Il ritorno di Karl Marx
Pochi pensatori hanno scosso il mondo come Karl Marx, ma, paradossalmente, ancora oggi Marx rimane un autore «misconosciuto» e privo di un’edizione integrale e scientifica delle sue opere.
E’ per questo che l’ottimo e corposo volume, Sulle tracce di un fantasma. L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia, a cura di Marcello Musto (Manifestolibri 2005, pp. 392, € 30), costituisce uno dei più interessanti e importati contributi alla riscoperta e all’interpretazione dell’opera di Marx.
Il libro raccoglie gli interventi presentati all’omonima conferenza internazionale, promossa da un ampio arco di università e svoltasi a Napoli, dal 1 al 3 aprile 2004. Si divide in quattro sezioni (La nuova edizione delle opere complete (MEGA²); Il giovane Marx; Il capitale; Un oggi per Marx) e presenta saggi di alcuni tra i più importanti studiosi internazionali del pensiero di Marx (tra gli altri Enrique Dussel, Jacques Bidet, Fritz Wolfgang Haug, Gian Mario Bravo).
L’introduzione di Musto costituisce un buon punto di partenza, per comprendere il nesso tra la questione filologica e quella filosofica. L’edizione delle opere complete di Marx ed Engels è cominciata nel 1975 ed interrotta nel 1989. L’anno successivo è nata l’IMES (Fondazione Internazionale Marx Engels) con lo scopo di completare la pubblicazione (su 114 volumi previsti ne sono stati pubblicati 52). La difficoltà del lavoro (che si svolge attraverso gruppi di ricerca delle università di Germania, Russia, Francia, Olanda, Giappone, Usa e Danimarca), nonché i risultati raggiunti, sono ben esposti dagli interventi di Manfred Neuhaus, segretario dell’IMES e direttore del progetto MEGA², Gerald Hubmann, collaboratore della MEGA², e Malcolm Sylvers. La gran mole di manoscritti, estratti, annotazioni, lettere (15.000 quelle ritrovate) da il senso della complessità di una lavoro filologico che, portato a compimento, può restituire un Marx privo dei soffocamenti e delle manipolazioni testuali che hanno violato il senso e lo spirito del suo lavoro. E a testimonianza che il risveglio di interesse per l’opera del Moro non ha confini, si può leggere l’intervento del giapponese Izumi Omura, che tratta la digitalizzazione dei manoscritti di Marx, o quelli di Alex Callinicos e Wei Xiaoping, relativi alle vicende delle interpretazioni critiche dell’opera marxiana nel mondo anglosassone e in Cina.
Ma la parte filologica è strettamente connessa alle analisi delle opere giovanili e a quella del Capitale, ovvero la seconda e la terza sezione del volume. L’attenzione al giovane Marx è soprattutto rivolta ai primi scritti politici (Giuseppe Cacciatore) e ai Manoscritti economico-filosofici del 1844 (Mario Cingoli, Musto); l’analisi del Capitale, che contiene i principali contributi teorici del libro, dedica molto spazio al rapporto tra Marx ed Hegel (Cristopher Arthur, Roberto Finelli, Dussel), alla sostanza e alla forma del valore della merce (Geert Reuten), al processo di costruzione del testo marxiano (Haug), alla struttura della società capitalistica (Bidet).
Un volume ricco, che non rende possibile dare conto di tutti gli interventi che ospita (ben 25) e che, evitando il difetto che spesso presentano i lavori collettivi, ha non solo un preciso filo conduttore, ma una forte identità narrativa. C’è la sensazione che questa nuova riscoperta dell’immenso lavoro di Marx, in senso fisico prima che teorico, getti una luce inaspettata su un autore più citato che studiato. Merito di questo libro è di trasmettere pienamente al lettore la consapevolezza che quello che il Novecento ha chiuso così frettolosamente si riapre.
Se la globalizzazione è, tra l’altro, la velocità con cui circolano le merci, i lavoratori, i capitali; c’è qualcuno che non desidera, nella propria cassetta degli attrezzi, un nuovo-vecchio Marx, libero da cerimonie di Stato e da piccoli tatticismi interpretativi?