV, Editori Riuniti, Roma 1963, p. 152.
21. Ivi, p. 185.
22. Nikolaj I. Bucharin, Teoria del materialismo storico, La Nuova Italia, Firenze 1977, p. 16.
23. Ivi, p. 252.
24. Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, (a cura di Valentino Gerratana) Einaudi, Torino 1975, p. 1403.
25. Ivi, p. 1428.
26. Josef Stalin, Del materialismo dialettico e del materialismo storico, Edizioni Movimento Studentesco, Milano 1973, p. 919.
27. Ivi, p. 926-927.
28. Cfr. Izumi Omura, Valerij Fomičev, Rolf Hecker, Shun-ichi Kubo (a cura di), Familie Marx privat, Akademie Verlag, Berlin 2005, p. 235; tr. it. Karl Marx biografia per immagini, Editori Riuniti, Roma 1983, (senza numeri di pagina) immagine 111.
29. Karl Marx, Nachwort a Das Kapital, Erster Band, MEGA² II/6, Dietz Verlag, Berlin 1987, p. 704; tr. it. Poscritto alla seconda edizione de Il capitale, Libro primo, Editori Riuniti, Roma 1964, p. 42.
30. Karl Marx, Provisional Rules of the International Working Men’s Association, MEGA², I/20, Akademie Verlag, Berlin 2003 (1992); tr. it. Statuti provvisori dell’Associazione internazionale degli operai, Marx Engels Opere, vol. XX, Editori Riuniti, Roma 1987, p. 14.
31. Karl Marx, Kritik des Gothaer Programms, Marx Engels Werke, Band 19, Dietz Verlag, Berlin 1962, p. 21; tr. it. Critica al programma di Gotha, Editori Riuniti, Roma 1990 (1976), p. 17.
32. Antonio Labriola, Discorrendo di socialismo e filosofia, Scritti filosofici e politici, (a cura di Franco Sbarberi), Einaudi, Torino 1973, pp. 667-669.
33. Nel suo testo Labriola tracciava uno schema preciso dei caratteri dell’edizione, che avrebbe dovuto essere «corredata, caso per caso, di prefazioni dichiarative, di indici di riferimento, di note e di rimandi. (…) Agli scritti già apparsi in forma di libri o di opuscoli converrebbe aggiungere gli articoli di giornali, i manifesti, le circolari, i programmi, e tutte quelle lettere, che, per essere di pubblico e di generale interesse, per quanto dirette a privati, hanno importanza politica o scientifica». Ivi, p. 671.
34. Ivi, p. 672.
35. Ivi, pp. 673-677.
36. Cfr. Maximilien Rubel, Bibliographie des œuvres de Karl Marx, Rivière, Paris, 1956, p. 27.
37. Cfr. David Rjazanov, Neueste Mitteilungen über den literarischen Nachlaß von Karl Marx und Friedrich Engels, in «Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung», Hirschfeld, Leipzig, 1925, in particolare pp. 385-386.
38. In proposito si rimanda all’Einführung del volume MEGA² IV/32, Die Bibliotheken von Karl Marx und Friedrich Engels, Akademie Verlag, Berlin 1999, pp. 7-97.
39. Cfr. Maximilien Rubel, Marx critique du marxisme, op. cit., p. 81; tr. it. parz. Marx critico del marxismo, op. cit., p. 88. L’infaticabile opera di denuncia della ricerca marxologica di Maximilien Rubel sulla profonda differenza tra Marx ed il «marxismo» giunse a considerare quest’ultimo come «il più grande, se non il più tragico, malinteso del secolo». A riguardo si veda anche l’opuscolo di Louis Janover, Maximilien Rubel: un impegno per Marx, Colibrì, Milano 2001, in particolare p. 19.
40. Accanto al misconoscimento «marxista», che si è voluto sin qui tratteggiare, andrebbe considerato anche quello «antimarxista» di parte liberale e conservatrice, ben più grave perché carico di prevenuta ostilità. Non offrendo questa sede l’opportunità per una sua valutazione, sarà oggetto di successivi approfondimenti.
41. Cfr. Daniel Bensaïd, Passion Karl Marx, Textuel, Paris 2001, p. 181.
42. In proposito si veda Bruno Bongiovanni, Leggere Marx dopo il marxismo, «Belfagor», n. 5 (1995), p. 590.
43. Cfr. Maximilien Rubel, Karl Marx, Colibrì, Milano 2001, p. 18.
44. Karl Marx, Friedrich Engels, Joseph Weydemeyer, Die deutsche Ideologie. Artikel, Druckvorlagen, Entwürfe, Reinschriftenfragmente und Notizen zu “I. Feuerbach” und “II. Sankt Bruno”, in «Marx-Engels-Jahrbuch» 2003, Akademie Verlag, Berlin 2004, pp. 21 e 29; tr. it. L’ideologia tedesca, Marx Engels Opere, vol. V, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 34 e 39.
45. Considerata la mole della produzione intellettuale di Marx, la cronologia non è stata redatta in base al criterio della completezza, ma si riferisce esclusivamente alle opere più significative. L’intento è quello di porre in evidenza il carattere incompiuto di tanti scritti di Marx e le vicissitudini relative alla loro pubblicazione. Per rispondere al primo proposito, i titoli dei manoscritti che non furono da lui dati alle stampe sono inseriti tra parentesi quadre, differenziandoli così dai volumi e dagli articoli invece completati. Emerge in questo modo il rapporto prevalente della parte incompiuta su quella finita. Per mettere in risalto il secondo obiettivo, invece, una colonna contenente informazioni sulle edizioni dei lavori apparsi postumi ne specifica l’anno della prima pubblicazione, il riferimento bibliografico e, dove rilevante, il curatore. Eventuali modifiche all’originale sono segnalate. Inoltre, quando il testo o il manoscritto di Marx non è stato redatto in tedesco, ne viene indicata la lingua di stesura. Abbreviazioni utilizzate: MEGA (Marx-Engels-Gesamtausgabe, 1927-1935); SOČ (K. Marks i F. Èngel’sa Sočinenija, 1928-1946); MEW (Marx-Engels-Werke, 1956-1968); MECW (Marx-Engels-Collected-Works, 1975-2005); MEGA² (Marx-Engels-Gesamtausgabe, 1975-…).

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Le inesauribili avventure delle edizioni di Marx ed Engels

Da qualche anno è ritornato all’attenzione degli studiosi internazionali un autore misconosciuto: Karl Marx. Il suo pensiero, tanto apparentemente fuori moda quanto ancora irrinunciabile per la comprensione del presente, è riconsegnato ai liberi campi del sapere.

La sua opera, liberata dall’odiosa funzione di instrumentum regni cui era stata in passato strumentalmente destinata, diviene oggetto di rinnovato interesse.

Le pubblicazioni della Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA²), ricominciate nel 1998 dopo l’interruzione seguita al crollo dei paesi socialisti, l’impegnativa fase di riorganizzazione delle direttive editoriali (Richard Sperl, Edition auf hohem Niveau. Zu den Grundsätzen der Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA), pp. 215, € 12,90, Argument, Hamburg 2004) e il trasferimento della sua direzione presso la Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften, ne sono l’esempio più significativo. Dei 114 volumi previsti, ognuno dei quali consta di due tomi, il testo più l’apparato critico, è stato di recente raggiunto l’importante traguardo del cinquantesimo volume, il decimo dalla ripresa.

Molte delle acquisizioni filologiche insite nella nuova edizione storico-critica evidenziano una caratteristica peculiare dell’opera di Marx: l’incompiutezza. Egli lasciò, infatti, più manoscritti incompleti di quanti non ne avesse, invece, dati alle stampe e ciò avvenne anche con Il capitale, la cui intera pubblicazione, comprensiva cioè di tutti i lavori preparatori a partire del 1857, troverà finalmente ultimazione nella seconda sezione della MEGA² entro il 2007.

Dopo la morte di Marx, fu Engels a dedicarsi per primo alla difficilissima impresa, stante la dispersività dei materiali, l’astrusità del linguaggio e l’illeggibilità della grafia, di dare alle stampe il Nachlass frammentario dell’amico. L’uscita del terzo libro de Il capitale (MEGA², II/15. Karl Marx, Das Kapital. Kritik der politischen Ökonomie. Dritter Band. Hamburg 1894 , pp. 1420, € 178, Akademie Verlag, Berlin 2004), l’unico cui Marx non riuscì, neanche approssimativamente, a dare una forma definitiva, ripropone anch’essa questo aspetto. L’intensa attività redazionale di Engels, nella quale profuse le migliori energie nel lungo arco di tempo compreso tra il 1885 ed il 1894, produsse il passaggio da un testo molto provvisorio, composto di «pensieri scritti in statu nascendi» e appunti preliminari, ad un altro unitario dal quale si originò la parvenza di una teoria economica sistematica e conclusa, successivamente foriera di molti malintesi interpretativi. Di maggiore interesse al riguardo, il volume precedente (MEGA², II/14. Karl Marx-Friedrich Engels, Manuskripte und redaktionelle Texte zum dritten Buch des „Kapitals“, 1871 bis 1895 , pp. 1183, € 168, Akademie Verlag, Berlin 2003). Esso contiene, infatti, gli ultimi sei manoscritti di Marx relativi al terzo libro de Il capitale stesi tra il 1871 ed il 1882, il più importante dei quali è il voluminoso Mehrwertrate und Profitrate mathematisch behandelt del 1875, nonché i testi aggiunti da Engels durante il suo lavoro di curatore. Proprio questi ultimi mostrano, con inequivocabile esattezza, il percorso compiuto sino alla versione pubblicata e, ponendo in risalto la quantità degli interventi sul testo, di gran lunga superiori a quelli sino ad ora ipotizzati, permettono finalmente di formulare una valutazione certa sul suo ruolo di editore, evidenziandone valore e limiti. Ad ulteriore conferma del pregio di questo libro, si sottolinea che 45 dei 51 testi presentati vengono dati alle stampe per la prima volta.

La ricerca filologica della MEGA² ha prodotto risultati di rilievo anche nella prima sezione, quella che comprende le opere, gli articoli e le bozze di Marx ed Engels. Due i volumi ultimamente apparsi. Il primo (MEGA², I/14. Karl Marx-Friedrich Engels, Werke, Artikel, Entwürfe. Januar bis Dezember 1855, pp. 1695, € 188, Akademie Verlag, Berlin 2001) include duecento articoli e bozze, redatti dai due autori nel 1855 per il «New-York Tribune» e la «Neue Oder-Zeitung» di Breslau. Accanto all’insieme degli scritti più noti, inerenti la politica e la diplomazia europea, le riflessioni sulla congiuntura economica internazionale e la guerra di Crimea, gli studi condotti hanno reso possibile aggiungere, altri ventuno testi, a loro non attribuiti precedentemente perché pubblicati in anonimato sull’importante quotidiano americano. Il secondo, invece, (MEGA², I/31. Friedrich Engels, Werke, Artikel, Entwürfe. Oktober 1886 bis Februar 1891, pp. 1440, € 168, Akademie Verlag, Berlin 2002) presenta parte dei lavori dell’ultimo Engels. Nel volume si alternano progetti e appunti, tra i quali il manoscritto Rolle der Gewalt in der Geschichte, privato degli interventi di Bernstein che ne aveva curato la prima edizione; indirizzi alle organizzazioni del movimento operaio; prefazioni alle ristampe di scritti già pubblicati ed articoli. Tra questi ultimi, sono di particolare interesse Die auswärtige Politik des russischen Zarentums, la storia di due secoli di politica estera russa apparsa su «Die Neue Zeit» ma poi proibita da Stalin nel 1934, e Juristen-Sozialismus, scritto con Kautsky, del quale è riconosciuta, per la prima volta con certezza, la paternità delle singole parti.

Le novità dell’edizione storico-critica sono riscontrabili anche nella terza sezione, quella relativa al carteggio. Tema principale di un recente volume (MEGA², III/13. Karl Marx-Friedrich Engels, Briefwechsel Oktober 1864 bis Dezember 1865, pp. 1443, € 168, Akademie Verlag, Berlin 2002), l’attività politica di Marx in seno alla International Working Men’s Association, costituitasi a Londra il 28 settembre del 1864. Le lettere documentano l’operato di Marx nel periodo iniziale della vita dell’organizzazione, durante il quale acquisì rapidamente il ruolo di maggior prestigio, ed il suo tentativo di tenere insieme l’impegno pubblico, che lo vedeva dopo sedici anni nuovamente in prima linea, con il lavoro scientifico. Tra le questioni dibattute: la funzione delle organizzazioni sindacali delle quali sottolineò l’importanza schierandosi, al contempo, contro Lassalle e la sua proposta di formare cooperative finanziate dallo Stato prussiano: «la classe operaia è rivoluzionaria o non è niente»; la polemica contro l’owenista Weston, che approdò nel ciclo di conferenze raccolte postume nel 1898 con il nome di Salario, prezzo e profitto; le considerazioni sulla guerra civile negli Stati Uniti; l’opuscolo di Engels La questione militare prussiana e il partito operaio tedesco. L’altro volume di corrispondenza da poco edito (MEGA², III/9. Karl Marx-Friedrich Engels, Briefwechsel Januar 1858 bis August 1859, pp. 1301, € 168, Akademie Verlag, Berlin 2003) ha come sfondo la recessione economica del 1857. Essa riaccese in Marx la speranza di una ripresa del movimento rivoluzionario dopo il decennio di riflusso apertosi con la sconfitta del 1848: «la crisi ha scavato come una valente vecchia talpa». Questa aspettativa lo pervase di una rinnovata produttività intellettuale e lo spinse a delineare i lineamenti fondamentali della sua teoria economica «prima del déluge», tanto sperato, ma ancora una volta irrealizzato. Proprio in questo periodo, Marx stese gli ultimi quaderni dei suoi Grundrisse – osservatorio privilegiato per seguire l’evolversi della concezione dell’autore – e decise di pubblicare la sua opera in fascicoli, il primo dei quali, edito nel giugno del 1859, s’intitolò Per la critica dell’economia politica. Sul piano personale, questa fase è segnata dalla «miseria incancrenita»: «non credo che mai nessuno abbia scritto su ‘il denaro’ con una tale mancanza di denaro». Marx lotta disperatamente perché la precarietà della propria condizione non gli impedisca di portare a termine la sua «Economia» e dichiara: «io devo perseguire il mio scopo a tutti i costi e non permettere alla società borghese di trasformarmi in una money-making machine ». Tuttavia, sebbene si dedicasse totalmente alla stesura del secondo fascicolo, questo non vedrà mai la luce e per la conclusione del primo libro de Il capitale, l’unico ultimato, bisognerà attendere il 1867. La restante parte del suo immenso progetto, contrariamente al carattere di sistematicità che gli è stato spesso assegnato, sarà realizzata soltanto parzialmente e resterà straordinariamente piena di manoscritti abbandonati, abbozzi provvisori e progetti incompiuti.

Fedele compagna e dannazione dell’intera produzione letteraria di Marx, l’incompiutezza vive egualmente nelle sue opere giovanili. Il primo numero della nuova serie del Marx-Engels-Jahrbuch (Karl Marx, Friedrich Engels, Joseph Weydemeyer, Die deutsche Ideologie, pp. 400, € 59,80, Akademie Verlag, Berlin 2004), interamente dedicato a L’ideologia tedesca, ne è prova inconfutabile. Questo libro, anticipazione del volume I/5 della MEGA², la cui uscita prevista per il 2008 offrirà parti del manoscritto correttamente ascritte a Moses Heß, differentemente dalle edizioni succedutesi sino ad oggi, pubblica le carte di Marx ed Engels così come sono state da loro lasciate, ovvero senza alcun tentativo di ricostruzione. Le parti incluse nell’annuario corrispondono ai capitoli I. Feuerbach e II. Sankt Bruno. I sette manoscritti sopravvissuti alla «critica roditrice dei topi» sono raccolti come testi indipendenti e ordinati cronologicamente. Da questa edizione si evince, con chiarezza, il carattere non unitario dello scritto e, in particolare, che il capitolo su Feuerbach fu tutt’altro che compiuto. Nuove e definitive basi, dunque, vengono fornite all’indagine scientifica per risalire, con attendibilità, all’elaborazione teorica di Marx. L’ideologia tedesca, considerata a volte finanche come l’esposizione esaustiva della concezione materialistica di Marx, è restituita nella sua originaria frammentarietà.

Sempre sul giovane Marx, infine, si segnala la riedizione della raccolta delle opere giovanili a cura degli studiosi socialdemocratici Landshut e Mayer (Karl Marx, Die Frühschriften, pp. 670, € 19,80, Kröner, Stuttgart 2004) che nel 1932, in contemporanea con la prima Marx-Engels Gesamtausgabe, resero possibile la diffusione, pur se con diversi errori circa i contenuti e la sistemazione delle varie parti dei testi e con una cattiva decifrazione degli originali, deiManoscritti economico-filosofici del 1844 e de L’ideologia tedesca, sino ad allora inediti.

Dopo le tante stagioni contrassegnate da una profonda e reiterata incomprensione di Marx, inverata dalla sistematizzazione della sua teoria critica, dall’impoverimento che ne ha accompagnato la divulgazione, dalla manipolazione e la censura dei suoi scritti e dal loro utilizzo strumentale in funzione delle necessità politiche, l’incompiutezza della sua opera si mostra con fascino indiscreto, priva di soluzioni di continuità con le interpretazioni che la hanno precedentemente snaturata sino a diventarne manifesta negazione.

Da essa riemerge la ricchezza di un pensiero, problematico e polimorfo, e dell’orizzonte lungo il quale la Marx Forschung ha ancora tanti sentieri da percorrere.

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Internationale Marx-Konferenz in Neapel

Nach Jahren des Schweigens über das Werk von Karl Marx in Italien beginnt man hierüber wieder ernsthaft zu reden. Eine Gelegenheit hierfür war die internationale Konferenz „Auf den Spuren eines Gespenstes. Das Werk von Karl Marx zwischen Philologie und Philosophie.“ Dreizehn Marx-Spezialist Innen aus mehreren europäischen Ländern, Japan, China und Mexiko sind dafür vom 1. bis 3. April 2004 in Neapel zusammengekommen.

Das erste Ziel der Organisation bestand darin, einem italienischen Publikum zum ersten Mal die Ergebnisse der Neukonzipierung und Fortsetzung der neuen Ausgabe der Werke von Marx und Engels in den jeweiligen Originalsprachen vorzustellen. Es gibt bislang keine vollständige und wissenschaftliche Ausgabe ihrer Werke, darunter eines bedeutenden Teils ihrer Manuskripte und der beträchtlichen Menge von Auszügen und Notizen zu ihrer Lektüre, die sie bei ihren Studien gewöhnlich anfertigten, sowie ihrer beeindruckenden Korrespondenz.

Die historisch-kritische Ausgabe sämtlicher Werke von Marx und Engels, der Marx Engels Gesamtausgabe (MEGA), deren erste Bände 1975 erschienen waren, wurde infolge der Ereignisse von 1989 unterbrochen. 1990 führte eine Initiative des Amsterdamer „Internationaal Instituut voor Sociale Geschiedenis“ (IISG) zur Gründung der Internationalen Marx Engels Stiftung (IMES), deren Ziel darin besteht, dieses Unternehmen zum Abschluss zu bringen (bislang liegen erst 49 von den 114 Bänden vor). Neben dem IISG gehören die Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften (BBAW), das Historische Forschungszentrum der Friedrich-Ebert-Stiftung und das Moskauer „Rossijskij gosudarstvennyj archiv so- cial‘no-politiieskoj istorii“ (RGASPI) der IMES an. Zur Zeit beteiligen sich Fachleute, die in Deutschland, Frankreich, den Niederlanden, Japan, den USA, Dänemark und Italien arbeiten, an ihrer Tätigkeit.

Ausgehend von den editorischen Leistungen der Marx Engels Gesamtausgabe (MEGA) ist mit dem Kolloquium in Neapel versucht worden, ein genaues Marx-Studium wieder aufzunehmen, wobei das Unabgeschlossene seines Werks als eines der Hauptmerkmale betrachtet wird. Dieser Aspekt, der dessen Wert durchaus nicht mindert, weist auf ein vielförmiges und vielfältiges Erbe hin und eröffnet neue Perspektiven für die Weiterarbeit an der kritischen Theorie. Einige neuere Interpretationen von Marx’ Schriften haben die Art und die Bedeutung der neuen Marx-Forschung hervortreten lassen, die für jedes kritische Denken notwendig und für das Verständnis der Gegenwart unabdingbar ist.

Übersetzung: Friedrich Dorn

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Roberto Finelli, Critica Marxista

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Marx a Parigi

I. Parigi: Capitale del mondo nuovo
Parigi è una «mostruosa meraviglia, stupefacente insieme di movimenti, macchine e pensieri, la città dai centomila romanzi, la testa del mondo» [1]. Così Balzac descriveva, in uno dei suoi racconti, l’effetto che la capitale francese produceva su quanti non la conoscevano a fondo.

Durante gli anni precedenti la rivoluzione del 1848, la città era abitata da artigiani ed operai in continua agitazione politica; da colonie di esuli, rivoluzionari, scrittori ed artisti di più paesi ed il fermento sociale che la attraversava, aveva raggiunto un’intensità riscontrabile in pochi altri periodi storici[2]. Donne ed uomini, dalle doti intellettuali più svariate pubblicarono libri, riviste e giornali; scrissero poesie; presero parola nelle assemblee; si dedicarono ad interminabili discussioni nei caffè, per le strade, nei banchetti pubblici. Vissero nello stesso luogo esercitando, tra di loro, reciproca influenza[3].

Bakunin aveva deciso di andare al di là del Reno, per trovarsi «di colpo in mezzo a quei nuovi elementi, che in Germania non sono ancora neppure nati. [Primo tra questi] la diffusione del pensiero politico in tutti gli strati della società» [4]. Von Stein sostenne che «nel popolo stesso era cominciata una vita propria che creava nuove associazioni, che pensava nuove rivoluzioni» [5]. Ruge affermò: «a Parigi vivremo le nostre vittorie e le nostre sconfitte» [6].

Era, insomma, il luogo dove farsi trovare in quel preciso momento storico.Sempre Balzac asseriva che «le vie di Parigi hanno qualità umane, ed imprimono in noi con la loro fisionomia certe idee da cui non possiamo difenderci» [7]. Molte di queste idee colpirono anche Karl Marx, che, venticinquenne, vi si era recato nell’ottobre del 1843 [8]; esse segnarono profondamente la sua evoluzione intellettuale che, proprio nel corso del soggiorno parigino, compì una decisiva maturazione.

La disponibilità teorica con la quale vi giunse [9], in seguito all’esperienza giornalistica presso la «Rheinische Zeitung» [10] e all’abbandono dell’orizzonte concettuale dello Stato razionale hegeliano e del radicalismo democratico al quale era approdato, fu scossa dalla visione concreta del proletariato. L’incertezza generata dall’atmosfera problematica dell’epoca, che vedeva consolidarsi rapidamente una nuova realtà economico-sociale, si dissolse al contatto, sul piano teorico quanto su quello dell’esperienza vissuta, con la classe lavoratrice parigina e le sue condizioni di lavoro e di vita.

La scoperta del proletariato e, per suo tramite, della rivoluzione; l’adesione, seppur ancora in forma indeterminata e semiutopistica, al comunismo; la critica alla filosofia speculativa di Hegel e alla Sinistra hegeliana; il primo abbozzo della concezione materialistica della storia e l’avvio della critica dell’economia politica, sono l’insieme dei temi fondamentali che Marx andò maturando durante questo periodo. Le note che seguono, tralasciando volutamente l’interpretazione critica del suo celebre scritto giovanile, i cosiddetti [Manoscritti economico-filosofici] [11], redatto proprio nel corso della permanenza a Parigi, privilegiano il merito delle questioni filologiche ad esso relative.

II. L’approdo all’economia politica
Durante il rapporto di collaborazione con la «Rheinische Zeitung», Marx si era già misurato con singole questioni economiche, seppure sempre dal punto di vista giuridico e politico [12]. Successivamente, nelle riflessioni sviluppate a Kreuznach nel 1843, dalle quali scaturì il manoscritto[Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto] [13], avendo concepito la società civile come base reale dello Stato politico, giunse alla prima formulazione della rilevanza del fattore economico nei rapporti sociali [14]. Tuttavia, soltanto a Parigi, spinto dalle contraddittorietà del diritto e della politica, insolubili nel loro stesso ambito, ovvero dalla incapacità che entrambe avevano mostrato di dare soluzione ai problemi sociali, e colpito in maniera decisiva dalle considerazioni contenute nei Lineamenti di una critica dell’economia politica [15], uno dei due articoli di Engels pubblicati nel primo e unico volume dei «Deutsch-französische Jahrbücher» [16], diede inizio ad uno «studio critico scrupoloso dell’economia politica» [17]. Da quel momento, le sue indagini, di carattere preminentemente filosofico, politico e storico, si indirizzarono verso questa nuova disciplina che divenne il fulcro delle sue ricerche e preoccupazioni scientifiche, delimitando un nuovo orizzonte che mai più sarà abbandonato [18].

Sotto l’influsso de L’essenza del denaro [19] di Hess e della trasposizione, da lui operata, del concetto di alienazione dal piano speculativo a quello economico-sociale, il primo stadio di queste analisi si concentrò nella critica alla mediazione economica del denaro, ostacolo alla realizzazione dell’essenza dell’uomo. Nella polemica contro Bruno Bauer Sulla questione ebraica [20], Marx considera quest’ultima come un problema sociale che rappresenta il presupposto filosofico e storico-sociale dell’intera civiltà capitalistica [21]. L’ebreo è la metafora e l’avanguardia storica dei rapporti che questa produce, la sua figura mondana diviene sinonimo di capitalista tout court [22].

Subito dopo, Marx inaugura il nuovo campo di studi con una grande mole di letture e note critiche che alternava, come meglio si illustrerà in seguito, nei manoscritti e nei quaderni di estratti e annotazioni che era solito compilare dai testi che leggeva. Il filo conduttore del suo lavoro è il bisogno di disvelare e contrastare la maggiore mistificazione dell’economia politica: la tesi secondo la quale le sue categorie fossero valide in ogni tempo ed in ogni luogo. Marx fu profondamente colpito da questa cecità e mancanza di senso storico degli economisti che, in realtà, tentavano così di dissimulare e giustificare l’inumanità delle condizioni economiche del tempo in nome del loro carattere naturale. Nel commentare un testo di Say, egli nota che «la proprietà privata è un fatto la cui costituzione non attiene all’economia politica, ma che ne costituisce il fondamento. (…) L’intera economia politica si fonda dunque su un fatto privo di necessità» [23]. Analoghe osservazioni sono svolte nei [Manoscritti economico-filosofici] nei quali Marx sottolinea che «l’economia politica parte dal fatto della proprietà privata. Ma non ce la spiega» [24], «presuppone in forma di fatto, di accadimento, ciò che deve dedurre» [25].

L’economia politica considera, cioè, il regime della proprietà privata, il modo di produzione ad esso congiunto e le categorie economiche corrispondenti, come immutabili e durevoli per l’eternità. L’uomo membro della società borghese appare come l’uomo naturale. Insomma, «quando si parla della proprietà privata, si crede di avere a che fare con una cosa fuori dell’uomo» [26], commenta Marx, il cui rifiuto per questa ontologia dello scambio non avrebbe potuto essere più netto.

Al contrario, sorretto da diversi ed approfonditi studi storici, che gli avevano fornito una prima chiave di lettura dell’evoluzione temporale delle strutture sociali[27], e recependo quelle che riteneva le migliori intuizioni di Proudhon, ovvero la sua critica contro l’idea di proprietà come diritto naturale [28], Marx aveva già colto la centrale cognizione della provvisorietà storica. Gli economisti borghesi avevano presentato le leggi del modo di produzione capitalistico come leggi eterne della società umana. Marx, viceversa, ponendo come esclusivo e distinto oggetto d’indagine la natura specifica dei rapporti del suo tempo, «la realtà lacerata dell’industria» [29], ne sottolinea la transitorietà, il carattere di stadio storicamente prodotto e intraprende la ricerca delle contraddizioni che il capitalismo produce e che portano al suo superamento.

Questo differente modo di intendere i rapporti sociali avrebbe determinato importanti ricadute, la più significativa delle quali è, senz’altro, quella relativa al concetto di lavoro alienato. Contrariamente agli economisti, così come allo stesso Hegel [30], che lo concepivano come una condizione naturale ed immutabile della società, Marx avviò quel percorso che lo avrebbe portato a respingere la dimensione antropologica dell’alienazione in favore di una concezione su base storico-sociale che riconduceva il fenomeno ad una determinata struttura di rapporti produttivi e sociali [31]: l’estraneazione umana entro le condizioni del lavoro industriale.

Le note che accompagnano gli estratti da James Mill, evidenziano «come l’economia politica stabilisca la forma estraniata delle relazioni sociali come la forma essenziale e originaria e corrispondente alla destinazione umana» [32]. Lungi dall’essere una condizione costante dell’oggettivazione, della produzione dell’operaio, il lavoro alienato è per Marx, al contrario, l’espressione della socialità del lavoro entro i limiti dell’ordinamento attuale, della divisione del lavoro, che considera l’uomo come «un tornio (…) e lo trasforma in un aborto spirituale e fisico» [33].

Nell’attività lavorativa si afferma la peculiarità dell’individuo, l’attuazione di un suo bisogno necessario; tuttavia, «questa realizzazione del lavoro appare nello stadio dell’economia privata come un annullamento dell’operaio» [34]. Il lavoro sarebbe affermazione umana, libera azione creatrice, «ma nelle condizioni della proprietà privata la mia individualità è alienata al punto che questa attività mi è odiosa, è per me un tormento e solo la parvenza di un’attività, ed è pertanto anche soltanto una attività estorta ed impostami soltanto da un accidentale bisogno esteriore» [35].

Marx pervenne a queste conclusioni raccogliendo le teorie valide della scienza economica, criticandone gli elementi costitutivi ed invertendone gli esiti [36]. Ciò avvenne attraverso un impegno intensissimo e senza tregua. Quello di Parigi è un Marx famelico di letture [37], alle quali dedica giorno e notte. È un Marx pieno di entusiasmi e progetti, che traccia piani di lavoro talmente grandi da non poterli mai condurre a termine, che studia ogni documento relativo alla questione in esame, per poi essere assorbito dal rapidissimo progredire della sua conoscenza e dai mutamenti d’interesse che lo traghettano, puntualmente, verso nuovi orizzonti, ulteriori proponimenti ed ancora altre ricerche [38].

Sur la rive gauche de la Seine, pianifica la stesura di una critica della filosofia del diritto di Hegel, conduce studi sulla rivoluzione francese per scrivere una storia della Convenzione, progetta una critica delle dottrine socialiste e comuniste esistenti [39]. Si getta poi in uno studio forsennato dell’economia politica che, d’improvviso, preso dalla priorità di sgomberare definitivamente il terreno tedesco [40] dalla critica trascendente di Bauer e soci, interrompe, per scrivere la sua prima opera: La sacra famiglia [41]. E poi, ancora, altri cento propositi: se c’era da fare una critica, questa passava per la sua testa e per la sua penna. Eppure, il giovane più prolifico del movimento della sinistra hegeliana era anche quello che aveva pubblicato meno di tanti altri.

L’incompiutezza, che caratterizzerà tutta la sua opera, è già presente nei lavori del suo anno parigino. La sua scrupolosità aveva dell’incredibile: si rifiutava di scrivere una frase se non riusciva a dimostrarla in dieci modi diversi [42]. Il convincimento dell’insufficienza delle informazioni e dell’immaturità delle sue valutazioni, gli impediva di pubblicare gran parte dei lavori a cui si era dedicato che rimanevano, perciò, abbozzati e frammentari [43]. I suoi appunti, dunque, sono preziosissimi. Misurano l’ampiezza delle sue ricerche, contengono alcune delle sue riflessioni e vanno valutati parte integrante della sua opera. Ciò vale anche per il periodo parigino durante il quale, manoscritti e note di lettura, testimoniano lo stretto ed inscindibile legame tra scritti ed appunti[44].

III. Manoscritti e quaderni di estratti: le carte del 1844
Nonostante l’incompiutezza e la forma frammentaria che li contraddistingue, i [Manoscritti economico-filosofici] del 1844, sono stati quasi sempre letti prestando scarsa attenzione ai problemi filologici insiti, ignorati o ritenuti poco importanti [45]. Essi furono pubblicati, interamente, per la prima volta, soltanto nel 1932 e per giunta in due diverse edizioni [46]. Nella raccolta a cura degli studiosi socialdemocratici Landshut e Mayer, intitolata Der historische Materialismus, comparvero sotto il titolo « Nationalökonomie und Philosophie» [47]; mentre nella Marx Engels Gesamtausgabe come «Ökonomisch-philosophische Manuskripte aus dem Jahre 1844» [48]. Oltre che per il nome, le due pubblicazioni si distinguevano anche per il contenuto e per l’ordine delle varie parti che evidenziavano grandi differenze. La prima, che brulicava di errori dovuti alla cattiva decifrazione dell’originale, mancò di pubblicare il primo gruppo di fogli, il cosiddetto primo manoscritto, ed attribuiva in modo erroneo direttamente a Marx un quarto manoscritto che invece era un riassunto del capitolo finale della Fenomenologia dello Spirito di Hegel [49]. Tuttavia, troppo poco si è tenuto da conto che anche gli editori della prima MEGA, nell’assegnargli un nome, nel collocare la prefazione al principio – in realtà si trova nel terzo manoscritto – e nel riorganizzarne l’insieme, finirono col far credere che Marx avesse avuto, sin dal principio, l’idea di scrivere una critica dell’economia politica e che il tutto fosse stato originariamente diviso in capitoli [50].

Inoltre, fu generalmente assunta la tesi, inesatta, secondo la quale Marx, avesse redatto questi testi solo dopo aver letto e compendiato le opere di economia politica[51]; quando, in realtà, il processo di scrittura si svolse alternato tra gruppi di manoscritti ed estratti [52] ed anzi, questi ultimi intervallarono tutta la produzione parigina, dai saggi per i «Deutsch-französische Jahrbücher» a La sacra famiglia.

Malgrado la loro evidente forma problematica, la confusione seguita alle diverse versioni date alle stampe e, soprattutto, la consapevolezza dell’assenza della gran parte del secondo manoscritto, il più importante e purtroppo andato disperso, nessuno, tra interpreti critici e curatori di nuove edizioni, si dedicò al riesame degli originali che pure, per quel testo che tanto pesava nel dibattito tra le differenti interpretazioni critiche di Marx, risultava così necessario.

Scritti tra maggio ed agosto, i [Manoscritti economico-filosofici] non possono essere considerati un’opera, un testo coerente steso in maniera sistematica e preordinata. Le tante interpretazioni che hanno voluto attribuirvi il carattere di un orientamento concluso, tanto quelle che vi rivelavano la piena completezza del pensiero marxiano, quanto quelle che li indicavano come una concezione definita e opposta a quella della maturità scientifica [53], sono confutate dall’esame filologico. Disomogenei e ben lungi dal presentare una stretta connessione tra le parti, sono, piuttosto, evidente espressione di una posizione in movimento[54]. Il modo di assimilare ed utilizzare le letture di cui esso si nutriva è mostrato dalla disamina dei nove quaderni pervenutici, con oltre 200 pagine di estratti e commenti [55].

Nei quaderni parigini sono raccolte le tracce dell’incontro di Marx con l’economia politica e del processo di formazione delle sue primissime elaborazioni di teoria economica. Dal confronto di questi quaderni con gli scritti del periodo, editi e non, si evince decisamente l’importanza delle letture nello sviluppo delle sue idee [56]. Circoscrivendo l’elenco ai soli autori di economia politica, Marx redige estratti dai testi di Say, Schüz, List, Osiander, Smith, Skarbek, Ricardo, James Mill, MacCulloch, Prevost, Destutt de Tracy, Buret, de Boisguillebert, Law e Lauderdale[57]. Inoltre, nei [Manoscritti economico-filosofici], negli articoli e nella corrispondenza del tempo, appaiono riferimenti a Proudhon, Schulz, Pecquer, Loudon, Sismondi, Ganihl, Chevalier, Malthus, de Pompery e Bentham [58].

Marx stese i primi estratti dal Traité d’économie politique di Say [59], del quale trascrisse intere parti, nel mentre andava assimilando conoscenze elementari di economia. L’unica annotazione è posteriore e si concentra sul lato destro del foglio destinato, come era solito fare, a questa funzione. Anche i compendi da Smith [60], cronologicamente successivi, perseguirono l’analoga finalità di acquisizione basilare delle nozioni economiche. Infatti, sebbene siano i più estesi, non presentano quasi alcun commento. Ciò nonostante, il pensiero di Marx risulta chiaro dallo stesso montaggio dei passaggi e, come spesso avviene altrove, dal suo modo di mettere in contrapposizione tesi divergenti di diversi economisti. Mutato carattere, mostrano invece, quelli da Ricardo [61], nei quali compaiono le sue prime osservazioni. Esse si concentrarono sui concetti di valore e prezzo, concepiti ancora come perfettamente identici. Questa uguaglianza tra valore delle merci e prezzi risiede nell’iniziale concezione di Marx che conferiva realtà al solo valore di scambio prodotto dalla concorrenza, relegando il prezzo naturale nel regno dell’astrazione, quale pura chimera. Col procedere degli studi, queste note critiche non sono più sporadiche, ma intervallano i riassunti delle opere, aumentando, con l’avanzare della conoscenza, di autore in autore. Singole frasi, poi considerazioni più estese fino a che, concentratosi, attraverso gli Élémens d’économie politique di James Mill, sulla critica dell’intermediazione del denaro quale completo dominio della cosa estraniata sull’uomo, il rapporto si capovolge e non sono più i suoi testi ad intervallare gli estratti, ma avviene esattamente l’opposto [62].

Infine, per evidenziare ancora una volta l’importanza degli estratti, si ritiene utile segnalare l’utilizzo di queste note, sia quando vennero redatte che successivamente. Parte di esse, furono pubblicate, nel 1844, sul «Vorwärts!», il bisettimanale degli emigrati tedeschi a Parigi, per contribuire alla formazione intellettuale dei lettori [63]. Soprattutto, essendo così esaurienti, furono in seguito utilizzate da Marx, che aveva l’abitudine di rileggere i suoi appunti a distanza di tempo [64], nei manoscritti economici del 1857-58, meglio conosciuti come i [Grundrisse], in quelli del 1861-63 e nel primo libro de Il capitale [65].

In conclusione, Marx sviluppò i suoi pensieri tanto nei [Manoscritti economico-filosofici] quanto nei quaderni di estratti dalle letture. I manoscritti sono pieni di citazioni, il primo ne è quasi una raccolta, ed i quaderni di compendi, pur se maggiormente incentrati sui testi che leggeva, sono corredati dai suoi commenti. Il contenuto di entrambi, così come la modalità della scrittura – caratterizzata dalla divisione dei fogli in colonne –, la numerazione delle pagine ed il momento della stesura, confermano che i [Manoscritti economico-filosofici] non sono un’opera a se stante [66], ma una parte della sua produzione critica che in questo periodo si compone di estratti dai testi che studiava, di riflessioni critiche in merito a questi ed elaborazioni che, di getto o in forma più ragionata, metteva su carta. Separare questi manoscritti dal resto, estrapolarli dal loro contesto, può pertanto indurre ad errore interpretativo [67]. Il solo complesso di queste note, insieme con la ricostruzione storica della loro maturazione, mostrano realmente l’itinerario e la complessità del suo pensiero critico durante l’intensissimo anno di lavoro parigino [68].

IV. Critica della filosofia e critica della politica
L’ambiente che circondò il progredire delle idee di Marx e l’influenza che esercitò, sul piano teorico e pratico, merita un’ulteriore breve riflessione. Esso si caratterizzava per una profonda trasformazione economico-sociale e, in primo luogo, per la grande espansione proletaria. Con la scoperta del proletariato, Marx poté scomporre, in termini di classe, la nozione hegeliana di società civile. Inoltre, assunse la consapevolezza che il proletariato era una classe nuova, diversa dai poveri, giacché la propria miseria derivava dalle sue condizioni di lavoro. Si trattava della dimostrazione di una delle principali contraddizioni della società borghese: «l’operaio diventa tanto più povero quanto maggiore è la ricchezza che produce, quanto più la sua produzione cresce di potenza e di estensione» [69].

La rivolta dei tessitori slesiani, avvenuta in luglio, offrì a Marx un’ulteriore occasione per lo sviluppo del suo orientamento. Nelle Glosse critiche [70] pubblicate sul «Vorwärts!», attraverso la critica a Ruge e ad un suo precedente articolo che addebitava a quella lotta mancanza di spirito politico, egli prese le distanze dalla concezione hegeliana che identificava nello Stato il solo rappresentante dell’interesse generale e relegava ogni movimento della società civile nell’ambito della parzialità e della sfera privata [71]. Al contrario, per Marx, «una rivoluzione sociale si trova dal punto di vista della totalità» [72] e sulla spinta di questa vicenda dal considerevole ed esplicito carattere rivoluzionario, egli sottolineò l’abbaglio di quanti cercavano il fondamento dei problemi sociali «non già nell’essenza dello Stato ma in una determinata forma di Stato» [73].

Più in generale, la riforma della società, obiettivo delle dottrine socialiste, l’uguaglianza del salario e una nuova organizzazione del lavoro nel quadro del regime capitalistico, furono da lui reputate come proposte di chi era ancora prigioniero dei presupposti che combatte (Proudhon) e di chi, soprattutto, non comprendeva il vero rapporto tra proprietà privata e lavoro alienato. Infatti «anche se la proprietà privata appare come il fondamento, la causa del lavoro alienato, essa ne è piuttosto la conseguenza» [74], «la proprietà privata è il prodotto, il risultato, la conseguenza necessaria del lavoro alienato» [75]. Alle teorie socialiste, Marx oppose un disegno di trasformazione radicale del sistema economico per il quale era «il capitale, che deve essere soppresso “come tale”» [76].

Quanto più avvertita sarà la vicinanza di queste dottrine al suo pensiero, tanto più la critica ad esse, rafforzata dal bisogno di fare chiarezza, andrà accentuandosi[77]. L’elaborazione della sua concezione lo spinse ad un continuo raffronto tra le idee che lo circondavano e i diversi risultati che nascevano dal procedere degli studi. E’ il percorso fulmineo della sua maturazione ad imporglielo. Stessa sorte tocca alla Sinistra hegeliana. Anzi, i giudizi nei confronti dei suoi esponenti furono i più severi, poiché rappresentano anche l’autocritica verso il proprio passato [78].

L’«Allgemeine Literatur-Zeitung», il mensile diretto da Bruno Bauer, affermava perentoriamente dalle sue pagine: «il critico si astenga dal prender parte ai dolori o alle gioie della società (…) segga maestosamente nella solitudine» [79]. Per Marx, invece, «la critica non è una passione del cervello, (…) un coltello anatomico, è un’arma. Il suo oggetto è il suo nemico, che essa non vuole confutare bensì annientare. (…) Essa non si pone più come fine a se stessa, ma ormai soltanto come mezzo» [80]. Contro il solipsismo della «critica critica» [81], che muoveva dall’astratta convinzione secondo la quale riconoscere un’estraneazione voleva dire averla già superata, gli era apparso, in modo chiaro, che «la forza materiale non può essere abbattuta che dalla forza materiale» [82] e che l’essere sociale poteva essere cambiato soltanto ad opera della prassi umana. Scoprire la condizione alienata dell’uomo, prenderne coscienza, doveva significare, nello stesso tempo, operare per la sua effettiva soppressione. Tra la filosofia chiusa nell’isolamento speculativo, che produceva soltanto sterili battaglie di concetti [83], e la sua critica, «che sta in mezzo alla mischia» [84], non poteva esservi divario maggiore. Era quanto separava la ricerca della libertà dell’autocoscienza da quella della libertà del lavoro.

V. Conclusioni
Il pensiero di Marx compie durante questo anno cruciale, una decisiva evoluzione. Egli è ormai certo che la trasformazione del mondo è questione di prassi «che la filosofia non poteva adempiere, proprio perché essa intendeva questo compito soltanto come un compito teoretico» [85]. Dalla filosofia che non ha raggiunto questa consapevolezza e che non ha compiuto la necessaria modifica in filosofia della praxis, si congeda in maniera definitiva. La sua analisi, d’ora in poi, non trae più origine dalla categoria di lavoro alienato, ma dalla realtà della miseria operaia. Le sue conclusioni non sono speculative, ma indirizzate all’azione rivoluzionaria [86].

La sua stessa concezione politica muta profondamente. Senza adottare nessuna delle anguste dottrine socialiste e comuniste esistenti, anzi prendendone distanza, matura la piena consapevolezza che sono i rapporti economici ad intessere la rete connettiva della società e che «la religione, la famiglia, lo Stato, il diritto, la morale, la scienza, l’arte ecc. non sono che modi particolari della produzione e cadono sotto la sua legge universale» [87]. Lo Stato ha perso così la posizione prioritaria che deteneva nella filosofia politica hegeliana e, assorbito nella società, è concepito come sfera determinata e non determinante dei rapporti tra gli uomini. Secondo Marx, «solo la superstizione politica immagina ancora oggi che la vita civile debba di necessità essere tenuta unita dallo Stato, mentre, al contrario, nella realtà, lo Stato è tenuto unito dalla società civile» [88].

Il suo impianto concettuale cambia radicalmente anche rispetto al soggetto rivoluzionario. Dal riferimento iniziale all’«umanità che soffre» [89], Marx approda all’individuazione del proletariato. Esso è considerato, dapprima, come nozione astratta fondata su antitesi dialettiche, «elemento passivo» [90] della teoria, per poi divenire, sulla base di una prima analisi economico-sociale, l’elemento attivo della sua stessa liberazione, l’unica classe dotata di potenzialità rivoluzionaria nell’ordinamento sociale capitalistico.

Infine, alla critica, alquanto vaga, della mediazione politica dello Stato e di quella economica del denaro, ostacoli alla realizzazione dell’essenza in comune dell’uomo di matrice feuerbachiana, subentra quella di un rapporto storico che comincia a delineare nella produzione materiale la base per ogni analisi e trasformazione del presente: «Nel rapporto dell’operaio con la produzione è incluso tutto l’asservimento dell’uomo, e tutti i rapporti di servaggio altro non sono che modificazioni e conseguenze del primo rapporto» [91]. Dunque, Marx non avanza più una generica rivendicazione di emancipazione, ma la trasformazione radicale del processo reale di produzione.

Nel mentre giunge a queste conclusioni, pianifica ancora altri lavori: dopo La sacra famiglia continua gli studi e gli estratti di economia politica, delinea una critica di Stirner, abbozza il «Piano di uno scritto sullo Stato» [92], stende appunti su Hegel[93], programma di scrivere una critica dell’economista tedesco List che realizzerà poco dopo [94]. E’ inarrestabile. Engels lo prega di lanciare il suo materiale per il mondo perché «il tempo stringe maledettamente» [95] e Marx prima di essere espulso da Parigi [96], firma con l’editore Leske un contratto per la pubblicazione di un’opera in due volumi da intitolarsi «Critica della politica e dell’economia politica» [97]. Eppure, bisognerà attendere 15 anni, il 1859, affinché una prima parte della sua opera, Per la critica dell’economia politica, sia data alle stampe.

I [Manoscritti economico-filosofici] ed i quaderni di estratti ed annotazioni rendono il senso dei primi passi di questa impresa. I suoi scritti sono pieni di elementi teorici derivati da predecessori e contemporanei. Nessuno degli abbozzi o delle opere di questo periodo può essere classificato in una specifica disciplina. Non vi sono scritti puramente filosofici, né essenzialmente economici né solamente politici. Ciò che ne deriva non è un nuovo sistema, un insieme omogeneo, ma una teoria critica.

Il Marx del 1844 è contemporaneamente la capacità di combinare le esperienze delle proletarie e dei proletari di Parigi con gli studi sulla Rivoluzione francese, la lettura di Smith con le intuizioni di Proudhon, la rivolta dei tessitori slesiani con la critica alla concezione hegeliana dello Stato, le analisi della miseria di Buret [98] con il comunismo. E’ un Marx che sa cogliere queste differenti conoscenze ed esperienze e, che tessendone il legame, dà vita ad una teoria rivoluzionaria.

Il suo pensiero, in particolare le osservazioni economiche che cominciano a svilupparsi durante il soggiorno parigino, non sono il frutto di un’improvvisa fulminazione, ma l’esito di un processo. L’agiografia marxista-leninista, per tanto tempo dominante nel passato, presentandolo con improponibile immediatezza e preordinando un risultato finale strumentale, ne ha stravolto il cammino conoscitivo, raffigurandone la riflessione più povera. La Marx Forschung, invece, ricostruendo genesi, debiti e conquiste dei lavori di Marx, ne evidenzia la complessità dell’elaborazione, consente nuove interpretazioni e soprattutto restituisce un metodo ed un’opera che parlano ancora ad ogni pensiero critico del presente.

Riferimenti
1. Honoré de Balzac, La commedia umana, (a cura di Mariolina Bongiovanni Bertini), Mondadori, Milano 1994, p. 1189.
2. Cfr. il «Rapporto informativo della polizia tedesca da Magonza» in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, Einaudi, Torino 1977, p. 30.
3. Cfr. Isaiah Berlin, Karl Marx, La Nuova Italia, Firenze 1994, p. 90.
4. Michail Bakunin, Ein Briefwechsel von 1843, MEGA², Dietz Verlag, Berlin 1982, I/2, p. 482; tr. it. in Gian Mario Bravo (a cura di), Un carteggio del 1843, Annali franco-tedeschi, Edizioni del Gallo, Milano 1965, p. 72.
5. Lorenz von Stein, Der Socialismus und Communismus des heutigen Frankreichs. Ein Beitrag zur Zeitgeschichte, Otto Wigand Verlag, Leipzig 1848, p. 509.
6. Arnold Ruge, Zwei Jahre in Paris. Etudien und erinnerungen, Zentralantiquariat der Ddr, Leipzig 1975, p. 59.
7. Honoré de Balzac, La commedia umana, op. cit., p. 1187.
8. Per la biografia intellettuale del soggiorno parigino di Marx si vedano, tra i diversi studi disponibili, Auguste Cornu,Karl Marx et Friedrich Engels. III. Marx a Paris, PUF, Paris 1962; Jacques Grandjonc, Studien zu Marx erstem Paris-Aufenthalt und zur Entstehung der „Deutschen Ideologie“, Schriften aus dem Karl Marx Haus, n. 43, Trier 1990, pp. 163-212 ed il più recente Jean-Louis Lacascade, Les métamorphoses de jeune Marx, PUF, Paris 2002, pp. 129-162.
9. «Ciascuno dovrà confessare a se stesso non soltanto che si è manifestata una anarchia generale tra i riformatori, ma che egli stesso non ha una visione esatta di ciò che si deve fare» in Karl Marx, Ein Briefwechsel von 1843, MEGA² I/2, op. cit., p. 486; tr. it. Lettere dai Deutsch-Französisce Jahrbücher, Marx Engels Opere, vol. III, Editori Riuniti, Roma 1976, p. 154.
10. La «Rheinische Zeitung für Politik, Handel und Gewerbe» apparve come quotidiano, a Colonia, dal 1° gennaio 1842 al 31 marzo 1843. Marx vi scrisse il suo primo articolo il 5 maggio del 1842 e dal 15 ottobre 1842 al 17 marzo del 1843 ne fu redattore capo.
11. Nel presente saggio i manoscritti incompleti di Marx, pubblicati da editori successivi, sono inseriti tra parentesi quadre. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., pp. 323-438; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino 1968.
12. Cfr. Karl Marx, Verhandlungen des 6. Rheinischen Landtags. Dritter Artikel: Debatten über das Holzdiebstahlsgesetz e Rechtfertigung des ††-Korrespondenten von der Mosel, MEGA² I/1, Dietz Verlag, Berlin 1975, pp. 199-236 e 296-323; tr. it. Le discussioni alla sesta dieta renana. Terzo articolo: Dibattiti sulla legge contro i furti di legna e Giustificazione di ††, corrispondente dalla Mosella, Marx Engels Opere, vol. I, Editori Riuniti, Roma 1980, pp. 222-264 e pp. 344-375. Su questo punto cfr. Louis Althusser, Per Marx, Editori Riuniti, Roma 1970 (1967), p. 135; Walter Tuchscheerer, Prima del «Capitale», La Nuova Italia, Firenze 1980, p. 30.
13. Karl Marx, Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie, MEGA² I/2, op. cit., pp. 3-137; tr. it. Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto, Marx Engels Opere, vol. III, Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 3-143.
14. «Lo Stato politico non può essere senza la base naturale della famiglia e la base artificiale della società civile, che sono la sua conditio sine qua non», ivi, p. 9; tr. it ivi p. 9; «Famiglia e società civile sono i presupposti dello Stato, sono essi propriamente gli attivi. Ma nella speculazione diventa il contrario», ivi, p. 8; tr. it. ivi, p. 8,. Proprio qui, dunque, risiede l’errore di Hegel che vuole che «lo Stato politico, non sia determinato dalla società civile, ma, all’inverso, la determini », ivi, p. 100; tr. it. ivi, p. 102. In proposito cfr. Walter Tuchscheerer, op. cit., p. 49.
15. Cfr. Friedrich Engels, Umrisse zu einer Kritik der Nationalökonomie, MEGA², I/3, Dietz Verlag, Berlin 1985, pp. 467-494; tr. it. Lineamenti di una critica dell’economia politica, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 454-481. Del saggio, Marx ricopia brevi parti in uno dei suoi quaderni di estratti.
16. Il numero, in realtà doppio, degli «Annali franco tedeschi», diretti da A. Ruge e K. Marx, apparve alla fine del febbraio 1844.
17. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 325; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 4.
18. Cfr. Maximilien Rubel, Introduction a Karl Marx Œuvres. Economie II, Gallimard, Paris 1968, pp. LIV-LV che data in questo preciso momento l’origine del lungo incubo di tutta la vita di Marx, l’ossessione teorica che non abbandonerà mai più: la critica dell’economia politica.
19. Moses Hess, L’essenza del denaro, Filosofia e socialismo. Scritti 1841-1845, (a cura di GiovamBattista Vaccaro), Milella, Lecce 1988, pp. 203-227. Questo articolo, in un primo tempo destinato ai «Deutsch-franzosische Jahrbücher», viene pubblicato solo in seguito nei «Rheinische Jahrbücher zur Gesellschaftlichen Reform».
20. Karl Marx Zur Judenfrage, MEGA² I/2, op. cit., pp. 141-169; tr. it. Sulla questione ebraica, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., pp. 158-189. Cfr. anche Bruno Bauer-Karl Marx, La questione ebraica, (a cura di Massimiliano Tomba), Manifestolibri, Roma 2004 che raccoglie insieme gli scritti di Bauer ed il testo di Marx.
21. In proposito cfr. Bruno Bongiovanni, Figure della mediazione: l’ebreo e il denaro, Le repliche della storia, Bollati Boringhieri, Torino 1989, pp. 90-100, che considera questo momento come l’inizio, generalmente misconosciuto, della critica economica di Marx.
22. Cfr. Walter Tuchscheerer, op. cit., p. 56.
23. Karl Marx, Exzerpte aus Jean Baptiste Say: Traité d’economie politique, MEGA² IV/2, Dietz Verlag, Berlin 1981, p. 316; tr. it. parz. La scoperta dell’economia, Editori Riuniti, Roma 1990, p. 3.
24. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 363; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 69.
25. Ivi , p. 364; tr. it. ivi, pp. 70-71.
26. Ivi , p. 374; tr. it. ivi, p. 85.
27. Cfr. Maximilien Rubel, Karl Marx, Colibrì, Milano 2001, p. 78.
28. Pierre-Joseph Proudhon, Che cos’è la proprietà, Zero in Condotta, Milano 2000, p. 51 ss.
29. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA I/2, op. cit., p. 384; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 103.
30. Cfr. György Lukács, Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, Einaudi, Torino 1975 (1960), pp. 748 ss. e Jean Hyppolite, Saggi su Marx e Hegel, Bompiani, Milano 1965, pp. 97 ss.
31. Cfr. Ernest Mandel, La formazione del pensiero economico di Karl Marx, Laterza, Bari 1970, pp. 180-181.
32. Karl Marx, Exzerpte aus James Mill: Élémens d’économie politique, MEGA² IV/2, op. cit., p 453; tr. it. parz. Estratti dal libro di James Mill «Élémens d’économie politique», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 236.
33. Ivi , p. 456; tr. it. ivi, p. 239.
34. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA I/2, op. cit., p. 365; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 71.
35. Karl Marx, Exzerpte aus James Mill: Élémens d’économie politique, MEGA² IV/2, op. cit., p 466; tr. it. parz. Estratti dal libro di James Mill «Élémens d’économie politique», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 248.
36. Cfr. Walter Tuchscheerer, op. cit., pp. 142, 154-155.
37. Cfr. Maximilien Rubel, Elogio del giovane Marx, «Vis-à-vis», n. 3 (1995), p. 32.
38. A riguardo, si rimanda alle testimonianze di Arnold Ruge: «Legge molto, lavora con intensità non comune (…) ma non porta mai niente alla fine, lascia tutto a mezzo per tuffarsi ogni volta da capo in uno sterminato mare di libri», lavora «sin quasi a star male, senza andare a letto per tre o quattro notti di fila», lettera di A. Ruge a L. Feuerbach del 15 maggio 1844, in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, op. cit., p. 22; «Se Marx non si ammazza da solo con la sregolatezza, la superbia e il lavoro disperatissimo, e se la stravaganza comunista non cancella in lui ogni sensibilità per la semplicità e la nobiltà della forma, dalle sue sterminate letture e perfino dalla sua dialettica senza coscienza c’è pur da aspettarsi qualcosa (…) Vuole sempre scrivere sulle cose che ha appena finito di leggere, ma poi ricomincia sempre a leggere e a prendere appunti. Eppure penso che, prima o poi, riuscirà a portare a termine un’opera lunghissima e astrusissima, in cui riverserà alla rinfusa tutto il materiale che ha ammucchiato» in A. Ruge a M. Duncker, 29 agosto 1844, ivi, p. 28. In proposito cfr. Mario Rossi, Da Hegel a Marx. III. La scuola hegeliana. Il giovane Marx, Feltrinelli, Milano 1974 (1963), pp. 152 e 211.
39. Cfr. lettera di A. Ruge a M. Duncker del 29 agosto 1844, in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), op. cit., p. 28.
40. Cfr. Maximilien Rubel, Karl Marx, op. cit., p. 133.
41. Friedrich Engels-Karl Marx, Die heilige Familie, Marx Engels Werke, Band 2, Dietz Verlag, Berlin 1962, pp. 3-223; tr. it. La sacra famiglia, Marx Engels Opere, vol. IV, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 3-234. In realtà Engels contribuisce allo scritto soltanto per una decina di pagine.
42. Cfr. la testimonianza di Paul Lafargue che riporta i racconti di Engels sull’autunno del 1844: «Engels e Marx presero l’abitudine di lavorare insieme. Engels, che pure era di una precisione estrema, perse la pazienza più di una volta davanti alla scrupolosità di Marx, che si rifiutava di scrivere una frase se non era in grado di provarla in dieci modi diversi» in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, op. cit., p. 29.
43. Cfr. la testimonianza di Heinrich Bürgers: «In quel periodo la severa autocritica che era abituato ad esercitare verso se stesso gli impedì di realizzare l’opera maggiore», ivi, p. 41.
44. Su questo complicato rapportocfr. David Rjazanov, Einleitung a MEGA I/1.2, Marx-Engels-Verlag, Berlin 1929, p. XIX, che per primo ha segnalato la grande difficoltà relativa alla definizione di una precisa linea di confine tra i semplici quaderni di estratti e quelli che, invece, vanno considerati veri e propri lavori preparatori.
45] Cfr. Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», «Passato e presente», n. 3 (1983), p. 42.
46. Per una descrizione degli originali, si rimanda a Jürgen Rojahn, Il caso dei cosidetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», op. cit., pp. 47-52; Bert Andréas, Karl Marx/Friedrich Engels, Das Ende der klassischen deutschen Philosophie. Bibliographie, Schriften aus dem Karl Marx Haus, n. 28, Trier 1983, pp. 64-66.
47. Karl Marx, Der historische Materialismus. Die Frühschriften, (a cura di Siegfried Landshut e Jacob Peter Mayer), Alfred Kröner Verlag, Leipzig 1932, pp. 283-375. Una nuova edizione, stavolta a cura del solo Landshut, comparve nel 1953: per l’ultima ristampa cfr. Karl Marx, Die Frühschriften, Alfred Kröner Verlag, Stuttgart 2004.
48. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte aus dem Jahre 1844, MEGA I/3, Marx-Engels-Verlag, Berlin 1932, pp. 29-172.
49. Queste pagine, a testimonianza della difficoltà di operare una classificazione, appaiono nella MEGA² sia nella prima sezione, che contiene le opere e gli abbozzi, sia nella quarta, che raccoglie gli estratti. Cfr. Karl Marx, MEGA², I/2, op. cit., pp. 439-444; Karl Marx, MEGA², IV/2, op. cit., pp. 493-500.
50. Cfr. Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», op. cit., p. 43; Jürgen Rojahn, The emergence of a theory: the importance of Marx’s notebooks exemplified by those from 1844, «Rethinking Marxism», vol. 14, n. 4 (2002), p. 33.
51. Cfr. David McLellan, Marx prima del marxismo, Einaudi, Torino 1974, p. 189.
52. Cfr. Nikolai Lapin, Der junge Marx, Dietz Verlag, Berlin, 1974, p. 304 ss.
53. Senza voler in alcun modo presentare l’infinito dibattito su questo scritto di Marx, si circostanzia il riferimento a due tra i più importanti lavori che avanzano queste posizioni. Al primo orientamento appartengono Landshut e Meyer che, per primi, vi hanno letto «in un certo senso l’opera più centrale di Marx (…) [che] forma il punto nodale del suo intero sviluppo concettuale» e «nel nocciolo anticipa già Il capitale». Cfr. Karl Marx, Der historische Materialismus. Die Frühschriften, op. cit., pp. XIII e V. Al secondo, invece, va ascritta la celebre tesi di coupure épistémologique di Althusser cfr. Louis Althusser, Per Marx, op. cit., pp. 15 ss.
54. Cfr. Emile Bottigelli, Présentation a Karl Marx, Manuscrits de 1844, Editions Sociales, Paris 1962, pp. XXXVII-XL; Ernest Mandel, La formazione del pensiero economico di Karl Marx, Laterza, Bari 1970 (1969), p. 175.
55. Essi sono contenuti in Karl Marx, MEGA², IV/2, op. cit., pp. 279-579 e Karl Marx, MEGA², IV/3, Akademie Verlag, Berlin 1998, pp. 31-110.
56. «I suoi manoscritti del 1844 nacquero letteralmente dagli estratti di quel periodo» in Jürgen Rojahn, The emergence of a theory: the importance of Marx’s notebooks exemplified by those from 1844, op. cit., p. 33.
57. In quel periodo, gli economisti inglesi sono letti da Marx ancora in traduzione francese. Per una descrizione degli originali dei quaderni cfr. Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», op. cit., pp. 52-56.
58. Sui testi posseduti da Marx nella biblioteca personale e su quelli che aveva intenzione di procurarsi si veda Karl Marx, «Notizbuch aus den Jahren 1844-1847», MEGA² IV/3, op. cit., pp. 5-10, 12-13, 483-487.
59. Cfr. Karl Marx, Exzerpte aus Jean Baptiste Say : Traité d’économie politique, MEGA² IV/2, op. cit., pp. 301-327.
60. Ivi , pp. 332-386.
61. Cfr. Karl Marx, Exzerpte aus David Ricardo: Des principes de l’économie politique et de l’impôt, MEGA² IV/2, op. cit., pp. 392-427; tr. it. parz. in La scoperta dell’economia, op. cit., pp. 5-19.
62. Karl Marx, Exzerpte aus James Mill: Élémens d’économie politique, MEGA² IV/2, op. cit., pp. 428-470; tr. it. parz. Estratti dal libro di James Mill «Élémens d’économie politique», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., pp. 229-248. Cfr. Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», op. cit., p. 71.
63. Cfr. Jacques Grandjonc, Marx et les communistes allemands à Paris 1844, Maspero, Paris 1974, pp. 61-62 e si veda la lettera di K. Marx a H. Börnstein, scritta al più tardi nel novembre 1844, MEGA² III/I, Dietz Verlag, Berlin 1975, p. 248; tr. it. Marx Engels Opere, vol. XXXVIII, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 431.
64. Cfr. le memorie di Paul Lafargue nelle quali si ricorda come Marx «aveva l’abitudine di rileggere dopo parecchi anni i suoi taccuini e i passi segnati nei suoi libri» in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, op. cit., p. 244.
65. Cfr. Friedrich Engels, Zur vierten Auflage, MEGA² II/10, Dietz Verlag, Berlin 1991, p. 23;tr. it. Per la quarta edizione in Karl Marx, Il capitale, Editori Riuniti, Roma 1964 (V ed.), pp. 59-60. A riguardo cfr. anche Karl Marx, MEGA² IV/3, op. cit., pp. 613-640 e Maximilien Rubel, Les premières lectures économiques de Karl Marx (II), «Etudes de marxologie», n. 2 (1959), pp. 67 ss.
66. «Non esiste nessun appiglio a cui appoggiarsi per stabilire che i manoscritti formano un complesso a sé», in Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», op. cit., p. 57.
67. Ivi, p. 79.
68. Cfr. Jürgen Rojahn, The emergence of a theory: the importance of Marx’s notebooks exemplified by those from 1844, op. cit., p. 45.
69. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 364; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 71.
70. Karl Marx, Kritische Randglossen zu dem Artikel “Der König von Preußen und die Sozialreform. Von einem Preußen“, MEGA² I/2, op. cit., pp. 445-463; tr. it. Glosse critiche in margine all’articolo «Il re di Prussia e la riforma sociale. Di un prussiano», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., pp. 206-224.
71. Cfr. Michael Löwy, Il giovane Marx, Massari Editore, Bolsena (VT) 2001, p. 57.
72. Karl Marx, Kritische Randglossen zu dem Artikel “Der König von Preußen und die Sozialreform. Von einem Preußen“, MEGA² I/2, op. cit., p. 462; tr. it. Glosse critiche in margine all’articolo «Il re di Prussia e la riforma sociale. Di un prussiano», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 223.
73. Ivi , p. 455; tr. it. ivi, p. 215.
74. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., pp. 372-373; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 83.
75. Ivi , p. 372; tr. it. ivi, pp. 82-83.
76. Ivi , p. 387; tr. It. ivi, p. 107.
77. Cfr. Mario Rossi, op. cit., p. 591.
78. Ivi , pp. 148-149 e 599.
79. Bruno Bauer (a cura di), «Allgemeine Literatur-Zeitung», Heft 6., Verlag von Egbert Bauer, Charlottenburg 1844, p. 32. Cfr. lettera di K. Marx a L. Feuerbach dell’11 agosto 1844, MEGA² III/1, Dietz Verlag, Berlin 1975, p. 65; tr. it. Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 386.
80] Karl Marx, Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie. Einleitung, MEGA ² I/2, op. cit., p. 172; tr. it. Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 192.
81. L’epiteto è utilizzato da Marx ne La sacra famiglia per indicare e deridere Bruno Bauer e gli altri giovani hegeliani che collaboravano all’«Allgemeine Literatur-Zeitung».
82. Ivi , p. 177; tr. it. ivi, p. 197.
83. Cfr. Mario Rossi, op. cit., p. 585.
84. Karl Marx, Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie. Einleitung, MEGA² I/2, op. cit., p. 173; tr. it. Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 193.
85. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 395; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 120.
86. Cfr. Ernest Mandel, op. cit., p. 175.
87. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 390; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 112.
88. Friedrich Engels-Karl Marx, Die heilige Familie, op. cit., p. 128; tr. it. La sacra famiglia, op. cit., p. 135.
89. Karl Marx, Ein Briefwechsel von 1843, MEGA² I/2, op. cit., p. 479; tr. it. Lettere dai Deutsch-Französisce Jahrbücher, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 153.
90. Karl Marx, Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie. Einleitung, MEGA² I/2, op. cit., p. 178; tr. it., Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 198.
91. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 374; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 84.
92. Karl Marx, Die Entstehungsgeschichte des modernen Staats oder die französische Revolution, MEGA² IV/3, op. cit., p. 11; tr. it. Piano di uno scritto sullo Stato, Marx Engels Opere, vol. IV, op. cit., p. 658.
93. Karl Marx, Hegel’sche Construction der Phänomenologie, ibidem; tr. it. Costruzione hegeliana della fenomenologia, ivi, p. 657.
94. Karl Marx, Über Friedrich Lists Buch “Das nationale System der politischen Ökonomie“, «Beiträge zur Geschichte der Arbeiterbewegung», Jg. 14. H. 3. (1972), pp. 425-446; tr. it. A proposito del libro di Friedrich List «Das nationale System der politischen Ökonomie», ivi, pp. 584-614.
95. Lettera di F. Engels a K. Marx dei primi di ottobre 1844, MEGA² III/I, Dietz Verlag, Berlin 1975, p. 245; tr. it. Marx Engels Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 8; cfr. inoltre F. Engels a K. Marx, 20 gennaio 1845: «Guarda di portare a termine il tuo libro di economia politica; anche se tu stesso dovessi rimanere scontento di molte cose, non fa niente, gli animi sono maturi, e dobbiamo battere il ferro finché è caldo», ivi, p. 260; trad. it., ivi, p. 17. Scrivendo così, Engels dimostra di non conoscere ancora Marx quanto lo conosceva A. Ruge che, nella lettera a K. M. Fleischer del 9 luglio 1844, al contrario, affermava: «sarebbe un gran peccato se non scrivesse dei libri. Ma dobbiamo rassegnarci ad aspettare» in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), op. cit., p. 26.
96. Su pressione del governo prussiano, le autorità francesi spiccano un ordine di espulsione contro diversi collaboratori del «Vorwärts!». Marx è costretto a lasciare Parigi il 1 febbraio 1845.
97. Marx Engels Werke, Band 27, Dietz Verlag, Berlin 1963, p. 669; tr. it. in Marx Engels Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 666.
98. Cfr. Eugène Buret, De la misère des classes laborieuses en Angleterre et en France, EDHIS, Paris 1979.

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Maria Cristina Basso, Studi Filosofici

Un Pensiero Ricorrente: La (ri)scoperta dell’opera di Marx

Risultato della conferenza internazionale omonima, svoltasi a Napoli dall’1 al 3 aprile 2004 e organizzata dallo stesso curatore del volume Marcello Musto, Sulle tracce di un fantasma.

L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia (Manifestolibri 2005, pp. 392 € 30), raccoglie gli interventi di alcuni tra i più rilevanti nomi della riflessione contemporanea sull’opera marxiana. Benché il sottotitolo evidenzi lo sdoppiamento tra ricostruzione filologica e pensiero filosofico, il lavoro si muove parallelamente ed organicamente su entrambi i vettori, laddove essi non si presentano come linee di ricerca disgiunte bensì reciprocamente implicate e funzionali.

È infatti in occasione della presentazione della nuova edizione storico-critica della Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA²) che l’intera opera marxiana trova un tardivo quanto essenziale lavoro di sistematizzazione che, in maniera solo apparentemente contraddittoria, la riconsegna all’originaria incompiutezza. È sotto questa cifra che gli scritti di Marx aprono da un lato ad una «scoperta» dell’opera marxiana in quanto tale, ovvero alleggerita del pesante nonché deformante fardello del marxismo e delle esperienze storico-politiche ad esso ispirate, e dall’altro ad inedite e feconde possibilità interpretative. Far luce sulla genesi del testo, principio guida dei lavori della Mega², si rivela strumento essenziale per una lettura critica dell’opera marxiana e per una sua «riconsegna ai liberi campi del sapere», come sottolinea il curatore.

La prima sezione del libro apre con l’intervento di Manfred Neuhaus (direttore del progetto della MEGA²) che ne ripercorre il tortuoso percorso filologico-editoriale dal prologo russo di David Rjazanov, interrotto e penalizzato dalla congiuntura storica della presa del potere hitleriana e dal terrore staliniano, attraverso la lenta e problematica ripresa della monumentale opera a Mosca e a Berlino negli anni del disgelo, sino al definitivo avvio del decennio Sessanta-Settanta con il progetto riveduto e corretto che prese il nome di «seconda MEGA». Neuhaus evidenzia i cruciali aspetti teorici e metodologici della ricostruzione filologica dei testi centrando il punto d’arrivo del «principio della genesi del testo», il cui imperativo della ricostruzione per elaborazioni successive – dalla bozza alla stesura finale – sostituisce il vecchio paradigma della verosimiglianza alle intenzioni dell’autore.

Ancora dal lato storico si collocano i contributi di Izumi Omura (Università di Sendai), responsabile dei lavori della sezione giapponese della MEGA², di considerevole ampiezza e ad alto tasso di informatizzazione; di Malcom Sylvers (Università di Venezia), le cui ricerche si focalizzano sulla ricostruzione dell’epistolario marx-engelsiano; di Gian Mario Bravo (Università di Torino) che attraversa approfonditamente la storia del marxismo teorico italiano evidenziandone la marginalità all’interno del quadro internazionale, colmata solo alla fine degli anni Cinquanta – con le uniche eccezioni di Labriola e Gramsci – e rintracciandone le cause non solo nella situazione politica del paese dominato dal fascismo, ma nella contraddizione interna tra una teoria marxista, mai realmente approfondita dunque compresa, e la prassi politica di un «socialismo locale» da essa enormemente distante.

Sempre al vettore storico-filolgico appartiene la seconda sezione di studi dedicata alla critica filosofica e politica nell’opera giovanile di Marx: dal rapporto con il materialismo, approfondito da Mario Cingoli (Università di Milano – Bicocca) all’idea di democrazia nel giovane Marx, attraversata da Giuseppe Cacciatore (Università di Napoli – Federico II). Quest’ultimo ne estrapola soprattutto il ripensamento marxiano del dispositivo liberale moderno di stampo giuridico-politico, non pensato unicamente nei termini di un rovesciamento rivoluzionario, ma di un traghettamento verso una concretezza contenutistica che veicoli istanze popolari non mediate ma auto-rappresentate. Ancora in questa sessione, la comparazione filologica dei Manoscritti economico-filosofici con i quaderni di estratti raccolti da Marx durante il soggiorno parigino del 1844, attraverso la quale Musto (Università di Napoli – L’Orientale) evidenzia una nuova possibile chiave interpretativa del celebre lavoro giovanile marxiano. La riflessione di Gianfranco Borrelli (Università di Napoli – Federico II), infine, si concentra sugli scritti prettamente politici degli anni 1843-1852. Da essi emerge un discorso sulla politica profondamente controverso: dalla problematica coestensività tra il breve ed il lungo periodo ed i relativi dispostivi politici (l’utilizzo temporaneo dello strumento repubblicano e la necessità assoluta del suo oltrepassamento), Borrelli prende spunto per aprire ad una serie di interrogativi sulle opzioni possibili di mediazione politica e per una riflessione sulle nuove forme di legittimazione tramite governance.

La terza sezione, dedicata a Il Capitale, sposta il proprio baricentro analitico su una riflessione più marcatamente economico-filosofica. Dal vertice ottico del «circolo del presupposto-posto» come sintesi del percorso dell’idealismo tedesco, proponendo una visione continuista tra il sistema hegeliano e quello marxiano, Roberto Finelli (Università di Bari) giunge ad un articolato confronto tra la scienza de Il Capitale e l’imperativo post-moderno del decostruzionismo. Notevole inoltre, all’interno del nucleo di lavori su Il Capitale, la duplice re-interpretazione della critica dell’economia politica da parte di Enrique Dussel (Università di Città del Messico) il quale evidenzia, con puntuale sistematicità, da un lato una sottovalutata contiguità categoriale tra la Logica hegeliana e Il Capitale, attraverso l’individuazione di coppie concettuali bivalenti, dall’altro un’ancor più inedita eredità schellinghiana stante nella mutuazione della «Fonte creativa» all’interno della teoria del plusvalore, da cui emerge il «lavoro vivo quale Fonte creativa del plusvalore». Infine, molto rilevante per interesse ed originalità è la «trasformazione»di Jacques Bidet (Università di Parigi) della teoria filosofica de Il Capitale attraverso la categoria di «Metastruttura» – intesa come contrattualità, insieme interindividuale e sociale – quale elemento di una «bifaccialità» al cui polo opposto si trova la struttura economica del capitalismo. Da questo «complesso metastrutturale», che costituisce la cifra propria della modernità, si apre una profonda riflessione sulle contraddizioni del post o tardo moderno, che trovano tragici iceberg nelle categorie/realtà di centro-periferia e di guerra.

Nell’attualità – la sezione «Un oggi per Marx» – si distingue la suggestiva proposta di André Tosel (Università di Nizza) di un «comunismo della finitudine» concepita non come «astuzia retorica», ma quale risposta ad un’esigenza storica: l’inversione del capitalismo liquido, la cui stessa ontologia ne denota il potere pervasivo di produzione distruttrice e desimbolizzante, e la sua sostituzione con un irrinunciabile «referente simbolico» che, contro ogni reductio ad unum (omogeneità, partito, Stato), è imperativamente declinato al plurale. Sullo stesso piano concettuale si muove la riflessione di Domenico Jervolino (Università di Napoli – Federico II), che specifica la pluralità del «comunismo della finitudine» attraversoil «linguaggio», strumento privilegiato del molteplice ma anche dell’unità. Esso infatti se da un lato «esiste solo nella pluralità delle lingue storiche» dall’altro è strumento universale di comunicabilità. Il linguaggio come metafora del politico, per una società comunista che sostituisca dunque il «discorso alla violenza», e in grado di interpretare e «tradurre» la pluralità delle istanze che l’attraversano. Originale anche la rivisitazione «letteraria» dei testi marxiani ad opera di Domenico Losurdo (Università di Urbino), che scorrendoli cronologicamente li ordina su una precisa linea evolutiva. Dalla letteratura utopica dell’Ideologia tedesca, secondo cui una grande rivoluzione avrebbe dato vita ad una nuova società, quella comunista, abitata da una nuova umanità liberata ed emancipata da ogni costrizione, compreso il lavoro, al genere storico-politico del Manifesto del partito comunista e della Critica del programma di Gotha, laddove però un limen essenziale li separa: il primo inserisce la grande rivoluzione che avrebbe definitivamente cambiato il mondo all’interno di quella che è la longue durée dello sviluppo dell’umanità, la seconda fornisce al proletariato che abbia conquistato il potere gli strumenti concreti per la sua gestione. Chiudono i 25 contributi che compongono il volume Alex Callinicos, (Università York – UK) con un attraversamento storico del marxismo teorico anglosassone – rivisto alla luce di una subalternità, tardivamente colmata, rispetto a quello continentale, ma anche dell’alterità del suo portato concettuale –, e Wei Xiaoping (Accademia Cinese delle Scienze Sociali) con la presentazione della ricerca attuale su Marx in Cina.

Le riflessioni contemporanee del marxismo teorico risultano in definitiva, dall’efficace specchio di questo volume, frastagliate per gli angoli di visuale e le proposte delineate, ma proprio in quanto tali irrinunciabilmente plurali. L’orizzonte di senso di tale molteplicità, attingendo alla riscoperta di una fonte propulsiva quale l’opera marxiana, apre dunque alla concretezza della possibilità. Teorica e pratica.