Ripensare Marx e i Marxismi «Una nuova stagione democratica» Marcello Musto presenta il suo nuovo libro: «Con la partecipazione si cambiano gli indirizzi economici» RIMINI. Verrà presentato oggi alle 17.45, nella Sala del Buonarrivo della Provincia, il libro “Ripensare Marx e i marxismi” (Carocci Editore) di Marcello Musto, docente di Teoria politica all’Università di York, Canada.
Musto sarà intervistato dall’economista Lucio Gobbi. L’incontro è organizzato dall’Istituto Gramsci di Rimini. Professor Musto, non si è già detto e scritto tutto su Marx? In che cosa differisce il pensatore che emerge dal suo libro dalla figura che è stata finora tramandata?
« Marx è stato sottratto al suo contesto storico più di ogni altro autore. È stato piegato da più parti in funzione di contingenze e necessità politiche, e a queste poi assimilato. Critico rigorosissimo, è diventato invece la fonte del più ostinato dottrinarismo. Marx sosteneva ad esempio che “l’emancipazione della classe operaia deve essere opera dei lavoratori stessi”, ma è stato ingabbiato, al contrario, in una ideologia che vedeva prevalere il primato delle avanguardie politiche e del partito nel ruolo di propulsori della coscienza di classe e di guida della rivoluzione. Non sono tra coloro che sostengono che si debba parlare di un Marx “sconosciuto” ogni volta che viene pubblicato qualcosa di nuovo, ma da questo lavoro, una lettura libera dalla pressione ideologica pre-1989, emerge un autore che in alcuni punti è molto diverso da quello che l’Occidente ha considerato nei decenni passati, sia per i limiti del marxismo-leninismo, sia per la propaganda maccartista americana. Marx è stato descritto come il diavolo a cui imputare tutti i disastri del Novecento, dipingendolo come difensore dello Stato sovietico, lui che era un convinto assertore dell’aboli zione dello Stato; tramandandolo come teorico della dittatura del proletariato, quando invece usò questa espressione soltanto 12 volte, contando anche le lettere private, e con una connotazione molto diversa a quella che si è data in seguito. Ci tengo a dire che questa lettura di un “altro Marx” non è una lettura del Marx morto, ma di un Marx politico, e di grande attualità, perché oggi ci appare proprio come un autore, se non l’autore, più importante a cui chiedere aiuto in tempi di crisi».
Ma in che modo Marx (e il marxismo) possono essere una chiave per interpretare la crisi economica e finanziaria? E in che modo possono aiutare ad uscirne?
«Le statistiche fornite da ll’Organizzazione internazionale del lavoro parlano chiaro: il numero dei disoccupati nel mondo ha raggiunto i 200 milioni, 27 milioni in più di quelli esistenti prima dello scoppio della crisi nel 2008. Marx, frettolosamente considerato “morto” dopo la caduta del muro di Berlino, è ritornato oggi di grande attualità e la sua analisi critica del capitalismo è stata magnificata da giornalisti e analisti finanziari di tutti i principali quotidiani e settimanali del mondo, progressisti e conservatori. Vi è un abisso tra la sua elaborazione e quella degli economisti che, ai nostri giorni come al suo tempo, individuano le cause della crisi nella speculazione e in L’incontro promosso dall’Istituto Gramsci oggi a Rimini un’eccessiva avidità per il profitto. Marx li paragonava a quei filosofi della natura che consideravano la febbre come la causa di tutte le malattie. Le crisi sono, invece, una parte essenziale del capitalismo, non incidenti di percorso. Non solo e non tanto dovute al l’“ assenza di regolamentazione” del mercato, come ci hanno raccontato, ma un suo momento ciclico e strutturale. È insita nel capitalismo la necessità di distruggere (ba- «Ma il Marx di cui c’è oggi più bisogno – continua Musto – è quello politico. La realtà in cui viviamo parla di un fallimento senza appelli del capitalismo. E davanti a noi c’è il pericolo di una spirale della guerra e della xenofobia. È necessario ripensare un’alternativa, e il pensiero di Marx offre ancora le basi per farlo. Un cambiamento di progresso ed emancipazione sociale non avverrà, però, grazie agli Obama o ad altri leader carismatici, ma soltanto attraverso una nuova stagione di amplia e radicale partecipazione democratica ».
Nella accezione comune, si tende a pensare che politica ed economia siano due cose differenti: la crisi ha reso evidenti i limiti della politica (o del sistema dei partiti) nella risoluzione dei problemi economici, con il conseguente ricorso ai “tecni – ci”. Eppure non dovrebbe essere la politica a indicare la via d’u sc i ta ? La politica ha abdicato al suo ruolo? E come può riappropriarsene?
«Per “ristabilire la fiducia dei mercati” o cc o rr e procedere spediti sulla strada delle “ r i f o r m e strutturali”. È questa la litania che da mesi ci viene riproposta. Ma negli ultimi anni l’espressione “ri – forme strutturali” ha subìto una radicale trasformazione semantica. È divenuta sinonimo di scempio sociale: riduzione salariale, revisione dei diritti dei lavoratori circa le norme che regolano l’a ssunzione e il licenziamento, aumento dell’età pensionabile e privatizzazioni su larga scala. Dunque non riforme (termine che appartiene al lessico socialista), ma nient’a lt ro che la realizzazione dei diktat della Banca centrale europea, ritorno al capitalismo selvaggio dell’Otto – cento». «E un’altra impostura terminologica – spiega Musto – si nasconde dietro le parole “governo tecnico”. Dietro la maschera ideologica dell’apoliticità si nasconde, al contrario, un progetto eminentemente politico e dal contenuto assolutamente reazionario. Il trasferimento del potere decisionale dalla sfera politica a quella economica; la trasformazione di possibili decisioni politiche in incontestabili imperativi economici. La ridislocazione di una parte della sfera politica nell’economia, come ambito separato e immodificabile, il passaggio di potere dai parlamenti (già svuotati del loro valore rappresentativo da sistemi elettorali maggioritari e da revisioni autoritarie del rapporto tra il potere governativo e quello legislativo) al mercato e alle sue istituzioni e oligarchie, costituisce il più grave impedimento democratico del nostro tempo. I governi non discutono più quali indirizzi economici adottare, ma sono gli indirizzi economici a generare la nascita dei governi ».
Dunque, come se ne esce? Come si dà il via a «una nuova stagione di amplia e radicale partecipazione democratica »?
«Non credo ci si possa affidare a dei leader politici, o che lo strumento delle primarie possa essere il punto ultimo. C’è bisogno di una stagione democratica, e questa può nascere veramente solo se c’è una partecipazione collettiva, sociale. Bisogna rimettere in circolo le energie. In Francia o in altri paesi come la stessa Grecia qualcosa sta cambiando: se i movimenti tornano a parlarsi tra loro, se finisce la guerra fra poveri, se le critiche al mercato riescono a coagularsi attorno a una piattaforma politica, può rinasce una stagione di mobilitazione, un movimento ampio di partecipazione, fondamentale per poi cambiare gli indirizzi economici ». (vera bessone) sti pensare a quanti “lune – dì neri” della Borsa ci sono stati) per poi accumulare di più. Come? con la disoccupazione, con l’au – mento delle ore lavorative, con la diminuzione dei salari. Un sistema economico anarchico e irrazionale, altro che “equilibrio del mercato”». Il libro; a lato Marcello Musto «Marx è stato piegato da più parti in funzione di necessità politiche» «L’espressione “riforme strutturali” è divenuta ormai sinonimo di scempio sociale»
«Il passaggio di potere dai parlamenti al mercato e alle sue istituzioni e oligarchie costituisce il più grave impedimento democratico del nostro tempo»
_ Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, Marx venne considerato un pensatore da destinare all’oblio. La crisi economica internazionale del 2008 ha riportato, invece, nuovamente alla ribalta la sua analisi del capitalismo e le recenti acquisizioni filologiche della Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA²), la nuova edizione storico-critica delle sue opere, hanno offerto agli studiosi nuovi testi che dimostrano la distanza tra la teoria critica di Marx e il dogmatismo dei marxismi dominanti nel Novecento. Dalla disamina critica e innovativa, realizzata in “Ripensare Marx e i marxismi” emerge un “altro Marx”, un pensatore molto diverso da quello raffigurato, per lungo tempo, da tanti suoi critici e presunti seguaci.