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Prima dei Grundrisse

1. L’incontro con l’economia politica
L’economia politica non fu la prima passione intellettuale di Karl Marx. L’incontro con questa materia, che ai tempi della sua giovinezza era appena agli albori in Germania, avvenne, infatti, solo dopo quello con diverse altre discipline. Nato a Treviri nel 1818, in una famiglia di origini ebraiche, dal 1835 Marx studiò, dapprima, diritto alle università di Bonn e Berlino, per volgere, poi, il suo interesse alla filosofia, in particolare a quella hegeliana al tempo dominante, e laurearsi all’università di Jena, nel 1841, con una tesi sulla Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro. Completati gli studi, Marx avrebbe voluto intraprendere la carriera universitaria, ma, poiché dopo la salita al trono di Federico Guglielmo IV, la filosofia hegeliana non godeva più del favore del governo prussiano, egli, avendo aderito al movimento dei Giovani Hegeliani, dovette cambiare i propri progetti. Tra il 1842 e il 1843, si diede all’attività pubblicistica e collaborò con il quotidiano di Colonia, la «Rheinische Zeitung [Gazzetta renana]», del quale divenne rapidamente giovanissimo redattore capo. Tuttavia, poco tempo dopo l’inizio della sua direzione e la pubblicazione di alcuni suoi articoli, nei quali, seppure soltanto dal punto di vista giuridico e politico, aveva iniziato a occuparsi di questioni economiche , la censura colpì il giornale e Marx decise di interrompere questa esperienza «per ritirarsi dalla scena pubblica alla stanza da studio» . Si dedicò, così, agli studi sullo Stato e sulle relazioni giuridiche, dei quali Hegel era un’autorità, e in un manoscritto del 1843, pubblicato postumo con il titolo Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto, avendo maturato la convinzione che la società civile fosse la base reale dello Stato politico, sviluppò le primissime formulazioni circa la rilevanza del fattore economico nell’insieme dei rapporti sociali.

Tuttavia, soltanto a Parigi, spinto dalla convinzione dell’incapacità del diritto e della politica di dare soluzione ai problemi sociali, e colpito in maniera decisiva dalle considerazioni contenute nei Lineamenti di una critica dell’economia politica, uno dei due articoli di Friedrich Engels pubblicati nel primo e unico volume dei «Deutsch-französische Jahrbücher [Annali franco-tedeschi]» (rivista da Marx stesso fondata e co-diretta), diede inizio a uno «scrupoloso studio critico dell’economia politica» . Da quel momento in poi, le sue indagini, fino ad allora di carattere preminentemente filosofico, politico e storico, si indirizzarono verso questa nuova disciplina che divenne il fulcro delle sue ricerche e preoccupazioni scientifiche, delimitando un nuovo orizzonte che non fu mai più abbandonato.

A Parigi, Marx avviò una grande mole di letture e da esse ricavò nove quaderni di estratti e appunti . Fin dal periodo universitario, infatti, egli aveva assunto l’abitudine, mantenuta poi per tutta la vita, di compilare riassunti dalle opere che leggeva, intervallandoli, spesso, con le riflessioni che essi gli suggerivano . I cosiddetti Quaderni di Parigi sono particolarmente interessanti perché tra i libri maggiormente compendiati figuravano il Trattato di economia politica di Jean-Baptiste Say e La ricchezza delle nazioni di Adam Smith , testi dai quali Marx assimilò le nozioni basilari di economia, così come i Principi di economia politica di David Ricardo e gli Elementi di economia politica di James Mill , che gli diedero, invece, la possibilità di sviluppare le prime valutazioni rispetto ai concetti di valore e prezzo e alla critica del denaro quale dominio della cosa estraniata sull’uomo.

Parallelamente a questi studi, Marx redasse altri tre quaderni, pubblicati postumi con il titolo di Manoscritti economico-filosofici del 1844, nei quali dedicò particolare attenzione al concetto di lavoro alienato [entäusserten Arbeit]. Differentemente dai principali economisti e da Georg W. F. Hegel, il fenomeno per il quale l’oggetto prodotto dall’operaio si contrappone a lui stesso «come un essere estraneo, come una potenza indipendente da colui che la produce» , venne considerato da Marx, non come una condizione naturale e, dunque, immutabile, ma quale caratteristica di una determinata struttura di rapporti produttivi e sociali: la moderna società borghese e il lavoro salariato.

L’intenso lavoro condotto da Marx durante questo periodo è comprovato anche dalle testimonianze di quanti lo frequentarono in quegli anni. Riferendosi all’attività da lui svolta verso la fine del 1844, il giornalista radicale Heinrich Bürgers sostenne che «Marx aveva avviato sin da allora approfondite ricerche nel campo dell’economia politica e accarezzava il progetto di scrivere un’opera critica in grado di formare una nuova costituzione della scienza economica» . Anche Engels, che aveva conosciuto Marx nell’estate del 1844 e stretto con lui un’amicizia e un sodalizio teorico e politico destinati a durare per il resto delle loro esistenze, nella speranza che una stagione di rivolgimenti sociali fosse alle porte, esortò Marx, sin dalla prima lettera del loro carteggio, a dare alla luce in fretta la sua opera: «fa ora in modo che il materiale che hai raccolto venga lanciato presto per il mondo. Il tempo stringe maledettamente» . Tuttavia, la consapevolezza dell’insufficienza delle sue conoscenze impedì a Marx di completare e pubblicare i suoi manoscritti. Inoltre, nell’autunno del 1844 egli si dedicò, proprio assieme a Engels , alla stesura di La sacra famiglia. Critica della critica critica contro Bruno Bauer e soci, uno scritto polemico, pubblicato nel 1845, nei confronti di Bauer e di altri esponenti della sinistra hegeliana, movimento dal quale Marx aveva preso le distanze già nel 1842, ritenendo che i suoi membri fossero dediti esclusivamente a sterili battaglie di concetti e rinchiusi nell’isolamento speculativo.

Concluso questo lavoro, all’inizio del 1845, Engels si rivolse nuovamente all’amico invitandolo a ultimare lo scritto in preparazione:

guarda di portare a termine il tuo libro di economia politica; anche se tu dovessi rimanere scontento di molte cose, non fa niente, gli animi sono maturi, e dobbiamo battere il ferro finché è caldo. […] Ora non c’è tempo da perdere. Fa perciò in modo di essere pronto prima dell’aprile; fa come faccio io, stabilisci un termine di tempo entro il quale sei effettivamente deciso a finire, e pensa a stampar presto.

Queste sollecitazioni servirono però a ben poco. L’ancora stentata conoscenza dell’economia politica indusse Marx a proseguire gli studi, anziché tentare di dare forma compiuta ai suoi abbozzi. Ad ogni modo, sorretto dalla convinzione di poter dare alla luce il suo scritto in breve tempo, il 1 febbraio del 1845, dopo che gli era stato intimato di lasciare la Francia a causa della sua collaborazione con il bisettimanale operaio di lingua tedesca «Vorwärts!», egli firmò un contratto con l’editore di Darmstadt Karl Wilhelm Leske, per la pubblicazione di un’opera in due volumi da intitolarsi Critica della politica e dell’economia politica.

2. Il proseguimento degli studi di economia
Nel febbraio del 1845 Marx lasciò Parigi per trasferirsi a Bruxelles, città nella quale gli fu consentito di risiedere a patto di non pubblicare «nessuno scritto sulla politica del giorno» e dove rimase, assieme alla moglie Jenny von Westphalen e alla prima figlia, Jenny, nata a Parigi nel 1844, fino al marzo del 1848. Durante questi tre anni, e in particolar modo nel 1845, egli proseguì produttivamente gli studi di economia politica.

Nel marzo di quell’anno lavorò, senza riuscire però a completarla, a una critica dell’opera Il sistema nazionale dell’economia politica dell’economista tedesco Friedrich List . Inoltre, dal febbraio al luglio redasse sei quaderni di estratti, i cosiddetti Quaderni di Bruxelles, riguardanti soprattutto lo studio dei concetti basilari dell’economia politica, all’interno dei quali riservò particolare spazio agli Studi sull’economia politica di Sismonde de Sismondi, al Corso di economia politica di Henri Storch e al Corso di economia politica di Pellegrino Rossi. Contemporaneamente, Marx si dedicò anche alle questioni legate ai macchinari e alla grande industria e ricopiò diverse pagine dell’opera Sull’economia delle macchine e delle manifatture di Charles Babbage . In questo periodo, egli progettò, insieme con Engels, di organizzare anche la traduzione in lingua tedesca di una «Biblioteca dei più eccellenti scrittori socialisti stranieri» . Tuttavia, non avendo trovato il sostegno finanziario di nessun editore e non disponendo di molto tempo libero, essendo entrambi impegnati innanzitutto con i propri lavori, Marx ed Engels dovettero abbandonare questo proposito.

Nei mesi di luglio e agosto, Marx soggiornò a Manchester, al fine di prendere in esame la vasta letteratura economica inglese, la cui consultazione riteneva indispensabile per scrivere l’opera che aveva in cantiere. Redasse così altri nove quaderni di estratti, i Quaderni di Manchester, e, di nuovo, tra i testi maggiormente compendiati vi furono manuali di economia politica e libri di storia economica, tra i quali le Lezioni sugli elementi di economia politica di Thomas Cooper, Una storia dei prezzi di Thomas Tooke, la Letteratura di economia politica di John Ramsay McCulloch e i Saggi su alcuni problemi insoluti di economia politica di John Stuart Mill . Marx s’interessò molto anche alle questioni sociali e compilò estratti da alcuni dei principali volumi della letteratura socialista anglosassone, in particolare da I mali del lavoro e il rimedio del lavoro di John Francis Bray e dal Saggio sulla formazione del carattere umano e Il libro del nuovo mondo morale di Robert Owen . Dello stesso argomento trattava, inoltre, La situazione della classe operaia in Inghilterra, la prima opera di Engels, apparsa proprio nel giugno del 1845.

Nella capitale belga, oltre a proseguire gli studi economici, Marx lavorò anche a un altro progetto, che ritenne necessario realizzare a causa delle circostanze politiche che erano nel frattempo maturate. Nel novembre del 1845, infatti, pensò di scrivere con Engels, Joseph Weydemeyer e Moses Hess, una “critica della più recente filosofia tedesca nei suoi rappresentanti Feuerbach, B. Bauer e Stirner, e del socialismo tedesco nei suoi vari profeti” . Il testo, che fu dato alle stampe postumo col titolo di L’ideologia tedesca, si prefiggeva, per una parte, di combattere le ultime forme di neohegelismo comparse in Germania (il libro L’unico e la sua proprietà di Max Stirner era stato dato alle stampe nell’ottobre del 1844) e, per un’altra, come Marx scrisse all’editore Leske, di «preparare il pubblico al punto di vista della [sua] Economia [Oekonomie], la quale si contrappone[va] risolutamente a tutta la scienza tedesca sviluppatasi sinora» . Questo scritto, la cui lavorazione si protrasse fino al giugno del 1846, non fu però mai portato a termine, anche se servì a Marx per elaborare, con maggiore chiarezza rispetto al passato, seppure non in modo definitivo, quella che Engels definì, quarant’anni dopo, «la concezione materialistica della storia».

Per avere notizie sul progresso della “Economia” durante l’anno 1846 occorre, ancora una volta, esaminare le lettere indirizzate a Leske. Nell’agosto di quell’anno, Marx aveva dichiarato all’editore che «il manoscritto quasi concluso del primo volume», ovvero quello che, secondo i suoi nuovi piani, avrebbe dovuto contenere la parte più teorica e politica, era già disponibile «da tanto tempo», ma che egli non l’avrebbe fatto «stampare senza sottoporlo ancora una volta a una revisione di contenuto e di stile. Si capisce che un autore, il quale continua a lavorare per sei mesi, non può lasciare stampare letteralmente ciò che ha scritto sei mesi prima». Ciò nonostante, egli s’impegnò a concludere presto il libro: «la revisione del primo volume sarà pronta per la stampa alla fine di novembre. Il secondo volume, che ha un carattere più storico, potrà seguire immediatamente» . Le notizie fornite non rispondevano, però, al reale stato del suo lavoro, poiché nessuno dei suoi manoscritti del tempo poteva essere definito come «quasi concluso» e, infatti, l’editore decise di rescindere il contratto quando non si vide consegnare nulla neanche al principio del 1847.

Questi continui ritardi non vanno però attribuiti a uno scarso impegno da parte di Marx. In quegli anni, egli non rinunciò mai all’attività politica e, nella primavera del 1846, fu promotore di un Comitato comunista di corrispondenza, nato per organizzare un collegamento tra le varie leghe operaie in Europa. Tuttavia, il lavoro teorico restò per lui sempre una priorità e a conferma di ciò vi sono le testimonianze di coloro che lo frequentarono. Il poeta tedesco Georg Weerth, ad esempio, scrisse nel novembre del 1846:

Marx è considerato, in un certo senso, il capo del partito comunista. Molti dei sedicenti comunisti e socialisti, però, si stupirebbero molto se sapessero con precisione cosa fa veramente quest’uomo. Marx lavora infatti giorno e notte per snebbiare la testa degli operai d’America, Francia, Germania, etc. dai sistemi balzani che ora la offuscano (…). Lavora come un pazzo alla sua storia dell’economia politica. Quest’uomo dorme da molti anni non più di quattro ore per notte.

Le prove del grande impegno di Marx sono documentate anche dagli appunti di studio e dagli scritti allora pubblicati. Dall’autunno del 1846 al settembre del 1847 egli compilò tre voluminosi quaderni di estratti, inerenti in gran parte la storia economica, dal testo Rappresentazione storica del commercio, dell’attività commerciale e dell’agricoltura dei più importanti Stati commerciali dei nostri tempi di Gustav von Gülich , uno dei principali economisti tedeschi del tempo. Inoltre, nel dicembre del 1846, dopo aver letto il libro Sistema delle contraddizioni economiche, o filosofia della miseria di Pierre-Joseph Proudhon e averlo trovato «cattivo, anzi pessimo» , Marx decise di scriverne una critica. Redatta direttamente in francese, affinché il suo antagonista, che non parlava tedesco, potesse intenderla, l’opera fu terminata nell’aprile del 1847 e stampata in luglio con il titolo Miseria della filosofia. Risposta a Pierre-Joseph Proudhon. Si trattò del primo scritto di economia politica pubblicato da Marx e nelle sue pagine vi furono esposte le sue convinzioni, in seguito soggette a cambiamenti, circa la teoria del valore, l’approccio metodologico più corretto da utilizzare per intendere la realtà sociale e la transitorietà storica dei modi di produzione.

Il motivo del mancato completamento dell’opera progettata – la critica dell’economia politica – non è attribuibile, dunque, alla mancanza di concentrazione da parte di Marx, bensì alla difficoltà del compito che egli si era assegnato. L’argomento che si era prefisso di sottoporre a esame critico era molto vasto e affrontarlo con la serietà e la scrupolosità di cui egli era dotato avrebbe significato lavorare duramente ancora per molti anni. Anche se non ne era consapevole, infatti, alla fine degli anni Quaranta Marx era appena all’inizio delle sue fatiche.

3. Il 1848 e lo scoppio della rivoluzione
Nella seconda metà del 1847 il fermento sociale s’intensificò e l’impegno politico di Marx divenne, conseguentemente, più gravoso. In giugno venne fondata a Londra la Lega dei Comunisti, associazione di operai e artigiani tedeschi con diramazioni internazionali; in agosto Marx ed Engels costituirono l’Associazione operaia tedesca, un centro che riuniva gli operai tedeschi di Bruxelles; in novembre, Marx divenne vicepresidente dell’Associazione democratica di Bruxelles, organizzazione che univa un’area rivoluzionaria a lui vicina e una componente democratica più moderata. Alla fine dell’anno, inoltre, la Lega dei Comunisti incaricò Marx ed Engels di redigere un programma politico e così, poco dopo, nel febbraio del 1848, fu dato alle stampe il Manifesto del Partito Comunista. Il suo incipit, «uno spettro si aggira per l’Europa – lo spettro del comunismo», divenne celebre quanto una delle sue tesi di fondo: «la storia di ogni società sinora esistita è storia di lotte di classi».

La pubblicazione del Manifesto del partito comunista non avrebbe potuto essere più tempestiva. Immediatamente dopo la sua comparsa, infatti, uno straordinario movimento rivoluzionario, il più grande mai manifestatosi fino ad allora per espansione e intensità, si sviluppò in tutto il continente europeo, mettendo in crisi il suo ordine politico e sociale. I governi in carica adottarono tutte le contromisure possibili per porre fine alla situazione e, nel marzo del 1848, quello belga espulse Marx, che si recò in Francia, dove era stata da poco proclamata la repubblica. Date le circostanze, egli mise da parte gli studi di economia politica e si diede all’attività giornalistica per sostenere la rivoluzione e contribuire a tracciare la giusta linea politica da adottare. In aprile si spostò in Renania, la regione economicamente più sviluppata e politicamente più liberale della Germania e dal mese di giugno diresse il quotidiano «Neue Rheinische Zeitung. Organ der Demokratie [Nuova Gazzetta Renana.

Organo della democrazia]», che, nel frattempo, era riuscito a fondare a Colonia. Anche se la maggior parte dei suoi articoli si concentrò sulla cronaca degli avvenimenti politici, nell’aprile del 1849 egli pubblicò una serie di editoriali aventi per tema la critica dell’economia politica, poiché riteneva fosse giunto il «tempo di penetrare più a fondo i rapporti economici sui quali si fondano tanto l’esistenza della borghesia e il suo dominio di classe, quanto la schiavitù degli operai». Basati su alcuni appunti redatti per delle conferenze tenute, nel dicembre 1847, alla Associazione operaia tedesca di Bruxelles, apparvero, così, cinque articoli dal titolo Lavoro salariato e capitale, in cui Marx espose al pubblico, più estesamente che in passato e con un linguaggio il più vicino possibile alla comprensione degli operai, le sue concezioni circa lo sfruttamento del lavoro salariato da parte del capitale.

Tuttavia, il movimento rivoluzionario sorto in Europa nel 1848 venne sconfitto in fretta. La ripresa economica, la debolezza della classe operaia, in alcuni paesi neanche minimamente strutturata, e la svolta moderata delle classi medie, che dopo aver sostenuto una politica di riforme si riavvicinarono all’aristocrazia per sventare la possibilità di un esito troppo radicale degli avvenimenti, permisero alle forze politiche reazionarie di riprendere saldamente le redini del governo degli Stati e furono tra le principali cause della conclusione autoritaria e conservatrice degli eventi.

A causa dell’intensa attività politica esercitata, nel maggio 1849 Marx ricevette un ordine di espulsione anche dalla Prussia e riparò, ancora una volta, in Francia. Quando, però, la rivoluzione fu definitivamente battuta anche a Parigi, le autorità francesi disposero per Marx l’obbligo di lasciare la capitale e di trasferirsi nel Morbihan, una regione desolata, paludosa e malsana della Bretagna. Davanti a questo «mascherato tentativo di omicidio», Marx decise di lasciare la Francia per Londra, dove riteneva di avere «concrete prospettive di fondare un giornale tedesco». Egli sarebbe rimasto in Inghilterra, esule e apolide, per tutto il resto della sua esistenza, ma la reazione europea non avrebbe potuto confinarlo in un posto migliore per scrivere la sua critica dell’economia politica. Al tempo, infatti, Londra era il centro economico e finanziario più importante del mondo, «il demiurgo del cosmo borghese» , e, quindi, il luogo più favorevole dove osservare gli sviluppi più recenti del capitalismo e riprendere, proficuamente, gli studi.

4. A Londra aspettando la crisi
Marx giunse in Inghilterra nell’estate del 1849, all’età di trentun anni. La sua vita a Londra non trascorse affatto serenamente. La famiglia Marx, divenuta di sei membri con la nascita di Laura nel 1845, di Edgar nel 1847 e di Guido poco dopo l’arrivo in città, nell’ottobre del 1849, visse a Soho, uno dei quartieri più poveri e malandati della capitale inglese, e dovette sopravvivere per lungo tempo in condizioni di profonda miseria. Accanto ai problemi familiari, egli fu impegnato anche in un comitato di soccorso per gli emigrati tedeschi, che promosse tramite la Lega dei Comunisti e il cui compito fu quello di aiutare i tanti profughi politici giunti a Londra in quel periodo.

Nonostante le circostanze avverse, Marx riuscì a realizzare il suo intento di mettere in piedi una nuova impresa editoriale. Dal marzo 1850 diresse la «Neue Rheinische Zeitung. Politisch-ökonomische Revue [Nuova Gazzetta Renana. Rivista di economia politica]», mensile che nei suoi progetti avrebbe dovuto essere il luogo dove «analizzare diffusamente e scientificamente i rapporti economici che sono alla base di tutta l’attività politica». Egli era convinto, infatti, che «un momento di apparente stasi come que[llo doveva] venire utilizzato per far luce sul trascorso periodo rivoluzionario, sul carattere dei partiti in lotta, sui rapporti sociali che determinano l’esistenza e la lotta di tali partiti» .

Allora, Marx era certo, seppure in errore, che la situazione del momento fosse solo un breve interludio tra la rivoluzione che si era appena conclusa e un’altra che sarebbe presto scoppiata. Nel dicembre del 1849 aveva scritto all’amico Weydemeyer: «non ho alcun dubbio che, dopo la pubblicazione di tre, forse due, quaderni mensili [della «Neue Rheinische Zeitung»], interverrà l’incendio mondiale e sarà sospesa l’occasione di concludere provvisoriamente con l’Economia». Egli era sicuro dell’imminente avvento di «un’enorme crisi industriale, agricola e commerciale» e dava per scontato un nuovo movimento rivoluzionario, che si augurava potesse sorgere soltanto dopo lo scoppio della crisi, poiché le condizioni di prosperità industriale e commerciale generalmente attenuavano la determinazione delle masse proletarie. In seguito, in Le lotte di classe in Francia, una serie di articoli comparsi sulla «Neue Rheinische Zeitung», Marx affermò che

una vera rivoluzione […] è possibile soltanto in periodi in cui […] le forze produttive moderne e le forme borghesi di produzione, entrano in conflitto tra loro. […] Una nuova rivoluzione non è possibile se non in seguito a una nuova crisi. L’una, però, è altrettanto sicura quanto l’altra.

Egli non mutò parere neanche dinanzi alla fiorente prosperità economica che cominciò a diffondersi e, nel primo numero della «Neue Rheinische Zeitung», quello di gennaio-febbraio, scrisse che la ripresa avrebbe avuto vita breve poiché i mercati delle Indie Orientali erano «ormai praticamente saturi» e ben presto lo sarebbero stati anche quelli del Nord e del Sud America e quello australiano. Dunque:

al primo sentore di questo fatto si diffonderà il “panico” sia nella produzione che nella speculazione – forse già verso la fine della primavera, o al più tardi in luglio o agosto. Ma questa crisi, per il fatto che dovrà necessariamente coincidere con grandi collisioni sul continente, porterà frutti ben diversi da tutte quelle che l’hanno preceduta. Se, sino ad ora, ogni crisi ha rappresentato il segnale per un nuovo progresso, per una nuova vittoria della borghesia industriale sulla proprietà fondiaria e sulla borghesia finanziaria, questa segnerà l’inizio della rivoluzione inglese moderna.

Anche nel numero successivo, quello di marzo-aprile 1850, Marx sostenne che la positiva congiuntura economica in corso rappresentava solo un miglioramento temporaneo, mentre la sovrapproduzione e l’eccesso di speculazione prodottosi nel settore ferroviario stavano avvicinando l’avvento della crisi, i cui effetti sarebbero stati

più gravi di quelli di ogni crisi precedente. Essa si verifica, infatti, in coincidenza con la crisi agricola (…). Questa duplice crisi viene accelerata, resa più vasta e pericolosa dalle convulsioni che contemporaneamente incombono sul continente, e, sul continente, le rivoluzioni assumeranno per l’effetto che avrà la crisi inglese sul mercato mondiale, un carattere molto più marcatamente socialista.

Dunque, lo scenario prospettato da Marx era molto ottimistico per la causa del movimento operaio e riguardava non soltanto i mercati europei, ma anche quelli nord-americani. Egli riteneva, infatti, che «in seguito all’ingresso dell’America nel moto regressivo causato dalla sovrapproduzione, possiamo aspettarci che, nel giro di un mese, la crisi si sviluppi con rapidità ancora maggiore». Le sue conclusioni furono, quindi, entusiastiche: «la coincidenza di crisi commerciale e rivoluzione […] diviene sempre più inevitabile. Che il destino si compia!».

Durante l’estate, egli approfondì l’analisi economica degli anni antecedenti al 1848 e, nel numero della rivista di maggio-ottobre 1850, l’ultimo prima della chiusura causata dall’assenza di risorse finanziarie e dalle vessazioni della polizia prussiana, giunse all’importante conclusione che «la spinta data dalle crisi commerciali alle rivoluzioni del 1848 è stata infinitamente maggiore di quella data dalla rivoluzione alla crisi commerciale». Attraverso questi nuovi studi, la crisi economica acquisì definitivamente nel suo pensiero un’importanza fondamentale nel suo pensiero e non soltanto in termini economici, ma anche dal punto di vista sociologico e politico. Inoltre, analizzando i processi di sovraspeculazione e sovrapproduzione, azzardò una nuova previsione e dichiarò che «se il nuovo ciclo di sviluppo industriale, iniziato nel 1848, seguirà il corso di quello del 1843-47, la crisi scoppierà nel 1852». Infine, egli ribadì che la futura crisi sarebbe esplosa anche nelle campagne e «per la prima volta una crisi industriale e commerciale coinciderà con una crisi agricola».

Le previsioni coltivate da Marx per oltre un anno si mostrarono sbagliate. Tuttavia, anche nei momenti in cui egli fu più convinto dell’avvento di un’imminente ondata rivoluzionaria, le sue idee furono comunque molto diverse rispetto alle tesi degli altri leader politici europei esiliati a Londra. Seppure errò le previsioni in merito agli sviluppi della situazione economica del suo tempo, nondimeno Marx considerò indispensabile lo studio di tali rapporti ai fini dell’attività politica. Viceversa, la gran parte dei dirigenti democratici e comunisti a lui contemporanei, che egli definì «alchimisti della rivoluzione», riteneva che l’unica condizione affinché una rivoluzione potesse risultare vincente fosse sapere semplicemente «la loro congiura [era] sufficientemente organizzata» . Un esempio di tale concezione fu il manifesto Ai popoli del Comitato centrale democratico europeo, fondato a Londra nel 1850 da Giuseppe Mazzini, Alexandre Ledru-Rollin e Arnold Ruge. Secondo Marx, da esso si evinceva l’idea «che la rivoluzione [del 1848] fosse fallita per le ambizioni e le gelosie dei singoli capi e per le opinioni discordi dei vari indottrinatori del popolo». Inoltre, a suo giudizio, altrettanto «stupefacente» era il modo in cui gli estensori di questo scritto avevano esposto la loro idea di «organizzazione sociale: un correre insieme per le strade, un putiferio, una stretta di mano e il gioco è fatto. Per loro la rivoluzione consiste soprattutto nel rovesciare i governi esistenti: fatto questo si è raggiunta anche ‘la vittoria’».

Diversamente da quanti si aspettavano una nuova improvvisa rivoluzione, a partire dall’autunno del 1850 Marx si convinse che essa non sarebbe potuta maturare senza una nuova crisi economica mondiale . Da allora in poi, egli si allontanò definitivamente da quanti nutrivano la falsa speranza di un prossimo insorgere della rivoluzione e visse «in assoluto isolamento» . Ciò è confermato dalla testimonianza, del gennaio del 1851, del membro della Lega dei comunisti Wilhelm Pieper, che affermò: «Marx vive molto ritirato», aggiungendo poi, con ironia, «i suoi unici amici sono John Stuart Mill, Loyd, e, quando si va da lui, invece che da complimenti si è accolti con categorie economiche» . Negli anni seguenti, infatti, Marx frequentò pochissimi amici a Londra e mantenne un profondo legame solo con Engels, stabilitosi nel frattempo a Manchester, al quale scrisse nel febbraio 1851: «mi piace molto l’autentico isolamento pubblico in cui ci troviamo ora noi due, tu ed io. Corrisponde del tutto alla nostra posizione e ai nostri principi» . Questi, da parte sua, gli rispose: «nelle prossime vicende possiamo e dobbiamo assumere questa posizione […] critica spietata per tutti». A suo avviso «la cosa principale [era]: la possibilità di far stampare le nostre cose; o in una rivista trimestrale, in cui attaccare direttamente e consolidare la nostra posizione rispetto a quei personaggi; o in grossi volumi». Infine, concludeva con certo ottimismo: «che cosa ne sarà di tutte le stupide chiacchiere che la plebaglia degli emigrati può fare sul tuo conto, quando tu risponderai con l’Economia?» . Da quel momento in poi, dunque, la sfida si spostò sulla previsione dello scoppio della crisi e per Marx ritornò il tempo, stavolta con un movente politico in più, per dedicarsi di nuovo esclusivamente agli studi di economia politica.

5. Gli appunti di studio del 1850-1853
Nel corso dei tre anni nei quali aveva dovuto sospendere gli studi di economia politica si erano succeduti nuovi importanti eventi economici – dalla crisi del 1847 alla scoperta dell’oro in California e Australia – che, per la loro rilevanza, fecero ritenere indispensabile a Marx intraprendere nuove ricerche, anziché ritornare sui vecchi appunti e tentare di dare loro forma compiuta . Le ulteriori letture svolte furono sintetizzate in 26 quaderni di estratti, 24 dei quali, redatti tra il settembre del 1850 e l’agosto del 1853 e contenenti anche compendi di testi afferenti ad altre discipline, vennero da lui numerati nei cosiddetti Quaderni di Londra. Questi studi risultano di grande interesse, poiché documentano un periodo di notevole sviluppo dell’elaborazione di Marx, durante il quale egli non solo riepilogò le vecchie conoscenze, ma, attraverso lo studio approfondito di decine di nuovi volumi, soprattutto in lingua inglese, svolto presso la biblioteca del British Museum di Londra, acquisì altre significative nozioni per l’opera che intendeva scrivere.

I Quaderni di Londra possono essere suddivisi in tre gruppi. Nei primi sette quaderni (I-VII), redatti tra il settembre del 1850 e il marzo del 1851, tra le numerose opere consultate delle quali Marx eseguì compendi figurano Una storia dei prezzi di Thomas Tooke, Una visione del sistema monetario di James Taylor, la Storia della moneta di Germani Gernier, le Opere complete sulle banche di Georg Büsch, Un’inchiesta sulla natura e gli effetti del credito cartaceo di Henry Thornton e la Ricchezza delle nazioni di Smith . In particolare, Marx si concentrò sulla storia e le teorie delle crisi economiche e dedicò grande attenzione al rapporto tra la forma di denaro, il credito e le crisi, al fine di comprendere le cause originarie di queste ultime. Diversamente da quei socialisti a lui contemporanei, ad esempio Proudhon, i quali erano certi che le crisi economiche potessero essere evitate mediante la riforma del sistema del denaro e del credito, Marx, viceversa, giunse alla conclusione che, per quanto il sistema creditizio fosse una loro condizione, le crisi potevano solo essere aggravate o migliorate da un uso sbagliato o corretto della circolazione monetaria, mentre le loro cause andavano ricercate nelle contraddizioni della produzione.

Al termine di questo primo gruppo di estratti, Marx riassunse le proprie conoscenze in due quaderni, cui non assegnò la numerazione della serie principale, che intitolò Oro monetario. Il sistema monetario perfetto. In questo manoscritto, redatto nella primavera del 1851, Marx ricopiò, e talvolta accompagnò con un proprio commento, quelli che, a suo avviso, erano i brani più significativi sulla teoria del denaro delle maggiori opere di economia politica. Diviso in 91 sezioni, una per ogni libro preso in esame, Oro monetario non fu, però, una mera raccolta di citazioni, ma può essere considerato come la prima elaborazione autonoma della teoria del denaro e della circolazione , da utilizzare per la stesura del libro che egli progettava di scrivere ormai già da molti anni.

Proprio in quel periodo, infatti, anche se dovette affrontare momenti terribili dal punto di vista personale, soprattutto per la morte del figlio Guido nel 1850, e sebbene visse in condizioni economiche talmente difficili da essere costretto persino ad affidare a balia Franziska, l’ultima figlia nata nel marzo del 1851, Marx non solo riuscì a proseguire il suo lavoro, ma continuò a nutrire la speranza della sua imminente conclusione. Nei primi giorni dell’aprile del 1851 scrisse, infatti, a Engels:

sono tanto avanti che entro cinque settimane sarò pronto con tutta la merda economica. E fatto ciò, porterò a termine a casa il lavoro sull’Economia e nel [British] Museum mi butterò su di un’altra scienza. Questa roba comincia ad annoiarmi. In fondo, da A. Smith e D. Ricardo in poi, questa scienza non ha più fatto progressi, per quanto molto si sia fatto anche mediante singole ricerche, spesso molto fini (…). Entro un tempo più o meno breve pubblicherò due volumi di 60 fogli di stampa.

Engels accolse la notizia con grande gioia: «sono contento che tu abbia finalmente finito con l’Economia. La cosa si è trascinata davvero troppo per le lunghe, e finché tu hai ancora da leggere un libro che ritieni importante, non ti metti mai a scrivere» . La lettera di Marx rifletteva, però, più il suo ottimismo circa la auspicata fine dell’opera che non il vero stato del lavoro. Ad eccezione dei tanti quaderni di estratti, infatti, e tranne Oro monetario, che non poteva certo essere considerato come una bozza pronta per la stampa, egli non redasse nessun altro manoscritto. Indubbiamente, Marx condusse le sue ricerche con grande intensità, ma in quegli anni non riusciva a dominare ancora in tutta la sua ampiezza la materia economica e la sua scrupolosità gli impedì, a dispetto della volontà e della convinzione di potervi riuscire, di andare oltre la stesura dei compendi e dei commenti critici dei testi che leggeva e di redigere, finalmente, il suo libro. L’assenza di un editore non lo spronò, inoltre, a portare a sintesi i suoi studi. Dunque, l’Economia era ben lungi dall’essere completata «entro un tempo più o meno breve».

Così, Marx tornò a studiare ancora una volta i classici dell’economia politica e, dall’aprile al novembre del 1851, redasse quello che può essere considerato come il secondo gruppo (VIII – XVI) dei Quaderni di Londra. Il quaderno VIII fu quasi interamente realizzato con estratti da Un’inchiesta sui principi di economia politica di Stuart, che egli aveva cominciato a studiare nel 1847, e dai Principi di economia politica di Ricardo. Proprio questi ultimi, redatti durante la composizione di Oro monetario, costituiscono la parte più importante dei Quaderni di Londra, poiché sono accompagnati da numerosi commenti critici e dalle riflessioni personali di Marx. Fino alla fine degli anni Quaranta, infatti, egli aveva essenzialmente accettato le teorie di Ricardo, mentre, da questo momento, attraverso un nuovo e approfondito studio delle sue tesi sulla rendita fondiaria e sul valore, ne maturò un parziale superamento . In questo modo, Marx riconsiderò alcune delle sue precedenti convinzioni relative a queste fondamentali tematiche e fu spinto ad ampliare ulteriormente il raggio delle sue conoscenze interrogando altri autori. Nei quaderni IX e X, redatti tra il maggio e il luglio del 1851, si concentrò sugli economisti che si erano occupati delle contraddizioni della teoria di Ricardo e che, su alcuni punti, erano andati oltre le sue concezioni. Così facendo, tra i tanti libri compendiati, realizzò un gran numero di estratti da Una storia dello stato passato e presente della popolazione lavoratrice di John Debell Tuckett, dalla Economia politica popolare di Thomas Hodgskin, da Sull’economia politica di Thomas Chalmers, da Un saggio sulla distribuzione della ricchezza di Richard Jones e dai Principi di economia politica di Henry Charles Carey.

Nonostante l’estensione delle sue ricerche e il crescendo delle questioni teoriche da risolvere, Marx restò ottimista sul completamento del suo scritto e, alla fine di giugno, scrisse all’amico Weydemeyer:

sono quasi sempre al British Museum dalle nove del mattino alle sette di sera. Il materiale a cui sto lavorando è così maledettamente ramificato che, nonostante tutto l’impegno, non riuscirò a concludere prima di 6-8 settimane. A ciò si aggiungono continui disturbi pratici, inevitabili data la situazione miserabile in cui qui si vegeta. Nonostante tutto la cosa si avvicina alla conclusione.

Evidentemente, Marx pensava di potere redigere il suo scritto nel giro di due mesi, consultando il vasto materiale di estratti e appunti critici che aveva raccolto. Tuttavia, anche in questa fase, egli non solo non pervenne alla tanto desiderata conclusione, ma non riuscì neppure a iniziare il manoscritto da dare alle stampe. Stavolta, la causa principale della mancata realizzazione dell’opera fu la drammatica situazione economica personale. In assenza di un’entrata fissa e stremato della propria condizione, alla fine di luglio scrisse infatti a Engels:

è impossibile seguitare a vivere così. (…) Avrei finito da tempo con la biblioteca [il lavoro al British Museum]. Ma le interruzioni e i disturbi sono troppo grandi e a casa, dove tutto è sempre in stato d’assedio e fiumi di lacrime mi infastidiscono e mi rendono furente per notti intere, naturalmente non posso fare molto.

In queste circostanze, per migliorare la personale situazione economica, Marx decise di ritornare all’attività giornalistica e si mise alla ricerca di un quotidiano per il quale scrivere. Dall’agosto del 1851, divenne corrispondente europeo del «New-York Tribune [La tribuna di New York]», il giornale più diffuso degli Stati Uniti d’America, e durante questa collaborazione, protrattasi fino al febbraio del 1862, scrisse centinaia di articoli. In essi, Marx si occupò dei principali eventi politici e diplomatici del tempo, così come di tutte le questioni economiche e finanziarie che si susseguirono, diventando, nel giro di pochi anni, uno stimato giornalista.

Nonostante la ripresa dell’attività giornalistica, gli studi di economia proseguirono anche durante l’estate del 1851. In agosto Marx lesse il libro di Proudhon L’idea generale di rivoluzione nel XIX secolo e accarezzò il progetto, messo successivamente da parte, di scriverne una critica assieme a Engels . Inoltre, egli continuò a realizzare estratti e si dedicò, nel quaderno XI, ad alcuni testi incentrati sulla condizione della classe operaia, per proseguire poi, nei quaderni XII e XIII, con delle ricerche di chimica agraria. Guidato dall’importante relazione che questa disciplina aveva con gli studi sulla rendita fondiaria, realizzò, infatti, molti compendi da La chimica organica nelle sue applicazioni in agricoltura e fisiologia di Justus Liebig e dalle Lezioni su chimica agraria e geologia di James F. W. Johnston. Nel quaderno XIV, Marx rivolse il suo interesse anche al dibattito sulla teoria della popolazione di Thomas Robert Malthus, in particolare con la lettura del libro I principi della popolazione del suo oppositore Archibald Alison; allo studio dei modi di produzione pre-capitalistici, come risulta dagli estratti dai testi Economia dei romani di Adolphe J. C. A. D. de la Malle e dai testi Storia della conquista del Messico e Storia della conquista del Perù di William H. Prescott; e al colonialismo, soprattutto attraverso il testo Lezioni sulla colonizzazione e sulle colonie di Herman Merivale . Infine, tra i mesi di settembre e novembre estese il campo delle sue ricerche anche alla tecnologia, dedicando grande spazio, nel quaderno XV, al libro Storia della tecnologia di Johann H. M. Poppe e, nel quaderno XVI, a diverse altre questioni di economia politica . Come testimonia la lettera a Engels della metà di ottobre, durante questo periodo egli stava «lavorando all’Economia», approfondendo principalmente gli studi «sulla tecnologia e la sua storia, e sulla agronomia, per avere almeno una specie di idea di queste porcherie».

Intanto, alla fine del 1851, la casa editrice Löwenthal di Francoforte si dichiarò interessata alla pubblicazione del lavoro di Marx che, nel frattempo, si era esteso. Dalla corrispondenza con Engels e Lassalle, infatti, si deduce che Marx stesse allora lavorando a un progetto in tre volumi: il primo avrebbe dovuto essere dedicato all’esposizione della propria concezione; il secondo alla critica degli altri socialismi; il terzo alla storia dell’economia politica . L’editore, però, si mostrò inizialmente interessato alla sola pubblicazione del terzo libro, riservandosi di dare alle stampe anche gli altri, in un successivo momento, se il progetto avesse riscosso successo. Engels tentò di persuadere Marx ad accettare il mutamento di piano e concludere un accordo – «[bisogna] battere il ferro finché è caldo […] è anche assolutamente necessario che sia rotto l’incantesimo della tua lunga assenza dal mercato librario tedesco e della conseguente grande paura degli editori» –, ma l’interesse della casa editrice si volatilizzò e non se ne fece più nulla. Dopo due mesi, infatti, Marx si rivolse all’amico Weydemeyer, negli Stati Uniti, chiedendogli di verificare la possibilità di «trovare lì un editore per la [sua] Economia».

Se la ricerca di una casa editrice interessata alla pubblicazione dell’«Economia» si rivelò sempre più problematica, Marx non perse invece l’ottimismo rispetto all’imminenza della crisi economica e, alla fine del 1851, scrisse a Ferdinand Freiligrath, celebre poeta tedesco e amico di vecchia data: «la crisi scoppierà al più tardi il prossimo autunno. E dopo gli ultimi avvenimenti sono più che mai convinto che non ci sarà rivoluzione seria senza crisi commerciale».

Nel frattempo, Marx si dedicò ad altri lavori. Dal dicembre 1851 al marzo 1852 scrisse il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte che, a causa della censura vigente in Prussia nei confronti dei suoi scritti, dovette uscire a New York, sulla rivista «Die Revolution [La rivoluzione]» diretta da Weydemeyer ed ebbe una scarsissima diffusione. A tal riguardo, alla fine del 1852, Marx commentò col conoscente Gustav Zerfii: «oggi in Germania non v’è editore che osi stampare roba mia» . Inoltre, tra il maggio e il giugno del 1852 Marx realizzò insieme con Engels I grandi uomini dell’esilio, un testo polemico contro alcuni degli esponenti prussiani più in vista (Johann Gottfried Kinkel, Ruge, Karl Heinzen e Gustav von Struve) della rivoluzione del 1848-49 che operavano nell’ambiente dell’immigrazione politica tedesca a Londra. Anche in questo caso, però, la ricerca della casa editrice si rivelò un insuccesso e rese vane le sue fatiche: affinché potesse arrivare in Germania, il manoscritto fu dato all’esule ungherese János Bangya, in realtà un agente segreto della polizia, che, invece di portare il testo all’editore, lo consegnò alle forze dell’ordine prussiane. Lo scritto rimase, pertanto, inedito durante la vita dei suoi due autori.

Dall’aprile del 1852 all’agosto del 1853, Marx riprese anche la compilazione degli estratti e redasse il terzo e ultimo gruppo (XVII – XXIV) dei Quaderni di Londra . In essi si occupò soprattutto delle diverse fasi di sviluppo della società, dedicando gran parte dei suoi studi ad argomenti storici, legati principalmente al medioevo europeo e alla storia della letteratura, della cultura e dei costumi. Inoltre, egli prestò un interesse particolare all’India, poiché, nello stesso periodo, scrisse diversi articoli su tale argomento per il «New-York Tribune».

Come dimostra l’ampio spettro delle ricerche effettuate, il detto quandoque bonus dormitat Homerus non faceva certo al caso di Marx. Gli ostacoli alla realizzazione dei suoi progetti derivarono, piuttosto, ancora una volta dalla miseria, contro la quale dovette combattere anche in quegli anni. Nonostante il costante aiuto di Engels, che dal 1851 aveva cominciato a inviargli cinque sterline al mese, e gli introiti ricavati dalla collaborazione con il «New-York Tribune», che gli pagava due sterline per articolo, Marx visse in condizioni davvero disperate. Oltre ad aver dovuto affrontare la perdita di un’altra figlia, Franziska, scomparsa nell’aprile 1852, la sua vita divenne una vera e propria battaglia quotidiana. Nel settembre del 1852 scrisse infatti a Engels:

da otto a dieci giorni ho nutrito la famiglia con pane e patate, ed è anche dubbio che io riesca a scovarne oggi […] La cosa migliore e più desiderabile che potrebbe accadere sarebbe che la padrona di casa mi cacciasse di casa. Perlomeno in tal caso mi libererei di un debito di 22 sterline. […] Inoltre il fornaio, il lattaio, quello del tè, il verduraio e ancora un vecchio debito col macellaio. Come devo fare a farla finita con tutta questa merda del diavolo? Finalmente negli ultimi otto o dieci giorni ho preso in prestito qualche scellino […] era necessario per non crepare.

Tale condizione incise profondamente sul lavoro di Marx e sui suoi tempi: «spesso debbo perdere l’intera giornata per avere uno scellino. Ti assicuro che, quando considero i dolori di mia moglie e la mia personale impotenza, manderei tutto al diavolo» . A volte la situazione raggiunse livelli insostenibili, ad esempio nell’ottobre del 1852, quando egli scrisse a Engels: «ieri ho impegnato il vestito che mi feci a Liverpool per comprare della carta da scrivere».

Comunque, a tenere alto il morale di Marx rimanevano sempre le tempeste dei mercati ed egli ne scrisse, infatti, nelle lettere indirizzate a tutti gli amici più vicini. Con grande autoironia, nel febbraio del 1852 aveva dichiarato a Lassalle: «la crisi finanziaria infine ha raggiunto un culmine paragonabile solo alla crisi commerciale che adesso si fa sentire a New York e a Londra. Purtroppo io, a differenza di dei signori commercianti, non ho neppure la risorsa della bancarotta» . Ancora, in aprile aveva detto a Weydemeyer che, a causa di circostanze straordinarie quali le scoperte dei nuovi giacimenti d’oro in California e Australia e la penetrazione commerciale degli inglesi in India, «può darsi che la crisi si faccia attendere fino al 1853. Ma poi l’esplosione sarà terribile. Fino a quel momento non c’è da pensare a convulsioni rivoluzionarie» . A Engels, infine, nell’agosto del 1852, subito dopo i fallimenti seguiti alla speculazione negli Stati Uniti, aveva trionfalmente comunicato: «non è questa la crisi imminente? La rivoluzione potrebbe venire prima di quanto desideriamo».

Del resto, Marx non si limitò a esprimere queste valutazioni solo nel suo carteggio, ma ne scrisse anche sul «New-York Tribune». Nell’articolo del novembre 1852 Pauperismo e libero scambio, infatti, commentando il grande flusso degli investimenti industriali in corso, aveva affermato: «la crisi assumerà un carattere assai più pericoloso che nel 1847, quando ha avuto un carattere commerciale e finanziario più che non industriale», poiché «quanto più il capitale eccedente si concentra nella produzione industriale, […] tanto più massiccia sarà la crisi e tanto più a lungo ricadrà sulla masse lavoratrici» . Insomma, forse bisognava attendere ancora un po’, ma egli era convinto, spesso guidato più dall’impazienza di vedere una nuova stagione di rivolgimenti sociali che da un’analisi rigorosa degli accadimenti economici, che, prima o poi, l’ora della riscossa sarebbe giunta.

6. Il processo contro i comunisti e gli stenti personali
Intanto, nell’ottobre del 1852, il governo prussiano avviò un processo nei confronti di alcuni membri della Lega dei comunisti messi agli arresti l’anno precedente. Gli imputati furono accusati di fare parte di un’organizzazione internazionale di cospiratori guidata da Marx contro la monarchia prussiana. Per dimostrare l’infondatezza delle accuse, dall’ottobre al dicembre del 1852, egli si mise a «lavorare per il partito contro le macchinazioni del governo» e scrisse le Rivelazioni sul processo contro i comunisti a Colonia. Pubblicato anonimo in Svizzera nel gennaio del 1853, l’opuscolo non sortì, però, l’effetto desiderato, poiché gran parte delle copie stampate furono sequestrate dalla polizia prussiana e la sua diffusione, in misura esigua, fu possibile solo negli Stati Uniti, dove comparve prima a puntate sulla «Neue-England-Zeitung [Il quotidiano del New England]» di Boston e poi come singolo opuscolo. A questo ennesimo fallimento editoriale Marx reagì con comprensibile scoraggiamento: «in queste condizioni non si deve perdere la voglia di scrivere? Lavorare sempre per il re di Prussia!».

In realtà, diversamente dalla ricostruzione orchestrata dai pubblici ministeri prussiani, in quel periodo Marx era molto isolato politicamente. Con lo scioglimento della Lega dei comunisti, ufficializzato alla fine del 1852, ma di fatto già avvenuto nel 1851, i suoi contatti politici si erano molto ridotti. Quello che le polizie internazionali e gli avversari politici definivano il «partito Marx» non era composto che da pochi militanti. In Inghilterra, oltre a Engels, potevano essere considerati «marxiani» soltanto Pieper, Wilhelm Wolff, Wilhelm Liebknecht, Peter Imandt, Ferdinand Wolff ed Ernst Dronke. Al di fuori della Gran Bretagna, ove si erano rifugiati la maggior parte degli esuli politici, Marx aveva rapporti stretti solo con Weydemeyer e Cluss negli Stati Uniti, Richard Reinhardt a Parigi e Lassalle in Prussia e sapeva bene che, se quelle relazioni consentivano di tenere comunque in piedi una rete in tempi assai difficili, «tutto ciò non era, però, un partito» . Inoltre, anche questa ristretta cerchia di militanti non solo faceva fatica a comprendere alcune posizioni politiche e teoriche di Marx, ma gli procurava, spesso, più svantaggi che benefici. In queste occasioni a Marx non restava altro se non lo sfogo con Engels: «fra le tante cose sgradevoli che io sopporto qui da anni, le peggiori mi sono state regolarmente procurate da cosiddetti compagni di partito. […] Ho intenzione di dichiarare pubblicamente alla prima occasione che io non ho niente a che fare con nessun partito» . Infine, diversamente dagli altri leader dell’immigrazione politica, Marx si era sempre rifiutato di aderire ai comitati internazionali esistenti, nei quali si trascorreva il tempo a fantasticare sul prossimo avvento della rivoluzione, e, tra i membri delle altre organizzazioni, aveva mantenuto rapporti soltanto con Ernest Charles Jones, il rappresentante più significativo della sinistra del movimento cartista.

Il reclutamento di nuovi militanti, e specialmente il coinvolgimento dei lavoratori alle sue concezioni, era, dunque, una questione tanto importante quanto complicata e l’opera che Marx aveva in cantiere sarebbe dovuta servire anche per questo fine. Era una necessità sia teorica che politica. Nel marzo del 1853, Engels gli scrisse infatti:

tu dovresti finire la tua Economia, poi, appena avremo un giornale, potremmo stamparla in numeri settimanali e quello che il popolo non capisce lo esporranno bene o male, ma ciò nonostante non senza effetto, i discepoli. Con ciò sarebbe data una base di discussione per tutte le nostre associazioni che si ricostruiranno poi.

Tuttavia, nonostante avesse preannunciato a Engels «in aprile verrò un po’ da te per parlare […] sugli attuali avvenimenti che secondo la mia opinione dovranno portarci presto a un terremoto» , in questo frangente non riuscì a dedicarsi al suo scritto a causa della miseria che lo attanagliava. Nel 1853, il quartiere di Soho fu l’epicentro della nuova epidemia di colera che colpì Londra e la condizione della famiglia Marx si fece sempre più disperata. In quell’estate, Marx comunicò a Engels: «vari creditori […] assaltano la casa» e, per questo motivo, «tre quarti della giornata passano alla caccia di un penny» . Per sopravvivere, egli e sua moglie Jenny furono costretti a recarsi spesso al monte di pietà, per impegnare i pochi vestiti o oggetti di valore rimasti in una casa dove mancavano «persino i mezzi per le cose più necessarie» . In queste circostanze, i guadagni derivanti dagli articoli giornalistici divennero sempre più indispensabili, seppure dedicarvisi sottraeva tempo prezioso a Marx, che, alla fine di quell’anno, si rammaricò con l’amico Cluss della situazione:

avevo sempre sperato di riuscire a ritirarmi in solitudine per un paio di mesi e poter lavorare a fondo alla mia Economia. Sembra che non ci riuscirò. Il continuo scrivere per i giornali mi infastidisce. Mi prende troppo tempo, mi fa disperdere le forze e, in fin dei conti, è un bel nulla. Indipendenti quanto si vuole, si è sempre legati al giornali e al pubblico, specialmente quando si riceve pagamento in contanti come me. Lavori puramente scientifici sono qualcosa di totalmente diverso. Anche quando dovette fare fronte a ogni costo alle necessità, il suo pensiero restò, dunque, fortemente ancorato alla «Economia».

7. Gli articoli sulla crisi per il «New-York Tribune»
Anche in quella fase, la crisi economica continuò a essere uno dei temi costanti degli interventi di Marx sul «New-York Tribune». Nell’articolo Rivoluzione in Cina e in Europa, del giugno 1853, mettendo in relazione la ribellione antifeudale cinese, cominciata nel 1851, con la situazione economica generale, Marx espresse, ancora una volta, la sua convinzione che presto sarebbe arrivato «il momento in cui l’espansione dei mercati non [avrebbe] pot[uto] tenere il passo con l’espansione delle manifatture inglesi e questa sfasatura [avrebbe] provoca[to] inevitabilmente una nuova crisi, come è già accaduto in passato» . A suo giudizio, infatti, in seguito alla ribellione antifeudale, nel grande mercato cinese si sarebbe verificata un’improvvisa contrazione che avrebbe fatto «scoccare la scintilla nella polveriera satura dell’attuale sistema industriale, provocando l’esplosione della crisi generale lungamente preparata, che si propagherà all’estero e sarà seguita a breve distanza da rivoluzioni politiche sul continente». Marx non guardava certo al processo rivoluzionario in modo deterministico, ma era ormai certo che la crisi fosse una condizione imprescindibile per il suo compimento:

dall’inizio del XVIII secolo, non c’è stata rivoluzione seria in Europa che non sia stata preceduta da una crisi commerciale e finanziaria. Ciò vale per la rivoluzione del 1789 non meno che per quella del 1848. […] Né guerre né rivoluzioni potranno sconvolgere l’Europa, se non come conseguenza di una crisi generale commerciale e industriale, il cui segnale, come al solito, dovrebbe essere dato dall’Inghilterra, che rappresenta l’industria europea sul mercato mondiale.

Tale convinzione fu ribadita, alla fine di settembre, nell’articolo Attività politica – In Europa scarseggia il pane:

né le declamazioni dei demagoghi, né le frottole dei diplomatici spingeranno gli eventi a una crisi, ma i disastri economici e i sommovimenti sociali che si stanno avvicinando sono sicuri segni premonitori della rivoluzione europea. A partire dal 1849 la prosperità industriale e commerciale ha rappresentato il divano su cui la controrivoluzione ha dormito indisturbata.

Tracce dell’ottimismo con cui Marx attendeva i futuri eventi si ritrovano anche nel carteggio con Engels, al quale, sempre in settembre, scrisse: «le cose marciano meravigliosamente. In Francia ci sarà un crac terribile quando tutto l’edificio di frodi finanziarie crollerà» . Tuttavia, neppure in quella circostanza la crisi scoppiò ed egli, per non rinunciare all’unica fonte di guadagno, concentrò le sue energie su altri lavori giornalistici.

Tra l’ottobre e il dicembre del 1853 scrisse, infatti, una serie di articoli intitolati Lord Palmerston, nei quali criticò la politica estera di Henry John Temple, per lungo tempo ministro degli esteri e futuro primo ministro inglese. Apparsi sul «New-York Tribune» negli Stati Uniti e sul periodico cartista «The People’s Paper [Il foglio del popolo]» in Inghilterra, essi furono pubblicati anche in forma di opuscolo ed ebbero una grande diffusione e risonanza. Inoltre, tra l’agosto e il novembre del 1854 Marx realizzò una serie di articoli su La rivoluzione in Spagna, nei quali, in seguito alla sollevazione civile e militare avvenuta in giugno, riassunse e commentò i principali avvenimenti della storia spagnola degli ultimi decenni. Egli si dedicò con grande serietà anche a questi lavori, per la cui preparazione redasse, tra il settembre del 1853 e il gennaio del 1855, nove voluminosi quaderni di estratti, dei quali i primi quattro, incentrati sulla storia diplomatica, furono alla base di Lord Palmerston, mentre gli altri cinque, dedicati alla storia politica, sociale e culturale spagnola, inclusero le ricerche condotte per la realizzazione della Rivoluzione in Spagna.

Finalmente, tra la fine del 1854 e l’inizio del 1855 Marx riprese gli studi di economia politica. Tuttavia, avendo sospeso le ricerche per tre anni, prima di proseguire il lavoro decise di rileggere i suoi vecchi manoscritti. Alla metà di febbraio del 1855, scrisse, infatti, a Engels:

per quattro o cinque giorni sono stato impossibilitato a scrivere per una forte infiammazione agli occhi. […] Mi sono preso questo male agli occhi rileggendomi tutti i miei appunti di economia politica, se non per dare l’ultima mano a tutta la faccenda, in ogni caso per essere padrone del materiale e averlo pronto per la stesura definitiva.

A questa rilettura seguirono venti pagine di nuove annotazioni, cui Marx diede il titolo di Citazioni. Essenza del denaro, essenza del credito, crisi. Si trattava di estratti dagli estratti già realizzati nel corso degli anni passati, nei quali, ritornando su testi già studiati (ad esempio quelli di Tooke, John Stuart Mill e Steuart) e su alcuni articoli dall’«Economist [L’Economista]», egli riepilogò ulteriormente le teorie dei principali economisti politici su denaro, credito e crisi, che aveva cominciato a studiare a partire dal 1850.

In questo stesso periodo, Marx ritornò a occuparsi anche della recessione economica per il «New-York Tribune». Nel gennaio del 1855, nell’articolo La crisi commerciale in Gran Bretagna, scrisse con tono soddisfatto: «la crisi commerciale inglese, dei cui sintomi premonitori è stata fatta la cronaca molto tempo fa nei nostri articoli, è ora un fatto fortemente proclamato dalle più alte autorità in questo campo» . E due mesi più tardi affermò nell’articolo La crisi in Inghilterra:

tra qualche mese la crisi sarà a un punto che non raggiungeva in Inghilterra dal 1846, forse dal 1842. Quando i suoi effetti cominceranno a farsi sentire appieno tra le classi lavoratrici, si risveglierà quel movimento politico che per sei anni ha sonnecchiato. […] Allora i due veri partiti antagonisti del paese si ritroveranno faccia a faccia: la classe media e le classi lavoratrici, la borghesia e il proletariato.

Eppure, proprio quando pareva essere nuovamente sul punto di riprendere la stesura della «Economia», ancora una volta le difficoltà personali alterarono i suoi piani. Nell’aprile del 1855 Marx dovette affrontare la morte del figlio Edgar di otto anni. Egli fu profondamente sconvolto da questa perdita e confidò a Engels:

ho già sofferto ogni sorta di guai, ma solo ora so che cosa è che cosa sia una vera sventura. […] Tra tutte le pene terribili che ho passato in questi giorni, il pensiero di te e della tua amicizia, e la speranza che noi abbiamo ancora da fare insieme al mondo qualche cosa di ragionevole, mi hanno tenuto su.

Anche durante tutto il 1855 la salute e le condizioni economiche di Marx e della sua famiglia, aumentata con la nascita di Eleanor in gennaio, rimasero disastrose. Di problemi alla vista, ai denti e di una terribile tosse si lamentò spesso con Engels, poiché «l’intorpidimento fisico [gli] istupidi[va] anche il cervello” . A complicare la situazione si aggiunse anche un processo giudiziario, intentatogli dal medico di famiglia, il dottor Freund, per il mancato pagamento delle sue prestazioni. Per sottrarsi ad esso, Marx fu costretto a soggiornare presso Engels a Manchester dalla metà di settembre agli inizi di dicembre e, al suo ritorno a Londra, a rimanere nascosto in casa per un paio di settimane. La situazione si risolse solo grazie a “un evento molto felice» : un’eredità di 100 sterline ricevuta in seguito alla morte di uno zio novantenne della moglie Jenny.

Dunque, Marx poté tornare a occuparsi di economia politica soltanto nel giugno del 1856, con alcuni articoli, apparsi su «The People’s Paper», dedicati al Crédit Mobilier, la prima banca d’affari francese, da lui considerata come «uno dei fenomeni economici più singolari della [sua] epoca» . Inoltre, essendo migliorate, almeno per un breve periodo, le condizioni economiche familiari, dopo aver lasciato l’alloggio di Soho per un appartamento migliore nella periferia nord di Londra, dall’autunno del 1856, Marx scrisse ancora sulla crisi per il «New-York Tribune». Nell’articolo La crisi monetaria in Europa, pubblicato nell’ottobre del 1856, egli affermò che era in atto «un movimento nel mercato monetario europeo analogo al panico del 1847» , mentre nell’articolo La crisi europea, apparso in novembre, diversamente da tutti quegli opinionisti che assicuravano il superamento del momento peggiore della crisi, Marx affermò:

le indicazioni che giungono dall’Europa […] sembrano posticipare a un giorno futuro il collasso finale della speculazione e delle intermediazioni di borsa, nel quale gli uomini delle due sponde dell’oceano anticiperanno istintivamente con uno sguardo impaurito l’inevitabile destino. Tuttavia, questo collasso è assicurato da questo rinvio. Il carattere cronico assunto dall’attuale crisi finanziaria presagisce per essa solo una fine più distruttiva e violenta. Più la crisi si protrae, peggiore sarà la resa dei conti finale. Gli eventi, poi, gli offrirono anche l’occasione per attaccare i suoi avversari politici e nel già citato La crisi monetaria in Europa scrisse:

se confrontiamo gli effetti di questo breve panico monetario e l’effetto dei proclami mazziniani e di quelli simili, l’intera storia delle delusioni dei rivoluzionari ufficiali dal 1849 è spogliata tutta in una volta dei suoi misteri. Essi non sanno nulla della vita economica della gente, essi non sanno nulla delle reali condizioni del movimento storico e quando la nuova rivoluzione esploderà, essi avranno un diritto migliore di quello di Pilato di lavare le loro mani e dichiarare che sono innocenti del sangue versato.

Nella prima metà del 1857 sui mercati internazionali regnò tuttavia la calma assoluta e, fino al mese di marzo, Marx si dedicò alla stesura delle Rivelazioni della storia diplomatica segreta del XVIII secolo, un gruppo di articoli pubblicati sul giornale «The Free Press [La stampa libera]», diretto dal politico conservatore anti-Palmerston David Urquhart. Questi testi avrebbero dovuto essere solo la prima parte di un’opera sulla storia della diplomazia, pianificata all’inizio del 1856, durante la guerra di Crimea, ma poi mai più realizzata. Anche in questo caso egli condusse approfonditi studi sugli argomenti trattati e, tra il gennaio del 1856 e il marzo del 1857, compilò sette quaderni di estratti sulla politica internazionale del Settecento.

Infine, in luglio, Marx redasse delle brevi ma interessanti considerazioni critiche sull’opera Armonie economiche di Frédéric Bastiat e sui Principi di economia politica di Carey, che aveva già studiato e compendiato nel 1851. In queste annotazioni, pubblicate postume con il titolo di Bastiat e Carey, egli dimostrò l’ingenuità dei due economisti, liberoscambista il primo e protezionista il secondo, che, nei loro scritti, si erano affannati a voler dimostrare «l’armonia dei rapporti di produzione» e, quindi, dell’intera società borghese.

8. La crisi finanziaria del 1857 e i Grundrisse
Diversamente dalle crisi verificatesi nel passato, questa volta la tempesta economica non ebbe inizio in Europa, ma negli Stati Uniti. Durante i primi mesi del 1857 le banche di New York aumentarono il volume dei prestiti, nonostante la diminuzione dei depositi. L’incremento delle attività speculative, seguito a questa scelta, peggiorò ulteriormente le condizioni economiche generali e, dopo la chiusura per bancarotta della filiale di New York della banca Ohio Life Insurance and Trust Company, il panico prese il sopravvento causando numerosi fallimenti. La caduta di fiducia nel sistema bancario produsse, così, la riduzione del credito, l’estinzione dei depositi e, da ultimo, la sospensione dei pagamenti in moneta.

Intuendo la straordinarietà di questi avvenimenti, Marx si rimise subito al lavoro e il 23 agosto del 1857, esattamente il giorno prima del crack della Ohio Life Insurance and Trust Company, ovvero dell’evento che generò il panico nell’opinione pubblica, cominciò a scrivere l’Introduzione per la sua «Economia». Proprio l’esplosione della crisi, infatti, gli fornì quella motivazione in più che gli era mancata negli anni precedenti per realizzare il suo lavoro. Dopo la sconfitta del 1848, per un intero decennio Marx aveva dovuto affrontare insuccessi politici e un forte isolamento personale. Viceversa, con la crisi egli presagì la possibilità di prendere parte a una nuova stagione di rivolgimenti sociali e ritenne, dunque, che la cosa più urgente da fare fosse quella di dedicarsi all’analisi dei fenomeni economici, cioè di quei rapporti che avevano così tanta importanza ai fini dell’inizio di una rivoluzione. Ciò significava scrivere e pubblicare, il più in fretta possibile, l’opera programmata da così tanto tempo.

Da New York la crisi si diffuse rapidamente nel resto degli Stati Uniti e, in poche settimane, raggiunse anche tutti i centri del mercato mondiale in Europa, Sud America e Oriente, divenendo la prima crisi finanziaria internazionale della storia. Queste notizie generarono grande euforia in Marx e alimentarono in lui una straordinaria produttività intellettuale. Il periodo compreso tra l’estate del 1857 e la primavera del 1858 fu uno dei più prolifici della sua esistenza: in pochi mesi, riuscì a scrivere di economia politica più di quanto non avesse fatto negli anni precedenti. Nel dicembre del 1857 comunicò infatti a Engels: «lavoro come un pazzo le notti intere al riepilogo dei miei studi economici, per metterne in chiaro almeno le grandi linee [Grundrisse; da qui il titolo poi assegnato a questi manoscritti] prima del diluvio». Nella stessa lettera, egli colse anche l’occasione per sottolineare che le sue previsioni del passato, circa l’eventualità dell’esplosione di una crisi, non erano state poi tanto infondate, poiché: «l’“Economist” di sabato [aveva] dichiara[to] che negli ultimi mesi del 1853, per tutto il 1854, nell’autunno del 1855 e durante gli improvvisi cambiamenti del 1856, l’Europa [aveva] sempre trovato scampo per un pelo dal tracollo incombente».

Il lavoro realizzato da Marx fu notevole e ramificato. Dall’agosto del 1857 al maggio 1858 egli riempì gli otto quaderni conosciuti come Grundrisse . Nello stesso periodo, nelle corrispondenze per il «New-York Tribune», scrisse, tra i vari argomenti trattati, una dozzina di articoli riguardanti l’andamento della crisi in Europa e, spinto dal bisogno di migliorare le proprie condizioni economiche, accettò di stilare una serie di voci per The New American Cyclopædia [La nuova enciclopedia americana]. Infine, dall’ottobre del 1857 al febbraio del 1858 redasse anche tre quaderni di estratti, denominati I quaderni della crisi . Grazie ad essi, è possibile mutare l’immagine convenzionale di un Marx che studia la Scienza della logica di Hegel alla ricerca di ispirazione, durante la stesura dei manoscritti del 1857-58. A quel tempo, infatti, egli era molto più preoccupato degli eventi empirici legati a quella grande crisi a lungo prevista e auspicata. A differenza degli altri estratti sino ad allora realizzati, in questi taccuini Marx non eseguì i compendi dalle opere degli economisti, ma raccolse una grande quantità di notizie, desunte da svariati quotidiani, sui principali avvenimenti della crisi, sulle variazioni delle quotazioni in borsa, sui mutamenti intervenuti negli scambi commerciali e sui più grandi fallimenti verificatisi in Europa, negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Insomma, come dimostra la lettera del dicembre del 1857 indirizzata a Engels, la sua attività fu intensissima:

lavoro moltissimo quasi sempre fino alle quattro del mattino. Perché si tratta di un doppio lavoro: 1) elaborazione delle linee fondamentali dell’economia. (È assolutamente necessario andare al fondo della questione per il pubblico e per me, personalmente, liberarmi da questo incubo); 2) La crisi attuale. Su di essa, oltre agli articoli per la [New-York] Tribune, mi limito a prendere appunti, cosa che però richiede un tempo notevole. Penso che in primavera potremo scrivere insieme un pamphlet sulla faccenda, a mo’ di riapparizione davanti al pubblico tedesco, per dire che siamo di nuovo e ancora qui, sempre gli stessi.

Per quel che concerne i Grundrisse, dopo aver abbozzato durante l’ultima settimana di agosto, in un quaderno denominato M, un testo che sarebbe dovuto servire da Introduzione all’opera, alla metà di ottobre Marx proseguì il lavoro con altri sette quaderni (I –VII). Nel primo di essi e in parte del secondo egli scrisse il cosiddetto Capitolo sul denaro, nel quale si occupò di denaro e valore, mentre nei restanti redasse il cosiddetto Capitolo sul capitale, in cui riservò centinaia di pagine al processo di produzione e di circolazione del capitale e trattò alcune delle tematiche più rilevanti dell’intero manoscritto, quali l’elaborazione del concetto di plusvalore e le riflessioni sulle formazioni economiche che avevano preceduto il modo di produzione capitalistico. Questo straordinario impegno non gli consentì, comunque, di completare la sua opera e alla fine del febbraio del 1858 scrisse a Lassalle:

in effetti da alcuni mesi sto lavorando alla elaborazione finale. La cosa procede però molto lentamente, perché argomenti dei quali si è fatto l’oggetto principale dei propri studi da molti anni, mostrano continuamente aspetti nuovi e suscitano nuovi dubbi non appena si deve venire a una resa dei conti finale. […] Il lavoro di cui si tratta in primo luogo è la Critica delle categorie economiche ovvero, se preferisci, la descrizione critica del sistema dell’economia borghese. È contemporaneamente descrizione del sistema e, attraverso la descrizione, critica del medesimo. […] Dopo tutto, ho il vago presentimento che proprio ora, nel momento in cui dopo 15 anni di studio sono arrivato al punto di por mano alla cosa, movimenti tempestosi dall’esterno probabilmente sopravverranno a interrompermi.

In realtà, però, del tanto atteso movimento rivoluzionario, che sarebbe dovuto nascere in concomitanza con la crisi, non vi fu alcun segno e la ragione del mancato completamento dello scritto fu, invece, anche questa volta, la consapevolezza di Marx di essere ancora lontano dalla piena padronanza critica degli argomenti affrontati. I Grundrisse rimasero, pertanto, solo una bozza, dalla quale, dopo un’accurata rielaborazione del Capitolo sul denaro, avvenuta tra l’agosto e l’ottobre del 1858 nel manoscritto Per la critica dell’economia politica. Testo originale (Urtext), egli pubblicò, nel 1859, un piccolo libro, che non ebbe alcuna risonanza, intitolato Per la critica dell’economia politica. Da quella data, prima della pubblicazione del libro primo di Il capitale, nel 1867, trascorsero altri otto anni di studi febbrili e di enormi fatiche intellettuali.

10. Appendice: Tabella cronologica dei quaderni di estratti, dei manoscritti, degli articoli e delle opere di economia politica del periodo 1843 – 1858

Anno Titolo Informazioni
1843-45 [Quaderni di Parigi] 9 quaderni di estratti che costituiscono i primi studi di Marx di economia politica.
1844 [Manoscritti economico-filosofici del 1844] Manoscritto incompiuto realizzato parallelamente ai [Quaderni di Parigi].
1845 [A proposito del libro di F. List “Il sistema nazionale dell’economia politica] Manoscritto incompiuto di un articolo contro l’economista tedesco List.
1845 [Quaderni di Bruxelles] 6 quaderni di estratti riguardanti lo studio dei concetti basilari dell’economia politica.
1845 [Quaderni di Manchester] 9 quaderni contenenti estratti relativi ai problemi economici, alla storia economia e alla letteratura socialista anglosassone.
1846-47 Estratti da Rappresentazione storica del commercio di von Gülich 3 quaderni di estratti inerenti la storia economica.
1847 Miseria della filosofia Scritto polemico contro il Sistema delle contraddizioni economiche di Proudhon.
1849 Lavoro salariato e capitale 5 articoli pubblicati sulla Neue Rheinische Zeitung, Organ der Demokratie.
1850 Articoli per la Neue Rheinische Zeitung. Politisch-ökonomische Revue“ Alcuni articoli riguardanti la situazione economica.
1850-53 [Quaderni di Londra] 24 quaderni di estratti incentrati soprattutto su ulteriori studi di economia politica (in particolare: storia e teorie della crisi, denaro, rilettura di alcuni classici dell’economia politica, condizione della classe operaia e tecnologia).
1851 [Oro monetario. Il sistema monetario perfetto] 2 quaderni di estratti, redatti durante la stesura dei [Quaderni di Londra], comprendenti citazione delle più significative teorie del denaro e della circolazione.
1851-62 Articoli per il “New-York Tribune” Circa 70 articoli di economia politica sui 487 pubblicati su questo giornale.
1855 [Citazioni. Essenza del denaro, essenza del credito, crisi] 1 quaderno di estratti contenente un riepilogo delle teorie dei principali economisti su denaro, credito e crisi.
1857 [Introduzione] Manoscritto contenente le più estese considerazioni metodologiche redatte da Marx.
1857-58 [Quaderni della crisi] 3 quaderni contenenti notizie sulla crisi finanziaria del 1857.
1857-58 [Grundrisse] Manoscritto preparatorio dell’opuscolo Per la critica dell’economia politica (1859).

Riferimenti
1. Cfr. K. MARX, Le discussioni alla sesta dieta renana. Terzo articolo: Dibattiti sulla legge contro i furti di legna e Giustificazione di ††, corrispondente dalla Mosella, in Marx Engels, , vol. I, Editori Riuniti, Roma 1980, pp. 222-64 e pp. 344-75.
2. K. MARX, Per la critica dell’economia politica, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXX, Editori Riuniti, Roma 1986, p. 298.
3. Duramente colpita dalla censura e dal dissidio tra Marx e Arnold Ruge, l’altro condirettore, questa pubblicazione apparve in un unico numero nel febbraio del 1844.
4. K. MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. III, Editori Riuniti, Roma 1976, p. 251.
5. Cfr. M. RUBEL, Introduction, in K. Marx, OEuvres. Economie II, Gallimard, Paris 1968, pp. LIV-LV.
6. Cfr. M. MUSTO, Manoscritti e quaderni di estratti del 1844, in Id., Ripensare Marx e i marxismi, Carocci, Roma 2011, pp. 45-67.
7. Il Nachlaß di Marx contiene circa duecento quaderni di riassunti, essenziali per la conoscenza e la comprensione della genesi della sua teoria e delle parti di essa che non ebbe modo di sviluppare quanto avrebbe voluto. Gli estratti conservati, che coprono il lungo arco di tempo dal 1838 fino al 1882, sono scritti in 8 lingue – tedesco, greco antico, latino, francese, inglese, italiano, spagnolo e russo – e ineriscono le più svariate discipline. Essi furono desunti da testi di filosofia, arte, religione, politica, diritto, letteratura, storia, economia politica, relazioni internazionali, tecnica, matematica, fisiologia, geologia, mineralogia, agronomia, etnologia, chimica e fisica; oltre che da articoli di quotidiani e riviste, resoconti parlamentari, statistiche, rapporti e pubblicazioni di uffici governativi.
8. Poiché nel 1844 Marx non conosceva ancora la lingua inglese, durante questo periodo i libri inglesi furono da lui letti in traduzione francese.
9. Questi estratti sono compresi nei volumi K. MARX, Exzerpte und Notizen. 1843 bis Januar 1845, MEGA2 IV/2, Dietz, Berlin 1981 e K. MARX, Exzerpte und Notizen. Sommer 1844 bis Anfang 1847, MEGA2 IV/3, Akademie, Berlin 1998; tr. it. parz. La scoperta dell’economia, Editori Riuniti, Roma 1990.
10. K. MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844, cit., p. 298.
11. H. BURGERS, autunno 1844 – inverno 1845, in H.M. Enzensberger (a cura di), Gespräche mit Marx und Engels, Insel, Frankfurt am Main 1973, p. 46; tr. it. Id., Colloqui con Marx ed Engels, Einaudi, Torino 1977, p. 41.
12. Friedrich Engels a Karl Marx, inizio ottobre 1844, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 7-8.
13. In realtà Engels contribuì allo scritto soltanto con una decina di pagine.
14. Friedrich Engels a Karl Marx, 20 gennaio 1845, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 17.
15. Cfr. K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 666, nota 319.
16. K. MARX, Karl Marx alla Pubblica sicurezza di Bruxelles, 22 marzo 1845, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. IV, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 664.
17. Cfr. K. MARX, A proposito del libro di Friedrich List «Das nationale System der politischen Ökonomie», in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. IV, op. cit., pp. 584-614.
18. Tutti questi estratti si trovano nel volume K. MARX, Exzerpte und Notizen. Sommer 1844 bis Anfang 1847, MEGA2 IV/3, op. cit.
19. K. MARX, Piano della «Biblioteca dei più eccellenti scrittori socialisti stranieri», K. Marx – F. Engels, Opere, vol. IV, op. cit., p. 659.
20. Questi estratti sono compresi nel volume K. MARX – F. ENGELS, Exzerpte und Notizen. Juli bis August 1845, MEGA2 IV/4, Dietz, Berlin 1988, che include i primi Quaderni di Manchester. Si noti, inoltre, che da questo periodo Marx cominciò a leggere direttamente in inglese.
21. Questi estratti, compresi nei Quaderni di Manchester VI – IX, sono ancora inediti.
22. K. MARX, Dichiarazione contro Karl Grün, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. VI, Editori Riuniti, Roma 1973, p. 73.
23. Karl Marx a Carl Wilhelm Leske, 1 agosto 1846, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 455.
24. F. ENGELS, Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, Editori Riuniti, Roma 1985, p. 13. In realtà Engels usò questa espressione già nel 1859, nella recensione al libro di Marx Per la critica dell’economia politica, ma questo articolo non ebbe alcuna risonanza e il termine cominciò a diffondersi solo in seguito alla pubblicazione dello scritto Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca.
25. Karl Marx a Carl Wilhelm Leske, 1 agosto 1846, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 455-56.
26. Georg Weerth an Wilhelm Weerth, 18 novembre 1846, in H.M. Enzensberger (a cura di), op. cit., p. 68-9; tr. it. 27. Colloqui con Marx ed Engels, Einaudi, Torino 1977, pp. 58-9.
28. Questi estratti costituiscono il volume K. MARX, Exzerpte und Notizen. September 1846 bis Dezember 1847, MEGA² IV/6, Dietz, Berlin 1983.
29. Karl Marx a Pawel Wassiljewitsch Annenkow, 28 dicembre 1846, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 458.
30. K. MARX – F. ENGELS, Manifesto del partito comunista, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. VI, Editori Riuniti, Roma 1973, pp. 485-86.
31. K. MARX, Lavoro salariato e capitale, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. IX, Editori Riuniti, Roma 1984, p. 206.
Karl Marx a Friedrich Engels, 23 agosto 1849, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 155.
32. K. MARX, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. X, Editori Riuniti, Roma 1977, p. 134.
33. K. MARX – F. ENGELS, Annuncio della «Neue Rheinische Zeitung. Politisch-ökonomische Revue», in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. X, op. cit., p. 5.
34. Karl Marx a Joseph Weydemeyer, 19 dicembre 1849, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, cit., pp. 525-26.
35. K. MARX, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, op.cit., p. 135.
36. K. MARX – F. ENGELS, Rassegna (gennaio – febbraio 1850), ivi, pp. 263-4.
37. K. MARX – F. ENGELS, Rassegna (marzo – aprile 1850), ivi, p. 341.
38. Ivi, p. 342.
39. K. MARX – F. ENGELS, Rassegna (maggio-ottobre 1850), ivi, p. 509.
40. Ivi, p. 514-5.
41. K. MARX – F. ENGELS, Rezensionen aus Heft 4 der „Neuen Rheinischen Zeitung. Politisch-ökonomische Revue“, ivi, p. 319.
42. K. MARX – F. ENGELS, Rassegna (maggio-ottobre 1850), ivi, pp. 543-4.
43. In proposito si vedano le considerazioni postume di F. ENGELS in Introduzione a «Le lotte di classe in Francia», in K. Marx – F. Engels, Opere, Vol. X, op. cit., p. 642-3: «Mentre nei primi tre articoli (apparsi nei fascicoli di gennaio, febbraio e marzo della «Nuova Gazzetta Renana») traspare ancora l’attesa di una prossima ripresa di energia rivoluzionaria, la rassegna storica fatta da Marx e da me nell’ultimo fascicolo doppio, apparso nell’autunno del 1850 (maggio-ottobre), rompe una volta per sempre con questa illusione». Una testimonianza ancora più significativa è contenuta nei verbali della Seduta del Comitato centrale della Lega dei comunisti del 15 settembre 1850. In quella sede, infatti, riferendosi alle posizioni comunisti tedeschi August Willich e Karl Schapper, Marx affermò: «si è dato rilievo, come fatto fondamentale nella rivoluzione, invece che ai rapporti reali, alla volontà. Mentre noi diciamo agli operai: dovete superare 15, 20, 50 anni di guerre civili, per cambiare i rapporti, per rendere voi stessi capaci di assumere il potere, da parte loro si è detto: dobbiamo andare al potere immediatamente, o possiamo metterci a dormire», in K. Marx – F. Engels, Opere, Vol. X, op. cit., p. 627.
44. Cfr. F. ENGELS, Introduzione a «Le lotte di classe in Francia», cit., p. 645: «la democrazia volgare aspettava la nuova esplosione dall’oggi al domani; noi dichiaravamo già nell’autunno del 1850 che almeno il primo capitolo del periodo rivoluzionario era chiuso e che non vi era da aspettarsi nulla sino allo scoppio di una nuova crisi economica mondiale. Per questo fummo messi al bando come ‘traditori della rivoluzione’ da quegli stessi che, in seguito, fecero tutti, quasi senza eccezione, la pace con Bismarck».
45. Karl Marx a Friedrich Engels, 11 febbraio 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, cit., p. 204.
46. Karl Marx a Friedrich Engels [Poscritto di Wilhelm Pieper], 27 gennaio 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, cit., p. 187.
47. Karl Marx a Friedrich Engels, 11 febbraio 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, cit., p. 204.
48. Friedrich Engels a Karl Marx, 13 febbraio 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., pp. 209-10.
49. Cfr. W. TUCHSCHEERER, Prima del «Capitale», La Nuova Italia, Firenze 1980, pp. 272-3.
50. Eccetto i compendi da Smith, inclusi nel volume K. MARX, Exzerpte und Notizen. März bis Juni 1851, MEGA2 IV/8, Dietz, Berlin 1986, tutti questi estratti si trovano nel volume K. MARX – F. ENGELS, Exzerpte und Notizen. September 1849 bis Februar 1851, Dietz, Berlin 1983, MEGA2 IV/7. Le opere Ricchezza delle nazioni di Smith (quaderno VII) e Principi di economia politica di Ricardo (quaderni IV, VII e VIII), già lette da Marx in lingua francese durante il suo soggiorno parigino del 1844, furono studiate ora nell’edizione in lingua inglese.
51. In proposito si veda la lettera di Karl Marx a Friedrich Engels, 3 febbraio 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 191.
52. Cfr. K. MARX, Bullion. Das vollendete Geldsystem, MEGA2 IV/8, op. cit., pp. 3-85. Il secondo di questi quaderni non numerati contiene anche altri estratti, in particolare dall’opera Sulla regolazione della circolazione monetaria di John Fullarton.
53. Un’altra breve esposizione delle teorie di Marx su denaro, credito e crisi si trova all’interno del quaderno VII, nel breve frammento Karl Marx, Reflection, in MEGA2 IV/8, op. cit., pp. 227-34.
54. Karl Marx a Friedrich Engels, 2 aprile 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, cit., pp. 249-50.
55. Friedrich Engels a Karl Marx, 3 aprile 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, cit., p. 255.
56. Cfr. K. MARX, Exzerpte aus David Ricardo: On the principles of political economy, MEGA2 IV/8, pp. 326-31, 350-72, 381-95, 402-4, 409-26. A dimostrazione della rilevanza di queste pagine vi è il fatto che questi estratti, insieme a quelli dallo stesso autore contenuti nei quaderni IV e VII, furono pubblicati nel 1941, nel secondo volume della prima edizione dei Grundrisse.
57. In questa importante fase di nuove acquisizioni teoriche, per Marx il confronto con Engels era della massima importanza, così, in alcune lettere a lui indirizzate, riassunse le sue vedute critiche sulle teorie ricardiane della rendita fondiaria (cfr. Karl Marx a Friedrich Engels, 7 gennaio 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, cit., p. 174-77) e della circolazione monetaria (cfr. Karl Marx a Friedrich Engels, 3 febbraio 1851, ivi, p. 191-96).
58. Karl Marx a Joseph Weydemeyer, 27 giugno 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 572.
59. Karl Marx a Friedrich Engels, 31 luglio 1851, ivi, p. 318.
60. Al tempo, il «New-York Tribune» usciva in tre differenti edizioni («New-York Daily Tribune», «New-York Semi-Weekly Tribune» e «New-York Weekly Tribune») e in ognuna di esse apparvero molti articoli di Marx. Per la precisione, il «New-York Daily Tribune» ne pubblicò 487, oltre la metà di essi furono ristampati nel «New-York Semi-Weekly Tribune» e più di un quarto nel «New-York Weekly Tribune» (ad essi vanno aggiunti anche pochi articoli inviati al giornale, ma scartati dal direttore Charles Dana). Degli articoli pubblicati sul «New-York Daily Tribune», più di 200 apparvero come editoriale e, dunque, anonimi. Va infine ricordato che, per lasciare a Marx più tempo da dedicare agli studi di economia politica, in realtà quasi la metà di questi articoli furono scritti da Engels. Gli interventi inviati al «New-York Tribune» destarono sempre grande interesse, come mostra ad esempio la seguente affermazione contenuta nell’editoriale del 7 aprile del 1853, a cura della redazione del «New-York Tribune»: «il sig. Marx opinioni decisamente personali […], ma chi non legge le sue corrispondenze trascura una delle più istruttive fonti di informazione sulle grandi questioni dell’attuale politica europea», citato in Karl Marx a Friedrich Engels, 26 aprile 1853, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXIX, op. cit., p. 249.
61. Cfr. F. ENGELS, Critica del libro di Proudhon «Idée générale de la révolution au XIX siècle», in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XI, Editori Riuniti, Roma 1982, p. 565-601.
62. Gli estratti da questi testi sono inclusi nel volume K. MARX, Exzerpte und Notizen. Juli bis September 1851, MEGA2 vol. IV/9, Dietz, Berlin 1991.
63. Questi quaderni non sono stati ancora pubblicati nella MEGA2, ma il quaderno XV è stato invece dato alle stampe nel volume H.P. MÜLLER (a cura di), Karl Marx, Die technologisch-historischen Exzerpte, Ullstein, Frankfurt/M – Berlin – Wien 1982.
64. Karl Marx a Friedrich Engels, 13 ottobre 1851, in K. Marx – F. Engels Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 389.
65. Si vedano in particolare le lettere Ferdinand Lassalle a Karl Marx, 12 maggio 1851, di Karl Marx a Friedrich Engels, 24 novembre 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., pp. 403-5; Friedrich Engels a Karl Marx, 27 novembre, ivi, pp. 406-8.
66. Friedrich Engels a Karl Marx, 27 novembre 1851, Ivi, p. 407.
67. Karl Marx a Joseph Weydemeyer, 30 gennaio 1852, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXIX, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 514.
68. Karl Marx a Ferdinand Freiligrath, 27 dicembre 1851, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXVIII, op. cit., pp. 610.
69. Karl Marx a Gustav Zerffi, 28 dicembre 1852, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXIX, op. cit., p. 604.
70. Questi quaderni sono ancora inediti.
71. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 settembre 1852, in ivi, pp. 135-36.
72. Karl Marx a Friedrich Engels, 25 ottobre 1852, ivi, p. 169.
73. Karl Marx a Friedrich Engels, 27 ottobre 1852, ivi, p. 175.
74. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 23 febbraio 1852, ivi, p. 525.
75. Karl Marx a Joseph Weydemeyer, 30 aprile 1852, ivi, p. 550.
76. Karl Marx a Friedrich Engels, 19 agosto 1852, ivi, p. 119.
77. K. MARX, Pauperismo e libero scambio, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XI, Editori Riuniti, Roma 1982, p. 373.
78. Karl Marx a Adolf Cluss, 7 dicembre 1852, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXIX, op. cit., p. 594.
79. Karl Marx a Friedrich Engels, 10 marzo 1853, in ivi, p. 235.
80. Questa espressione fu usata per la prima volta nel 1846 a proposito delle divergenze tra Marx e il comunista tedesco Wilhelm Weitling e fu impiegato successivamente anche nel dibattimento del processo di Colonia. Cfr. M. RUBEL, Marx critico del marxismo, Cappelli, Bologna 1981, p. 82, nota 2.
81. Questo termine comparve per la prima volta nel 1854, cfr. G. HAUPT, L’internazionale socialista dalla comune a Lenin, Einaudi, Torino 1978, p. 140, nota 4.
82. Karl Marx a Friedrich Engels, 10 marzo 1853, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XXXIX, op. cit., p. 237.
83. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 ottobre 1853, Ivi, p. 316.
84. Friedrich Engels a Karl Marx, 10 marzo 1853, ivi, pp. 239-40.
85. Karl Marx a Friedrich Engels, 10 marzo 1853, ivi, p. 236.
86. Karl Marx a Friedrich Engels, 18 agosto 1853, ivi, p. 293.
87. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 luglio 1853, ivi, p. 287.
88. Karl Marx a Adolf Cluss, 15 settembre 1853, ivi, p. 629.
89. K. MARX, Rivoluzione in Cina e in Europa, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XII, Editori Riuniti, Roma 1978, p. 100.
90. Ivi, p. 102.
91. Ivi, pp. 103-4.
92. K. MARX, Attività politica – In Europa scarseggia il pane, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XII, op. cit., p. 323.
93. Karl Marx a Friedrich Engels, 28 settembre 1853, in K. Marx – F. Engels, Opere vol. XXXIX, p. 309.
94. Questi quaderni di estratti sono stati recentemente pubblicati nel volume K. MARX – F. ENGELS, Exzerpte und Notizen. September 1853 bis Januar 1855, Akademie, Berlin 2007.
95. Karl Marx a Friedrich Engels, 13 febbraio 1855, Ivi, p. 453.
96. Cfr. F.E. SCHRADER, Restauration und Revolution, Gerstenberg, Hildesheim 1980, p. 99.
97. K. MARX, The commercial crisis in Britain, MECW vol. 13, Progress, Moscow 1980, p. 585.
98. K. MARX, La crisi in Inghilterra, K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XIV, op. cit., pp. 60-1.
99. Karl Marx a Friedrich Engels, 12 aprile 1855, in K. Marx – F. Engels, Opere vol. XXXIX, op. cit., p. 465.
100. Karl Marx a Friedrich Engels, 3 marzo 1855, in K. Marx – F. Engels, Opere vol. XXXIX, op. cit., p. 457.
101. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 marzo 1855, in ivi, p. 458.
102. K. MARX, Il Crédit Mobilier I, in K. Marx, Il socialismo imperiale, Editori Riuniti, Roma 1993, p. 6.
103. K. MARX, Die Geldkrise in Europa, in K. Marx – F. Engels, Werke, vol. 12, Dietz, Berlin 1961, p. 53.
104. K. MARX, Die Krise in Europa, in ivi p. 80.
105. K. MARX, Die Geldkrise in Europa, cit., p. 55.
106. Questi quaderni di estratti sono ancora inediti.
107. K. Marx, Grundrisse, La Nuova Italia, Firenze 1997, vol. II, p. 648. Così come gli estratti da Ricardo, anche il frammento Bastiat e Carey fu inserito nel secondo volume della prima edizione dei Grundrisse.
108. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 dicembre 1857, in K. Marx – F. Engels, Opere vol. XL, Editori Riuniti, Roma 1973, p. 237.
109. Eccetto i quaderni M e VII, conservati presso l’archivio dell’«Istituto Internazionale di Storia Sociale» di Amsterdam, la restante parte di essi si trova presso l’«Archivio di Stato Russo per la Storia Sociale e Politica» di Mosca. Rispetto alla datazione di questi quaderni, è importante sottolineare che la prima parte del quaderno I, quella contenente l’analisi critica del libro Della riforma delle banche di Alfred Darimon, fu realizzata da Marx nei mesi di gennaio e febbraio del 1857 e non, come ritenuto dagli editori dei Grundrisse in ottobre. Cfr. I. OSSOBOWA, Über einige Probleme der ökonomischen Studien von Marx im Jahre 1857 vom Standpunkt des Historikers, in Beiträge zur Marx-Engels-Forschung, no. 29, 1990, pp. 147–61.
110. Questi quaderni sono ancora inediti.
111. Karl Marx a Friedrich Engels, 18 dicembre 1857, in K. Marx – F. Engels, Opere vol. XL, op. cit., p. 245. Qualche giorno dopo questa lettera, Marx comunicò i suoi piani anche a Lassalle: «l’attuale crisi commerciale mi ha spronato a dedicarmi seriamente all’elaborazione dei miei lineamenti fondamentali di economia e anche a preparare qualcosa sulla crisi attuale», in Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 21 dicembre 1857, in K. Marx – F. Engels, Opere vol. XL, op. cit., p. 575.
112. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 22 febbraio 1858, in K. Marx – F. Engels, Opere vol. XL, op. cit., p. 577-78.

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Diffusione e recezione dei Grundrisse nel mondo

I. 1858-1953: Cent’anni di solitudine
Tralasciati nel maggio del 1858 per fare posto alla stesura di Per la critica dell’economia politica, dopo essere stati adoperati per la redazione di questo testo, i Grundrisse non furono quasi più riutilizzati da Marx. Nonostante fosse sua consuetudine richiamarsi agli studi precedentemente svolti, trascrivendone talvolta interi passaggi, ad eccezione di quelli del 1861-3, nessun manoscritto preparatorio de Il capitale contiene, infatti, alcun riferimento a essi. I Grundrisse giacquero tra le tante bozze provvisorie di Marx che, dopo averli redatti, sempre più assorbito dalla soluzione di questioni più specifiche di quelle che essi racchiudevano, non ebbe dunque più modo di servirsene.

Sebbene non vi sia alcuna certezza in proposito, è probabile che i Grundrisse non siano stati letti dallo stesso Friedrich Engels. Com’è noto, alla morte, Marx era riuscito a completare soltanto il libro primo de Il capitale, e i manoscritti incompiuti dei libri secondo e terzo furono ricostruiti, selezionati e dati alle stampe da Engels. Nel corso della sua attività editoriale, quest’ultimo dovette prendere in esame decine di quaderni contenenti abbozzi de Il capitale ed è plausibile ipotizzare che quando, in fase di sistemazione della montagna di carte ereditate, sfogliò i Grundrisse, dovette ritenerli una versione troppo prematura dell’opera dell’amico – precedente persino alla pubblicazione di Per la critica dell’economia politica del 1859 – e, a ragione, inutilizzabile per il suo proposito. D’altronde, Engels non menzionò mai i Grundrisse, né nelle prefazioni ai due volumi de Il capitale che diede alle stampe, né in alcuna lettera del suo vasto carteggio.

Dopo la sua morte, gran parte degli originali di Marx venne custodita nell’archivio del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD) di Berlino, ma fu trattata con la massima negligenza. I conflitti politici in seno alla Socialdemocrazia impedirono la pubblicazione dei rilevanti e voluminosi inediti di Marx e produssero anche la dispersione dei suoi manoscritti, così da compromettere, per lungo tempo, la possibilità di un’edizione completa delle sue opere. Nessuno, inoltre, si occupò di stilare un elenco del lascito intellettuale di Marx e i Grundrisse restarono sepolti assieme alle altre sue carte.

L’unico brano dato alle stampe durante quel periodo fu l’Introduzione. Essa fu pubblicata nel 1903, sulla rivista Die Neue Zeit, da Karl Kautsky, il quale nella breve nota che accompagnò il testo, la presentò come un “abbozzo frammentario” datato 23 agosto 1857. Kautsky sostenne che si trattava dell’introduzione dell’opera principale di Marx e, per questo motivo, le diede il titolo di Einleitung zu einer Kritik der politischen Ökonomie (Introduzione a una critica dell’economia politica). Aggiunse inoltre che: “nonostante il suo carattere frammentario, anche il presente lavoro offre una grande quantità di nuovi punti di vista” [1]. Intorno a essa, infatti, si manifestò un notevole interesse. Tradotta, inizialmente, in francese (1903) e inglese (1904), prese a circolare rapidamente dopo che Kautsky l’ebbe pubblicata, nel 1907, in appendice a Per la critica dell’economia politica e apparve anche in russo (1922), giapponese (1926), greco (1927), cinese (1930), fino a divenire poi uno degli scritti più commentati dell’intera produzione teorica di Marx.

Nonostante la fortuna dell’Introduzione, i Grundrisse rimasero ancora a lungo sconosciuti. È difficile credere che, insieme con l’Introduzione, Kautsky non abbia ritrovato anche l’intero manoscritto. Egli, comunque, non vi fece mai riferimento e, quando poco dopo decise di pubblicare alcuni inediti di Marx, si concentrò solo su quelli del 1861-3, che diede alle stampe parzialmente, dal 1905 al 1910, con il titolo di Teorie sul plusvalore.

La scoperta dei Grundrisse avvenne, invece, nel 1923 grazie a David Rjazanov, direttore dell’Istituto Marx-Engels (IME) di Mosca e promotore della Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA), l’edizione delle opere complete di Marx ed Engels. Dopo aver esaminato il Nachlaß di Berlino, egli rese pubblica l’esistenza dei Grundrisse in una comunicazione sul lascito letterario di Marx ed Engels, tenuta all’Accademia Socialista di Mosca nel 1923:

“ho ritrovato tra le carte di Marx altri otto quaderni di studi di economia. (…) Il manoscritto è databile alla metà degli anni Cinquanta e contiene la prima stesura dell’opera di Marx [Il capitale], della quale, al tempo, egli non aveva ancora stabilito il titolo, e che rappresenta [anche] la prima elaborazione del suo scritto Per la critica dell’economia politica” [2] .

In quella stessa sede affermò inoltre: “in uno di questi quaderni (…) Kautsky ha trovato l’Introduzione a Per la critica dell’economia politica” e riconobbe al complesso dei manoscritti preparatori de Il capitale “straordinario interesse per conoscere la storia dello sviluppo intellettuale di Marx, così come la peculiarità del suo metodo di lavoro e di ricerca” [3] .

Grazie all’accordo di collaborazione per la pubblicazione della MEGA, stipulato tra l’IME, l’Istituto per la Ricerca Sociale di Francoforte e lo SPD, detentore del Nachlaß di Marx ed Engels, i Grundrisse furono fotografati assieme a molti altri inediti e gli specialisti di Mosca cominciarono a studiarli su esemplari in copia. Tra il 1925 e il 1927, Pavel Veller, collaboratore dell’IME, catalogò tutti i manoscritti preparatori de Il capitale, il primo dei quali erano proprio i Grundrisse. Sino al 1931, essi furono completamente decifrati e dattilografati e nel 1933 ne fu dato alle stampe, in lingua russa, il Capitolo sul denaro, cui fece seguito, due anni dopo, l’edizione tedesca. Nel 1936, infine, l’Istituto Marx-Engels-Lenin (IMEL), subentrato all’IME, riuscì ad acquistare sei degli otto quaderni dei Grundrisse, circostanza che rese possibile la soluzione dei problemi editoriali ancora irrisolti.

Poco dopo, dunque, i Grundrisse poterono essere finalmente pubblicati: furono l’ultimo importante manoscritto di Marx, per giunta molto esteso e risalente a una delle fasi più feconde della sua elaborazione, reso noto al pubblico. Essi apparvero a Mosca nel 1939, a cura di Veller, che ne scelse il titolo: Grundrisse der Kritik der politischen Ökonomie (Rohentwurf) 1857–1858. Due anni dopo, seguì la stampa di un’appendice (Anhang), che comprese gli appunti di Marx del 1850-1 dai Principi di economia politica e dell’imposta di David Ricardo, le note su Bastiat e Carey , gli indici sul contenuto dei Grundrisse da lui stesso redatti e, infine, il materiale preparatorio (Urtext) a Per la critica dell’economia politica del 1859. La prefazione al libro del 1939, siglata dall’IMEL, evidenziò decisamente il valore del testo: “il manoscritto del 1857-1858, pubblicato per la prima volta e integralmente in questo volume, costituisce una tappa decisiva dell’opera economica di Marx” [4] .

Tuttavia, seppure principi editoriali e formato fossero analoghi, i Grundrisse non furono inclusi tra i volumi della MEGA, ma uscirono, invece, in edizione singola. Inoltre, la loro pubblicazione a ridosso della Seconda Guerra Mondiale fece sì che l’opera restasse praticamente sconosciuta. Le 3.000 copie realizzate divennero presto molto rare e solo pochissime di esse riuscirono a oltrepassare i confini sovietici. Successivamente, i Grundrisse non furono inseriti nella Sočinenija (Opere Complete) (1928-47), la prima edizione russa degli scritti di Marx ed Engels e per la loro ristampa in tedesco si dovette attendere sino al 1953. Se desta grande stupore che un testo come i Grundrisse, sicuramente eretico rispetto agli allora indiscutibili cànoni del Diamat (Dialekticeskij Materializm – Materialismo Dialettico), sia stato pubblicato durante l’era staliniana, bisogna altresì considerare che essi costituivano lo scritto più rilevante di Marx non ancora diffuso in Germania. Così, in occasione della celebrazione del Karl-Marx-Jahr (Anno di Karl Marx), che coincideva con il settantesimo anniversario della sua morte e il centotrentacinquesimo della nascita, i Grundrisse furono dati alle stampe a Berlino in 30.000 copie. Redatti nel 1857-8, essi cominciarono a essere letti e scoperti in tutto il mondo soltanto nel 1953. Dopo cent’anni di solitudine.

II. La diffusione dei Grundrisse: 500.000 copie in giro per il modo
Nonostante la risonanza suscitata dalla pubblicazione di un nuovo e consistente manoscritto preparatorio de Il capitale e il valore teorico che a essi fu attribuito, i Grundrisse furono tradotti lentamente. Come già accaduto con l’Introduzione, fu un altro estratto dei Grundrisse a generare interesse prima dell’intero manoscritto: le Forme che precedono la produzione capitalistica. Esse furono infatti tradotte nel 1939 in russo e, nel 1947-8, dal russo in giapponese. Successivamente, l’edizione singola tedesca e la traduzione inglese ne favorirono un’ampia diffusione. Dalla prima, stampata nel 1952 nella serie Kleine Bücherei des Marxismus-Leninismus (Piccola biblioteca del marxismo-leninismo) furono eseguite la traduzione ungherese (1953) e italiana (1954). La seconda, pubblicata nel 1964, ne permise la circolazione nel mondo anglosassone e, tradotta in Argentina (1966) e Spagna (1967), in quello di lingua spagnola. La prefazione del curatore di questa edizione, Eric Hobsbawm, contribuì a evidenziare l’importanza del loro contenuto: le Forme che precedono la produzione capitalistica costituiscono “il tentativo più sistematico di affrontare la questione dell’evoluzione storica” mai realizzato da Marx e “si può affermare, senza esitazione, che qualsiasi discussione storica marxista che non tenga conto di quest’opera (…) deve essere riesaminata alla luce di essa” [5] . Infatti, sempre più studiosi internazionali si occuparono di questo testo, che seguì a essere pubblicato in tanti altri paesi e a stimolare ovunque significative discussioni storiografiche.

Le traduzioni dei Grundrisse nel loro insieme cominciarono alla fine degli anni Cinquanta. La diffusione dello scritto di Marx fu un processo lento ma inesorabile e, quando ultimato, rese possibile una più completa e, per alcuni aspetti, differente percezione dell’intera sua opera. I maggiori interpreti dei Grundrisse vi si cimentarono in lingua originale, ma la loro lettura estesa, quella compiuta dagli studiosi che non erano in grado di leggerli in tedesco, e, soprattutto, quella dei militanti politici e degli studenti, avvenne solo in seguito alle traduzioni nelle varie lingue.

Le prime di esse avvennero in oriente, dove i Grundrisse apparvero prima in Giappone (1958-65) e poi in Cina (1962-78). In Unione Sovietica uscirono in lingua russa soltanto nel 1968-9, quando dopo essere stati esclusi anche dalla seconda e ampliata edizione della Sočinenija (1955-66), vi furono incorporati quali volumi aggiuntivi. L’estromissione dalla Sočinenija fu tanto più grave perché determinò, a sua volta, quella dalla Marx Engels Werke (Opere) (MEW) (1956-68), che riprodusse la selezione sovietica. La MEW, ovvero l’edizione più utilizzata delle opere di Marx ed Engels, nonché la fonte delle loro traduzioni nella maggior parte delle lingue, fu dunque privata dei Grundrisse che vennero pubblicati come volume supplementare soltanto nel 1983.

Alla fine degli anni Sessanta, i Grundrisse cominciarono a circolare anche in Europa. La prima traduzione fu quella francese (1967-8), ma la sua qualità era scadente e una versione fedele dello scritto uscì solo nel 1980. Quella italiana apparve tra il 1968 e il 1970 e, così come quella francese, circostanza molto singolare, essa fu realizzata per iniziativa di una casa editrice indipendente dal Partito Comunista.

In lingua spagnola, il testo fu pubblicato negli anni Settanta. Se si esclude la versione stampata a Cuba nel 1970-1, di scarso pregio perché tradotta da quella francese e la cui circolazione rimase circoscritta nell’ambito di quel paese, la prima vera traduzione fu compiuta in Argentina tra il 1971 e il 1976. A essa seguirono ancora altre tre, effettuate tra Spagna, Argentina e Messico, che fecero dello spagnolo la lingua con il maggior numero di versioni dei Grundrisse.

La traduzione in lingua inglese fu anticipata, nel 1971, dalla pubblicazione di una scelta di alcuni suoi brani. L’introduzione del curatore di questo volume, David McLellan, aumentò le aspettative nei confronti dello scritto: “i Grundrisse sono molto più di una grezza stesura de Il capitale” [6] e, anzi, più di ogni altro suo testo, “contengono una sintesi dei vari lidi del pensiero di Marx. (…) In un certo senso, nessuna tra le opere di Marx è completa, ma tra loro la più completa sono i Grundrisse” [7] . La traduzione integrale giunse nel 1973, ovvero soltanto venti anni dopo l’edizione stampata in Germania. Essa fu eseguita da Martin Nicolaus, che nella premessa al libro scrisse: “oltre al loro grande valore biografico e storico, essi [i Grundrisse] (…) sono il solo abbozzo dell’intero progetto economico-politico di Marx. (…) I Grundrisse mettono in discussione e alla prova ogni seria interpretazione di Marx finora concepita” [8] .

Gli anni Settanta furono il decennio decisivo anche per le traduzioni nell’Europa dell’est. Dopo l’edizione russa, infatti, non vi era più alcun ostacolo affinché il testo potesse circolare anche nei paesi ‘satelliti’ dell’Unione Sovietica e, così, esso comparve in Ungheria (1972), Cecoslovacchia (in ceco tra il 1971 e il 1977 e in slovacco tra il 1974 e il 1975), Romania (1972-4) e Jugoslavia (1979).

Nello stesso periodo, i Grundrisse giunsero anche in Danimarca, pubblicati contemporaneamente in due traduzioni tra loro contrastanti: una a cura della casa editrice legata al partito comunista (1974-8) e l’altra, invece, di una vicina alla nuova sinistra (1975-7).

Negli anni Ottanta, i Grundrisse furono tradotti anche in Iran (1985-7), ove rappresentarono la prima traduzione rigorosa di un’opera di Marx in persiano, e in altre lingue europee: l’edizione slovena è del 1985 e dell’anno successivo sono la polacca e quella finlandese, effettuata grazie al sostegno sovietico.

Col dissolversi dell’Unione Sovietica e la fine del cosiddetto ‘socialismo reale’, che invero del pensiero di Marx non avevano realizzato altro che la manifesta negazione, la stampa degli scritti di Marx subì una battuta d’arresto. Ciò nonostante, anche negli anni nei quali il silenzio intorno al loro autore fu interrotto soltanto da quanti ne decretavano con assoluta certezza l’oblio, i Grundrisse hanno continuato a essere tradotti in altre lingue. Pubblicati in Grecia (1989-92), Turchia (1999-2003), Corea del sud (2000) e nel 2008, in Brasile, in lingua portoghese, essi sono stati l’opera di Marx che ha ricevuto il maggior numero di nuove traduzioni negli ultimi venti anni.

Complessivamente, i Grundrisse sono stati pubblicati integralmente in 22 lingue [9] e tradotti in 32 differenti versioni. Senza fare riferimento alle tante traduzioni parziali, essi sono stati stampati in oltre 500.000 copie [10] : un numero che sorprenderebbe molto colui che li redasse col solo fine di riepilogare, per giunta in tutta fretta, gli studi di economia svolti fino al momento della lorostesura.

III. Lettori e interpreti
La storia della recezione dei Grundrisse, così come quella della loro diffusione, è stata caratterizzata da un avvio alquanto tardivo. Alle vicissitudini legate al ritrovamento del manoscritto, si aggiunse, e fu di certo determinante, la complessità del testo frammentario e appena abbozzato, tanto problematico da rendere in altre lingue, quanto difficile da interpretare.

In proposito, Roman Rosdolsky, autorevole studioso dei Grundrisse, affermò che:

“quando, nel 1948, (…) ebbe la fortuna di esaminar[ne] uno degli allora rarissimi esemplari (…), intuì subito che si trattava di un’opera fondamentale per la comprensione della teoria marxiana, che però a causa della sua forma particolare e del suo linguaggio spesso difficile, poco si addiceva ad un’ampia cerchia di lettori” [11] .

Queste motivazioni lo indussero a tentare di illustrarne meglio il testo e a esaminarne criticamente il contenuto. Il risultato di tale impresa fu l’opera Zur Entstehungsgeschichte des Marxschen ‘Kapital’. Der Rohentwurf des ‘Kapital’ 1857-58 (Genesi e struttura del Capitale di Marx) che, pubblicata nel 1968, fu la prima, e anche la principale mai scritta, monografia dedicata ai Grundrisse. Tradotta in molti paesi, favorì la loro divulgazione e circolazione ed ebbe un notevole influsso su tutti i loro successivi interpreti.

Il 1968 fu un anno significativo per i Grundrisse. Oltre al libro di Rosdolsky, infatti, apparve sulla New Left Review il primo saggio in lingua inglese ad essi interamente dedicato: The Unknown Marx (Il Marx sconosciuto), di Martin Nicolaus, che ebbe il merito di attirare l’attenzione sui Grundrisse anche nel mondo anglosassone e di segnalarne la necessità della traduzione. Intanto, in Germania e in Italia, i Grundrisse conquistarono i protagonisti delle rivolte studentesche, che cominciarono a leggerli entusiasmati dalla dirompente radicalità delle loro pagine. Per lo più, essi esercitarono un irresistibile fascino tra quanti, soprattutto nelle file della nuova sinistra, erano impegnati a rovesciare l’interpretazione di Marx fornita dal marxismo-leninismo.

D’altronde, i tempi erano mutati anche a est. Dopo una prima fase nella quale i Grundrisse erano stati quasi del tutto ignorati o guardati con diffidenza, il libro di Vitalij Vygodskij, Istoriya odnogo velikogo otkruitiya Karla Marksa (Introduzione ai Grundrisse di Marx), pubblicata in Unione Sovietica nel 1965 e nella Repubblica Democratica Tedesca nel 1967, impresse una svolta di segno opposto. I Grundrisse furono definiti infatti un’opera “geniale”, che “ci guidano nel laboratorio creativo di Marx e ci danno l’occasione di seguire passo dopo passo il processo di elaborazione della sua teoria economica” [12] , alla quale era dunque necessario prestare la dovuta attenzione.

In pochi anni, i Grundrisse diventarono un testo fondamentale per tanti influenti marxisti. Accanto agli autori già menzionati, vi si dedicarono con particolare attenzione: Walter Tuchscheerer nella Repubblica Democratica Tedesca, Alfred Schmidt nella Repubblica Federale Tedesca, gli studiosi della Scuola di Budapest in Ungheria, Lucien Sève in Francia, Kiyoaki Hirata in Giappone, Gajo Petrovic in Jugoslavia, Antonio Negri in Italia, Adam Schaff in Polonia, Allen Oakley in Australia e divennero, in generale, uno scritto col quale ogni serio studioso dell’opera di Marx doveva misurarsi.

Pur con diverse sfumature, i vari interpreti si divisero tra quanti considerarono i Grundrisse un testo autonomo cui potere attribuire piena compiutezza concettuale e coloro che, invece, li giudicarono come un manoscritto prematuro e meramente preparatorio de Il capitale. Il retroterra ideologico delle discussioni sui Grundrisse – cuore della contesa era la fondatezza o meno della stessa interpretazione di Marx, con le conseguenti ed enormi ricadute politiche – favorì lo sviluppo di tesi interpretative inadeguate e oggi risibili. Tra i commentatori più entusiasti di questo scritto, vi fu, infatti, chi ne sostenne la superiorità teorica rispetto a Il capitale, nonostante questo comprendesse i risultati di un ulteriore decennio di intensissimi studi. Allo stesso modo, tra i principali detrattori dei Grundrisse, non mancarono quanti affermarono che, nonostante le rilevanti parti per ricostruire il rapporto con Georg W. F. Hegel e i significativi brani sull’alienazione, essi non aggiungevano nulla a quanto già noto di Marx.

Accanto alle contrastanti letture dei Grundrisse, risaltano anche le non letture, il cui caso più eclatante è rappresentato da Louis Althusser. Impegnato finanche nel tentativo di far parlare i presunti silenzi di Marx e di leggere Il capitale “in modo da rendere visibile ciò che ancora in esso poteva sussistere di invisibile” [13] , egli si concesse però il lusso di trascurare la cospicua mole delle centinaia di pagine già scritte dei Gundrisse e realizzò la suddivisione del pensiero di Marx in opere giovanili e opere della maturità, poi così tanto dibattuta, senza conoscere il contenuto e la portata dei manoscritti del 1857-8 [14] .

Comunque, a partire dalla metà degli anni Settanta, i Grundrisse conquistarono un numero sempre maggiore di lettori e interpreti. Accanto alla pubblicazione di due commentari, uno in giapponese del 1974 [15] e l’altro in tedesco del 1978 [16] , molti autori scrissero di questo testo. Diversi studiosi videro nei Grundrisse il luogo privilegiato per approfondire una delle questioni più dibattute del pensiero di Marx: il suo debito intellettuale nei confronti di Hegel. Altri, ancora, furono affascinati dalle enunciazioni quasi profetiche racchiuse nei frammenti dedicati alle macchine e alla loro automazione e, anche in Giappone, i Grundrisse furono letti come un testo di grande attualità per comprendere la modernità. Negli anni Ottanta, inoltre, primi particolareggiati studi apparvero anche in Cina, ove i Grundrisse divennero oggetto di studio per meglio intendere la genesi de Il capitale, e in Unione Sovietica fu pubblicato un volume collettivo a essi esclusivamente dedicato [17] .

Nel corso degli ultimi anni, la persistente capacità esplicativa, e al contempo critica, del modo di produzione capitalistico contenuta nelle opere di Marx ha originato un ritorno d’interesse nei suoi riguardi da parte di numerosi studiosi internazionali [18] . Se tale fenomeno durerà e se sarà accompagnato da una nuova domanda di Marx anche dal versante politico, i Grundrisse si riproporranno di certo come uno dei suoi scritti in grado di attirare l’attenzione maggiore.

Intanto, nella speranza che “la teoria di Marx ridivenga una viva fonte di conoscenza e, sulla base di questa, di azione” [19] , la storia della diffusione e della recezione dei Grundrisse nel mondo, compiuta in questo volume, vuole essere un modesto riconoscimento al loro autore e il tentativo di ricostruire un capitolo ancora inedito della storia dei marxismi.

Appendice: Tabella cronologica delle traduzioni dei Grundrisse

1939-41 Prima edizione tedesca
1953 Seconda edizione tedesca
1958-65 Traduzione giapponese
1962-78 Traduzione cinese
1967-8 Traduzione francese
1968-9 Traduzione russa
1968-70 Traduzione italiana
1970-1 Traduzione spagnola
1971-7 Traduzione ceca
1972 Traduzione ungherese
1972-4 Traduzione rumena
1973 Traduzione inglese
1974-5 Traduzione slovacca
1974-8 Traduzione danese
1979 Traduzione serba/serbo-croata
1985 Traduzione slovena
1985-7 Traduzione in persiano
1986 Traduzione polacca
1986 Traduzione finlandese
1989-92 Traduzione greca
1999-2003 Traduzione turca
2000 Traduzione coreana
2008 Traduzione portoghese

References
1. Karl Marx, Einleitung zu einer Kritik der politischen Ökonomie, in Die Neue Zeit, Nr. 23, 21. Jahrgang, 1903, p. 710. L’affermazione di Karl Kautsky si trova all’interno della nota n. 1. Le traduzioni incluse nel testo sono a cura dell’autore.
2. David Rjazanov, Neueste Mitteilungen über den literarischen Nachlaß von Karl Marx und Friedrich Engels, in Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung, Elfter Jahrgang, 1925, pp. 393-4. Il testo di Rjazanov fu pubblicato in russo nel 1923, la traduzione è stata effettuata dalla versione tedesca del 1925 citata.
3. Ivi , p. 394.
4. Marx-Engels-Lenin-Institut, Vorwort a Karl Marx, Grundrisse der Kritik der politischen Ökonomie (Rohentwurf) 1857–1858, Verlag für Fremdsprachige Literatur, Moskau 1939, p. VII.
5. Eric J. Hobsbawm, Prefazione a Karl Marx, Forme economiche precapitalistiche, Editori Riuniti, Roma 1985, p. 8.
6. David McLellan, Marx’s Grundrisse, Paladin, St. Albans 1973, p. 14.
7. David McLellan, Ivi, p. 25.
8. Martin Nicolaus, Introduzione ai Grundrisse, in Martin Nicolaus–Moishe Postone–Helmut Reinicke, Dialettica e proletariato. Dibattito sui «Grundrisse» di Marx, La Nuova Italia, Firenze, 1978.
9. Cfr. la tabella cronologica delle traduzioni dei Grundrisse nell’appendice I. Alle traduzioni indicate vanno inoltre aggiunti i compendi parziali realizzati in lingua svedese, Karl Marx, Grunddragen i kritiken av den politiska ekonomin, Lund, Stockholm 1971, e in macedone, Karl Marx, Osnovi na kritikata na političkata ekonomija (grub nafrlok): 1857-1858, Komunist, Skopje 1989, nonché le traduzioni dell’ Introduzione e delle Forme che precedono la produzione capitalistica, realizzate in moltissime lingue: dal vietnamita al norvegese, dall’arabo all’olandese e al bulgaro.
10. Questa cifra è stata calcolata sommando le tirature rinvenute nel corso delle ricerche svolte in tutti i paesi. Per maggiori informazioni si veda la sezione “Dissemination and reception of Grundrisse in the world” del volume Karl Marx’s Grundrisse. Foundations of the critique of political economy 150 years later, a cura di Marcello Musto, Routledge, London/New York 2008, pp. 177-280.
11. Roman Rosdolsky, Genesi e struttura del «Capitale» di Marx, Laterza, Bari 1971, p. 5.
12. Vitalij Vygodskij, Introduzione ai Grundrisse, La Nuova Italia, Firenze 1974, p. 43.
13. Louis Althusser, Leggere il capitale, Feltrinelli, Milano 1971, p. 34.
14. Cfr. Lucien Sève, Penser avec Marx aujourd’hui, La Dispute, Paris 2004, che ricostruisce come “con l’eccezione di qualche testo quale l’ Introduzione (…) Althusser non ha mai letto i Grundrisse, nel vero senso della parola leggere”, p. 29. Parafrasando l’espressione di Gaston Bachelard utilizzata da Althusser di coupure épistémologique (rottura epistemologica), Seve parla di una “artificiale rottura bibliografica(coupure bibliographique) tale da indurre le vedute più erronee sulla genesi e dunque anche sulla consistenza del pensiero marxiano pervenuto alla maturità”, p. 30.
15. Kiriro Morita – Toshio Yamada, Komentaru keizaigakuhihan’yoko (Commentario sui Grundrisse), Nihonhyoronsha, Tokyo 1974.
16. Projektgruppe Entwicklung des Marxschen Systems, Grundrisse der Kritik der politischen Ökonomie (Rohentwurf). Kommentar, VSA, Hamburg 1978.
17. Aa. Vv., Pervonachal’nuy variant „Kapitala“ (Ekonomicheskie rukopisi K. Marksa 1857–1858 godov (La prima versione de Il capitale. I manoscritti economici di K. Marx del 1857-1858), Politizdat, Moskva 1987.
18. Cfr. Marcello Musto, The rediscovery of Karl Marx, in International Review of Social History, 2007/3, pp. 477-98.
19. Roman Rosdolsky, op. cit., p. 8.

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Bangkit dan jatuhnya Asosiasi Kelas Pekerja Internasional

Tahap-tahap pembukaan
Pada 28 September 1864, St. Martin’s Hall yang terletak di jantung kota London penuh sesak oleh hadirnya sekitar dua ribu pekerja. [1] Mereka datang untuk menghadiri sebuah pertemuan atas undangan dari para pemimpin serikat buruh Inggris dan sebuah kelompok kecil buruh dari benua Eropa. Sebuah pernyataan bertajuk Address of English to French Workmen menyatakan:

Sebuah persaudaraan rakyat sungguh sangat dibutuhkan oleh buruh, karena kami temukan bahwa kapanpun kita berusaha untuk memperbaiki kondisi sosial kita melalui pengurangan jam kerja yang sangat berat, atau melalui peningkatan upah buruh, majikan kita selalu mengancam kita dengan membawa lebih banyak orang Prancis, Belgia, dan lain-lain untuk mengerjakan pekerjaan kita agar bisa mengurangi tingkat upah; dan kami menyesal bahwa ini telah terjadi, walaupun ini bukan keinginan dari saudara-saudara kami tersebut untuk menyakiti kita, tapi karena kekuarangan komu. Tujuan kita adalah menaikkan tingkat upah yang sangat rendah sedekat mungkin dengan mereka yang memperoleh bayaran lebih baik. Dan tidak mengijinkan majikan kita untuk memecah belah sesama kita, dan membuat kita terpuruk pada kondisi yang paling rendah, yang membuat mereka seenaknya memaksakan agenda-agendanya untuk memuaskan rasa tamaknya. [2]

Para organiser pertemuan ini tidak membayangkan – tidak juga meramalkan – apa yang akan segera terjadi selanjutnya. Gagasan mereka adalah ingin membangun sebuah forum internasional dimana masalah-masalah yang berdampak pada buruh bisa dibahas dan didiskusikan. Tetapi, ini tidak termasuk kehendak untuk mendirikan sebuah organisasi yang bisa mengoordinasikan serikat buruh dan tindakan politik kelas pekerja. Dalam realitasnya, pertemuan itu melahirkan sebuah contoh bagi seluruh organisasi gerakan buruh, dimana baik yang reformis maupun revolusioner kemudian menjadikannya sebagai bahan referensi: Asosiasi Kelas Pekerja Internasional (the International Working Men’s Association). [3]

Dengan segera muncul gairah di seluruh Eropa. Muncul solidaritas kelas untuk membagi gagasan secara bersama dan menginspirasi sejumlah besar laki-laki dan perempuan untuk berjuang bagi tujuan-tujuan yang paling radikal: mengubah dunia. Jadi, dalam kesempatan Kongres Ketiga Internasional yang diselenggarakan di Brussel pada 1886, penulis The Times secara akurat mengidentifikasi cakupan dari proyek tersebut:

“Ini bukanlah … sekadar merenungkan adanya perbaikan, tapi lebih dari itu sebuah regenerasi, dan bukan hanya terbatas pada satu bangsa, tapi mencakup seluruh umat manusia. Hal ini tentunya merupakan sasaran paling luas yang pernah digagas lembaga manapun, kemungkinan dengan pengecualian Gereja Kristen. Singkatnya, ini adalah program dari Asosiasi Pekerja Internasional.”[4]

Berkat Internasional, gerakan buruh pada akhirnya memperoleh pemahaman tentang mekanisme corak produksi kapitalis, menjadi lebih sadar akan kekuatannya, dan mampu membangun bentuk-bentuk perjuangan baru dan lebih maju. Gaung organisasi jauh melampaui batas-batas Eropa, di antara para pengrajin tangan di Buenos Aires, asosiasi-asosiasi buruh awal di Kalkuta, dan bahkan pada kelompok-kelompok di Australia dan Selandia Baru melamar untuk bergabung ke dalam Internasional.

Orang yang Tepat Di Tempat yang Tepat
Organisasi-organisasi buruh yang didirikan Internasional terdiri dari berbagai macam bentuk. Kekuatan penggerak utama adalah serikat buruh Inggris, yang para pemimpinnya sangat tertarik dengan persoalan-persoalan ekonomi; mereka bertarung untuk meningkatkan kondisi-kondisi buruh, tanpa mempersoalkan kapitalisme. Dengan demikian mereka memandang Internasional sebagai alat yang mungkin bisa mencegah terjadinya impor tenaga kerja dari luar negeri di saat mereka melakukan pemogokan.

Kemudian adalah kalangan Mutualis yang sangat lama mendominasi Prancis, tapi juga kuat di Belgia dan Swiss yang berbahasa Prancis. Dengan mempertahankan teori Pierre-Joseph Proudhon, mereka menentang segala keterlibatan kelas pekerja dalam politik dan menjadikan pemogokan sebagai senjata, sekaligus memegang posisi konservatif tentang emansipasi perempuan. Pembelaan terhadap sistem koperasi bersamaan dengan garis federalis, mereka mempertahankan keyakinan bahwa adalah mungkin mengubah kapitalisme melalui akses sama terhadap kredit. Dengan demikian, pada akhirnya, bisa dikatakan bahwa mereka kelompok sayap kanan di dalam Internasional.

Di samping kedua komponen itu, yang merupakan mayoritas, terdapat juga kelompok-kelompok lain. Kelompok ketiga yang terpenting adalah kaum Komunis. Mengelompok pada Karl Marx dan aktif dalam kelompok-kelompok kecil dengan pengaruh yang terbatas, mereka mengambil posisi antikapitalis: menentang sistem produksi yang ada dan mendukung keharusan tindakan politik untuk menghancurkan sistem itu.

Pada saat ketika Internasional didirikan, anggota-anggota dari Internasional juga meliputi elemen-elemen demokratik yang kabur, yang tidak ada hubungannya dengan tradisi sosialis. Ini ditambah pelik oleh fakta bahwa beberapa buruh yang bergabung dalam Internasional membawa beragam teori yang membingungkan, sebagian terinspirasi pada gagasan utopian; sementara partai yang dipimpin oleh para pengikut Ferdinand Lassalle, yang tidak pernah berafiliasi dengan Internasional tapi ada dalam orbitnya – memusuhi serikat buruh dan memandang tindakan politik secara kaku dalam pengertian nasional.

Mengamankan kebersamaan dari seluruh arus ini dalam satu organisasi, di seputar program yang amat jauh dari pendekatan awal masing-masing kelompok, merupakan pencapaian terbesar Marx. Kecerdasan politiknya membuatnya sanggup merekonsiliasikan sesuatu yang tampaknya mustahil terjadi, memastikan Internasional tidak secara tergesa-gesa mengikuti jalan buntu dari banyak asosiasi-asosiasi buruh yang telah ada sebelumnya. [5] Adalah Marx yang memberikan tujuan jelas kepada Internasional, dan Marx juga yang mencapai pendekatan non-eksklusif, namun tegas berbasiskan kelas, memenangkan program politik yang berkarakter massa, yang melampaui seluruh sektarianisme. Jiwa politik dari Dewan Umum selalu adalah Marx: ia yang membuat rancangan dari seluruh resolusi-resolusi utama dan mempersiapkan sebagian besar dari laporan-laporan konrgres. Dia adalah ‘orang yang tepat di tempat yang tepat’, ujar pemimpin buruh Jerman Johan Georg Eccarius. [6]

Bertentangan dengan penggambaran Marx sebagai pendiri Internasional, ia tidak termasuk salah satu di antara para organiser dalam pertemuan di St. Martin’s Hall, dan bahkan bukan seorang peserta pembicara. [7] Benar bahwa ia kemudian segera mengerti akan potensi dari pertemuan tersebut dan bekerja keras untuk memastikan bahwa organisasi baru ini harus sukses mewujudkan misinya. Berkat nama besarnya, paling tidak dalam lingkaran yang ketat, ia kemudian ditunjuk sebagai komite tetap (standing committee), [8] dimana ia dengan cepat memperoleh kepercayaan untuk diberikan tugas menulis Pidato Pelantikan(Inaugural Address) dan Anggaran Dasar Sementara Internasional (Provisional Statutes of the International). Dalam dua teks fundamental ini, sebagaimana yang diikuti banyak orang, Marx merangkai gagasan-gagasan terbaik dari berbagai kompomen Internasional. Dia memastikan bahwa antara perjuangan ekonomi dan perjuangan politik terhubung satu sama lain, dan menjadikan pemikiran internasional dan aksi internasional sebagai pilihan yang tak dapat diubah.

Selain keberhasilan ini, sumbangan terbesar Marx adalah kemampuannya dalam membuat Internasional berfungsi sebagai sintesa atas berbagai keragaman politik, menyatukan konteks keragaman nasional ke dalam sebuah proyek perjuangan bersama. Mengelola kesatuan ini, saat itu, sungguh meletihkan, khususnya karena posisi antikapitalis Marx tak pernah dominan dalam organisasi. Namun demikian, dari waktu ke waktu, khususnya melalui keuletannya, atau melalui perpecahan yang kadang terjadi, pemikiran Marx kemudian menjadi doktrin yang hegemonik.

Karakter dari mobilisasi buruh, tantangan anti-sistemik dari Komune Paris, tugas yang belum pernah terjadi sebelumnya yang harus diemban bersamaan dengan organisasi yang besar dan kompleks, polemik berkelanjutan dengan tendensi-tendensi lain dalam gerakan buruh tentang berbagai isu teoritik dan politik: kesemuanya ini mendorong Marx melampaui batas-batas ekonomi politik semata, yang menyerap begitu banyak perhatiannya sejak kekalahan revolusi 1848 dan surutnya sebagian besar kekuatan progresif. Dia juga merangsang untuk mengembangkan dan kadang-kadang merevisi gagasannya, menempatkan keyakinan-keyakinan lama untuk didiskusikan dan mempertanyakan hal-hal baru pada dirinya, dan secara khusus untuk mempertajam kritiknya atas kapitalisme melalui penggambaran luas garis besar-garis besar masyarakat komunis. Pandangan ortodoks Soviet dalam melihat peran Marx dalam Internasional, bahwa ia secara mekanistis menerapkannya ke dalam tahap-tahap sejarah teori politik yang terbatas pada bidang studinya, dengan demikian secara keseluruhan telah memisahkannya dari kenyataan.

Keanggotaan dan Struktur
Selama masa hidupnya, Internasional digambarkan sebagai organisasi yang besar dan sangat kuat. Dari segi keanggotaan selalu dibesar-besarkan. Jaksa penuntut umum yang mendakwa beberapa pemimpin Internasional Prancis pada Juni 1870 menyatakan bahwa organisasi ini memiliki lebih dari 800.000 anggota di Eropa;[9] setahun kemudian, setelah kekalahan Komune Paris, The Times menulis total ada 2,5 juta anggota Internasional. [10] Dalam kenyataannya, jumlah keanggotaan Internasional jauh lebih kecil. Selalu sulit untuk memperkirakan berapa sesungguhnya jumlah anggotanya, bahkan bagi para pemimpinnya sendiri dan mereka yang melakukan studi dari dekat. Tetapi penelitian terbaru mengemukakan hipotesisnya bahwa pada puncak perkembangan Internasional pada periode 1871-72, keanggotaannya mungkin lebih dari 150,000 tapi tidak lebih.

Pada masa-masa itu, ketika terjadi kelangkaan organisasi kelas pekerja yang efektif, selain dari serikat buruh Inggris dan Asosiasi Umum Buruh Jerman (General Association of German Workers), jumlah sebanyak itu cukup besar. Juga harus diingat, dengan seluruh eksistensinya, Internasional diakui sebagai organisasi legal hanya di Inggris, Swiss, Belgia, dan Amerika Serikat. Di negara-negara lain, keberaadaannya paling baik secara hukum tidak diakui dan para anggotanya menjadi subjek yang teraniaya. Di sisi lain, Asosiasi memiliki kapasitas yang luar biasa dalam menggalang berbagai komponen tersebut ke dalam kesatuan yang padu. Dalam dua tahun setelah pendiriannya, Internasional sukses menyatukan ratusan kelompok buruh; setelah 1868, kelompok-kelompok baru terbentuk di Spanyol, dan menyusul Komune Paris juga terbentuk di Italia, Belanda, Denmark, dan Portugal. Perkembangan Internasional pasti berlangsung tidak seimbang ( uneven), namun demikian perasaan memiliki yang kuat dimiliki oleh mereka yang telah bergabung dengannya. Mereka mempertahankan rantai solidaritas kelas dan memberikan respon terbaik yang bisa mereka lakukan untuk ajakan pawai, meneriakkan kata-kata seperti yang tertera dalam poster atau membentangkan bendera merah perjuangan, demi kelangsungan organisasi yang mereka butuhkan itu. [11]

Namun demikian, anggota Internasional hanya terdiri dari sebagian kecil dari total angkatan kerja. Di Inggris, dengan pengecualian pabrik baja, Internasional selalu jarang tampil di antara proletariat industrial. [12] Mayoritas anggotanya berasal dari tukang jahit, pengrajin sepatu, buruh konveksi, dan tukang kayu – yakni, dari sektor-sektor kelas pekerja yang paling terorganisir dan paling sadar kelas. Tak dimana pun buruh pabrik menjadi mayoritas, paling tidak setelah perluasan organisasi di Eropa Selatan. Pembatas terbesar lainnya adalah kegagalan merangkul buruh tidak terampil (unskilled labour), [13] meskipun upaya ke arah sana sudah dilakukan menjelang kongres pertama. DokumenInstructions for Delegates of the Provisional General Council jelas mengemukakan hal ini: “Mempertimbangkan sendiri dan bertindak sebagai pembela dan perwakilan dari seluruh kelas pekerja, (serikat) tak boleh gagal dalam menarik orang-orang di luar mereka ke dalam barisan mereka.”[14]

Dalam salah satu dokumen kunci organisasi-politik Internasional, Marx meringkas fungsi-fungsi organisasi sebagai berikut: “merupakan urusan Asosiasi Pekerja Internasional untuk menggabungkan dan menyelaraskan gerakan spontan kelas pekerja, tetapi tidak mendikte atau memaksakan doktrin dari sistem apapun.” [15] Dengan demikian, di samping mempertimbangkan jaminan otonomi kepada federasi dan seksi-seksi lokal, Internasional selalu mempertahankan inti kepemimpinan politik. Dewan Umum adalah badan yang sukses menyatu-padukan berbagai tendensi dan memberikan petunjuk-petunjuk kepada organisasi secara keseluruhan. Dari Oktober 1864 sampai Agustus 1872, dilakukan pertemuan-pertemuan besar secara rutin sebanyak 385 kali, memperdebatkan isu-isu yang sangat luas: kondisi-kondisi pekerja; dampak-dampak dari mesin baru; dukungan untuk pemogokan, peran dan pentingnya serikat buruh, masalah Irlandia, hal-hal yang berkaitan dengan beragam kebijakan internasional, dan merancang dokumen-dokumen Internasional. [16]

Formasi Internasional
Inggris adalah negara pertama yang melamar untuk bergabung ke dalam Internasional; 4.000 anggota Operative Society of Bricklayers menyatakan berafiliasi pada Februari 1865, yang kemudian segera diikuti oleh asosiasi-asosiasi buruh konstruksi dan pembuat sepatu. Pada tahun pertama keberadaannya, Dewan Umum mulai melakukan aktivitas seriusnya untuk menerbitkan prinsip-prinsip Asosiasi. Ini membantu untuk memperluas horizon Asosiasi melampaui masalah-masalah ekonomi, sebagaimana yang kita lihat dari fakta bahwa di antara organisasi-organisasi yang bergabung ke dalam Liga Pembaruan (Reform League) berorientasi elektoral yang didirikan pada Februari 1865.

Di Prancis, Internasional mulai dibentuk pada Januari 1865, ketika seksi pertama didirikan di Paris. Tetapi harus diingat bahwa kekuatannya sangat terbatas, pengaruh ideologinya sangat kecil, dan bahkan tidak sanggup mendirikan sebuah federasi nasional. Namun demikian, para pendukung Internasional di Prancis, yang sebagian besar adalah pengikut teori mutualis Proudhon, membentuk kelompok mereka sendiri sebagai kelompok terbesar kedua pada konferensi pertama Internasional.

Pada tahun setelahnya, Internasional terus memperluas dirinya di Eropa dan mendirikan inti pertamanya di Belgia dan Swiss berbahasa Prancis. Namun, berdasarkan Prussian Combination Laws, Internasional tidak bisa membuka seksi dalam apa yang kemudian disebut Konfederasi Jerman. 5.000 anggota Asosiasi Umum Pekerja Jerman, partai buruh pertama dalam sejarah – mengikuti sebuah garis yang mendua, di satu sisi melakukan dialog dengan Otto von Bismarck dan menunjukkan sedikit atau bahkan tidak memiliki ketertarikan pada Internasional selama tahun-tahun awal keberadaannya. Ini berbeda dengan Wilhelm Liebknecht, di samping kedekatan politiknya dengan Marx.

Aktivitas Dewan Umum di London sangat menentukan dalam penguatan Internasional lebih lanjut. Pada musim semi 1866, dengan dukungannya pada pemogokan London Amalgamated Tailors, Internasional memainkan peran aktif bagi perjuangan buruh untuk pertama kalinya, dan menyusul suksesnya pemogokan lima kelompok buruh tukang jahit, yang masing-masing terdiri dari 500 buruh, yang kemudian memutuskan bergabung dengan Internasional. Melalui kerja-kerja sederhananya itu, Internasional menjadi asosiasi pertama yang sukses besar dalam merekrut organisasi-organisasi buruh ke dalam barisannya.[17]

Pada September 1866, kota Jenewa menjadi tuan rumah kongres pertama Internasional, yang terdiri dari 60 delegasi dari Inggris, Prancis, Jerman dan Swiss. Pada saat itu, Asosiasi sukses mencapai keseimbangan yang baik sejak dua tahun pendiriannya, dari spanduk-spanduk yang terbentang dalam pawai yang dilakukan oleh lebih dari seratus serikat buruh dan organisasi-organisasi politik. Mereka yang terlibat dalam kongres secara mendasar terbelah dalam dua blok. Blok pertama terdiri atas delegasi dari Inggris, sedikit dari Jerman dan mayoritas dari Swiss, yang diikuti oleh Dewan Umum yang petunjuknya diberikan oleh Marx (yang tidak hadir di Jenewa). Blok kedua terdiri dari delegasi Prancis dan beberapa dari Swiss berbahasa Prancis, yang dibentuk oleh kelompok mutualis. Ketika itu, dalam kenyataannya, posisi moderat merupakan hal yang lazim dalam Internasional.

Mendasarkan diri mereka sendiri pada resolusi-resolusi yang disiapkan Marx, para pemimpin Dewan Umum sukses dalam meminggirkan kelompok mutualis dalam kongres, dan memperoleh suara berkaitan dengan dukungan bagi campur tangan negara. Pada isu selanjutnya. Marx mengemukakan hal ini dengan sangat jelas:

Dalam menegakkan undang-undang tersebut (reformasi sosial), kelas pekerja tidak melindungi kekuasaan pemerintah. Sebaliknya, mereka mentransformasikan kekuasaan tersebut, sekarang digunakan untuk melawan pemerintah, menjadi agen untuk kepentingan mereka sendiri. [18]
Dengan demikian, jauh dari memperkuat masyararakat borjuis (sebagaimana keyakinan Proudhon), tuntutan reformis ini merupakan titik berangkat yang tak terelakkan dari emansipasi kelas pekerja.

Lebih jauh “instruksi” yang ditulis Marx untuk kongres Jenewa menggarisbawahi fungsi dasar serikat buruh, melawan tidak hanya mutualis tapi posisi yang diambil kelompok lain:
Aktivitas serikat-serikat buruh ini tidak hanya absah, juga dibutuhkan. Ia tidak bisa ditiadakan sejauh sistem yang ada sekarang tetap eksis…. Di lain pihak, tanpa mereka sadari, serikat-serikat buruh membentuk pusat-pusat organisasi dari kelas pekerja seperti yang dibuat komunitas-komunitas abad pertengahan dan komune-komune bagi kelas menengah. Jika serikat-serikat buruh diminta untuk perang gerilya antara kapital dan buruh, mereka tetap sangat penting sebagai agensi-agensi organisasi untuk menggantikan sistem buruh upahan dan kekuasaan kapital.

Dalam dokumen yang sama, Marx tidak segan-segan mengritik serikat-serikat yang ada. Sebab mereka…

terlalu eksklusif tunduk pada perjuangan-perjuangan lokal dan mendesak dengan kapital (dan tidak) memiliki pengetahuan yang menyeluruh tentang kekuasaan mereka dalam bertindak melawan sistem perbudakan upah itu sendiri. Oleh karena itu mereka terlalu jauh dari gerakan-gerakan sosial dan politik pada umumnya. [19]

Bertambah Kuat
Dari akhir 1866, pemogokan-pemogokan berlangsung semakin intensif di banyak negara Eropa. Diorganisasikan oleh massa luas kaum buruh, mereka membantu menumbuhkan kepedulian atas kondisi-kondisinya dan membentuk inti sebuah gelombang perjuangan yang baru dan sangat penting.

Walaupun beberapa pemerintahan saat itu menyalahkan Internasional atas terjadinya pemberontakan, kebanyakan buruh yang ditanya mengaku tidak tahu keberadaan Internasional; akar penyebab dari protes-protes mereka karena kondisi kerja yang sangat buruk dan kondisi kehidupan yang dideritanya. Namun demikian, mobilisasi tersebut mengantarkan mereka ke dalam sebuah periode kontak dan koordinasi dengan Internasional, yang mendukung mereka dengan deklarasi dan menyerukan adanya solidaritas, pengumpulan dana untuk pemogokan, dan membantu upaya-upaya perlawanan dari para bos yang melemahkan perlawanan kaum buruh.

Karena peran politiknya dalam periode ini, kaum buruh kemudian mulai mengakui Internasional sebagai sebuah organisasi yang membela kepentingan mereka, dan dalam beberapa kasus, meminta untuk berafiliasi dengannya. [20] Kaum buruh di beberapa negara menggalang dana untuk mendukung pemogokan-pemogokan dan setuju untuk tidak menerima pekerjaan yang akan membuat mereka menjadi tentara industrial bayaran, sehingga para bos kemudian dipaksa untuk berkompromi dengan banyaknya tuntutan para pemogok. Di kota-kota yang menjadi pusat aksi-aksi pemogokan itu, ratusan anggota baru berhasil direkrut ke dalam Internasional. Sebagaimana yang kemudian tercantum dalam laporan hasil pengamatan Dewan Umum: “Bukanlah Asosiasi Pekerja Internasional yang mendesak rakyat ke dalam pemogokan-pemogokan, tetapi pemogokan-pemogokan itulah yang memaksa kaum buruh menjadi bagian dari Asosiasi Pekerja Internasional.[21] Dengan demikian, terhadap seluruh kesulitan-kesulitan yang berkaitan dengan perbedaan kebangsaan, bahasa dan budaya politik, Internasional berhasil menunjukkan kebutuhan absolut akan solidaritas kelas dan kerjasama internasional, bergerak dengan pasti melampaui karakter terbatas dari strategi-strategi dan tujuan-tujuan semula.

Dari tahun 1867 dan selanjutnya, diperkuat oleh kesuksesan mencapai tujuan-tujuan tersebut, melalui peningkatan keanggotaan dan organisasi yang lebih eifisien, Internasional mencapai kemajuan di seluruh benua Eropa. Itu merupakan tahun terobosan di Prancis khususnya, dimana pemogokan buruh perak (bronze workers’) memiliki dampak (walau tidak langsung) yang sama dengan pemogokan para tukang jahit di London. Internasional kini telah memiliki 25 seksi hanya di Jenewa saja.

Tetapi Inggris tetap merupakan negara dimana Internasional memiliki keanggotaan terbesar. Dalam kurun waktu 1867, dari belasan organisasi yang berafiliasi jumlah keanggotaan mencapai 50.000. [22] Tidak ada tempat lain dimana keanggotaan Internasional mencapai jumlah sebanyak itu. Namun, sebaliknya dalam periode 1864-67, tahun-tahun setelahnya di Inggris ditandai oleh stagnasi. Terdapat beberapa alasan untuk ini, tapi yang terutama adalah Internasional gagal menembus ke dalam pabrik industri atau buruh tidak terampil (unskilled labour).

Menguatnya pelembagaan gerakan buruh lebih jauh menyumbang pada penurunan dalam kehidupan Internasional. Undang-undang Reformasi ( Reform Act) yang merupakan hasil dari pertempuran pertama digabung dengan Liga Reformasi (Reform League), memperluas hak pilih ke lebih dari satu juta buruh Inggris. Produk selanjutnya dari legalisasi serikat buruh, yang mengakhiri resiko penganiayaan dan penindasan, mengijinkan kekuatan buruh (four estate) untuk hadir secara nyata dalam masyarakat. Hasilnya, penguasa-penguasa pragmatis di seluruh negeri terus bertahan dalam kekuasaannya berbarengan dengan jalan reformasi, dan di kalangan kelas pekerja, tidak seperti karibnya di Prancis, tumbuh rasa memiliki yang kuat akan harapan bagi masa depan melalui perubahan yang damai. [23]

Tentu saja situasi di Eropa lainnya sangat berbeda. Dalam Konfederasi Jerman, kemampuan tawar-menawar kolektif buruh hampir tidak ada. Di Belgia, pemogokan tetap direpresi oleh pemerintah mirip seperti mereka sedang dalam berperang, sementara di Swiss, keberadaan serikat buruh seperti sebuah anomali, yang sulit ditoleransi oleh tatanan yang mapan. Di Prancis, pemogokan dilegalkan pada 1864, namun serikat buruh pertama tetap beroperasi di bawah pengawasan yang sangat ketat.

Inilah latar belakang dari kongress 1867, dimana Internasional berkumpul dengan kekuatan baru berdasarkan atas perluasan keanggotaan. Marx sedang sibuk mempersiapkan penerbitan Capital dan harus absen dari Dewan Umum ketika dokumen-dokumen persiapan (preparatory documents) disusun bersamaan dengan konferensi itu sendiri. [24] Dampaknya begitu sangat terasa, sebagaimana terbukti dalam fokus kongres lebih pada laporan-laporan mentah mengenai pertumbuhan organisasi di berbagai negara dan tentang tema-tema Proudhonian yang dengan kuat diwakili oleh kelompok mutualis.

Yang juga didiskusikan adalah persoalan perang dan militerisme, dimana perwakilan dari Belgia, César De Paepe memformulasikan apa yang kemudian menjadi posisi klasik dari gerakan buruh: “sejauh tetap ada apa yang kita sebut sebagai prinsip-prinsip kebangsaan … sejauh itu terdapat perbedaan kelas-kelas, maka perang akan terjadi… penyebab sebenarnya dari perang adalah karena kepentingannya beberapa kapitalis.” [25] Sebagai tambahan, kongres juga mendiskusikan pembebasan perempuan, [26] dan akhirnya kongres memutuskan mendukung laporan yang menyatakan bahwa “usaha-usaha seluruh bangsa harus menuju pada kepemilikan negara atas alat-alat transportasi dan sirkulasi.”[27] Ini adalah deklarasi kolektivis pertama yang disetujui di kongres Internasional.

Kekalahan Mutualis
Sejak hari-hari pertama Internasional, gagasan-gagasan Proudhon sangat hegemonik di kalangan Eropa berbahasa Prancis. Selama empat tahun, kalangan mutualis merupakan sayap yang sangat moderat dalam Internasional. Serikat-serikat buruh Inggris yang merupakan mayoritas, tidak menganut paham Marx yang anti kapitalisme, tetapi mereka juga tidak berada dalam jajaran yang sama terkait dengan kebijakan-kebijakan organisasi yang coba diberlakukan oleh pengikut-pengikut Proudhon.

Marx tanpa keraguan memainkan peran kunci dalam perjuangan panjang untuk mengurangi pengaruh Proudhon dalam Internasional. Gagasan-gagasannya sangat fundamental bagi perkembangan teori para pemimpinnya, dan ia menunjukkan kapasitas yang menakjubkan untuk meyakinkan mereka dengan memenangkan seluruh konflik besar di dalam organisasi. Namun demikian, para buruh sendiri telah memilih doktrin Proudhonian; di atas semuanya seluruh perkembang-biakkan dari pemogokan-pemogokan makin meyakinkan para mutualis akan kesalahan konsepsi-konsepsi mereka. Dan adalah gerakan buruh itu sendiri yang menunjukkan, dalam oposisinya terhadap Proudhon, mengenai ketidakmungkinan untuk memisahkan masalah-masalah sosial-ekonomi dari masalah politik.[28]

Kongres Brussel tahun 1868 pada akhirnya mengikis sayap pengaruh mutualis. Poin terbesarnya muncul ketika dewan menyetujui proposal De Paepe’s mengenai sosialisasi alat-alat produksi – sebuah langkah maju yang menentukan dalam mendefinisikan basis ekonomi dari sosialisme, tidak lagi sekadar dalam tulisan-tulisan terpisah para intelektual tetapi sebagai program dari sebuah organisasi transnasional yang besar. Berkaitan dengan pertanian, pertambangan dan transportasi, kongres menyatakan kebutuhan untuk konversi lahan ke dalam “kepemilikan bersama dari masyarakat,” bahkan mengamati kehancuran lingkungan sebagai dampak dari kepemilikan privat atas hutan-hutan.[29] Ini adalah titik penting bagi kemenangan Dewan Umum dan kemunculan pertama kalinya prinsip-prinsip sosialis dalam program politik sebuah organisasi buruh yang besar.

Jika balikan kolektivis dari Internasional dimulai pada Kongres Brussel, maka Kongres Basel yang dilakukan setahun kemudian yang mengonsolidasikan dan menghapus aliran Proudhon, bahkan di tanah kelahirannya, Prancis. Sebelas dari delegasi Prancis bahkan menyetujui teks baru yang menyatakan “bahwa masyarakat memiliki hak untuk menghancurkan kepemilikan individual atas tanah dan membuatnya menjadi bagian dari komunitas.” [30] 78 delegasi yang terdiri tidak hanya dari Prancis, Swiss, Jerman, Inggris dan Belgia, tapi juga dari Spanyol, Italia, dan Austria, ditambah Serikat Buruh Nasional (National Labor Union) Amerika Serikat, membubuhkan tanda tangannya pada naskah tersebut. Wilayah pemilih asosiasi juga semakin membesar, dan catatan mengenai langkah-langkah, termasuk juga laporan-laporan umum mengenai aktivitas kongres, telah menularkan antusiasme kepada para buruh yang hadir dalam ajang itu.

Kongres Basel juga menarik karena Mikhail Bakunin ambil bagian dalam aktivitas-aktivitas tersebut sebagai delegasi. Ketika organisasinya International Alliance for Socialist Democracy melamar untuk bergabung ke dalam Internasional, Dewan Umum pada awalnya menolak permintaan tersebut, dengan dasar bahwa mereka tetap mempertahankan afiliasinya dengan kelompok lain, yang memiliki struktur transnasional yang parallel, dan salah satu tujuannya adalah – “menyamakan kelas-kelas” [31] – sesuatu yang secara radikal berbeda dengan pilar penting dari Internasional, penghapusan kelas-kelas. Namun demikian, segera sesudahnya, Aliansi memodifikasi programnya dan setuju untuk menyelesaikan seksi-seksi jaringannya; 104-anggota seksi Jenewa menyatakan mengakui keberadaan Internasional.

Marx cukup mengenal Bakunin, tetapi meremehkan konsekuensi atas langkah ini. Pengaruh dari revolusioner Rusia yang terkenal ini dengan cepat meningkat dalam jumlah di seksi Swiss, Spanyol, dan Prancis (sebagaimana terjadi di Italia segera setelah Komune Paris), dan sebagaimana terjadi di Basel, ia berhasil memengaruhi hasil-hasil musyawarah. Keputusan tentang hak waris, misalnya, adalah kejadian pertama dimana delegasi menolak proposal Dewan Umum. Setelah akhirnya berhasil mengalahkan kelompok mutualis dan meletakkan hantu Proudhon pada peristirahatannya, Marx kini harus berkonfrontasi dengan rival yang lebih berat, yakni orang yang membentuk tendensi baru – kolektif anarkisme – dan tampak bisa memenangkan kontrol atas organisasi.

Sebelum Komune Paris
Akhir 60-an dan awal 70-an merupakan periode yang sarat dengan konflik sosial. Banyak buruh yang mengambil bagian dalam aksi-aksi protes memutuskan untuk membangun kontak dengan Internasional. Ketika 8.000 penenun pita dan pencelup sutra di Basel meminta dukungan, Dewan Umum tak sanggup mengirim bantuan lebih dari empat pounds dari dananya. Tapi kabar ini langsung menyebar yang kemudian berhasil mengumpulkan £300 dari kelompok-kelompok buruh di berbagai negara. Bahkan yang lebih siginifikan adalah perjuangan buruh di Newcastle untuk mengurangi jam kerja menjadi 9 jam, ketika dua utusan Dewan Umum memainkan peran kunci dalam memblokade para bos yang berusaha memasukkan pekerja bayaran yang didatangkan dari tempat lain. Kesuksesan pemogokan ini menjadi isu kontroversial ( cause célèbre), menjadi peringatan buat kapitalis-kapitalis Inggris, yang sejak saat itu menyerah untuk merekrut buruh dari tempat-tempat lainnya.[32]

Tahun 1869 menjadi saksi perluasan signifikan dari Internasional di seluruh Eropa. Namun demikian, Inggris adalah pengecualian dalam hal ini. Sementara para pemimpin buruh didukung penuh oleh Marx untuk melawan kaum mutualis, mereka memiliki waktu yang sangat terbatas dalam isu-isu teoritik [33] dan tidak sepenuhnya tertarik dengan gelora revolusi. Inilah alasan mengapa Marx, untuk waktu lama, menentang pendirian federasi Inggris yang independen dari Dewan Umum Internasional.

Di seluruh negara-negara Eropa dimana Internasional sangat kuat, para anggotanya melahirkan organisasi-organisasi baru yang sepenuhnya otonom dari organisasi-organisasi yang telah eksis sebelumnya. Namun demikian, di Inggris, serikat yang merupakan kekuatan utama Internasional secara alamiah tidak membubarkan struktur mereka sendiri. Dewan Umum yang berbasis di London, dengan demikian secara penuh memiliki dua fungsi sekaligus: sebagai kantor pusat dunia dan sebagai pemimpin untuk Inggris, dimana serikat buruh yang berafiliasi memiliki 50.000 buruh dalam jangkauan pengaruhnya.

Di Prancis, penindasan polisi dari Second Empire menyebabkan 1868 sebagai tahun krisis serius bagi Internasional. Namun demikian, pada tahun berikutnya, terlihat adanya kebangkitan organisasi, dan pemimpin-pemimpin baru yang mengabaikan posisi mutualis muncul ke depan. Puncak dari perluasan bagi Internasional terjadi pada 1870, tetapi di samping pertumbuhan sangat luas, organisasi tidak pernah berakar di 38 dari 90 departemennya. Secara nasional total keanggotaan mencapai antara 30.000 sampai 40.000.[34] Jadi, walaupun Internasional tidak menjadi sebuah organisasi massa sejati di Prancis, namun jelas pertumbuhannya sangat cepat dan membangkitkan minat yang luas.

Di Belgia, keanggotaannya mencapai puncak pada awal 1870 hingga mencapai puluhan ribu, mungkin lebih besar dari jumlah keanggotaan di seluruh Prancis. Di sinilah Internasional mencapai angka tertinggi baik dalam hal keanggotaan secara umum maupun pengaruhnya yang sangat kuat dalam masyarakat. Evolusi positif sepanjang periode ini juga nyata di Swiss. Namun demikian, pada 1870, aktivitas Bakunin membelah organisasi ke dalam dua grup yang sama besarnya, yang saling berkonfrontasi satu sama lain pada kongres Federasi Romande (Romande Federation), persisnya menyangkut pertanyaan apakah International Alliance for Socialist Democracy yang dikontrol oleh Bakunin harus diakui oleh Federasi. [35] Ketika terbukti tidak mungkin untuk direkonsiliasikan posisinya, panitia melanjutkannya dalam dua kongres yang parallel, dan sebuah kesepakatan dicapai hanya setelah intervensi dari Dewan Umum. Kelompok yang lebih kecil, yang beraliansi dengan London, mempertahankan nama Federasi Romande, sementara yang terkait dengan Bakunin kemudian menggunakan nama Federasi Jura (Jura Federation), walaupun afiliasinya dengan Internasional lagi-lagi diakui.

Selama periode ini, ide-ide Bakunin mulai menyebar, namun negara dimana mereka memperoleh dukungan yang cepat adalah Spanyol. Sebenarnya, Internasional pertama kali berkembang di semenanjung Iberia, melalui aktivitas dari anarkis Neapolitan Giuseppe Fanelli, yang atas permintaan Bakunin mengunjungi Barcelona dan Madrid untuk membantu mendirikan baik seksi Internasional maupun kelompok-kelompok International Alliance for Socialist Democracy. Perjalanan itu berakhir dengan sukses. Tetapi penyebaran dokumen-dokumen kedua organisasi tersebut, seringkali kepada orang yang sama, merupakan contoh utama dari kebingungan Bakunin dan campur-aduk (eclecticism) teoritis pada saat itu; buruh Spanyol mendirikan Internasional dengan prinsip-prinsip International Alliance for Socialist Democracy.

Di Konfederasi Jerman Utara (North German Confederation), selain terdapat dua organisasi politik gerakan buruh – the Lassallean General Association of German Workers and the Marxist Social Democratic Workers’ Party of Germany – hanya terdapat sedikit antuasiasme terhadap Internasional dan sedikit permintaan untuk berafiliasi. Selama tiga tahun pertama, militan-militan Jerman pada dasarnya mengabaikan eksistensi Internasional, karena takut ditindas oleh tangan-tangan penguasa. Keadaan ini agak berubah setelah 1868, sebagai dampak dari ketenaran dan kesuksesan Internasional di seluruh Eropa, dan kedua partai yang saling bersaing untuk mewakili sayap Jerman. Lemahnya Internasional di Jerman pada akhirnya menjadi beban yang lebih berat ketimbang aspek legalnya, walaupun, dan pada akhirnya terus mengalami kemunduran ketika gerakan menjadi lebih asyik dengan masalah-masalah internal. [36]

Melawan kemunduran umum ini, ditandai oleh fakta kontradiksi dan perkembangan tidak seimbang antar negara, Internasional membuat peraturan-peraturan pada kongres kelimanya. Namun demikian, meluasnya perang Franco-Prussia tidak memberikan pilihan selain membatalkan kongres. Konflik yang terjadi di jantung Eropa berarti prioritas utama saat itu adalah membantu gerakan buruh untuk mengekspresikan posisi independennya, jauh dari retorika nasionalis. Dalam First Address on the Franco-Prussian War, Marx menyerukan kepada buruh Prancis untuk menggulingkan Louis Bonaparte dan menghancurkan kekaisaran yang didirikannya 18 tahun sebelumnya. Buruh Jerman, sebagai kontribusinya, seharusnya mengamankan kekalahan Bonaparte agar tidak berbalik menyerang rakyat Prancis:

Sebagai lawan dari masyarakat lama, dengan kemiskinan ekonomi dan igauan politiknya, sebuah masyarakat baru harus muncul ke pemukaan, yang secara internasional menciptakan Perdamaian, karena para penguasa nasional dimanapun adalah sama – Buruh. Penggerak utama dari masyarakat baru ini adalah Asosiasi Pekerja Internasional. [37]

Para pemimpin dari Partai Buruh Sosial Demokrat (Social Democratic Workers’ Party), Wilhelm Liebknecht dan August Bebel, adalah dua anggota parlemen satu-satunya dari Konfederasi Jerman Utara yang menolak untuk memberikan suaranya pada anggaran perang khusus, dan seksi Internasional di Prancis juga mengirim pesan persahabatan dan solidaritas kepada buruh Jerman. Namun kekalahan Prancis menjamin kelahiran sebuah era baru yang lebih kuat bagi negara-bangsa di Eropa, yang bergandengan dengan rasa cinta tanah air yang berlebihan (chauvinism).

Internasional dan Komune Paris
Setelah kemenangan Jerman di Sedan dan ditangkapnya Bonaparte, Republik Ketiga (Third Republic) diproklamirkan di Prancis pada 4 September 1870. Pada Januari setahun kemudian, empat bulan keadaan darurat di Prancis berakhir dan Prancis menerima syarat-syarat yang diajukan Bismarck; gencatan senjata memungkinkan dilaksanakannya pemilu dan diangkatnya Adolphe Thiers sebagai presiden Republik. Tetapi di ibukota, kekuatan-kekuatan Republik-Progresif (Progressive-Republican) memenangi pemilihan umum dan ketidakpuasan-ketidakpuasan rakyat menyebar luas. Berhadapan dengan kemungkinan pemerintah yang ingin melucuti senjata dan mengendalikan seluruh reformasi sosial, penduduk Paris berbalik melawan Thiers dan pada 18 Maret memulai aksi politik pertama dan terbesar dalam kehidupan gerakan buruh: Komune Paris.

Walaupun Bakunin telah mengusulkan agar buruh membalik perang patriotik menjadi perang revolusioner, [38] Dewan Umum di London awalnya memilih opsi untuk diam. Adalah tugas Marx untuk menulis naskah atas nama Internasional, tetapi ia menundanya untuk menerbitkannya dengan alasan-alasan yang sangat kompleks. Sadar bahwa hubungan nyata antara kekuatan-kekuatan yang sedang bergerak dan kelemahan-kelemahan Komune, ia tahu bahwa Komune Paris itu ditakdirkan untuk kalah. Marx bahkan telah mencoba untuk mengingatkan kelas pekerja Prancis dalam Second Address on the Franco-Prussian War: “Setiap usaha untuk membikin marah pemerintahan baru dalam krisis saat ini, ketika musuh telah hampir berada di depan pintu Paris, merupakan sebuah tindakan yang sia-sia. Pekerja Paris … tidak boleh membiarkan dirinya diombang-ambingkan oleh kenangan 1792.”[39] Sebuah deklarasi yang terlalu bergelora akan beresiko menciptakan harapan palsu di kalangan buruh di seluruh Eropa, hingga akhirnya menjadi sumber demoralisasi dan ketidakpercayaan. Firasat buruknya ini dengan segera terbukti, dimana pada 28 Mei Komune Paris tenggelam dalam genangan darah. Dua hari kemudian, Marx muncul dalam Dewan Umum dengan membawa manuskrip berjudul The Civil War in France; yang kemudian dibaca dan mendapat persetujuan penuh, dan kemudian diterbitkan atas nama seluruh anggota Dewan. Dokumen ini berdampak sangat besat dalam beberapa minggu kemudian, lebih besar dari seluruh dokumen gerakan pekerja lainnya pada abad ke-19.

Kendati pembelaan Marx yang luar biasa, dan kendati klaim-klaim yang diajukan para penentang reaksioner maupun kalangan Marxis dogmatik yang senang mengglorifikasi Internasional, [40] Dewan Umum sama sekali tidak terlibat dalam mendorong pemberontakan penduduk Paris. Figur utama dalam organisasi memang berperan, tetapi kepemimpinan Komune berada dalam tangannya sayap republikan-radikal Jacobin. Marx sendiri menunjukkan bahwa “mayoritas Komune bukanlah sosialis, tidak juga bisa menjadi sosialis.” [41]

Marx menghabiskan seluruh hari-harinya untuk menjawab fitnah pers terhadap Internasional dan dirinya sendiri: “dalam kesempatan ini,” tulisnya “orang yang paling banyak difitnah dan diancam di London.” [42] Sementara itu, pemerintahan di seluruh Eropa makin mempertajam alat-alat penindasannya, takut jika pemberontakan-pemberontakan lainnya mungkin menyusul setelah kejadian di Paris. Kritisisme terhadap Komune bahkan menyebar ke seksi-seksi gerakan buruh. Setelah terbitnya The Civil War in France, baik pemimpin serikat buruh George Odger dan Chartist lama Benjamin Lucraft, menyatakan mundur dari Internasional, tunduk di bawah tekanan kampanye media yang penuh permusuhan. Namun demikian, tidak ada serikat buruh yang menarik dukungannya terhadap organisaasi – yang menunjukkan, sekali lagi, kegagalan Internasional berkembang di Inggris karena apatisme politik dalam kelas pekerja. [43]

Selain tragedi berdarah di Paris dan gelombang fitnah serta represi pemerintah di seluruh Eropa, Internasional bertumbuh semakin kuat dan semakin terkenal setelah peristiwa Komune. Bagi kelas kapitalis dan kelas menengah, perkembangan pesat Internasional merupakan pertanda adanya ancaman terhadap tata tertib yang telah mapan, namun bagi buruh, hal itu menggulirkan harapan akan dunia tanpa penindasan dan ketidakadilan. [44] Pemberontakan Paris kian memperkuat gerakan buruh, mendorong mereka untuk mengadopsi posisi-posisi yang lebih radikal. Pengalaman menunjukkan bahwa revolusi adalah mungkin, bahwa tujuan untuk membangun sebuah masyarakat yang sepenuhnya berbeda dari tata sosial kapitalis, sekaligus bagaimana mencapainya, kelas buruh harus menciptakan bentuk-bentuk asosiasi politik yang terorganisasi dengan baik dan berjangka panjang. [45]

Daya hidup Internasional yang luar biasa ini nyata di mana-mana. Jumlah peserta yang hadir dalam pertemuan Dewan Umum berlipat-ganda, sementara koran-koran yang berjaringan ke Internasional meningkat baik dalam jumlah maupun penjualannya. Akhirnya, yang paling signifikan, Internasional terus memperluas sayapnya hingga ke Belgia dan Spanyol, dimana tingkat keterlibatan buruh telah sangat meluas sejak sebelum Komune Paris – dan mengalami terobosan nyata di Italia. Walaupun Giuseppe Garibaldi memiliki gagasan yang samar-samar tentang Asosiasi, [46] ‘pahlawan dua dunia’ ini memutuskan untuk ikut dalam barisan dan menulis surat permohonan keanggotaan sembari melampirkan kalimat yang sangat terkenal: “Internasional adalah matahari bagi masa depan.” [47] Dicetak dalam belasan surat kabar dan dokumen-dokumen resmi buruh, surat Garibaldi ini menjadi alat yang sangat efektif dalam meyakinkan banyak mereka yang masih ragu-ragu untuk bergabung ke dalam organisasi.
Internasional kemudian membuka seksi baru di Portugal pada Oktober 1871. Di Denmark, pada bulan yang sama, dimulai pembangunan jaringan dengan serikat-serikat buruh yang baru berdiri di Kopenhagen dan Jutland. Perkembangan penting lainnya adalah pendirian seksi pekerja Irlandia di Inggris; pemimpin mereka John MacDonnel kemudian ditunjuk menjadi sekretaris penghubung untuk Irlandia. Permintaan untuk bergabung yang tak terduga dari berbagai belahan dunia lainnya: beberapa buruh Inggris di Kalkuta, India, kelompok-kelompok buruh di Victoria, Australia dan gereja Kristen Selandia Baru, dan sejumlah pengrajin di Buenos Aires, Argentina.

Konferensi London 1871
Dua tahun telah berlalu sejak kongres Internasional, tetapi kongres yang baru tidak bisa digelar dalam kondisi yang ada. Karenanya Dewan Umum memutuskan untuk menyelenggarakan sebuah konferensi di London. Biarpun usaha-usaha untuk menjadikan acara ini serepresentatif mungkin, faktanya kegiatan ini layaknya pertemuan Dewan Umum yang diperluas. Marx sendiri sebelumnya telah mengumumkan bahwa konferensi ini akan ditujukan “secara khusus berkaitan dengan persoalan kebijakan dan organisasi,” [48] ditambah dengan diskusi teoritik. Ia menyatakan ini dalam sesi pembuka:

Dewan Umum telah mengadakan konferensi dan setuju dengan delegasi-delegasi dari berbagai negara berkaitan dengan tindakan-tindakan yang perlu diambil dalam menghadapi bahaya-bahaya yang menimpa Asosiasi di sejumlah besar negara, dan bergerak ke arah sebuah organisasi baru yang sesuai dengan situasi dan kebutuhan yang ada. Selain itu adalah memberikan respon kepada pemerintahan-pemerintahan yang tak pernah berhenti menghancurkan Asosiasi dengan seluruh alat-alat yang dimilikinya. Dan terakhir menyelesaikan perselisihan Swiss sekali dan selamanya. [49]

Marx mencurahkan seluruh energinya dengan prioritas pada isu-isu ini: reorganisasi Internasional, mempertahankan organisasi dari serangan kekuatan-kekuatan lawan, dan mengecek perkembangan pengaruh Bakunin. Dalam konferensi ini, Marx merupakan peserta yang paling aktif, ia terlibat lebih dari 102 kali dalam rapat-rapat, memblokade proposal-proposal yang tidak sesuai dengan rencananya, dan memenangkan dukungan dari mereka yang sebelumnya belum yakin.[50] Perhelatan di London mengonfirmasi tingginya posisi Marx dalam organisasi, tidak hanya sebagai otak di balik semua garis politik Internasional, tapi juga sebagai seorang petarung dan militan yang cakap.

Keputusan paling penting yang diambil pada konferensi ini, yang mana sangat dikenang kemudian, adalah disetujuinya Resolusi IX Édouard Vaillant. Pemimpin kaum Blanquis – yang sisa kekuatannya bergabung dalam Internasional setelah berakhirnya Komune – mengusulkan agar organisasi sebaiknya bertransformasi menjadi partai terpusat dan berdisiplin, di bawah kepemimpinan Dewan Umum. Di samping beberapa perbedaan, khususnya berkaitan dengan posisi Blanquis mengenai perlunya sebuah kelompok inti militan yang terorganisir dengan ketat sangat dibutuhkan untuk revolusi, Marx tidak ragu untuk membentuk aliansi dengan kelompok Vaillant: tidak hanya untuk memperkuat oposisi terhadap anarkisme Bakunin dalam Internasional, tapi di atas semuanya untuk menciptakan konsensus luas bagi perubahan yang sangat dibutuhkan dalam fase baru perjuangan kelas. Karenanya, Resolusi yang dihasilkan di London itu menyatakan:
guna melawan kekuasaan kolektif dari kelas-kelas pemilik, kelas pekerja tidak bisa bertindak, sebagai sebuah kelas, kecuali dirinya membentuk sebuah partai politik, berbeda dari, dan melawan, seluruh partai-partai lama yang dibentuk oleh kelas-kelas pemilik; bahwa pembentukan partai kelas pekerja ini tidak bisa ditawar guna menjamin kemenangan revolusi sosial dan pada akhirnya – penghapusan kelas-kelas; dan kombinasi kekuatan-kekuatan dimana kelas kelas pekerja yang telah terlibat dalam perjuangan ekonomi pada saat yang sama membantu memudahkan perjuangan melawan kekuasaan politik kaum tuan tanah dan kapitalis. Kesimpulannya jelas: “gerakan ekonomi (dari kelas pekerja) dan tindakan-tindakan politiknya merupakan kesatuan yang tidak terpisahkan.” [51]

Jika Kongres Jenewa pada 1866 memapankan pentingnya serikat buruh, Konferensi London pada 1871 menggeser fokusnya pada instrumen kunci penting lainnya bagi gerakan buruh modern: partai politik. Namun demikian harus ditekankan, pemahaman akan ini harus lebih luas ketimbang yang berkembang pada abad ke-20.[52] Konsepsi Marx harus dibedakan dari baik konsepsi Blanquis – keduanya kemudian bertengkar – dan dari Lenin, yang diadopsi oleh organisasi-organisasi Komunis setelah Revolusi Oktober.

Hanya empat delegasi yang menentang Resolusi IX di Konferensi London itu, tapi kemenangan Marx dengan segera terbukti belangsung singkat. Sebab seruan untuk mendirikan sebanyak mungkin partai politik di beberapa negara dan untuk memberikan kewenangan luas kepada Dewan Umum menghasilkan dampak buruk bagi kondisi internal Internsional; organisasi tidak siap untuk bergerak dengan cepat dari bentuknya yang fleksibel menjadi organisasi yang memiliki kesatuan politik. [53]

Marx sebenarnya yakin bahwa seluruh federasi-federasi utama dan seksi-seksi lokal akan kembali kepada resolusi-resolusi yang dihasilkan oleh Konferensi, tapi ia secepatnya berpikir kembali. Pada 12 November, Federasi Jura menyerukan kongresnya sendiri di sebuah komune kecil Sonviller, dan, walaupun Bakunin tidak bisa hadir, secara resmi dilancarkan oposisi di dalam Internasional. Aliansi terdekat Bakunin, James Guillaume dan para partisipan lainnya menyerang Dewan Umum karena telah memperkenalkan “prinsip kekuasaan” ke dalam Internasional dan mentransformasikan struktur aslinya menjadi “sebuah organisasi hirarkis yang diarahkan dan diatur oleh sebuah komite.” Deklarasi Swiss itu sendiri “menentang seluruh pengarahan otoritas, walaupun otoritas itu dipilih dan diusulkan oleh buruh,” dan bersikeras agar “mempertahankan prinsip otonomi dari seksi-seksi,” sehingga Dewan Umum hanya menjadi semacam “biro korespondensi sederhana dan statistik.”[54]

Walaupun posisi Federasi Jura sudah bisa diperkirakan, Marx mungkin terkejut ketika tanda-tanda keresahan dan bahkan pemberontakan melawan garis politik Dewan Umum muncul ke permukaan di mana-mana. Pada sejumlah negara, keputusan yang diambil di London dinilai tidak dapat diterima karena dianggap mengganggu otonomi politik lokal. Bahkan Federasi Belgia, yang selama konferensi bertujuan untuk memediasi perbedaan di antara kedua belah pihak, mulai mengadopsi posisi yang lebih kritis terhadap London, dan Belanda juga pada akhirnya mengambil jarak. Di Eropa Selatan, dimana reaksi lebih keras lagi, kalangan oposisi memperoleh dukungan yang patut diperhitungkan. Tentu saja, mayoritas terbesar Internasional Iberian berposisi menentang Dewan Umum dan mendorong gagasan Bakunin. Demikian pula di Italia, hasil dari konferensi London dilihat dalam kacamata negatif. Pada faktanya, pendiri kongres dari Federasi Italia dari Internasional mengambil posisi paling radikal dalam menentang Dewan Umum: mereka tidak akan berpartisipasi dalam kongres Internasional di masa depan tetapi mengusulkan untuk menyelenggarakan “kongres umum anti-otoritarian” [55] di Neuchâtel, Swiss. Ini menjadi bukti tindakan pertama dalam perpecahan di masa depan.

Perseteruan di seluruh Atlantik juga membahayakan hubungan di kalangan anggota di London. Hubungan dua aliansi yang dilakukan Marx berbalik menjadi buruk, dan di Inggris juga konflik internal pertama muncul. Dukungan kepada Dewan Umum juga datang dari mayoritas di Swiss, Prancis (kini mayoritasnya adalah kelompok Blanquis), dan kekuatan-kekuatan kecil di Jerman, dan kemudian seksi-seksi di Denmark, Irlandia, dan Portugal, serta kelompok-kelompok di Eropa Timur, Hungaria, dan Bohemia. Tetapi ini lebih sedikit dari apa yang Marx harapkan pada akhir Konferensi London.

Oposisi terhadap Dewan Umum bervariasi dalam karakter dan kadang-kadang terutama karena motif personal. Tetapi, di luar pesona teori Bakunin di beberapa negara tertentu dan kemampuan Guillaume dalam menyatukan beragam oposisi, faktor utama militansi melawan resolusi tentang “Aksi Politik Kelas Pekerja” adalah lingkungan yang tidak memungkinkan diterimanya langkah maju kualitatif yang ditawarkan Marx. Tidak hanya kelompok yang berjaringan dengan Bakunin, tapi sebagian besar federasi dan seksi-seksi lokal menganggap prinsip otonomi dan penghargaan terhadap realitas perbedaan sebagai sebuah fondasi bagi Internasional. Kesalahan Marx dalam memperhitungan masalah ini telah mempercepat terjadinya krisis organisasi. [56]

Akhir Internasional
Pertempuran terakhir datang mendekati akhir musim panas 1872. Setelah peristiwa-peristiwa mengerikan selama tiga tahun sebelumnya – perang Franco-Prussia, gelombang represi menyusul Komune Paris, sejumlah pertarungan internal – Internasional baru bisa mengadakan pertemuan kembali dalam kongres. Di negara-negara dimana Internasional baru berkembang, Internasional meluas berkat usaha-usaha bersemangat dari para pemimpin dan aktivis-aktivis buruh yang seketika terbakar oleh slogan-slogannya. Namun sebagian besar anggota tidak menyadari beratnya konflik yang berkecamuk di kalangan para pemimpin kelompok. [57]

Kongres kelima Internasional bertempat di Hague, pada September, dihadiri oleh 65 delegasi dari total 14 negara. Demikian krusial dan pentingnya perhelatan ini mendorong Marx untuk hadir sebagai individu [58] dengan ditemani oleh Engels. Inilah satu-satunya kongres organisasi dimana Marx ambil bagian. Baik De Paepe dan Bakunin tidak tampak di ibukota Belanda itu, tetapi kontingen “otonomis” hadir dengan kekuatan total 25 orang.

Ironisnya, kongres yang dibuka di Concordia Hall, meskipun seluruh sesi ditandai dengan tidak berkurangnya antagonisme antara kedua kubu, menghasilkan debat yang jauh lebih tidak berkualitas ketimbang dalam dua kongres sebelumnya. Pertarungan ini kian diperparah oleh tiga hari perdebatan berkaitan dengan otoritas. Perwakilan para delegasi tentu saja telah berpihak, tidak lagi merefleksikan hubungan yang jujur dengan kekuatan-kekuatan dalam organisasi. Seksi Prancis semakin terdorong bergerak di bawah tanah, dan mandat mereka sangat diperdebatkan, walaupun kelompok terbesar adalah delegasi Prancis; Jerman tidak memiliki perwakilan di International, walaupun mengirimkan hampir seperempat delegasi. Wakil-wakil lainnya telah didelegasikan sebagai anggota Dewan Umum dan tidak bisa mengekspresikan keinginan setiap seksi.

Persetujuan resolusi Kongres Hague hanya mungkin karena terjadinya penyimpangan komposisi. Keputusan paling penting yang diambil di Hague adalah memasukkan Resolusi IX dari Konferensi London 1871 ke dalam statuta Asosiasi, sebagai artikel baru 7a. Perjuangan politik kini menjadi instrumen yang dibutuhkan bagi transformasi masyarakat sebab: “tuan tanah dan tuan kapital akan selalu menggunakan keistimewaan-keistimewaan politik mereka untuk mempertahankan dan melestarikan monopoli ekonominya, dan untuk memperbudak buruh. Penundukan kekuasaan politik, dengan demikian, menjadi tugas utama kelas pekerja.” [59]

Internasional kini telah berbeda jauh dari saat ketika ia didirikan: komponen-komponen radikal-demokratik memutuskan untuk keluar setelah makin termarjinalisasi; kalangan mutualis telah berhasil dikalahkan dan banyak yang berpindah mendukung posisi Internasional; kaum reformis tidak lagi merupakan bagian terbesar dalam organisasi (kecuali di Inggris); dan anti-kapitalisme telah menjadi garis politik dari seluruh Asosiasi, juga oleh tendensi yang baru terbentuk seperti kolektif anarkhis. Selain itu, walaupun selama beberapa tahun Internasional menyaksikan derajat kemakmuran ekonomi yang dalam beberapa kasus menciptakan kondisi-kondisi yang nyaman, kaum buruh memahami bahwa perubahan nyata akan tiba tidak melalui jalan yang mudah tapi hanya melalui penghapusan penindasan manusia. Mereka juga semakin lebih mendasarkan perjuangannya pada kebutuhan-kebutuhan material mereka, ketimbang pada inisiatif-inisiatif kelompok-kelompok tertentu dimana mereka bernaung.

Gambaran besarnya juga telah berbeda secara radikal. Persatuan Jerman pada 1871 mengonfirmasi permulaan era baru dimana negara-bangsa (nation-state) menjadi pusat politik, hukum dan identitas territorial. Hal ini menimbulkan pertanyaan berkaitan dengan segala bentuk organisasi supranasional yang pembiayaannya berasal dari iuran keanggotaan di setiap negara individual dan mensyaratkan para anggotanya untuk menyerahkan sebagian kepemimpinan politik mereka. Pada saat yang sama, meningkatnya perbedaan antara gerakan-gerakan dan organisasi-organisasi nasional telah menyebabkan kesulitan yang sama besar bagi Dewan Umum untuk memproduksi sintesa politik yang mampu memuaskan tuntutan semua pihak.

Adalah benar bahwa, sejak awalnya, Internasional merupakan pengelompokkan dari berbagai asosiasi dan serikat buruh yang tidak gampang untuk direkonsiliasikan satu dengan lainnya, dan itu merepresentasikan kepekaan dan tendensi politik lebih dari organisasi manapun. Namun demikian, pada 1872 berbagai komponen dari Asosiasi – dan perjuangan kaum buruh, secara umum – menjadi jauh lebih jelas didefinisikan dan diorganisasikan. Legalisasi serikat buruh Inggris secara resmi membuat mereka menjadi bagian dari kehidupan politik nasional; di Jerman terdapat dua partai buruh, yakni Partai Buruh Sosial Demokrat dan Asosiasi Umum Buruh Jerman, dimana keduanya memiliki perwakilan di parlemen; di Prancis buruh dari Lyon hingga Paris, telah siap untuk ‘menyerbu langit’ (storming the heavens); dan Federasi Spanyol telah menyebar ke titik dimana siap untuk menjadi organisasi massa. Perubahan yang sama muncul di negara-negara lain.

Konfigurasi awal Internasional dengan demikian tidak lagi memadai, sama seperti misinya semula yang telah selesai. Tugasnya tidak lagi untuk mempersiapkan dan mengorganisasi dukungan luas di Eropa untuk pemogokan, tidak juga menyerukan kongres mengenai pentingnya serikat buruh atas kebutuhan untuk mensosialisasikan tanah dan alat-alat produksi. Tema-tema ini kini telah menjadi bagian dari warisan kolektif organisasi secara keseluruhan. Setelah Komune Paris, tantangan nyata bagi gerakan buruh sangat revolusioner: bagaimana mengorganisasi gerakan buruh untuk mengakhiri corak produksi kapitalis (capitalist mode of production ) dan menggulingkan lembaga-lembaga borjuis dunia. Pertanyaannya kini bukan lagi bagaimana mereformasi masyarakat yang ada, tapi bagaimana membangun sebuah masyarakat baru.[60] Untuk perjuangan kelas yang lebih maju ini, menurut Marx, diperlukan pembangunan partai politik kelas pekerja di setiap negara. Dokumen To the Federal Council of the Spanish Region of the International Working Men’s Association , yang ditulis Engels pada Februari 1871, merupakan penyataan Dewan Umum yang sangat eksplisit berkaitan dengan tuntutan baru ini:
Pengalaman menunjukkan dimanapun bahwa jalan terbaik untuk membebaskan pekerja dari dominasi partai-partai lama adalah dengan membentuk partai proletarian di setiap negara dengan kebijakannya sendiri, sebuah kebijakan yang secara terbuka berbeda dari kebijakan partai-partai lain, karena harus mengekspresikan kondisi-kondisi yang dibutuhkan untuk pembebasan kelas pekerja. Kebijakan ini mungkin bervariasi dalam detailnya tergantung pada kondisi-kondisi khusus dari setiap negara; tetapi karena hubungan mendasar antara buruh dan kapital adalah sama dimanapun dan dominasi politik kelas-kelas berpunya atas kelas yang dieksploitasi adalah fakta yang eksis dimana-mana, maka prinsip-prinsip dan tujuan-tujuan kebijakan proletarian mungkin saja identik, setidaknya di negara-negara Barat…. Menyerah melawan musuh kita di lapangan politik berarti mengabaikan salah satu senjata paling dahsyat, khususnya dalam ruang organisasi dan propaganda. [61]

Sejak saat itu, partai dimaknai sebagai hal yang sangat esensial bagi perjuangan proletariat: ia harus independen dari seluruh kekuatan politik yang ada dan dibangun, baik secara programatik dan organisasional, sesuai dengan konteks nasional. Pada sesi Dewan Umum 23 Juli 1872, Marx tidak hanya mengritik posisi abstentionists (menolak setiap keterlibatan politik dari kelas pekerja) tapi juga posisi yang sama berbahaya tentang “kelas pekerja Inggris dan Amerika,” “yang membiarkan kelas menengah menggunakan mereka untuk tujuan-tujuan politik.” [62] Pada poin kedua, ia telah menyatakan pada Konferensi London bahwa “politik harus diadaptasikan pada kondisi-kondisi di seluruh negara,” [63] dan pada tahun berikutnya, dalam sebuah pidato di Amsterdam, segera setelah Kongres Hague, ia menekankan:

Satu saat buruh harus merebut kekuasaan politik guna membangun sebuah organisasi buruh: ia harus menggulingkan politik lama yang terus mempertahankan lembaga-lembaga lama, jika ia tidak ingin kehilangan surga di bumi, seperti orang-orang Kristen lama yang mengabaikan dan membenci politik. Tetapi kita menegaskan bahwa jalan untuk mencapai tujuan itu adalah sama di semua tempat … Kita tidak menolak bahwa ada negara-negara … dimana buruh dapat mencapai tujuan mereka dengan cara-cara damai. Ini adalah kasus, kita juga harus mengakui fakta bahwa di banyak negara di Benua ini tuas revolusioner kita harus dipaksakan; paksaan itu suatu hari kelak harus kita lakukan untuk menegakkan kekuasaan buruh. [64]

Jadi, walaupun partai buruh muncul dalam bentuk-bentuk yang berbeda di negara-negara yang berbeda, mereka tidak boleh mensubordinasikan diri mereka sendiri di bawah kepentingan nasional. [65] Perjuangan untuk sosialisme tidak boleh dibatasi oleh sekat-sekat negara nasional, khususnya dalam konteks sejarah yang baru internasionalisme harus dilanjutkan menjadi mercu suar yang memandu proletariat, sekaligus sebagai vaksin melawan serangan mematikan dari negara dan sistem kapitalis.

Selama Kongres Hague, polemik keras terjadi dalam setiap sesi pemungutan suara. Menyusul diadopsinya pasal 7a, tujuan untuk memenangkan kekuasaan politik dicantumkan dalam statuta, dan juga terdapat indikasi bahwa partai buruh adalah penting sebagai instrumen untuk mencapai tujuan tersebut. Keputusan selanjutnya adalah menyangkut perluasan kekuasaan Dewan Umum – dimana 32 suara mendukung, 6 menolak dan 12 abstain – membuat situasi menjadi lebih tidak toleran bagi kalangan minoritas, sebab Dewan kini bertugas untuk memastikan “mengamati secara ketat prinsip-prinsip, statuta-statuta dan aturan-aturan umum Internasional,” dan “hak untuk membekukan cabang-cabang, seksi-seksi, dewan-dewan atau komite-komite federal dan federasi-federasi Internasional hingga kongres tahun berikutnya.”[66]

Untuk pertama kali dalam sejarah Internasional, sebuah kongres menyetujui keputusan Dewan Umum untuk mengeluarkan sebuah organisasi: yakni, Seksi 12 New York. Motivasi dari keputusan ini adalah “Asosiasi Pekerja Internasional berdasarkan pada prinsip penghapusan kelas-kelas dan tidak mengakui seksi borjuis apapun.” [67] Pengusiran Bakunin dan Guillaume telah menyebabkan munculnya kegemparan, atas usulan dari komisi penyelidikan yang menjelaskan bahwa Alliance for Socialist Democracy adalah “sebuah organisasi rahasia dengan status yang sepenuhnya bertentangan dengan Internasional.”[68] Sementara itu, permintaan untuk mengusir Adhemar Schitzguébel, salah satu pendiri dan anggota paling aktif dari Federasi Jura, ditolak. [69] Akhirnya, kongres setuju menerbitkan sebuah laporan panjang, The Alliance for Socialist Democracy and the International Working Men’s Association , yang menelusuri sejarah organisasi yang dipimpin Bakunin dan menganalisis terbitan-terbitan publik dan aktivitas rahasia di setiap negara dari organisasi tersebut. Ditulis oleh Engels, Lafargue and Marx, dokumen ini diterbitkan di Prancis pada Juli 1873.

Perlawanan di kongres tidak seragam dalam tanggapannya terhadap serangan-serangan itu. Namun demikian, pada hari terakhir, sebuah deklarasi bersama yang dibacakan oleh seorang buruh bernama Victor Dave (1845-1922) dari seksi Hague berbunyi:

  1. Kami … pendukung otonomi dan federasi dari kelompok-kelompok pekerja harus melanjutkan hubungan administratif kita dengan Dewan Umum …..
  2. Federasi-federasi yang kita wakili akan membentuk hubungan langsung dan permanen antara mereka sendiri dan seluruh cabang-cabang tetap dari Asosiasi […]
  3. Kami menyerukan kepada seluruh federasi dan seksi-seksi untuk mempersiapkan dari sekarang dan nanti pada kongres umum untuk memenangkan dalam Internasional prinsip-prinsip otonomi federatif sebagai basis bagi organisasi buruh.[70]

Pernyataan ini lebih dari sekadar manuver taktis – dirancang untuk menghindari perpecahan yang tampaknya tidak terhindarkan – melainkan sebuah upaya politik yang serius untuk penyegaran organisasi. Dalam pengertian ini, senada dengan proposal yang lebih “sentralis” untuk memperkuat kekuasaan Dewan Umum, di saat ketika mereka telah siap dengan rencana alternatif yang lebih drastis.

Untuk apa yang terjadi pada sesi pagi pada 6 September – kongres yang paling dramatis – adalah tindakan terakhir dari Internasional seperti yang telah dibayangkan dan dikerjakan selama bertahun-tahun. Engels berdiri untuk berbicara dan, dengan perasaan takjub kepada mereka yang hadir, mengusulkan “kursi Dewan Umum (harus) dipindahkan ke New York pada tahun 1872-1873, dan hal itu harus dibentuk oleh anggota dewan federasi Amerika.” [71] Dengan demikian, Marx dan “para pendiri” Internasional lainnya tidak akan lagi menjadi bagian dari badan pusat, yang nanti akan terdiri dari orang-orang yang namanya tidak terkenal. Maltman Barry, seorang peserta yang juga adalah anggota Dewan Umum yang mendukung posisi Marx, mendeskripsikan dengan baik lebih dari yang lain reaksi dari hadirin:

Ketakutan dan kebingungan tampak jelas terpampang di wajah para peserta mendengar pendapat yang dikemukakan Engels hingga akhir … Suasana menjadi hening sebelum setiap orang berdiri untuk berbicara. Itu adalah kudeta, dan setiap orang melihat ke sekeliling untuk memecahkan pengaruh mantra yang disampaikan Engels.[72]

Engels berpendapat bahwa “konflik antar-kelompok di London telah mencapai tahap dimana (Dewan Umum) harus dipindahkan ke tempat lain, [73] dan New York adalah tempat yang terbaik di masa-masa represi saat itu. Tetapi kelompok Blanquis menolak dengan keras untuk pindah, dengan alasan bahwa “Internasional seharusnya pertama-tama merupakan organisasi pemberontakan permanen dari proletariat”[74] dan “ketika sebuah partai bersatu untuk perjuangan …. dimana aksi-aksinya semakin membesar, maka komite pimpinan harus lebih aktif lagi, dengan persiapan yang baik dan berkuasa penuh.” Vaillant dan pengikut-pengikut Blanqui lainnya yang hadir di Hague merasa dikhianati ketika mereka melihat “pimpinan” digeser “ke tempat lain di Atlantik (sementara) para prajurit sedang bertempur di (Eropa).” [75] Berdasarkan asumsi bahwa “Internasional telah memulai peran perjuangan ekonomi,” mereka ingin memainkan “peran yang sama berkaitan dengan perjuangan politik” dan transformasinya menjadi “partai revolusioner pekerja internasional.” [76] Mengetahui bahwa tidak mungkin lagi memainkan kontrol atas Dewan Umum, kelompok Blanquis ini meninggalkan kongres dan segera setelahnya Internasional.

Dengan mayoritas peserta memutuskan untuk menentang pemindahan kantor Dewan Umum ke New York, hal ini dianggap sebagai tanda berakhirnya struktur kerja Internasional. Dengan perolehan suara yang setuju dan menolak hanya terpaut tiga suara (26 setuju, 23 menolak), keputusan akhirnya tergantung pada 9 suara yang abstain dan fakta bahwa beberapa minoritas anggota senang melihat Dewan Umum dipindahkan jauh dari pusat aktivitas mereka. Faktor lain yang menyebabkan harus pindah tentu saja adalah pandangan Marx bahwa lebih baik Internasional tidak beroperasi ketimbang melihatnya menjadi sebuah organisasi yang sektarian di bawah kontrol para penentanganya. Berakhirnya Internasional, yang kemudian disusul dengan pemindahan Dewan Umum ke New York, adalah jauh lebih baik ketimbang serangkaian pertarungan internal yang panjang dan sia-sia.

Tetap saja, bukanlah sebuah argumen yang meyakinkan – seperti yang selama ini terjadi[77] – bahwa alasan kunci bubarnya Internasional adalah konflik antara dua arus, atau bahkan antara dua orang, Marx dan Bakunin, bagaimanapun hebatnya pengaruh keduanya. Sebaliknya, perubahan yang terjadi di seluruh dunia lah yang menyebabkan Internasional kehilangan relevansinya.

Pertumbuhan dan transformasi organisasi-organisasi gerakan buruh, menguatnya negara-bangsa sebagai hasil dari persatuan Italia dan Jerman, perluasan Internasional di negara-negara seperti Spanyol dan Italia (dimana kondisi-kondisi sosial dan ekonominya sangat berbeda dari Inggris atas Prancis), semakin moderatnya gerakan serikat buruh di Inggris, penindasan yang terjadi setelah Komune Paris: seluruh faktor ini secara bersama-sama membentuk konfigurasi awal Internasional tidak lagi cocok dengan situasi baru ini.

Berhadapan dengan latarbelakang ini, dengan kecenderungan menjauh dari pusat secara umum, perkembangan dalam kehidupan Internasional dan para tokoh utamanya secara alamiah juga berperan penting. Sebagai contoh, Konferensi London ternyata tidak menjadi peristiwa yang menyelamatkan organisasi seperti yang diharapkan Marx; memang, aturan yang kaku secara signifikan memperburuk krisis internal, serta kurang memperhitungkan situasi saat itu atau menunjukkan kemampuan antisipatif yang dibutuhkan untuk mencegah menguatnya Bakunin dan kelompoknya. [78] Terbukti kemenangan Marx telah menimbulkan banyak korban – dimana, dalam rangka menyelesaikan konflik internal, berakhir dengan menguntungkan bagi Bakunin dan kelompoknya itu. Namun demikian, keputusan yang diambil di London hanya mempercepat proses pembusukan yang sedang berlangsung dan tidak mungkin dibalikkan lagi Selain seluruh pertimbangan-pertimbangan organisasional dan sejarah ini, terdapat hal lain yang tidak kalah penting untuk diperhatikan mengenai para tokoh utamanya. Sebagaimana Marx telah ingatkan kepada para delegasi di sesi Konferensi London pada 1871, “tugas dari Dewan sungguh sangat banyak, terpaksa harus mengurusi tidak hanya masalah-masalah umum tapi juga masalah kebangsaan.”[79] Internasional bukan lagi organisasi yang kecil seperti pada 1864 yang kakinya hanya ada di Inggris dan Prancis; ia kini telah berdiri di seluruh negara-negara Eropa, dengan masalah dan karakternya yang khusus. Tidak hanya organisasi yang ada di mana-mana dan didera oleh konflik internal, tapi dengan kedatangan para Communard yang mengungsi ke London, dengan pekerjaan dan keragaman gagasan yang diwarisinya, menyebabkan tugas Dewan Umum untuk memformulasikan kerja-kerja politik lebih sulit lagi.

Selama delapan tahun, Marx dengan sangat bersemangat aktif dalam Internasional. Sadar bahwa kekuatan buruh sedang mengalami kemunduran menyusul kekalahan Komune Paris – fakta paling penting saat itu baginya –ia kemudian mengabdikan sisa hidupnya untuk menyelesaikan Capital. Ketika ia menyeberangi Laut Utara menuju Belanda, ia merasakan bahwa pertempuran yang sedang menunggunya merupakan aktivitasnya yang terakhir sebagai seorang pelaku langsung aktivitas revolusioner itu.

Dari seorang sosok yang dibisukan pada pertemuan pertama di St. Martin Hall pada 1864, Marx kemudian diakui sebagai pemimpin Internasional, tidak hanya oleh para peserta kongres dan Dewan Umum, tapi juga oleh publik luas. Jadi, walaupun Internasional tentu berutang banyak hal pada Marx, Internasional juga telah mengubah hidupnya. Sebelum berdirinya Internasional, ia hanya dikenal di lingkaran kecil aktivis politik. Kemudian, dan di atas segalanya setelah Komune Paris – juga, tentu saja, publikasi karya besarnya pada 1867 – ketenaranya menyebar di kalangan revolusioner di banyak negara Eropa, keadaan dimana media menjulukinya sebagai “red terror doctor.” Tanggung jawab yang melekat atas perannya di Internasional – yang memungkinkannya untuk mengalami langsung dari dekat begitu banyak perjuangan ekonomi dan politik – kemudian mendorongnya untuk melakukan refleksi yang mendalam akan komunisme dan memperkaya keseluruhan teori anti-kapitalisnya.

Marx lawan Bakunin
Pertempuran antara kedua kubu berkecamuk pada bulan-bulan setelah Kongres Hague, tetapi hanya sedikit kasus yang berkaitan langsung pada perbedaan ideologi dan teoritis mereka. Marx sering sekali mengkarikaturkan posisi Bakunin, menggambarkannya sebagai pembela “persamaan kelas/class equalization” (berdasarkan pada prinsip-prinsip program 1868 dari Alliance for Socialist Democracy) atau sederhananya kebuntuan politiknya ( political abstentionism). Anarkis Rusia ini, yang kurang memiliki kapasitas teoritis sebagaimana Marx, dalam medan pertarungan ini selalu melakukan tuduhan-tuduhan dan hinaan-hinaan yang bersifat personal.

Satu-satunya pengecualian yang bisa disebut gagasan positifnya yang tidak utuh adalah Letter to La Liberté (sebuah makalah Brussel) awal Oktober 1872—sebuah teks yang tidak pernah dikirim, dilupakan dan tidak digunakan oleh pendukung-pendukung Bakunin dalam pertempuran tiada akhir ini. Dalam makalah itu, posisi politik “otonomis” cukup jelas disebutkan:
Hanya ada satu hukum yang mengikat seluruh anggota …. seluruh seksi dan federasi Internasional … Itulah solidaritas internasional pekerja di setiap pekerjaan dan di seluruh negara dalam perjuangan ekonomi melawan penindas buruh. Inilah organisasi yang nyata dimana solidaritas melalui aksi-aksi spontan kelas pekerja, dan federasi bebas absolut … yang membentuk kesatuan hidup dan nyata dari Internasional. Siapa yang meragukan bahwa akibat dari perkembangan pesat organisasi ini muncul solidaritas militan proletariat melawan penindas borjuis, bahwa perjuangan politik melawan borjuasi harus muncul dan berkembang? Kaum Marxis dan kami sendiri sepakat pada poin ini. Tetapi kini muncul pertanyaan yang membedakan kita secara mendalam dari kaum Marxis. Kita berpikir bahwa kebijakan proletariat haruslah berwatak revolusioner, bertujuan langsung dan semata-mata menghancurkan Negara. Kita tidak melihat bagaimana mungkin bicara tentang solidaritas Internasional dan tetap berkeinginan untuk mempertahankan Negara …. karena dari sifatnya Negara adalah penghancur solidaritas dan dengan demikian penyebab permanen terjadinya perang. Tidak juga kita bisa membayangkan bagaimana mungkin bicara tentang kebebasan proletariat atau pembebasan nyata massa di dalam dan melalui alat-alat Negara. Negara berarti kekuasaan, dan seluruh kekuasaan memerlukan penundukkan atas massa dan konsekuensinya eksploitasi terhadap massa atas nama beberapa penguasa minoritas.

Kita tidak bisa menerima, bahkan dalam proses transisi revolusioner, adanya entah itu dewan-dewan konstituen, pemerintahan sementara atau apa yang disebut kediktatoran revolusioner karena kita melihat bahwa revolusi hanya akan tulus, jujur dan nyata dalam kepemimpinan massa, dan ketika itu terkonsentrasi dalam segelintir individu berkuasa maka tak terhindarkan dalam waktu singkat menjadi reaksi. [80]

Jadi, walaupun Bakunin memiliki persamaan dengan Proudhon mengenai oposisinya yang tanpa kompromi terhadap setiap bentuk otoritas politik, khususnya dalam bentuk Negara, adalah salah untuk menempatkannya sejajar dengan kalangan mutualis. Sementara kalangan mutualis menolak untuk terlibat dalam seluruh bentuk aktivitas politik, kalangan otonomis – sebagaimana yang ditekankan Guillaume dalam salah satu intervensinya di Kongres Hague – bertempur untuk “sebuah revolusi sosial politik, menghancurkan negara dan politik borjuis.” [81] Harus diakui bahwa kelompok otonomis merupakan satu di antara komponen-komponen revolusioner dalam Internasional, dan mereka menawarkan sumbangan kritis yang menarik terkait masalah kekuasaan politik, negara dan birokrasi.

Lalu, bagaimana “politik negatif” yang dilihat oleh kaum otonomis sebagai satu-satunya bentuk tindakan yang mungkin berbeda dari “politik positif” yang dibela oleh kelompok sentralis? Dalam resolusi Kongres Internasional di Saint-Imier, 15-16 September 1872, dalam proposal yang diajukan oleh Federasi Italia dan dihadiri oleh delegasi-delegasi lain yang baru pulang dari Hague, dinyatakan bahwa “seluruh organisasi politik tidak bisa lain kecuali organisasi dominasi, untuk kepentingan satu kelas dan merugikan massa, dan jika proletariat mengambilalih kekuasaan, dia sendiri akan menjadi kelas dominan dan penindas.”

Konsekuensinya, “penghancuran seluruh kekuasaan politik merupakan tugas pertama proletariat,” dan “setiap organisasi yang disebut sementara dan kekuatan politik revolusioner yang hendak melakukan penghancuran hanya akan menjadi penipuan lebih lanjut, akan sangat berbahaya buat proletariat seperti halnya pemerintahan yang ada saat ini.”[82] Sebagaimana yang ditekankan Bakunin dalam “Internasional dan Karl Marx” (teks tidak lengkap lainnya), tugas Internasional adalah untuk memimpin proletariat “keluar dari politik negara dan dunia borjuis”; basis sejati dari program-program Internasional seharusnya “sangat sederhana dan moderat:

solidaritas organisasi dalam perjuangan ekonomi buruh melawan kapitalisme.” [83] Faktanya, selain menyerap beragam perubahan dalam dokumen tersebut, deklarasi prinsip-prinsip ini dekat dengan tujuan-tujuan semula organisasi dan ditujukan ke arah yang sangat berbeda dari apa yang dimaksud Marx dan Dewan Umum setelah Konferensi London pada 1871. [84]

Perbedaan posisi yang tajam antara prinsip-prinsip dan tujuan-tujuan telah membentuk iklim di Hague. Sementara mayoritas melihat “positif” penundukkan kekuasaan politik,[85] kalangan otonomis menggambarkan partai politik sebagai instrumen yang niscaya akan tunduk pada lembaga-lembaga borjuis dan dengan anehnya menyamakan konsepsi Marx tentang komunisme dengan konsepsi Volksstaat Lassallean yang dilawan Marx tanpa kenal lelah. Namun demikian, dalam beberapa kesempatan terbatas kedua kelompok membagi aspirasi yang sama. Dalam The Alleged Splits in the International, yang ditulisnya bersama dengan Engels, Marx menjelaskan bahwa satu prakondisi bagi masyarakat sosialis adalah dihapuskannya kekuasaan negara:
Seluruh sosialis melihat anarkhi sebagai program berikut: Sekali tujuan gerakan proletariat – yakni penghapusan kelas-kelas – dicapai, kekuasaan negara yang berfungsi untuk menjaga mayoritas terbesar produsen agar tetap melekat pada segelintir penindas lenyap, maka fungsi-fungsi pemerintah hanya menjadi fungsi administratif yang sederhana.

Perbedaan yang tak bisa direkonsiliasikan ini berpangkal dari keinginan kalangan otonomis bahwa tujuan mereka harus direalisasikan secepatnya. Tentu saja, karena mereka melihat Internasional bukan sebagai sebuah instrumen untuk perjuangan politik tetapi sebagai sebuah model ideal bagi masyarakat masa depan dimana tidak ada otoritas apapun yang eksis. Bakunin dan pendukungnya memproklamirkan (dalam penjelasan Marx)

anarki dalam jajaran proletarian sebagai alat yang paling sempurna untuk menghancurkan konsentrasi kekuasaan yang dimiliki oleh kekuatan-kekuatan politik para penindas. Dengan alasan ini, (mereka menuntut) Internasional, saat dimana Dunia Lama sedang mencari cara dalam menuju kehancurannya, agar mengganti Internasional tersebut dengan anarki. [86]

Jadi, di samping persetujuan mereka tentang kebutuhan untuk menghapuskan kelas-kelas dan kekuasaan politik negara dalam masyarakat sosialis, kedua kubu berbeda secara radikal terhadap isu-isu mendasar mengenai jalan yang harus ditempuh dan kekuatan-kekuatan sosial yang dibutuhkan untuk melakukan perubahan. Sementara bagi Marx subjek revolusioner par excellence adalah sebuah kelas tertentu, proletariat pabrik, Bakunin memilih “kerumuman besar rakyat/great rabble of the people” yang disebut “lumpenproletariat,” yang “hampir tidak tercemar oleh peradaban borjuis, yang membawa serta dalam relung jiwa dan aspirasinya, dalam seluruh kebutuhan dan kesengsaraan kehidupan kolektifnya, seluruh bibit-bibit sosialisme masa depan.”[87] Marx sang komunis telah belajar bahwa transformasi sosial membutuhkan kondisi-kondisi sejarah yang khusus, sebuah organisasi yang efektif dan proses panjang pembentukan kesadaran kelas di antara massa; Bakunin sang anarkis yakin bahwa insting-insting dari masyarakat umum, yang disebut “kerumuman/rabble,” tidak saja “tak terkalahkan sebagaimana layaknya keadilan” tapi juga mencukupi pada dirinya sendiri “untuk merayakan dan membawa kemenangan bagi Revolusi Sosial.” [88]

Ketidaksepakatan lainnya berkaitan dengan instrumen untuk mencapai sosialisme. Banyak dari aktivitas militan Bakunin melibatkan pembangunan (atau berkhayal tentang pembangunan) “masyarakat rahasia” yang kecil, sebagian besar adalah kaum intelektual: sebuah “staf umum revolusioner yang terdiri dari individu-individu yang pintar, berdedikasi, dan energik, dan di atas segalanya adalah sahabat-sahabat rakyat yang tulus ikhlas,” [89] mereka yang akan mempersiapkan pemberontakan dan memanggul tugas-tugas revolusi. Marx, di lain pihak, percaya pada emansipasi diri kelas pekerja dan percaya bahwa masyarakat rahasia bertentangan dengan “pembangunan gerakan proletariat karena, ketimbang memimpin kelas pekerja, masyarakat ini menjadikan diri mereka sebagai subjek yang otoriter, yang membentengi independensi dirinya dengan hukum-hukum yang mistik dan menyalahgunakan kekuatan nalarnya.” [90] Pengungsi Rusia ini menentang seluruh tindakan politik yang dilakukan oleh kelas pekerja yang tidak secara langsung mempromosikan revolusi, sementara Marx sebagai seseorang yang tidak memiliki kewarganegaan dan tinggal menetap di London, tidak menghina mobilisasi bagi reformasi sosial dan tujuan-tujun terbatas, sementara secara absolut meyakini bahwa perjuangan kelas pekerja harus terus diperkuat untuk menghancurkan corak produksi kapitalis ketimbang menyatu ke dalam sistem itu.

Perbedaan ini tidak surut bahkan ketika revolusi telah selesai. Bagi Bakunin, “penghancuran negara (adalah) pra-kondisi atau kebutuhan mendesak bagi emansipasi ekonomi proletariat” [91]; bagi Marx, negara tidak mesti dan tidak harus melenyap sejak dari hari pertama hingga kemudian. Dalam tulisannya yang berjudulPolitical Indifferentism, yang terbit pertama kali dalam Almanacco Repubblicano pada Desember 1873, ia menantang hegemoni kelompok anarkis dalam gerakan buruh Italia dengan menegaskan bahwa

jika perjuangan politik kelas pekerja mengasumsikan bentuk-bentuk kekerasan dan jika rakyat pekerja mengganti kediktatoran kelas borjuis dengan kediktatoran revolusioner mereka, maka (menurut Bakunin) mereka salah karena telah melakukan tindak kriminal lèse-principe; jadi, guna memenuhi kebutuhan-kebutuhan duniawi mereka sehari-hari dan untuk menghancurkan perlawanan kelas borjuis, maka ketimbang meletakkan senjatanya dan menghancurkan negara, mereka malah memberikan negara sebuah bentuk sementara dan revolusioner. [92]

Namun demikian harus dimengerti bahwa Bakunin, di samping secara menjengkelkan menolak untuk membedakan antara kekuasaan proletarian dan borjuis, ia juga meramalkan beberapa bahaya dari apa yang disebut “periode transisi” antara sosialisme dan kapitalisme – khususnya bahaya membusuknya birokrasi setelah revolusi. Dalam karyanya yang tidak selesai The Knouto-Germanic Empire and the Social Revolution, yang ditulisnya antara 1870 dan 19871, ia menulis:
Tetapi dalam Negara Rakyatnya Marx, kita sebut saja begitu, tidak ada kelas yang diistimewakan. Semua adalah setara, tidak hanya dari sudut pandang politik dan hukum, tapi juga dari sudut pandang ekonomi… Dengan demikian tidak akan ada lagi kelas yang diistimewakan, tetapi tetap ada pemerintahan, dan, catat dengan baik, sebuah pemerintahan yang sangat kompleks, yang tugasnya bukanlah mengatur dan mengelola massa secara politik seperti yang seluruh pemerintahan hari ini lakukan, tetapi yang juga mengelola mereka secara ekonomi, dengan mengonsentrasikan ke dalam tangannya sendiri produksi dan pembagian secara adil kekayaan, pengolahan tanah, pendirian dan pengembangan pabrik-pabrik, organisasi dan pengaturan perdagangan, dan akhirnya penggunaan kapital dalam produksi melalui satu-satunya bankir, yaitu Negara… Ini akan diatur secara ilmiah, dengan sangat aristokratik, despotik, sombong, dan menghina semua rezim. Akan ada sebuah kelas baru, hirarki baru yang nyata dan ilmuwan-ilmuwan dan sarjana-sarjana yang palsu, dan dunia akan dibagi ke dalam minoritas penguasa atas nama pengetahuan dan pengabaian yang luar biasa terhadap mayoritas …. Seluruh negara, bahkan yang paling republikan dan paling demokratik … pada esensinya hanya mesin pengatur massa dari atas, melalui kalangan terdidik dan dengan demikian minoritas yang memperoleh keistimewaan, yang diduga mengetahui kepentingan sejati rakyat ketimbang rakyat itu sendiri.[93]

Sebagian karena pengetahuannya yang minim tentang ekonomi, jalan federalis yang diusulkan Bakunin tidak menawarkan petunjuk yang berguna tentang bagaimana masyarakat sosialis masa depan harus didekati. Tetapi wawasan kritisnya sudah mengantisipasi beberapa drama yang terjadi pada abad ke-20.

Kesimpulan
Internasional tidak akan pernah kembali sama. Organisasi besar yang lahir pada 1864, yang secara gemilang mendukung pemogokan-pemogokan dan perjuangan-perjuangan selama delapan tahun, dan yang mengadopsi program antikapitalis dan mendirikan cabang di seluruh negara Eropa, pada akhirnya bubar pada Kongres Hague. Namun demikian, dalam beberapa dekade kemudian, gerakan buruh mengadopsi program-program sosialis, meluas ke seluruh Eropa dan selanjutnya ke seluruh bagian dunia lainnya, dan membangun struktur-struktur baru sebagai wadah koordinasi supranasional. Melampaui keberlanjutan namanya (Internasional Kedua dari 1889-1916, Internasional Ketiga dari 1919-1943) setiap struktur ini secara berkelanjutan merujuk kepada nilai-nilai dan doktrin-doktrin Internasional Pertama. Dengan demikian, pesan-pesan revolusionernya terbukti tumbuh dengan suburnya, memproduksi hasil-hasil sepanjang waktu dengan lebih besar ketimbang yang pernah dicapai selama keberadaannya.

Internasional telah membantu kelas pekerja paham bahwa emansipasi kelas pekerja tak dapat dimenangkan di satu negara tetapi merupakan sebuah tujuan global. Ia juga menyebarkan kesadaran dalam kelas mereka sendiri bahwa mereka harus mencapai tujuan itu lewat kekuatan mereka sendiri, melalui kapasitas mereka sendiri dalam berorganisasi dibandingkan dengan mendelegasikannya ke kekuatan yang lain; dan itu – disinilah kontribusi teoritis Marx menjadi fundamental – adalah esensial untuk mengatasi corak produksi kapitalis dan upah buruh, karena perkembangan di dalam sistem yang ada, meskipun penting untuk diraih, tidak akan mengurangi ketergantungan pada oligarki para majikan/pemberi kerja.

Sebuah jurang memisahkan harapan pada saat ketidakpercayaan menjadi karakter yang melingkupi kita, spirit antisistemik dan solidaritas atas zaman Internasional dari subordinasi ideologi dan individualisme dunia yang dibentuk kembali oleh kompetisi neoliberal dan privatisasi. Hasrat politik sesama pekerja yang berkumpul di London pada 1864 sangat berbeda dengan ketidakacuhan dan kepasrahan yang lazim saat ini.

Namun, sebagaimana dunia kerja kini kembali ke dalam kondisi eksploitasi yang mirip dengan yang terjadi di abad ke 19, proyek Internasional telah sekali lagi mendapatkan relevansinya. Barbarisme saat ini atas “tatanan dunia,” bencana ekologi yang diproduksi oleh moda produksi masa kini, meningkatnya jurang pemisah antara segelintir penindas kaya dan mayoritas yang termiskinkan, penindasan perempuan, dan kencangnya angin peperangan, rasisme dan chauvinisme, mendesak gerakan buruh kontemporer untuk mengorganisir kembali dirinya dengan berbasis pada dua karakteristik kunci Internasional: keberagaman strukturnya dan radikalisme dalam tujuan-tujuannya. Tujuan organisasi yang didirikan di London 150 tahun yang lalu itu kini menjadi semakin penting dari sebelumnya. Meski demikian, untuk menjawab tantangan-tantangan masa kini, Internasional baru tak dapat mengelak dari dua syarat ini: ia haruslah plural dan harus anti kapitalis.***

Diterjemahkan oleh Coen Husain Pontoh dari naskah asli berjudul: Notes on the History of the International

References
1. Artikel ini berdasarkan pada “”Pengantar” untuk Marcello Musto (ed.), Workers Unite!: The International 150 Years Later (New York/London: Bloomsbury, 2014), sebuah antologi dari dokumen-dokumen kunci Internasional. Kutipan yang tertera di sini adalah GC dan PI yang merujuk pada Laporan resmi multi-volume yang diterbitkan di bawah judulGeneral Council of the First International and Première Internationale. Lihat catatan 1 dan 4 dari dokumen yang tercakup dalam edisi ini.
2. David Ryazanov, “Zur Geschichte der Ersten Internationale,” in Marx-Engels Archiv, vol. 1 (1925), 100.
3. Mendekati akhir hidup dari Internasional, dengan mempertimbangkan revisi status organisasi, anggota-anggota dari Dewan Umum (General Council/GC) mengajukan pertanyaan apakah “orang/persons” sebaiknya diganti dengan istilah “manusia/men.” Friedrich Engels memberikan respon bahwa “secara umum dipahami bahwa manusia secara asali telah mengadung pengertian dua jenis kelamin” dan karena itu asosiasi harus terbuka buat laki-laki dan perempuan, BC, V, 256.
4. Dikutip dari G. M. Stekloff, History of the First International, New York: Russell & Russell, 1968 [1928], ii.
5. Bdk Henry Collins and Chimen Abramsky, Karl Marx and the British Labour Movement, London: MacMillan, 1965, 34.
6. Johan Georg Eccarius kepada Karl Marx, 12 Oktober 1864, dalam Marx-Engels-Gesamtausgabe, vol. III/13, Berlin: Akademie, 2002, 10.
7. Marx kepada Engels, 4 4 November 1864, dalam Karl Marx – Friedrich Engels, Collected Works, 50 vol., 1975-2005, Moscow: Progress Publishers [henceforth MECW], vol. 42, 1987, 16.
8. Pada pertemuan pendirian Internasional, sebuah Komite Tetap mendapat tugas untuk mengorganisasir asosiasi. Komite tetap ini kemudian menjadi Dewan Sentral (Central Council), yang selanjutnya menjadi apa yang disebut Dewan Umum (General Council). Untuk selanjutnya, komite ini merujuk secara sederhana pada Dewan Umum.4 November 1864, in Karl Marx – Friedrich Engels, Collected Works, 50 vol., 1975-2005, Moscow: Progress Publishers [henceforth MECW], vol. 42, 1987, 16.
9. Lihat Oscar Testut, L’Association internationale des travailleurs, Lyon: Aimé Vingtrinier, 1870, 310.
10. The Times, 5 Juni 1871.
11. Lihat Julius Braunthal, History of the International, New York: Nelson, 1966 [1961], 116.
12. Collins and Abramsky, Karl Marx and the British Labour Movement, 70; Jacques D’Hondt, “Rapport de synthèse,” in Colloque International sur la première Internationale, La Première Internationale: l’institution, l’implantation, le rayonnement, Paris: Editions du Centre national de la recherche scientifique, 1968, 475.
13. Ibid., 289.
14. GC, I, 34-=351.
15. Musto, Workers Unite!, Document 2; juga, Karl Marx to Paul Lafargue, 19 April 1870, in MECW, vol. 43, 491: “Dewan Umum bukanlah Paus, jadi kami mengijinkan seluruh seksi untuk memiliki pandangan teoritisnya sendiri atas gerakan nyata, begitu seharusnya sejauh tidak ada tantangan langsung kepada Aturan-aturan kami ajukan.”
16. Lihat Georges Haupt, L’Internazionale socialista dalla Comune a Lenin, Turin: Einaudi, 1978, 78.
17. Collins and Abramsky, Karl Marx and the British Labour Movement, 65.
18. Musto, Workers Unite!, Document 2.
19. Ibid.
20. Jacques Freymond, “Introduction,” in PI, I, xi.
21. Various Authors, “Report of the [French] General Council,” 1 September 1869, in PI, II, 24.
22. Henri Collins, “The International and the British Labour Movement: Origin of the International in England” dalam Colloque International, La Première Internationale, 34.
23. Collins and Abramsky, Karl Marx and the British Labour Movement, 290-91.
24. Marx dalam kenyataannya selanjutnya tidak menghadiri congress, dengan pengecualian Kongress Hague (1872).
25. Musto, Workers Unite!, Document 49.
26. Ibid., Document 6.
27. Ibid., Document 32.
28. Freymond, “Introduction,” in PI, I, xiv.
29. Musto, Workers Unite!, Document 3.
30. PI, II, 74.
31. Mikhail Bakunin, “Programme of the Alliance [International Alliance of Socialist Democracy],” in Arthur Lehning (ed.), Michael Bakunin: Selected Writings, London: Jonathan Cape, 1973, 174. Terjemahan dalam buku ini tidak akurat dan menyesatkan. Dalam Fictitious Splits in the International (GC, V, 356-409), Marx dan Engels dikutip langsung dari dokumen asli Bakunin (“l’égalisation politique, économique et sociale des classes”).
32. Braunthal, History of the International, 173.
33. Freymond, “Introduction,” in PI, I, xix.
34. Jacques Rougerie, in “Les sections françaises de l’Association Internationale des Travailleurs,” in Colloque International sur la premieère Internationale, 111, spoke of “some tens of thousands.”
35. Jacques Freymond (ed.), Études et documents sur la Première Internationale en Suisse , Geneva: Droz, 1964, 295.
36. Ibid., x.
37. Musto, Workers Unite!, Document 54.
38. Arthur Lehning, ‘‘Introduction,” in Idem. (ed.), Bakunin – Archiv, vol. VI: Michel Bakounine sur la Guerre Franco-Allemande et la Révolution Sociale en France (1870-1871), Leiden: Brill, 1977, xvi.
39. Musto, Workers Unite!, Document 57.
40. Georges Haupt, Aspects of International Socialism 1871-1914, Cambridge: Cambridge University Press, 1986, 25, peringatan melawan “terbentuknya kembali realitas Komune agar membuatnya cocok dengan imaji yang berbeda karena ideologi.”
41. Karl Marx to Domela Nieuwenhuis, 22 February 1881, MECW, vol. 46, 66.
42. Karl Marx to Ludwig Kugelmann, 18 June 1871, in MECW, vol. 44, 157.
43. Collins and Abramsky, Karl Marx and the British Labour Movement, 222.
44. Lihat Haupt, L’internazionale socialista dalla Comune a Lenin, 28.
45. Ibid., 93-95.
46. Nello Rosselli, Mazzini e Bakunin, Turin: Einaudi, 1927, 323-24.
47. Giuseppe Garibaldi to Giorgio Pallavicino, 14 November 1871, in Enrico Emilio Ximenes, Epistolario di Giuseppe Garibaldi, vol. I, Milan: Brigola 1885, 350.
48. Karl Marx, 15 Agustus 1871, dalam GC, IV, 259.
49. Karl Marx, 17 September 1871, dalam PI, II, 152.
50. Miklós Molnár, Le déclin de la première internationale, Geneva: Droz, 1963, 127.
51. Musto, Workers Unite!, Document 74.
52. Pada awal 1870-an, gerakan kelas pekerja diorganisir sebagai sebuah partai politik hanya di Jerman. Penggunaan kata partai, baik oleh pengikut Marx atau Bakunin kemudian menjadi sangat membingungkan. Bahkan Marx memakai istilah itu lebih sebagai sinonim dengan kelas. Debat dalam Internasional antara 1871 dan 1872 tidak berfokus pada konstruksi sebuah partai politik (sebuah ekspresi yang hanya diutarakan dua kali di Konferensi London dan lima kali pada Kongres Hagus), namun lebih pada “penggunaan.. kata sifat ‘politis’” (Haupt, L’Internazionale socialista dalla Comune a Lenin, 84).
53. Jacques Freymond and Miklós Molnár, “The Rise and Fall of the First International,” dalam Milorad M. Drachkovitch, The Revolutionary Internationals, 1864-1943, Stanford: Stanford University Press, 1966, 27.
54. Berbagai penulis, “Circulaire du Congrès de Sonvilier,” in PI, II, 264-65.
55. Berbagai penulis, Risoluzione, programma e regolamento della federazione italiana dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori , dalam Gian Mario Bravo, La Prima Internazionale, Rome: Editori Riuniti, 1978, 787.
56. Lihat Freymond and Molnár, “Rise and Fall of the First International” (note 53), 27-28.
57. Haupt, L’Internazionale socialista dalla Comune a Lenin, 88.
58. Lihat Karl Marx pada Ludwig Kugelmann, 29 July 1872, dalam MECW, vol. 44, 413, dimana ia mencatat bahwa kongres ini akan “menjadi sebuah masalah hidup dan mati untuk Internasional; dan sebelum aku berhenti aku ingin setidaknya melindunginya dari elemen-elemen yang merusak.”
59. Musto, Workers Unite!, Document 65.
60. Freymond, “Introduction,” dalam PI, I, x.
61. Musto, Workers Unite!, Document 69.
62. Karl Marx, 23 July 1872, in GC, V, 263.
63. Karl Marx, 20 September 1871, in PI, II, 195.
64. Musto, Workers Unite!, Document 56.
65. Lihat Haupt, L’Internazionale socialista dalla Comune a Lenin, 100.
66. PI, II, 374.
67. Ibid., 376.
68. Ibid., 377.
69. Ibid., 378.
70. Berbagai penulis, [“Statement of the Minority”], dalam Institute of Marxism-Leninism of the CC, C.P.S.U. (ed.) The Hague Congress of the First International, vol. 1: Minutes and Documents , Moscow: Progress, 1976, 199-200.
71. Friedrich Engels, 5 September 1872, dalam PI, II, 355.
72. Maltman Barry, “Report of the Fifth Annual General Congress of the International Working Men’s Association, Held at The Hague, Holland, September 2-9, 1872,” dalam Hans Gerth, The First International: Minutes of The Hague Congress of 1872, Madison: University of Wisconsin Press, 1958, 279-80. Laporan ini tidak muncul dalam The Hague Congress, vol. 1.
73. Friedrich Engels, 5 September 1872, in PI, II, 356.
74. Édouard Vaillant, Internationale et Révolution. A propos du Congrès de La Haye , in PI, III, 140.
75. Ibid., 142.
76. Ibid., 144.
77. Miklós Molnár, “Quelques remarques à propos de la crise de l’Internationale en 1872,” in Colloque International, La Première Internationale, 439.
78. Molnár, Le Déclin de la Première Internationale, 144.
79. Karl Marx, 22 September 1872, dalam PI, II, 217.
80. Mikhail Bakunin, “A Letter to the Editorial Board ofLa Liberté,” dalam Lehning (ed.), Michael Bakunin: Selected Writings, 236-37.
81. Musto, Workers Unite!, Document 76.
82. Ibid., Document 78.
83. Mikhail Bakunin, “The International and Karl Marx,” dalam Sam Dolgoff (ed.), Bakunin on Anarchy, New York: Alfred A. Knopf, 1971, 303.
84. Tentang penolakan Bakunin atas penaklukan negara oleh kelas pekerja diorganisir dalam sebuah partai politik, lihat Lehning, ‘‘Introduction” (note 38), cvii.
85. Lihat James Guillaume, L’Internationale, Documents et Souvenirs (1864-1878), vol. II, New York: Burt Franklin, 1969 [1907], 342.
86. Musto, Workers Unite!, Document 75.
87. Bakunin, “The International and Karl Marx” (note 83), 294.
88. Ibid., 294-95.
89. Mikhail Bakunin, “Programme and Purpose of the Revolutionary Organization of International Brothers,” dalam Lehning (ed.), Michael Bakunin: Selected Writings, 155.
90. Karl Marx, “Record of Marx’s speech on Secret Societies,” in MECW, vol. 22, 621.
91. Mikhail Bakunin, “Aux compagnons de la Fédération des sections internationales du Jura,” dalam Arthur Lehning et al. (eds.),Bakunin – Archiv, vol. II: Michel Bakounine et les Conflits dans l’Internationale, Leiden: Brill, 1965, 75
92. Karl Marx, “Political Indifferentism,” MECW, vol. 23, p. 393.
93. Mikhail Bakunin, Marxism, Freedom and the State, London: Freedom Press, 1950, 21 [terjemahan disunting].

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Az Elidegenedés Koncepciójának Újragondolása

I. Bevezetés
Az elidegenedés kérdése a XX. század egyik legfontosabb és legszélesebb körben megvitatott témája volt, ahol Marx elmélete kulcsszerepet kapott a diskurzusban.Ám ez a koncepció – bár hajlamosak lennénk másként gondolni – nem lineáris módon fejlődött, és az elidegenedésre vonatkozó marxi re exiókat tartalmazó korábban ismeretlen szövegek kiadása mindig jelentős mérföldkő volt az elmélet alakulásának és terjedésének útján.

Az évszázadok során e terminus jelentése többször változott. A teológiai diskurzusban az ember és Isten közötti távolságot jelentette, a társadalmi szerződésről szóló elképzelésekben viszont azt, hogy az egyén elveszítette természetes, eredeti szabadságát. Az elidegenedés első szisztematikus lozó ai leírása G. W. F. Hegel munkája, aki A szellem fenomenológiája (1807) című könyvében az Entäusserung és az Entfremdung terminusokat használta arra a jelenségre, amelynek során az objektivitás birodalmában a Szellem mássá válik, mint önmaga. Ez a problémakör azután jellemzően középpontban maradt a hegeliánus baloldal írásaiban, és Ludwig Feuerbach vallási elidegenedésről szóló elmélete – vagyis hogy az ember saját lényegét egy elképzelt istenségbe vetíti ki (A kereszténység lényege, 1841) – fontos eleme volt a koncepció fejlődésének. Ám ezt követően az elidegenedés eltűnt a lozó a horizontjáról, és a XIX. század második felének egyik jelentős gondolkodója sem tulajdonított neki nagyobb gyelmet. Maga Marx is csupán ritkán használta ezt a terminust azon munkáiban, amelyek még életében megjelentek, és a fogalom teljes mértékben hiányzott a Második Internacionálé (1889–1914) marxizmusából.

Persze ez alatt az idő alatt is sok gondolkodó alakított ki olyan kon- cepciókat, amelyek utóbb kapcsolatba kerültek az elidegenedéssel. A társadalmi munkamegosztásról (1893) és Az öngyilkosság (1897) című munkáiban Émile Durkheim bevezette az „anómia” fogalmát, amely olyan jelenségek összefoglaló neve, ahol a szociális kohéziót garantáló normák a társadalmi munkamegosztás jelentős kiterjedése során válságba kerülnek. A termelési mód nagy változásaihoz társuló társadalmi trendek adják a német szociológiai iskola gondolkodásának alapját is: A pénz lozó ájában (1900) Georg Simmel nagy gyelmet szentelt a társadalmi intézmények dominanciájának az egyének felett, és az emberi kapcsolatok egyre növekvő elszemélytelenedésének; Max Weber pedig Gazdaság és társadalom (1922) című művében hosszan elemezte a társadalom „bürokratizálódásának” jelenségét, az emberi kapcsolatokban eluralkodó „ésszerűséget”, amit a kapitalizmus lényegének tekintett. Ám ezek a szerzők mindnyájan úgy gondolták, hogy megállíthatatlan tendenciákat írnak le. Észrevételeiket gyakorta a fennálló társadalmi és politikai rend javításának vágya árnyalta, de semmi esetre sem az a törekvés, hogy ezt a rendet egy másikkal váltsák fel.

II. Az elidegenedés újrafelfedezése
Az elidegenedéselmélet újrafelfedezése Lukács Györgynek köszönhető, aki a Történelem és osztálytudat (1923) című munkájában Marx A tőkéjének (1867) bizonyos részeire – mindenekelőtt az áru fétisjellegéről (Der Fetischcharakter der Ware) szólókra – hivatkozott, és bevezette az „eldologiasodás” terminusát (Verdinglichung) annak a jelenségnek a leírására, amelynek keretében a munkatevékenység valamiféle független, objektív létezőként kerül szembe az emberi lényekkel, és autonóm, külső törvények szerint uralkodik el rajtuk. A lényegét tekintve azonban Lukács elmélete még a hegeli teóriához hasonlított, hiszen az eldologiasodást valamiféle strukturális adottságnak tekintette. Jóval később, mikor a lukácsi szöveg francia fordításának1 megjelenését követően a diákok és baloldali aktivisták gyelmének fókuszába került, Lukács úgy döntött, hogy az új kiadás- ban egy hosszú, önkritikus előszót illeszt a szöveg elé (1967), amelyben kifejtette, hogy a Történelem és osztálytudat Hegelt követve tesz egyenlőségjelet az elidegenedés és az eldologiasodás közé.2

Az 1920-as évek során egy másik szerző, Iszaak Iljics rubin is erre a kérdésre összpontosított, mikor az Esszék Marx értékelméletéről (1928) című munkájában azt írta, hogy az árufetisizmus elmélete volt „Marx teljes gazdaságtani rendszerének, és különösen értékelméletének a magja”.3 Az orosz szerző véleménye szerint a társadalmi kapcsolatok eldologiasodása „az árutermelő-kapitalista gazdaság valóságos ténye”.4 Ez „a termelési viszonyok »anyagiasulása« nem csupán valamiféle »miszti káció« vagy illúzió. Ez a mai társadalom gazdasági struktúrájának egyik jellemzője […] A fetisizmus nem csupán a társadalmi tudat, hanem a társadalmi létezés egyik jelensége is.”5

Minden éleslátása ellenére – jövőbelátása kétségtelen, ha belegondolunk, hogy milyen időszakban írt – rubin munkássága nemigen járult hozzá az elidegenedés elméletének ismertségéhez; Nyugaton csupán az 1972-es angol fordítás (majd az angolról készülő más fordítások) megjelenése után fedezték fel.

A korszakos pillanat, amely végül forradalmasította az elidegenedéselmélet terjedését, 1932-ben jött el, mikor megjelent a Gazdasági-lozó ai kéziratok 1844-ből, a atal Marx addig kiadatlan írása. A könyvecske hamarosan a XX. század egyik legtöbb nyelvre lefordított, legszélesebb körben terjesztett és megvitatott lozó ai munkája lett, és feltárta, hogy Marx – amikor gazdasági elképzelései formálódtak, és a maga számára felfedezte a politikai gazdaságtant – milyen központi szerepet tulajdonított az elidegenedés elméletének.6 Hiszen az elidegenedett munka (entfremdete Arbeit)7 kategóriájával Marx nem csupán kiterjesztette az elidegenedés problematikáját a filozóai, vallási és politikai szféráról az anyagi termelés területére, de azt is megmutatta, hogy a gazdasági szféra megértése elengedhetetlen ahhoz, hogy más területeken megérthessük és meghaladhassuk ezt az elidegenedést. A Gazdasági-filozófiai kéziratok 1844-ből oldalain az elidegenedés olyan jelenségként mutatkozik, amelyben a munka terméke „valamiféle idegen, a teremtőtől független hatalomként” áll szemben a munkával. Marx számára „A munkásnak a maga termékében való külsővé-idegenné válása nemcsak azzal a jelentőséggel bír, hogy munkája tárggyá, külső exisztenciává válik, hanem, hogy rajta kívül, tőle függetlenül, idegenül exisztál és vele szemben önálló hatalommá válik, hogy az élet, amelyet a tárgynak kölcsönzött, ellenségesen és idegenül lép vele szembe.”8

Ezen általános meghatározás mellett Marx négyféle módozatát különböztette meg annak, ahogy a munkás a burzsoá társadalomban elidegenedik:

miközben gazdasági elképzelései formálódtak, és a maga számára felfedezte a politikai gazdaságtant

  1. a munkája termékétől, amely „rajta hatalommal bíró, idegen tárggyá válik”;
  2. munka aktusában, amelyet úgy érzékel, mint „amit saját maga ellen fordított” , vagy „amely nem övé”;9
  3. az ember „nembeli jellegétől”, amely „neki idegen lényeggé” válik;
  4. a más emberi lényektől, valamint „a másik ember munkájától és munkájának termékétől”.10

Hegellel ellentétben Marx számára az elidegenedés nem volt egybevágó az eltárgyiasulással mint olyannal, hanem sokkal inkább a gazdaság egy adott formájának sajátos jelensége: a bérmunkáé, amelynek folyamán a munka terméke saját termelőjével szemben álló tárggyá válik. E két álláspont között óriási politikai távolság van. Míg Hegel szemében az elidegenedés a munka ontológiai megnyilvánulása, Marx a termelés egy adott, kapitalista korszakára vonatkoztatja, és úgy látja, hogy meghaladható, „a társadalomnak a magántulajdontól való emancipációja” által.11 Hasonló megjegyzéseket tett, mikor James Mill Elements of Political Economy című könyvét jegyzetelte ki:

„Munkám szabad életnyilvánítás lenne, ezért az élet élvezete. A magántulajdon előfeltétele mellett munkám élet külsővé-idegenné válása, mert azért dolgozom, hogy éljek, hogy megszerezzem magamnak az élet eszközét. Munkám nem élet. A munkában ezért igenelve lenne az én egyéniségem sajátossága, mert az én egyéni életem igenelve lenne. A munka tehát igazi, tevékeny tulajdon lenne. A magántulajdon előfeltétele mellett az én egyéniségem addig a pontig külsővé-idegenné vált, hogy ez a tevékenység számomra gyűlöletes, gyötrődés és éppenséggel csak a látszata egy tevékenységnek, ezért egy csak kényszerű tevékenység is, és csak egy külsőleges véletlen szükség, nem egy belső szükségszerű szükség által van rám kiróva.”12

Vagyis Marx még ezekben a töredékes, sokszor kétségekkel teli korai írásaiban is mindig történelmi, és nem természeti jelenségként értelmezte az elidegenedést.

III. Az elidegenedés nem marxista értelmezései
Mindazonáltal sok időnek kellett eltelnie, hogy gyökeret verhessen az elidegenedés egy történeti alapú, nem ontológiai jellegű koncepciója. A XX. század elején a legtöbb a témával foglalkozó szerző az emberi lét univerzális jelenségeként tekintett az elidegenedésre. Martin Heidegger például a Lét és idő című könyvében (1927) tisztán lozó ai szempontból közelítette meg. Elidegenedés-fenomenológiájában a „hanyatlás” (Verfallen) kategóriáját használta; a jelenvaló-létnek az a tendenciája, hogy belevesszen az őt körülvevő világ hiteltelensé- gébe és konformizmusába. Heidegger számára „a világra hanyatlás az együtt-való-létezőbe beolvadást jelenti, amennyiben ez utóbbit a felszínes fecsegés, a kíváncsiskodás és a homályosság vezéreli” – nos, mindez meglehetősen távol esik a gyári munkások helyzetétől, ami Marx elméleti megfontolásainak homlokterében állt. Sőt, Heidegger ezt a „hanyatlást” nem tekinti valamiféle „rossz, megvetendő tényleges tulajdonságnak, amelyen netán az emberi kultúra egy magasabb fokra hágva túlléphet”, hanem sokkal inkább ontológiai jellemzőnek, „a világban-levés létformájának”.13

Heideggerrel ellentétben Herbert Marcuse behatóan ismerte Marx munkásságát, az elidegenedést mégis a tárgyiasulással mint olyannal azonosította, nem pedig annak a kapitalista termelési viszonyok közötti megnyilvánulásával. Egy 1933-ban megjelent esszéjében úgy érvel, hogy „a munka terhessége”14 nem tulajdonítható pusztán „a munkateljesítmény speci kus körülményeinek, a munka társadalmi-technikai strukturálásának”,15 hanem alapvető jellemzője.

„A munka során a dolgozó mindig »a dologtól függ«: akár egy gép mellett áll, tervrajzokat készít, szervezeti kérdésekkel foglalkozik, tudományos problémákat kutat, embereket irányít, stb. Tevékenységében átengedi magát a dolog irányításának, aláveti magát és engedelmeskedik a törvényeinek, még akkor is, ha domináns szerepe van tárgya felett […] Soha sem »önmagától függ« […] hanem »mástól, mint önmagától« – még akkor is, ha saját akaratából felvállalt élete szükségleteit elégíti ki. Az emberi létezés eme külsődlegessé válása és elidegenedése […] alapvető és kiküszöbölhetetlen.”16

Marcuse számára „a munkatevékenység veleszületett negatív vonást” hordoz, ami „az ember lét legalapvetőbb lényege”.17 Az elidegenedés kritikája ezáltal általában véve a technológia és a munka kritikájává szélesedik, amelynek meghaladása csakis a játék keretei között képzelhető el, amikor az emberek elérhetik azt a szabadságot, amelyet a termelő tevékenység megtagadott tőlük. „A labda egyetlen pöccintésével a játékos végtelenül nagyobb mértékben tapasztalja a szabadság diadalát az eldologiasodás felett, mint a technikai munka akár legtökéletesebb elvégzésében.”18

Az Eros and Civilization (Érosz és civilizáció) című könyvében (1955) Marcuse szembeötlő távolságot tart a marxi koncepciótól, mikor azt állítja, hogy az ember felszabadulása csakis a munka eltörlésével, illetve a libidónak és a játéknak a társadalmi kapcsolatokban való megerősítésével érhető el. Egy az egyben elvetette annak minden lehetőségét, hogy a termelőeszközök társadalmi tulajdonán alapuló társadalom meghaladhatná az elidegenedést. Véleménye szerint általában véve a munka, és nem speci kusan a bérmunka „egy olyan apparátusnak végzett munka, amelyet ők [a népesség túlnyomó többsége] nem kontrollálhatnak, ami olyan tőlük független hatalomként jelenik meg, amelynek az egyének, ha élni akarnak, alá kell hogy vessék magukat. Ez pedig annál idegenebbé válik, minél specializáltabb lesz a társadalmi munkamegosztás […] A munka […] az elidegenedésben a kielégülés hiányát és az élvezet princípiumának tagadását jelenti.”19

Az a központi fontosságú norma, ami ellen az embereknek lázadniuk kellene, a társadalom által rájuk erőltetett „teljesítmény elve”. Hiszen Marcuse szerint „a szexualitás és a civilizáció közötti kon iktus e dominancia fejlődésével mélyül el. A teljesítményelv igájában a testet és az elmét az elidegenedett munka szerszámaivá teszik; ilyen szerszámokként pedig csupán akkor funkcionálhatnak, ha lemondanak arról a libidós szubjektum-objektum szabadságról, amely eredendően maga az emberi organizmus, és a vágyai […] Az ember […] az elidegenedett teljesítmény eszközeként létezik.”20

Így még ha igazságosan és racionálisan is szervezik meg az anyagi termelést, „az sosem lehet a szabadság és az elégedettség világa […] Csak a munkán kívül eső szféra az, amely szabadságot és kielégülést nyújthat”.21 Marcuse alternatívája szerint meg kell haladni a Marx szívének oly kedves prométheuszi mítoszt, és közeledni a dionüszoszi perspektívához: „az érosz felszabadításhoz”.22 Freuddal szemben, aki a Rossz közérzet a kultúrában (1929) című kötetében úgy vélekedett, hogy egy nem represszív társadalomszervezet az emberi kapcsolatokban elért kulturális szint veszedelmes hanyatlását hozná, Marcuse meg volt győződve arról, hogy ha az ösztönök felszabadítására egy technológiailag fejlett „szabad társadalomban”,23 az emberiesség szolgálatában kerül sor, akkor ez nem csupán haladást jelent, de „új, tartós munkaviszonyokat” is kialakít.24 Ám arról, hogy miként fog kialakulni ez az új társadalom, Marcuse csak meglehetősen ködös és utópisztikus jóslatokkal szolgált. Végül általában a technológia dominanciáját kriti- zálta, vagyis elidegenedéskritikája immár nem a kapitalista termelési mód ellen irányult, és a társadalmi változásokkal kapcsolatban annyira pesszimista lett, hogy a munkásosztályt is azon rétegek közé sorolta, amelyek a rendszert védelmezik.

A frankfurti iskola két vezéralakja, Max Horkheimer és Theodor Adorno szintén kialakították a maguk teóriáját a tömegmédia által megkövetelt invazív társadalmi kontroll és manipuláció szülte elidegenedésről. A felvilágosodás dialektikájában (1944) úgy érveltek, hogy „a technológiai racionalitás maga az uralom racionalitása. Nem más ez, mint az önmagától elidegenedett társadalom kényszerítő természete.”25 Vagyis a mai kapitalizmusban még a szabadidőt – a munkától megszabadított időt – is magukba olvasztották a konszenzust újratermelő mechanizmusok.

A II. világháborút követően az elidegenedés koncepciója utat talált a pszichoanalízisbe is. Alkalmazói Freud azon elképzeléséből indultak ki, hogy az ember rákényszerül a természet és a kultúra közötti választásra, és ezért, hogy a civilizáció biztosítékait élvezhesse, szükségszerűen el kell fojtani ösztöneit.26 Akadtak pszichológusok, akik összekötötték az elidegenedést és azokat a pszichózisokat, amelyeket egyesekben e választási kényszer okozott. Ezzel az elidegenedés teljes, terjedelmes problematikáját egyetlen, pusztán szubjektív jelenségre degradálták.

A pszichoanalízis szempontjából az elidegenedést legalaposabban Erich Fromm vizsgálta. Legtöbb kollégájával ellentétben ő soha nem választotta el az elidegenedés megnyilvánulásait a kapitalizmus történeti kontextusától; a The Sane Society (1955; magyarul: Utak egy egészséges társadalom felé. Napvilág Kiadó, Budapest, 2010) és a Marx’s Concept of Man (Marx emberképe, 1961) című könyveiben e koncepció segítségével igyekezett hidat verni a pszichoanalízis és a marxizmus közé. Ám még Fromm is mindig a szubjektivitásra tette a fő hangsúlyt; koncepciója szerint az elidegenedés „olyan tapasztalási mód, amelyben az individuum önmagát idegenként tapasztalja meg”27 – és így továbbra is túlságosan szűkre, az egyénire fókuszál. Sőt, a marxi elidegenedéselmélet leírásában Fromm kizárólag a Gazdasági- filozófiai kéziratok 1844-ből koncepciójára alapoz, és így alapjában véve nem látja meg, hogy az elidegenedett munka gondolata milyen speci kus és központi szerepet kap Marx egész gondolkodásában. Ez a hiátus megakadályozta Frommot, hogy komolyabb gyelmet fordítson az objektív elidegenedésre (a munkás elidegenedésére saját munkájának termékétől a munkafolyamatban), és így olyan álláspontokat védelmezett, amelyek a mögöttes struktúrák gyelmen kívül hagyása miatt látszanak kétesnek.

„Marx úgy vélte, hogy a munkásosztály a leginkább elidegenedett osztály […] Nem látta előre, hogy az elidegenedés milyen óriási mértékben válik az emberek túlnyomó többségének végzetévé […] Hogy tovább ne menjünk, a hivatalnok, a bolti eladó, az ügyintéző ma jóval inkább elidegenedettek, mint a szakképzett zikai munkás. Az utóbbi tevékenysége még mindig függ olyan bizonyos személyes minőségektől, mint gyakorlottság, megbízhatóság stb., és nem kényszerül »személyiségét«, mosolyát, véleményét a piacra dobni.”28

Az egyik legfontosabb nem marxista elidegenedéselmélet Jean-Paul Sartre-hoz és a francia egzisztencialistákhoz kapcsolódik. Az 1940-es években a háború borzalmai és az azokból fakadó crise de conscience következében az elidegenedés jelensége – részben Alexandre Kojève újhegelianizmusának hatására29 – gyakorta visszaköszönő referenciává vált mind a lozó ában, mind a szépirodalomban. Ám a koncepció ezúttal is sokkal általánosabb volt, mint Marxnál, a társadalomban élő ember egyfajta diffúz elégedetlenségével azonosították, az emberi individualitás és a tapasztalatok világa közötti szakadásként, lebírhatatlan condition humaine-ként tekintettek rá. Az egzisztencialista lozófusok nem tulajdonítottak semmiféle társadalmi gyökeret az elidegenedésnek, és úgy látták, hogy az elkerülhetetlen velejárója minden „fakticitásnak” (kétségtelen, hogy ezekben a véleményekben nagy szerepe volt a szovjet kísérlet bukásának is), és az emberi különbözőségnek. 1955-ben Jean Hippolyte ezt így fogalmazta meg az irányzat egyik legjelentősebb munkájában:

„[Az elidegenedés], úgy tűnik, nem redukálható pusztán az embernek a kapitalizmusban való elidegenedésére, ahogy azt Marx értette. Ez utóbbi csak egyik vonatkozása az emberi öntudat sokkal egyetemesebb problémájának, amely képtelen magát elszigetelt cogitóként felfogni, és csupán egy saját maga által konstruált világban tudja felismerni magát, a többi létezőben, akiket elismer, illetve időnként elutasít. De a Másikban való önfelismerésnek ez a formája, ez a tárgyiasítás, többé-kevésbé mindig elidegenedés, önazonosság vesztése és egyidejű önfelismerés. Így a tárgyiasulás és az elidegenedés nem elválaszthatóak, egységük pedig egyszerűen a magában a történelmi folyamatban jelentkező dialektikus feszültség kifejeződése.”30

Marx az emberi alávetettségnek egy kritikáját fejlesztette ki, amely ellenséges álláspontra helyezkedett a kapitalista termelési módokkal szemben. Az egzisztencialisták ellenkező irányú csapást követtek, és igyekeztek Marx munkásságának azon részeit koncepciójukba integrálni, amelyeket hasznosnak láttak egy minden speci kus történeti kritikától megfosztott, pusztán lozó ai jellegű diskurzus számára.31

IV. A atal Marx elidegenedésről szóló írásai körüli vita
Az elidegenedésről kibontakozott franciaországi vitában gyakran hivatkoztak Marx elméletére. Ám többnyire csupán a Gazdasági-filozófiai kéziratok 1844-ből téziseire koncentráltak; még A tőke azon fejezetei sem kerültek fókuszba, amelyekre Lukács támaszkodott az eldologiasodás elméletének kidolgozásakor. Sőt, az 1844-es Kéziratok kontextusából néhány mondatot kiragadtak, és olyan szenzációs idézetekként lobogtattak, amelyek állítólag egy „új Marx” létét igazolták, akit átitatott a lozó a, viszont mentes attól a közgazdasági determinizmustól, amelyet a kritikusok (néha anélkül, hogy olvasták volna) A tőkének tulajdonítottak. Továbbra is az 1844-es szövegre alapozva a francia egzisztencialisták messze a legnagyobb hangsúlyt az önelidegenedésre (Selbstentfremdung) tették, vagyis a munkás elidegenedésére az emberi nemtől, a többi embertől – azaz egy olyan jelenségre, amit Marx is tárgyalt atalkori írásaiban, de mindig az objektív elidegenedéshez kötve.

Ugyanez a szembetűnő hiba jellemzi a II. világháború utáni politikaelmélet kulcs gurájának, Hannah Arendtnek vonatkozó munkásságát. A The Human Condition című 1958-as írásában ő is a Gazdasági-filozófiai kéziratok 1844-ből köré szervezve ábrázolja Marx elidegenedéskoncepcióját, és még az abban Marx által említettek közül is egyetlen típust emel ki: a szubjektív elidegenedés kategóriáját. Ennek alapján állítja, hogy „a kisajátítás és az emberalkotta világ elidegenedése egybevágóak; és a modern kor, a játékban résztvevők szándékától alaposan eltérve, azzal kezdődött, hogy a népesség bizonyos rétegeit elidegenítette a világtól. […] A világ-elidegenedés jelzi a modern kor kezdetét, és nem az önelidegenedés, ahogy azt Marx gondolta.”32

Annak bizonyítékául, hogy nemigen ismeri Marx érettebb kori munkásságát, Arendt nem A tőke soktucatnyi idevágó, fontos mondatából idéz, és nem is a nagy művet előkészítő számos kéziratból, hanem egy igen korai Marx-írásból, az 1842-ben írott Viták a falopási törvényről című cikkből, azt igazolandó, hogy Marx számára „nem volt teljesen ismeretlen, hogy milyen hatásai vannak a világtól való elidegenedésnek a kapitalista társadalomban”. Arendt mindebből arra a meglepő következtetésre jutott, hogy „az efféle alkalmi megfontolások csekély szerepet kaptak az életműben, amely határozottan megmaradt a kor extrém szubjektivizmusában”.33 Hogy Marx mikor és hogyan állította előtérbe az „önelidegenedést” a kapitalista társadalom elemzése során, olyan titok, amelyről Arendt soha, egyetlen írásában sem lebbentette fel a fátylat.

Az 1960-as években a Gazdasági-filozófiai kéziratok 1844-ből elidegenedéskoncepciója vált a vita legfontosabb tárgyává a marxi életmű értelmezése során. Sokan állították, hogy éles határvonal húzódik a „ atal Marx” és az „érett Marx” között – ezt a szándékolt, mesterséges szembeállítást azok is elfogadták, akik a korai, lozó ai munkákat kedvelték, és azok is, akik szemében csakis A tőke írója volt a hiteles Marx (így Louis Althusser és az orosz tudósok). Míg az előbbiek a Gazdasági-filozófiai kéziratok 1844-ből elidegenedéselméletét a marxi társadalomkritika leglényegesebb elemévé emelték, az utóbbiak nemegyszer kifejezett „elidegenedésfóbiában” szenvedtek, és előbb a koncepció relevanciáját igyekeztek kisebbíteni,34 vagy amikor ez a stratégia már nem volt járható út, az egész elidegenedéstémát úgy írták le, mint „ifjonti ballépést, hegeliánus maradványt”,35 amelyen utóbb maga Marx is túllépett. Az első táborba tartozók nem törődtek azzal, hogy az 1844-es kéziratokat egy olyan huszonhat éves atalember írta, aki éppen csak belekezdett komolyabb tanulmányaiba; eközben a másik tábor hívei továbbra sem fogadták el a marxi elidegenedéselmélet fontosságát, még akkor sem, amikor újabb és újabb szövegek jelentek meg, jelezve a nem szűnő érdeklődést, és rámutatva, hogy ez a teória milyen jelentőséget kapott Marx munkásságának különböző szakaszaiban.

Azt tagadni – ahogy pedig sokan tették –, hogy a Gazdasági-filozófiai kéziratokban az elidegenedés elmélete Marx gondolkodásának súlyponti eleme, nyilvánvalóan helytelen, és valójában munkásságának nemismeretéről árulkodik.36 Ugyanakkor, amikor Marx az elidegenedésről megjelentetett írások következtében ismét a világ lozó ai irodalmának leggyakrabban vitatott és hivatkozott szerzőjévé vált, a tézist és a körülötte folyó vitákat a Szovjetunióban övező csend világosan megmutatta, hogy Marx írásai ott milyen instrumentális szerepet kaptak. Azt, hogy az elidegenedés létezhet a Szovjetunióban vagy szatellit államaiban, egy az egyben elutasították, és ezért bármilyen, a témával foglalkozó szöveget komoly gyanakvással kezeltek. Ahogy Henri Lefèbvre megjegyezte: „a szovjet társadalomban márpedig az elidegenedés kérdése nem kerülhet többé napirendre. A hatalom felsőbb parancsára, az Állam nevében, ennek a koncepciónak pusz- tulnia kell!”37 Ezért aztán az 1970-es években a „szocialista tábor” szerzői közül csak igen kevesen szenteltek bármiféle gyelmet ennek a problémának.

Egy sor ismert nyugati szerző szintén alaposan alulértékelte a jelenség összetettségét. Lucien Goldmann például úgy vélte, hogy az elidegenedés akár az adott társadalmi-gazdasági körülmények között is meghaladható, és Recherches dialectiques (Dialektikus kutatások, 1959) című művében azt bizonygatta, hogy az elidegenedés pusztán a tervgazdálkodás hatására eltűnik vagy legalábbis visszaszorítható: „Az eldologiasodás valójában olyan jelenség, amely szorosan kötődik a tervezés hiányához, a piaci termeléshez”; a keleti szovjet politika és a nyugati keynesiánus politikák eredményeként „az előbbiek esetében megszűnt, az utóbbiaknál pedig progresszíven csökkent az eldologiasodás”.38

A történelem beigazolta, hogy ezek a jóslatok milyen tévesek voltak.

V. Az elidegenedés elméletének ellenállhatatlan vonzereje
Az 1960-as években valóságos divattá váltak az elidegenedéselméletek, és világszerte könyvek és tanulmányok százai tárgyalták őket. Egyszerűen ez volt az elidegenedés aranykora. A legkülönbözőbb politikai irányultságú és szakterületű szerzők azonosították hatását az áruvá válásban, a túlzott specializálódásban, az erkölcsök lazulásában, a bürokratizálódásban, a konformizmusban, a konzumerizmusban, az én feloldódásában az új technológiák közepette vagy akár a személyes elszigetelődésben, az apátiában, a társadalmi vagy etnikai marginali- zálódásban és a környezetszennyezésben.

Az elidegenedés koncepciója tökéletesen kifejezni látszott a kor szellemét, és valóban: a kapitalista társadalommal szembeni kritikája mind a szovjetellenes lozó ai marxizmus, mind a katolikus világ legdemokratikusabb és legprogresszívebb elemei számára afféle közös ponttá tette. Mindazonáltal az elmélet népszerűsége és lépten-nyomon való alkalmazása jókora terminológiai zűrzavart eredményezett.39 Az elidegenedés néhány év leforgása alatt olyan üres formulává kopott, amely átfogta az emberi boldogtalanság teljes spektrumát – olyan egyetemessé, hogy ez önmagában is megváltoztathatatlannak állította be.40

Guy Debord 1967-ben megjelent könyve, A spektákulum társadalma, amely kiadását követően pillanatok alatt a rendszer ellen lázadó diákok nemzedéki kiáltványa lett, az elidegenedés elméletét a nem anyagi termelés kritikájával kapcsolta össze. Horkheimer és Adorno azon téziseire alapozva, amelyek szerint a társadalmi renddel való konszenzus termelése kiterjed a szórakoztatóiparra és a szabadidőre is, Debord azt állította, hogy a munkán kívüli szférát többé nem lehet a termelő tevékenységtől különálló valamiként értelmezni:

„Míg a tőkefelhalmozás primitív szakaszában »a nemzetgazdaság a proletárt […] csak mint munkást szemléli«, akinek elég megkapnia a feltétlen minimumot, hogy újratermelhesse a munkaerejét, és sohasem tekinti őt »munkán kívüli idejében mint embert«, addig az uralkodó osztály ezen elképzelései azonnal a fejük tetejére állnak, mihelyt az árutermelés a bőség olyan szintjére jut, ahol a munkástól már többlet-együttműködés kívántatik meg. Így munkásunk, akit a ter-melés egész szerveződése és felügyeleti rendszere addig csakis teljes megvetésben részesített, hirtelen azt találja, hogy mihelyt a munkáját leadta, keresett udvariassággal, felnőttként kezelik – mint fogyasztót. Eljutottunk oda, hogy az áru humanizmusa áll ki a munkások »munkán kívüli idejéért és emberi mivoltáért«, s ez egyszerűen azért lehet így, mert mostantól a politikai gazdaságtannak, politikai gazdaságtan mivoltában, lehetősége és kötelessége uralkodni e szférák felett is.”41

Debord szerint a gazdaság dominanciája a társadalmi lét felett kezdetben olyan folyamat volt, „amelynek révén a lét birtoklássá fokozódott le”, addig a „mostani szakasz […] újabb elmozdulást tesz szükségszerűvé, a birtoklástól a »látszás« felé”.42 Ezért állította Debord éppen a spektákulum világát vizsgálódása középpontjába: „A spektákulum társadalmi szerepe az elidegenedés konkrét előállítása”;43 ez az a jelenség, amelyben „az árufetisizmus elvének tökéletes beteljesülése” végbemegy.44 Ilyen körülmények között az elidegenedés olyan mértékben erősítette meg magát, hogy végül izgalmas élménnyé vált az egyének számára, a nép olyan új ópiumává, amely fogyasztásra, a „létező feltételekkel való azonosulásra”45 késztet, és arra, hogy tovább lépjenek saját vágyaiknál és valódi létüknél:

„A spektákulum a fejlődésnek az a foka, amikor az áru bevégzi a társadalmi lét teljes leigázását. […] A modern gazdasági termelés diktatúrája egyszerre növekszik extenzív és intenzív módon. […] A »második ipari forradalomnak« ebben a szakaszában, az elidegenedett termelés mellett, immár az elidegenedett fogyasztás halmazati kötelessége is terheli a tömegeket.”46

Debord nyomdokain haladva Jean Baudrillard is a kései kapitaliz- musban történt társadalmi változások kritikai értelmezésére használta az elidegenedés koncepcióját. 1970-ben megjelent La Société de consommation (A fogyasztás társadalma) című könyvében távolságot tart a termelést a fókuszba helyező marxista koncepciótól, és a fogyasztást tekinti a modern társadalom legfontosabb aspektusának. A „fogyasztás kora”, mikor a reklámok és a közvélemény-kutatások mesterséges igényeket és tömeges konszenzust generálnak, egyben az „elidegenedés kora” is volt.

„Az áru logikája általánossá vált, és ma már nem csupán a munkafolyamatokat és az anyagi termékeket határozza meg, de a teljes kultúrát, szexualitást, az emberi kapcsolatokat, ideértve még a fantáziát és az egyéni motivációkat is […] Minden spektakularizálódott, vagy más szavakkal imidzseket, jeleket, fogyasztási modelleket ébreszt, provokál ki és igazgat.”47

Baudrillard politikai tanulságai mindazonáltal meglehetősen zavarosak és pesszimisták voltak. A tömeges társadalmi erjedés láttán úgy gondolta, hogy „1968 lázadói […] túlzott mértékben tárgyiasították a tárgyakat és fogyasztásukat, mikor diabolikus természetet tulajdonítottak nekik”. Véleménye szerint „az »elidegenedés« körüli összes hajcihő, az összes pop-art és anti-art gúnyolódás” pusztán „a játszma részét képező vádaskodás: a kritikai maskarádé, az az ellentörténet, amelytől maga a történet kerekké válik”.48 Így, messzire jutva a marxizmustól, amely számára a munkásosztály a világ megváltoztatásának referenciapontja, Baudrillard egy messianisztikus felhívással zárta könyvét, amely éppoly általános volt, mint amilyen kérészéletű: „Várnunk kell tehát az erőszakos robbanásokra, a hirtelen földindulásokra, amelyek éppoly váratlanok és megjósolhatatlanok lesznek, mint 1968 májusa”.49

VI. Az elidegenedéselmélet az amerikai szociológiában
Az 1950-es években az elidegenedés koncepciója az észak-amerikai szociológusok szótáraiban is megjelent, ám ők egészen másként közelítették meg tárgyukat, mint európai kortársaik. A mainstream szociológia egyéni emberi problémaként, és nem társadalmi viszonyként tekintett az elidegenedésre,50 és a megoldását abban keresték, hogy az egyének miként tudnak alkalmazkodni a fennálló rendhez, nem pedig a társadalom megváltoztatásának kollektív aktusaiban.51

Itt is hosszú időnek kellett bizonytalanságban eltelnie, mielőtt kialakult egy világos, általánosan elfogadott meghatározás. Néhány szerző pozitív jelenségként tekintett az elidegenedésre, a kreativitást kifejező olyan eszközként, amely általában véve hozzátartozik az emberként létezéshez.52 Az is általánosan elfogadott elképzelés volt, hogy az elidegenedés az egyén és a társadalom közötti szakadás eredménye.53 Seymour Melman például a döntések megformálódása és végrehajtása közötti törésből vezette le az elidegenedést, és megállapította, hogy az egyaránt érinti a munkásokat és a menedzsereket.54 Az A Measure of Alienation (Az elidegenedés felmérése, 1957) című tanulmányában, amely az elméletről szóló vitát harangozta be az American Sociological Review hasábjain, Gwynn Nettler közvélemény-kutatással próbált de níciót adni. Ám szöges ellentétben a munka körülményeit célzó munkásmozgalmi gyökerű felmérésekkel, az ő kérdőívei láthatóan sokkal inkább a korabeli mccarthysta kánonból, mintsem a tudományos kutatás igényéből merítettek inspirációt.55 Nettler az elidegenedéslényegében az amerikai társadalom konzervatív értékeinek eluta- sításával azonosította: „népszerűtlen averziók tartós fenntartása a családközpontúsággal, a tömegmédiával és a közízléssel, a jelenlegi eseményekkel, a népszerű ismeretterjesztéssel, a hagyományos vallással, a céltudatos életformával, a nacionalizmussal és a választási rendszerrel szemben”.56

Az amerikai szociológiai paradigma konceptuális szűkössége csak Melvin Seeman rövid cikkének, az On the Meaning of Alienation (Az elidegenedés jelentéséről) című írásnak 1959-es megjelenése után kezdett enyhülni, amely gyorsan a szakterület művelőinek kötelezo referenciájává vált. Az elidegenedés öt fő típusát – hatalomnélküliség, jelentésnélküliség (vagyis az embert körülvevő események értelmének meglátására való képtelenség), normátlanság, elszigeteltség és önelidegenedés57 – listája azt mutatja, hogy ő is elsődlegesen szubjektív nézőpontból közelítette meg a kérdést. Ehhez hasonló robert Blauner értelmezése is Alienation and Freedom (Elidegenedés és szabadság, 1964) című munkájában. Szerinte az elidegenedés „a személyes tapasztalatok egy minősége, amely speci kus társadalmi leosztásokból ered”,58 bár kiterjedt kutatásai hatására okaiként „az óriási szervezetekben való munkát, és az ipari társadalmakat átitató személytelen bürokráciát” találta meg.59

Az amerikai szociológia ezt követően általában olyan, alapvetően az emberi tudatosságot érintő jelenségként tekintett az elidegenedésre, ami az ipari termelés rendszeréhez kötődik, függetlenül attól, hogy ez a termelés kapitalista-e vagy szocialista.60 Ez a megközelítés természetesen végképp leértékelte, illetve gyelmen kívül hagyta az elidegenedést meghatározó történelmi-társadalmi faktorokat, és egy olyan hiperpszichologizálást eredményezett, amely az elidegenedést nem társadalmi problémaként, hanem egyének patologikus tünetegyüttesének értelmezte, és ennélfogva egyéni szinten vélte kezelhetőnek.61 Míg a marxista gondolkodásban az elidegenedés koncepciója a kapitalista termelési móddal szembeni legélesebb kritikák elemét képezte, a szociológia birodalmában intézményesülve pusztán a társadalmi normáknak való egyéni meg nem felelés jelenségévé redukálódott. Ehhez hasonlóan az a kritikai dimenzió, amit az elmélet a lozó ában kapott (még az olyan gondolkodóknál is, akik meghaladhatatlannak feltételezték), a szociológiában illuzórikus semlegességnek adta át a helyét.62

E metamorfózis további hatása a koncepció elméleti elszegényedése volt. Az ember munkatevékenységéhez, társadalmi és intellektuális létéhez kapcsolódó komplex jelenségből az elidegenedést olyan parciális kategóriává fokozták le, amelyet azután a különféle kutatási specializációk igényei szerint szabdaltak fel.63 Az amerikai szociológusok azzal érveltek, hogy e metodológiai választás következtében politikai felhangoktól mentesen, a tudományos objektivitás fényében elemezhették az elidegenedést. Valójában azonban ennek az apolitikus „fordulatnak” magától értetődően megvoltak a politikai implikációi, hiszen az ideológiamentesség és az értéksemlegesség büszke lobogói mögött a domináns értékek és az uralkodó társadalmi rend védelmezése húzódott meg.

Vagyis az elidegenedés marxista és amerikai szociológiai felfogásának értelmezése között nem az volt a különbség, hogy az előbbi politikai, míg az utóbbi tudományos alapokon áll. Inkább arról volt szó, hogy míg a marxisták olyan értékeket vallottak, amelyek ellenségesen álltak szemben az amerikai társadalom domináns értékeivel, addig az amerikai szociológusok a fennálló társadalmi rend értékeit védelmezték, és azokat ügyesen az emberiség örökkévaló értékeiként állították be.64 Az amerikai tudományos közéletben az elidegenedés elmélete valódi torzításon ment keresztül, hogy végül éppen azon társadalmi osztályok apologétái használják fel, amely osztályok ellen oly régóta irányult.65

VI. Az elidegenedés A tőkében és az azt előkészítő kéziratokban
Marx saját írásai igen fontosak voltak azok számára, akik ezzel a problémával foglalkoztak. A gyelem kezdetben a Gazdasági-filozófiai kéziratok 1844-ből körül összpontosult, de azután új szövegek megjelenésével lehetőség nyílt alaposabban rekonstruálni e gondolat kifejlődését.

Az 1840-es évek második felétől Marx nem használta sűrűn az „elidegenedés” kifejezést; ez alól kivételt jelent első könyve, A szent család (1845), amelyet Engelsszel közösen írt, ahol némely Bruno és Edgar Bauerrel szembeni polémiában jelenik meg a szó, illetve A német ideológia (1845–46) egy bekezdése, amelyet szintén Engelsszel írt. Miután elvetette A német ideológia kiadásának gondolatát, Marx A bérmunka és tőke hasábjain tért vissza az elidegenedés elméletéhez. Ez a füzet Marxnak a brüsszeli Német Munkások Ligájában 1847-ben tartott előadásain alapult, de azokban nem jelent meg az elidegenedés kifejezés, hiszen túl elvont lett volna a célközönség számára. Ezekben a szövegekben Marx arról írt, hogy a bérmunka nem tartozik a munkás saját „élettevékenységéhez”, hanem „életének feláldozását” testesíti meg. A munkaerő olyan áru, amelyet a munkásnak „életéért cserében” el kell adnia, és „tevékenységének terméke ezért nem is célja tevékenységének”.66 „És a munkás, aki tizenkét órán át sző, fon, fúr, esztergál, épít, lapátol, követ tör, terhet hord stb. – vajon élete megnyilvánulásának, életnek tekinti-e ezt a tizenkét órai szövést, fonást, fúrást, esztergálást, építést, lapátolást, kőtörést? Ellenkezőleg. Az élet ott kezdődik számára, ahol ez a tevékenyég megszűnik: az asztal mellett, a kocsmapultnál, az ágyban. A tizenkét órai munkának ellenben számára nem mint szövésnek, fonásnak, fúrásnak stb. van értelme, hanem mint keresetnek, amely az asztalhoz, a kocsmapulthoz, az ágyba juttatja. Ha a selyemhernyó azért fonna, hogy létét mint hernyó tengesse, tökéletes bérmunkás volna.”67

Ezt követően az 1850-es évekig nem találunk utalásokat az elidegenedésre Marx életművében. Az 1848-as forradalmak bukását követően kénytelen volt Londonba emigrálni; ott pedig minden energiáját a politikai gazdaságtan tanulmányozására fordította, és néhány rövidebb történelmi témájú írásától68 eltekintve nem publikált más könyvet. Mikor azonban újra gazdasági témába kezdett A politikai gazdaságtan bírálatának alapvonalai (ismertebb nevén a Grundrisse) írásakor,többször is használta az elidegenedés kifejezést. Ebben a szövegben sok szempontból visszaköszöntek a Gazdasági-filozófiai kéziratok 1844-ből tézisei, bár a British Museumban folytatott közel évtizednyi kutatómunka után Marx sokkal alaposabban ki tudta fejteni azokat.

„A tevékenység társadalmi jellege, akárcsak a termék társadalmi formája, akárcsak az egyénnek a termelésben való részesedése itt mint az egyénekkel szemben idegen, dologi valami jelenik meg; nem mint egymáshoz való viszonyulásuk, hanem mint alárendelődésük olyan viszonyoknak, amelyek tőlük függetlenül fennállnak és a közömbös egyének egymással való ütközéséből keletkeznek. A tevékenységek és termékek általános cseréje, ami minden egyes egyén számára életfeltétellé vált, kölcsönös összefüggésük, nekik maguknak idegenül, független dologként jelenik meg. A csereértékben a személyek társa- dalmi vonatkozása a dolgok társadalmi viszonyulásává változott át; a személyi tehetség dologi tehetősséggé.”69

A Grundrisse elidegenedésleírását elmélyíti a közgazdasági kategóriák mélyebb megértése, és a sokkal alaposabb társadalmi elemzés. Az elidegenedés és a csereérték közötti kapcsolat leírása ennek fontos aspektusa. És a modern társadalom e jelenségéről írott egyik legkáprázatosabb passzusban Marx az elidegenedést a tőke és az „eleven munkaerő” közötti ellentéttel is összeköti:

„Az eleven munka objektív feltételei úgy jelennek meg, mint elválasztott, önállósult értékek az eleven munkaképességgel mint szubjektív létezéssel szemben […] Az eleven munkaképesség objektív feltételei úgy vannak előfeltételezve, mint vele szemben önálló létezés, mint egy az eleven munkaképességtől megkülönböztetett és vele önállóan szemben álló szubjektum objektivitása; az újratermelés és értékesítés, azaz ezeknek az objektív feltételeknek a bővítése ezért egyszersmind egy idegen, a munkaképességgel közömbösen és önállóan szemben álló szubjektum gazdaságaként való újratermelésük és újonnan termelésük. Amit újratermelnek és újonnan termelnek, az nemcsak az eleven munka eme objektív feltételeinek a létezése, hanem önálló, azaz egy idegen szubjektumhoz tartozó értékként való létezésük ezzel az eleven munkaképességgel szemben. A munka objektív feltételei szubjektív létezésre tesznek szert az eleven munkaképességgel szemben – a tőkéből tőkés lesz.”70

Nem a Grundrisse volt az érett Marx egyetlen, az elidegenedéssel is foglalkozó szövege. Öt évvel később A közvetlen termelési folyamat eredményei (1863–64) – amely A tőke kiadatlan hatodik fejezete címen is ismert – még közelebbi kapcsolatba hozták egymással az elidegenedés gazdasági és politikai elemzéseit. „A tőkésnek a munkás fölötti uralma ezért a dolognak az ember, a holt munkának az eleven munka, a terméknek a termelő fölötti uralma” – írta Marx.71 A kapitalista társadalom előszeretettel „cseréli fel a munka társadalmi termelőerőit a tőke dologi tulajdonságaival”,72 hogy valóban végbemegy „a dolgok megszemélyesítése és a személyek eldologiasítása”, amelynek következtében „a termelési eszközök, a tárgyi munkafeltételek úgy jelennek meg, hogy nem ők vannak alávetve a munkásnak, hanem a munkás jelenik meg úgy, hogy alá van vetve nekik.”73

A valóságban – érvelt Marx – „a tőke nem dolog, ahogy a pénz sem dolog. A tőkében, ahogy a pénzben a személyek meghatározott társadalmi termelési viszonyai úgy jelentkeznek, mint dolgoknak személyekhez való viszonyai, vagy meghatározott társadalmi kapcsolatok úgy jelennek meg, mint dolgok társadalmi természeti tulajdonságai. Bérmunkarendszer nélkül nincs értéktöbblet-termelés, értéktöbblet- termelés nélkül nincs tőkés termelés, tehát nincs tőke és nincs tőkés. Tőke és bérmunka (így nevezzük annak a munkásnak a munkáját, aki eladja saját munkaképességét) csak ugyanazon viszony két tényezőjét fejezik ki. A pénz nem válhat tőkévé anélkül, hogy ne cserélődne munkaképessége mint magától a munkástól vett árura. Másrészt a munka csak bérmunkaként jelenhet meg, mihelyt saját tárgyi feltételei úgy lépnek szembe vele, mint önző hatalmak, idegen tulajdon, magáértvaló és magához ragaszkodó érték, egyszóval mint tőke. Ha tehát a tőke az anyagi oldalát tekintve – vagy azon használati értéket tekintve, melyekben létezik – csak magának a munkának a tárgyi feltételeiből állhat, formai oldalát tekintve ezeknek a tárgyi feltételeknek úgy kell szemben állniok a munkával, mint idegen, önálló hatalmaknak, mint olyan értéknek – tárgyiasult munkának – amely úgy viszonyul az eleven munkához, mint önmaga fenntartásának és gyarapításának puszta eszközéhez.”74

A kapitalista termelési módban az emberi munka a tőke értékesülési folyamatának eszközévé válik, és „azáltal, hogy az eleven munkaképességet bekebelezik a tőke tárgyi alkotórészeibe, a tőke megelevenedett szörnyeteggé válik, és »működni« kezd, »mint hogyha teherbe esett vón«”.75 Ez a mechanizmus folyamatosan növekszik a termelési folyamat során. A tudományos fejlődés és a gépesítés – mindez a közösség társadalmi fejlődésének része – a tőke olyan erőivé válnak, amelyek úgy tűnnek, mintha a természetéhez tartoznának, és a kapitalista rend formájában állnak szemben a munkásokkal:

„a sajátosan tőkés termelési mód kifejlődésével nemcsak hogy ezek a dolgok – a munkának ezek a termékei, mind használati értékekként, mind csereértékekként – állnak lábra a munkással szemben és mint »tőke« szembelépnek vele, hanem a munka társadalmi formái is a tőke fejlődési formáiként és ezért a társadalmi munka így kifejtett termelőerői a tőke termelőerőiként jelentkeznek. Mint ilyen társadalmi erők a munkával szemben »kapitalizálódtak«. Valójában a kooperációbeli közösségi egység, a munkamegosztásbeli kombináció, a természeti erőknek és a tudományoknak, a munka termékeinek gépi berendezésként való alkalmazása – mindez az egyes munkásokkal úgy lép szembe, mint ami idegen, dologi, készen talált, mint ami közreműködésük nélkülés gyakran ellenére van, önállóan, mint puszta létezési formái a tőlük független és felettük uralkodó munkaeszközöknek, amennyiben ezek dologiak; s a tőkésben vagy alantasaiban (képviselőiben) testet öltött értelme és akarata az összműhelynek, amennyiben ezt saját kombinációjuk alakította ki – mint a tőkének, amely a tőkésben él, a funkciói.”76

Ebben a folyamatban a tőke „igen titokzatos lénnyé válik”. „A munkafeltételek mint társadalmi hatalmak tornyosulnak fel a munkással szemben és ebben a formában kapitalizálódtak.”77

Az 1960-as évektől A tőke kiadatlan hatodik fejezetének, és különösen a Grundrissének a terjedése kikövezte az utat az elidegenedés olyan új értelmezése előtt, amely eltért a szociológiában és a pszichológiában uralkodó paradigmáktól. Ezt a koncepciót az elidegenedés gyakorlati meghaladásának igénye mozgatta, vagyis a társadalmi mozgalmak, pártok és szakszervezetek politikai akcióinak igénye a munkásosztály élet- és munkakörülményeinek megváltoztatására. Azoknak a szövegeknek a kiadása, amelyekre (a Gazdasági-filozófiai kéziratok 1844-ből után) úgy tekintettek, mint Marx elidegenedés-textusainak „második generációjára”, nem csupán koherens elméleti alapot nyújtott az elidegenedés további tanulmányozásához, de mindenekelőtt annak a páratlan politikai és társadalmi mozgalomnak az antikapitalista ideológia platformjává vált, amely ebben az időben robbant ki világszerte. Az elidegenedés kilépett a lozó ai könyvek lapjai közül, meghódította az egyetemi előadótermeket, az utcát, a munkások harcainak helyszíneit, és a burzsoá társadalom átfogó kritikájává emelkedett.

VIII. Árufetisizmus és az elidegenedés feloldódása
Marx egyik legdúsabb szövege az elidegenedésről A tőke híres, Az áru fétisjellege és ennek titka című fejezetében olvasható, ahol kimutatja, hogy a kapitalista társadalomban az emberek felett az általuk létrehozott termékek gyakorolnak uralmat. Így az emberek közötti viszonyok „nem mint a személyek közvetlenül társadalmi viszonyai magában a munkájukban, hanem inkább mint a személyek dologi viszonyai és a dolgok társadalmi viszonyai” jelennek meg.78

„Az áruforma titokzatossága tehát egyszerűen abban áll, hogy az áruforma az emberek számára saját munkájuk társadalmi jellegét úgy tükrözi vissza, mint maguknak a munkatermékeknek tárgyi jellegét, mint ezeknek a dolgoknak társadalmi természeti tulajdonságait, tehát a termelőknek az összmunkához való társadalmi viszonyát is úgy, mint tárgyaknak rajtuk kívül létező társadalmi viszonyát. E quid pro quo [felcserélés] révén a munkatermékek árukká, érzékileg érzékfölötti, vagyis társadalmi dolgokká válnak.

Így egy dolog fényhatása a látóidegre nem úgy jelentkezik, mint magának a látóidegnek szubjektív ingere, hanem mint a szemen kívül levő dolognak tárgyi formája. De a látásnál valóban fény vetődik egy dologról, a külső tárgyról, egy másik dologra, a szemre. Ez zikai viszony zikai dolgok között. Ezzel szemben az áruformának és a munkatermékek értékviszonyának, amelyben ez megjelenik, semmi köze sincs a munkatermékek zikai természetéhez és az ebből eredő dologi vonatkozásokhoz. Csak maguknak az embereknek meghatározott társadalmi viszonya az, ami itt szemükben dolgok viszonyának fantasztikus formáját ölti. Ahhoz tehát, hogy valami hasonlót találjunk, a vallás világának ködös tájai felé kell fordulnunk. Itt az emberi fej termékei saját élettel megajándékozott, egymással és az emberekkel viszonyban álló önálló alakoknak tűnnek fel. Ugyanígy vagyunk az áruvilágban az emberi kéz termékeivel. Ezt nevezem fetisizmusnak, amely a munkatermékekhez hozzátapad, mihelyt áruként termelik őket, és amely ezért az árutermeléstől elválaszthatatlan.”79

E meghatározás két elemében is világosan elkülöníti a marxi elidegenedéskoncepciót a legtöbb fentebb tárgyalt szerzőétől. Először is, Marx a fetisizmust nem egyéni, hanem társadalmi problémaként értelmezi, nem az elme teremtményeként, hanem valódi hatalomként, az uralom egy sajátos módozataként, amely a piacgazdaságban gyökerezik, amely a tárgyakat szubjektumokká alakítja. Éppen ezért Marxnál az elidegenedés elemzése nem korlátozódik az egyes nők és fér ak nyugtalanságának vizsgálatára, hanem kiterjed az ennek alapjául szolgáló társadalmi folyamatokra és termelőtevékenységekre is. Másodszor, Marx számára a fetisizmus a termelés egy szigorúan meghatározott történelmi valóságában jelentkezik, vagyis a bérmunka valóságában. Nem általában az emberek és a dolgok közötti viszony része, hanem az emberek és egy sajátos objektivitás, az áruforma közötti kapcsolat.

A burzsoá társadalomban az emberi tehetségek és kapcsolatok dolgok lehetőségeivé és dolgok közötti kapcsolatokká válnak. Ezt nevezte Lukács eldologiasodásnak, vagyis az elidegenedést az emberi kapcsolatok szemszögéből illusztrálta, míg a fetisizmus koncepcióját az áruviszonyok világára alkalmazta. Mindazok elnézését kérve, akik szerint az elidegenedés elmélete nem jelenik meg Marx érett munkáiban, mi azt hangsúlyozzuk, hogy az árufetisizmus elmélete nem kiváltotta az elidegenedését, hanem csupán annak egy aspektusát jelenti.80

A Gazdasági-filozófiai kéziratok 1844-ből és A tőke, illetve annak előkészítő kéziratai között látható elméleti fejlődés mindazonáltal nem csupán annyiban áll, hogy az utóbbiak precízebben határozzák meg az elidegenedést. Azokat az intézkedéseket is újragondolják, amelyeket Marx szükségesnek tartana az elidegenedés meghaladásához. Míg 1844-ben úgy vélte, hogy az emberek megszüntethetik az elidegenedést, ha felszámolják a magántermelést és a társadalmi munkamegosztást, addig A tőke és az előkészítő kéziratok már sokkal összetettebb problémának ábrázolják az elidegenedésmentes társadalomhoz vezető utat. Marx fenntartotta, hogy a kapitalizmus olyan rendszer, amelyben a munkás a tőkének, illetve a tőke teremtette viszonyoknak van alávetve. Mindazonáltal a kapitalizmus megteremtette egy fejlettebb társadalom lehetőségét, és pozitívumait kiterjesztve az emberiség képes lehet a társadalmi fejlődés ezáltal megnyíló gyorsabb útján haladni. Marx szerint a rendszer, amely hatalmas vagyonokat halmozott fel kevesek kezében, míg a munkások tömegei számára megfosztottságot és kizsákmányolást hozott, egy szabad emberekből álló egyesüléssel cserélhető fel, „akik közös termelési eszközökkel dolgoznak, és sok egyéni munkaerejüket öntudatosan egy társadalmi munkaerőként fejtik ki”.81 Ez a termelési mód különbözni fog a bérmunkától, hiszen meghatározó jellemzői kollektív irányítás alá kerülnek, közvetlenül általános jelleget öltenek, és a munkát valódi társadalmi tevékenységgé alakítják át. Ez a társadalomfelfogás szöges ellentéte a Hobbes-féle „mindenki harca mindenki ellen” képének; megalkotása nem puszta politikai folyamat, hanem a termelési viszonyok átalakítását is szükségszerűen magában foglalja. Ám a munkafolyamatban egy ilyen változásnak megvannak a maga korlátai:

„A szabadság ezen a területen csak abban állhat, hogy a társadalmasult ember, a társult termelők ésszerűen szabályozzák, közös ellenőrzésük alá vetik ezt a természettel való anyagcseréjüket, ahelyett, hogy az mint vak hatalom uralkodna rajtuk; ezt az anyagcserét a legkisebb erőfelhasználással, az emberi természethez legméltóbb és ennek legmegfelelőbb feltételek között hajtják végre.”82

Ez a posztkapitalista termelési mód, együttesen a tudományostechnikai fejlődéssel és az abból következő munkaidő-csökkenéssel megteremti egy új társadalmi formáció lehetőségét, ahol a tőke által kikényszerített, a tőke törvényszerűségeinek alávetett elidegenedett munka fokozatosan átadja a helyét a tudatos, kreatív tevékenységnek, amely már kitör a szükségszerűség igájából, ahol valódi társadalmi kapcsolatok veszik át az áru és a pénz törvényei által diktált véletlenszerű csereaktusok helyét.83 Ez már nem a tőke szabadságának a tere, hanem a valódi emberi szabadságé.

Fordította: Konok Péter

References
1. Histoire et conscience de classe. Francia ford.: Kostas Axelos és Jacqueline Bois. Minuit, Párizs, 1960.
2. Georg Lukács: History and Class Consciousness. MIT Press, Cambridge, MA. 1971. xxiv.
3. Isaak Illich Rubin: Essays on Marx’s Theory of Value. Black & Red, Detroit, 1972. 5.
4. Uo. 28.
5. Uo. 59.
6. Marx valójában már 1844, a Gazdasági-filozófiai kéziratok megírása előtt is használta az elidegenedés koncepcióját. Egy, a Deutsch-Französische Jahrbücherben (1844 februárjában) megjelent cikkében így írt: „A történelem feladata tehát, hogy miután az igazság túlvilága eltűnt, felépítse az evilág igazságát. Mindenekelőtt a filozófiának, amely a történelem szolgálatában áll, feladata, hogy – miután az ember önmagától való elidegenülésének szent formája lelepleződött – önmagától való elidegenülését világi formáiban leleplezze. A mennyország kritikája ezzel a föld kritikájává, a vallás kritikája a jog kritikájává, a teológia kritikája a politika kritikájává változik” Karl Marx: A hegeli jogfilozófia kritikájához. Bevezetés. In Marx-Engels Művei (MEM) 1. köt. 379.
7. Vö. Marcella D’Abbiero: Alienazione in Hegel. Usi e significati di Entäusserung, Entfremdung Veräusserung. Edizioni dell’Ateneo, Róma, 1970. 25–27.
8. Karl Marx: Gazdasági-filozófiai kéziratok 1844-ből. A marxizmus–leninizmus klasszikusainak kiskönyvtára (MLKK) 27. 39.
9. Uo. 41.
10. Uo. 43. Marx elidegenedés-tipológiájának négy pontjához lásd: Bertell Ollman: Alienation. Cambridge University Press, New York, 1971. 136–152.
11. Uo. 45.
12. Uo. 112. (A James Mill-kivonatok közé írt jegyetek.)
13. Martin Heidegger: Being and Time. Harper, San Francisco, 1962. 220–221. (Első magyar kiadás: Gondolat 1989; 2. jav. kiad. Osiris Kiadó, 2004.) A Történelem és osztálytudat új kiadásához írt 1967-es előszavában Lukács rámutatott, hogy Heideggernél az elidegenedés olyan politikailag ártalmatlan koncepcióvá válik, amely „egy társadalomkritikát egyszerű filozófiai problémává szublimál”. Heidegger Marx elidegenedéskoncepciójának jelentését is igyekezett kiforgatni: Levél a humanizmusról című írásában (1946) elismerően megjegyzi, hogy „az elidegenedéssel [Marx] a történelem egy esszenciális dimenzióját tárja fel” (Martin Heidegger: Letter on Humanism. In Basic Writings. Routledge, London, 1993. 243.) – ám ez olyan félrevezető megfogalmazás, amelynek semmi alapja nincs Marx írásaiban.
14. Herbert Marcuse: On the Philosophical Foundation of the Concept of Labor in Economics. Telos, 16 (1973 nyár), 25.
15. Uo. 16–17.
16. Uo. 25.
17. Uo.
18. Uo. 14–15.
19. Herbert Marcuse: Eros and Civilization. Beacon Press, Boston, 1966. 45.
20. Uo. 46–47. Georges Friedmann hasonló véleményen volt, mikor a The Anatomy of Work (Glencoe Press, New York, 1964) című művében arról írt, hogy az elidegenedés csupán a munka uralma alól való felszabadulással haladható meg.
21. Marcuse: Eros and Civilization, i. m. 156.
22. Uo. 155.
23. Uo. 198.
24. Uo. 155. Vö. „egy libidós racionalitás, amely nem csupán kompatibilis a civilizált szabadsággal, de elősegíti, hogy az tovább fejlődjön” (199). A technológia és a fejlődés viszonyához lásd Kostas Axelos: Alienation, Praxis, and Techné in the Thought of Karl Marx. University of Texas Press, Austin/London, 1976.
25. Max Horkheimer, Theodor W. Adorno: Dialectic of Enlightenment. Seabury Press, New York, 1972. 121.
26. Lásd Sigmund Freud: Civilization and Its Discontents. Norton, New York, 1962. 62.
27. Erich Fromm: The Sane Society. Fawcett, New York, 1965. 111.
28. Erich Fromm: Marx’s Concept of Man. Frederick Ungar, New York, 1961. 56–57. Az elidegenedés specifikus jellegének ez a félreértése megjelenik Frommnak az 1960-as években született hasonló tárgyú írásaiban is. Egy 1965-ös esszéjében ezt írta: „Az embernek meg kell vizsgálnia azt is, hogy az elidegenedés jelensége miként kapcsolódik a nárcizmushoz, a depresszióhoz, a fanatizmushoz, és a bálványok iránti rajongáshoz, amennyiben azt teljes egészében meg akarjuk érteni.” The Application of Humanist Psychoanalysis to Marx’s Theory. In Erich Fromm szerk.: Socialist Humanism. Doubleday, New York, 1965. 221.
29. Lásd Alexandre Kojève: Introduction to the Reading of Hegel: Lectures on the Phenomenology of Spirit. Cornell University Press, Ithaca, 1980.
30. Jean Hyppolite: Studies on Marx and Hegel. Basic Books, New York/London, 1969. 88.
31. Vö. István Mészáros: Marx’s Theory of Alienation. Merlin Press, London, 1970. 241. skk.
32. Hannah Arendt: The Human Condition. University of Chicago Press, Chicago, 1958. 253–254.
33. Uo. 254.
34. A berlini Marxizmus–leninizmus Intézet vezetői egyenesen kihagyták a Gazdasági-filozófiai kéziratokat a kanonikus Marx–Engels Werke (az összkiadás) számozott kötetei közül. [Musto téved, a 42. kötetben olvasható – A szerk.]
35. Adam Schaff: Alienation as a Social Phenomenon. Pergamon Press, Oxford, 1980. 100.
36. Vö. Daniel Bell: The Rediscovery of Alienation: Some notes along the quest for the historical Marx. Journal of Philosophy, vol. LVI, 24 (1959. november), 933–952., amely szerint „bár az ember rokonszenvezhet az elidegenedés elképzelésével, csupán további mítoszképzés, ha ez a koncepciót Marx központi gondolataként olvassuk vissza”, uo. 935.
37. Henri Lefèbvre: Critique of Everyday Life. Verso, London, 1991. 53.
38. Lucien Goldmann: Recherches dialectiques. Gallimard, Párizs, 1959. 101.
39. Így például Richard Schacht (Alienation. Doubleday, Garden City, 1970.) megjegyezte, hogy „nincs már olyan aspektusa a mai világnak, amelyet ne írtak volna le az »elidegenedés« terminusaival” (lix); Peter C. Ludz (Alienation as a Concept in the Social Sciences. In Felix Geyer és David Schweitzer szerk.: Theories of Alienation. Martinus Nijhoff, Leiden, 1976) arra mutatott rá, hogy „az elmélet népszerűsége csak tovább növeli a már meglévő terminológiai többértelműséget” (3).
40. Vö. David Schweitzer: Alienation, De-alienation, and Change: A critical overview of current perspectives in philosophy and the social sciences. In Giora Shoham, szerk.: Alienation and Anomie Revisited. Ramot, Tel Aviv, 1982. Schwitzer szerint „az elidegenedés jelentése gyakran annyira felhígul, hogy immár elveszti minden jelentését” (57).
41. Guy Debord: A spektákulum társadalma. 43. tézis. MTA Művészettörténeti Kutatóintézet – Balassi Kiadó, Budapest, 2006. Erhardt Miklós fordítása.
42. Uo. 17. tézis.
43. Uo. 32. tézis.
44. Uo. 36. tézis.
45. Uo. 185. tézis.
46. Uo. 42. tézis.
47. Jean Baudrillard: The Consumer Society. Sage, London, 1998. 191.
48. Uo. 195–196.
49. Uo. 196.
50.Lásd például: John Clark: Measuring alienation within a social system. American Sociological Review, vol. 24, n. 6 (1959. december), 849–852.
51. Lásd Schweitzer: Alienation… i. m. (40. jegyzet), 36–37.
52. Ennek az álláspontnak jó példája Walter Kaufman előszava Schacht fentebb már idézett művéhez (Alienation). A The Inevitability of Alienation (Az elidegenedés elkerülhetetlensége) címet viselő szövegben Kaufman így ír: „az elidegenedés nélküli élet értéktelen élet; a fontos az, hogy miként tudjuk megerősíteni az embereket az elidegenedés elviselésére” (lvi).
53. Schacht: Alienation, i. m. 155.
54. Seymour Melman: Decision-making and Productivity. Basil Blackwell, Oxford, 1958. 18, 165–166.
55. A kérdések között, amelyekkel Nettler meg akarta határozni az „idegenedési orientációt”, ilyenek szerepeltek: „Szeret tévézni? Mi a véleménye az új amerikai gépkocsikról? Olvas Reader’s Digestet?… Szeret részt venni egyházi eseményeken? Érdeklik a nemzeti sportok (amerikai futball, baseball)? (A measure of alienation. American Sociological Review, vol. 22, no. 6 [1957. december], 675). Mindebből azt a következtetést vonta le, hogy a negatív válaszok az elidegenedést jelzik: „nemigen kétséges, hogy ezek a mérések meghatározzák az elidegenedés egy dimenzióját társadalmunkban”.
56. Uo. 674. Mindennek igazolására Nettler megjegyzi: „arra a kérdésre, hogy »Képes lenne-e ön egy másmilyen kormányzati formában élni, mint a jelenlegi? «, mindenki az elfogadás valamiféle jelzésével válaszolt, és senki sem vetette ezt el” (674). Nettler egészen odáig jutott, hogy „az elidegenedés a kreativitáshoz kapcsolódik. Feltételezhető, hogy a kreatív tudósok és művészek […] elidegenedett emberek […] hogy az elidegenedésük összefügg az altruizmussal [és] elidegenedésük bűnözői viselkedéshez vezethet” (676–677).
57. Melvin Seeman: On the Meaning of Alienation. American Sociological Review, vol. 24, no. 6 (1959. december), 783-911972-ben ehhez hatodik pontként hozzáadta még a kulturális elidegenedést is. (Lásd Melvin Seeman: Alienation and Engagement. In Angus Campbell és Philip E. Converse szerk.: The Human Meaning of Social Change. Russell Sage, New York, 1972. 467–527.)
58. Robert Blauner: Alienation and Freedom. University of Chicago Press, Chicago, 1964. 15.
59. Uo. 3.
60. Vö. Walter R. Heinz: Changes in the Methodology of Alienation Research. In Felix Geyer és Walter R. Heinz: Alienation, Society and the Individual. Transaction, New Brunswick/London, 1992. 217.
61. Lásd Felix Geyer és David Schweitzer: Introduction. In uő szerk.: Theories of Alienation (39. jegyzet), xxi–xxii, és Felix Geyer: A General Systems Approach to Psychiatric and Sociological De-alienation. In Giora Shoham szerk.: i. m. (40. jegyzet), 141.
62. Lásd Geyer és Schweitzer: Introduction, i. m. xx–xxi.
63. David Schweitzer: Fetishization of Alienation: Unpacking a Problem of Science, Knowledge, and Reified Practices in the Workplace. In Felix Geyer szerk.: Alienation, Ethnicity, and Postmodernism. Greenwood Press, Westport, Connecticut/London, 1996. 23.
64. Vö. John Horton: The Dehumanization of Anomie and Alienation: a problem in the ideology of sociology. The British Journal of Sociology, vol. XV, no. 4 (1964), 283–300, és David Schweitzer: Fetishization of Alienation, i. m. 23.
65. Lásd Horton: Dehumanization. Ezt a tézist büszkén védelmezte Irving Louis Horowitz is: The Strange Career of Alienation: how a concept is transformed without permission of its founders. In Felix Geyer szerk.: i. m. (63. jegyzet), 17–19. Horowitz szerint „az elidegenedés ma már sokkal inkább a társadalomtudományok, mint a társadalmi tiltakozás része. Ez a változás annak az egyre inkább terjedő felismerésnek a következménye, hogy az olyan terminusok, mint ’elidegenedve lenni’ semmivel sem inkább vagy kevésbé értékfüggők, mint integráltak.” Az elidegenedés elméletét így „az emberi létezés kifejezéseibe burkolták […] inkább pozitív, mint negatív erővé vált. Az elidegenedést már nem annyira úgy tekintették, mint amelynek során az ember elválik esszenciális természetétől az indusztriális kapitalizmus kegyetlen viszonyai miatt, hanem mint valamiféle elidegeníthetetlen jogot, ami egyesek számára kreatív energiákat ad, mások számára a személyes különlegesség kifejezésének eszközét.” (18.)
66. Karl Marx: Bérmunka és tőke. MEM 6. 389.
67. Uo. 390. Kiemelés az eredetiben.
68. Louis Bonaparte brumaire tizennyolcadikája, Leleplezések a kölni kommunista perről; Leleplezések a XVIII. század diplomáciai történetéről.
69. Karl Marx: A politikai gazdaságtan bírálatának alapvonalai. MEM 46/I. 74.
70. Uo. 347. Kiemelések az eredetiben.
71. Karl Marx: A közvetlen termelési folyamat eredményei. A tőke kiadatlan hatodik fejezete. Kossuth Könyvkiadó, Budapest, 1988. 60. Glavina Zsuzsa és Lissauer Zoltán fordítása.
72. Uo. 138.
73. Uo. 133.
74. Uo. 78. Kiemelések az eredetiben.
75. Uo. 80. (A belső idézet: Goethe: Faust I.; Czerny József fordítása.)
76. Uo. 133–134. Kiemelések az eredetiben.
77. Uo. 135. Kiemelések az eredetiben.
78. Karl Marx: A tőke. I. kötet. MEM. 23. 75–76.
79. Uo. 75.
80. Vö. Schaff: Alienation as a Social Phenomenon, 81.
81. Karl Marx: A tőke. I. könyv. MEM. 23. 80.
82. Karl Marx: A tőke. III. könyv. MEM 25. 272–273.
83. Helyszűke miatt azoknak a befejezetlen, részben ellentmondásos elképzeléseknek az elemzése, amelyeket Marx a nem elidegenedett társadalomról felvázolt, egy másik tanulmány témája lesz.

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Al tempo dei Grundrisse

9.1 L’appuntamento con la rivoluzione
Nel 1848, l’Europa fu scossa dal succedersi di numerose insurrezioni popolari ispirate ai principi di libertà politica e giustizia sociale. La debolezza di un movimento operaio appena nato, l’abbandono da parte della borghesia di quegli ideali inizialmente condivisi e la violenta repressione militare furono però all’origine, in poco tempo e dovunque, del ritorno al potere dei governi conservatori.

Marx appoggiò i moti rivoluzionari attraverso il quotidiano «Neue Rheinische Zeitung. Organ der Demokratie [Nuova gazzetta renana. Organo della democrazia]», di cui fu fondatore e redattore capo. Dalle colonne del giornale egli svolse un’intensa opera di agitazione, sostenendo le ragioni degli insorti e incitando il proletariato a promuovere «la rivoluzione sociale e repubblicana»1. Durante quel tempo, egli visse tra Bruxelles, Parigi e Colonia, soggiornò a Berlino, Vienna, Amburgo e in molte altre città tedesche, stabilendo in ogni luogo relazioni per rafforzare e sviluppare le lotte in corso. A causa di questa incessante attività militante, egli fu raggiunto, prima in Belgio e poi in Prussia, da decreti di espulsione, e quando, durante la presidenza di Napoleone III, il nuovo governo francese gli intimò di lasciare Parigi, egli decise di recarsi a Londra.

I primi anni dell’esilio inglese furono caratterizzati dalla miseria più profonda e dalle malattie, che provocarono anche la drammatica perdita di tre dei suoi bambini2. Sebbene l’esistenza di Marx non scorse mai agevolmente, questa fase rappresentò senza dubbio il suo momento peggiore. Dal dicembre del 1850 al settembre del 1856, egli visse con la famiglia in un alloggio di due sole stanze, al numero 28 di Dean Street, a Soho. Le eredità sopraggiunte dopo la morte dello zio e della madre di sua moglie, Jenny von Westphalen, aprirono inaspettatamente uno spiraglio, consentendo il pagamento dei tanti debiti contratti, il disimpegno dal monte di pietà di vestiti e oggetti personali e il trasferimento in una nuova abitazione.

Dall’autunno del 1856, infatti, i coniugi Marx, con le loro tre figlie, Jenny, Laura ed Eleanor, e la fedele governante Helene Demuth – che era parte integrante della famiglia –, si stabilirono nella periferia nord di Londra, al numero 9 di Grafton Terrace, dove gli affitti erano più convenienti. L’edificio, nel quale rimasero fino al 1864, si trovava in un’area di recente urbanizzazione, priva di strade battute che la collegassero al centro e avvolta nell’oscurità durante la notte. Tuttavia, essi abitavano finalmente in una vera casa, requisito minimo affinché la famiglia avesse «almeno l’apparenza della rispettabilità»3.

Nel corso del 1856 Marx aveva tralasciato del tutto gli studi di economia politica, ma l’avvento della crisi finanziaria internazionale mutò di colpo questa situazione. In un’atmosfera di grande incertezza, che si trasformò in panico diffuso e concorse a determinare fallimenti ovunque, Marx sentì che stava per ripresentarsi il momento dell’azione e, prevedendo i futuri sviluppi della recessione, scrisse a Friedrich Engels: «io non credo che noi potremo restare ancora a lungo qui a guardare»4. Questi, da parte sua, era già pervaso da grande ottimismo e delineava all’amico il futuro scenario: «stavolta ci sarà un giorno del giudizio senza precedenti, l’intera industria europea rovinata, tutti i mercati saturi […], tutte le classi abbienti trascinate nella rovina, bancarotta completa della borghesia, guerra e disordine al massimo grado. Credo anch’io che tutto si compierà nell’anno 1857»5.

Alla fine di un decennio contraddistinto dal rifluire del movimento rivoluzionario e nel corso del quale non avevano potuto esercitare un ruolo attivo nel contesto politico europeo, essi ripresero a scambiarsi messaggi fiduciosi sulle prospettive all’orizzonte. L’appuntamento con la rivoluzione, così a lungo atteso, sembrava ora molto vicino e ciò indicava a Marx una priorità su tutte: riavviare la stesura della sua Economia e portarla a termine il più in fretta possibile.

9.2 Nella povertà a Londra
Per dedicarsi con questo spirito alla sua opera, Marx avrebbe avuto bisogno di un po’ di tranquillità, ma la sua situazione personale, ancora estremamente precaria, non gli concesse alcuna tregua. Avendo impegnato le risorse di cui disponeva nella sistemazione della nuova abitazione, egli si ritrovò, fin dal primo mese, privo di soldi per poterne pagare l’affitto. Rivelò dunque a Engels, che al tempo viveva e lavorava a Manchester, tutte le difficoltà della propria condizione: «[sono] senza prospettiva e con le spese familiari in aumento. Non so assolutamente cosa devo fare e, in realtà, sono in una situazione più disperata di cinque anni fa. Credevo di essermi già sorbito la quintessenza di questa merda, ma non è così»6. Questa dichiarazione sorprese profondamente Engels, talmente convinto che in seguito al trasloco la posizione dell’amico si fosse alfine sistemata, da aver speso, nel gennaio del 1857, il denaro ricevuto dal padre per natale nell’acquisto di un cavallo da destinare alla sua grande passione: la caccia alla volpe. Engels, comunque, in questi anni come per l’intera sua vita, non fece mai mancare, a Marx ed alla sua famiglia, tutto il suo appoggio e, preoccupato per il difficile frangente, oltre a inviare a Marx 5 sterline ogni mese, gli raccomandò di rivolgersi sempre a lui in caso di ulteriori difficoltà.

Il ruolo di Engels non si limitò certo al solo sostegno finanziario. Nel profondo isolamento in cui Marx trascorse quegli anni, tramite il fitto carteggio intercorso tra i due, Engels fu l’unico punto di riferimento col quale ingaggiare un confronto intellettuale: «più di ogni altra cosa devo avere la tua opinione»7; il solo amico con cui confidarsi nei momenti di sconforto: «scrivi presto, perché ora le tue lettere mi sono necessarie per rifarmi coraggio. La situazione è schifosa»8; nonché il compagno col quale condividere il sarcasmo che gli accadimenti suggerivano: «invidio i tipi che sanno fare capriole. Deve essere un mezzo stupendo per levarsi di testa la rabbia e la sozzura borghese»9.

Molto presto, infatti, l’incertezza divenne ancora più pressante. L’unica entrata di Marx, accanto all’aiuto garantitogli da Engels, consisteva nei compensi percepiti dal quotidiano «New-York Tribune [La tribuna di New York]». Gli accordi circa la sua collaborazione, da cui ricavava due sterline per articolo, mutarono però con la crisi economica, che aveva investito, di riflesso, anche il giornale statunitense. Sebbene Marx fosse, assieme al viaggiatore e scrittore americano Bayard Taylor, l’unico corrispondente dall’Europa a non essere stato licenziato, il suo contributo fu ridotto da due a un articolo alla settimana e – «quantunque in tempi di prosperità non mi diano mai un centesimo di più»10 – la retribuzione dimezzata. Marx commentò la vicenda con tono umoristico: «c’è una certa ironia del destino nell’essere personalmente coinvolto in queste maledette crisi»11. In ogni caso, poter assistere al collasso finanziario fu per lui uno spettacolo assolutamente impareggiabile: «è bello che i capitalisti, che gridano così tanto contro il “diritto al lavoro”, ora esigono dappertutto “pubblico appoggio” dai governi, e […] fanno insomma valere il “diritto al profitto” a spese della comunità»12 e, a dispetto della sua inquietudine, annunciò a Engels: «per quanto mi trovi io stesso in indigenza, dal 1849 non mi sono mai sentito tanto a mio agio come con questo crollo»13.

La nascita di un nuovo progetto editoriale rese le circostanze meno disperate. Il direttore del «New-York Tribune», Charles Dana, lo invitò infatti a partecipare alla redazione dell’enciclopedia The New American Cyclopædia [La nuova enciclopedia americana]. La mancanza di denaro lo spinse ad accettare, ma per lasciarsi più tempo da dedicare agli studi, egli affidò ad Engels gran parte dell’attività. Nella divisione del lavoro, che i due svolsero dal luglio del 1857 al novembre del 1860, Engels redasse le voci di carattere militare – ossia la maggioranza di quelle previste –, mentre Marx compilò diversi schizzi biografici. Pur se il compenso offerto, solo due dollari per pagina, era molto basso, esso costituiva pur sempre un’integrazione al disastrato bilancio. Per questo motivo, Engels lo invitò a farsi assegnare da Dana quante più voci possibili: «tanta solida scienza possiamo facilmente fornire, finché ce ne derivi in compenso il solido oro californiano»14; mentre Marx, nella stesura dei suoi articoli, seguì spesso il principio: «essere il meno concisi possibile, finché si può farlo senza divenire insulsi»15.

Nonostante gli sforzi, lo stato delle sue finanze non migliorò affatto. Esso divenne, anzi, talmente insostenibile che, assalito da creditori paragonati a «lupi famelici»16 e in assenza finanche del carbone per riscaldarsi nel freddo inverno di quell’anno, nel gennaio del 1858 dichiarò a Engels: «se questa situazione dura, preferirei stare 100 tese sotto terra piuttosto che seguitare a vegetare così. Essere sempre fastidioso agli altri e, per di più, essere personalmente tormentato di continuo dalle più piccole miserie, è alla lunga insopportabile»17. In queste condizioni riservò le considerazioni più amare anche alla sfera degli affetti: «privatamente, penso, conduco la vita più agitata che si possa immaginare. […] Per la gente che abbia delle aspirazioni più vaste non c’è peggiore stupidaggine che sposarsi e consegnarsi così alle piccole miserie della vita domestica e privata»18.

La povertà non fu il solo spettro ad assillare Marx. Come per gran parte della sua travagliata esistenza, egli fu affetto, anche durante questo periodo, da diversi malanni. Nel marzo del 1857 l’eccessivo lavoro notturno gli causò un’infiammazione agli occhi; in aprile fu vittima di dolori ai denti; in maggio soffrì ripetutamente di disturbi al fegato, per debellare i quali venne «imbottito di farmaci». Fortemente debilitato, fu incapace di lavorare per tre settimane. Riferì allora a Engels: «per non perdere del tutto il tempo, mi sono impadronito, in mancanza di meglio, della lingua danese»; comunque «stando alle promesse del dottore, c’è la prospettiva di tornare ad essere un uomo per la settimana prossima. Per il momento, sono ancora giallo come una mela cotogna e molto più irritato»19.

Di lì a poco, un evento ben più grave occorse alla famiglia Marx. All’inizio di luglio, infatti, Jenny diede alla luce il loro ultimo figlio, ma il bimbo, nato troppo debole, morì subito dopo il parto. Provato dal nuovo lutto, Marx confessò di getto a Engels:

in sé e per sé questa non è una disgrazia. Tuttavia […] le circostanze che hanno provocato questo esito sono state tali da riportare il ricordo straziante [probabilmente la morte di Edgar (1847-55), l’altro figlio perso precedentemente]. Non è possibile trattare per lettera un simile argomento20. Engels fu molto scosso da questa dichiarazione e rispose: «bisogna che ti vada assai male perché tu scriva così. Tu puoi accettare stoicamente la morte del piccolo, ma difficilmente lo potrà tua moglie»21.

Lo scenario si complicò ancor più quando anche Engels si ammalò e, colpito gravemente da una febbre ghiandolare, non poté lavorare per tutta l’estate. A quel punto, Marx fu in seria difficoltà. Venute a mancare le voci dell’amico da inviare all’enciclopedia, per guadagnare tempo, finse di avere spedito un gruppo di manoscritti a New York, sostenendo poi che essi fossero stati smarriti dalle poste. Malgrado ciò, la pressione cui era sottoposto non diminuì. Quando gli avvenimenti legati alla rivolta dei sepoy in India divennero sempre più eclatanti, il «New-York Tribune» si aspettava l’analisi dei fatti dal suo esperto22, ignorando che gli articoli riguardanti le questioni militari, in realtà, erano scritti da Engels. Marx, costretto dagli eventi ad assumere «l’interim del ministero della guerra»23, azzardò la tesi che gli inglesi avrebbero dovuto battere in ritirata all’inizio della stagione delle piogge. Informò Engels della sua scelta in questo modo: «è possibile che io faccia una figuraccia, ma potrò sempre aiutarmi con un po’ di dialettica. Naturalmente ho tenuto le mie enunciazioni in modo tale che avrò ragione anche in caso contrario»24. Marx, comunque, non sottovalutò affatto questo conflitto e, riflettendo sugli effetti che esso avrebbe causato, dichiarò: «col salasso di uomini e lingotti che costerà agli inglesi, l’India è il nostro migliore alleato»25.

9.3 Durante la stesura dei Grundrisse
Miseria, problemi di salute e stenti di ogni tipo: i Grundrisse furono scritti in questo tragico contesto. Essi non furono il prodotto dello studio di un pensatore protetto dalle agiatezze della vita borghese, ma, viceversa, l’opera di un autore che scrisse in condizioni molto difficili e, sorretto unicamente dalla convinzione che il suo lavoro, stante l’incedere della crisi economica, fosse divenuto una necessità dell’epoca, trovò le forze per portarlo avanti.

Nel corso dell’autunno del 1857, Engels continuò ad esprimere valutazioni ottimistiche sul corso degli eventi: «il crash americano è stupendo e durerà ancora a lungo. […] Il commercio è di nuovo a terra per tre o quattro anni, adesso abbiamo una possibilità»26 e, dunque, a incoraggiare Marx: «nel 1848 dicevamo: ora viene il nostro momento, ed in un certo senso è venuto, ma questa volta viene in pieno, ora si tratta di vita o di morte»27. D’altra parte, senza nutrire alcun dubbio sullo scoppio della rivoluzione, entrambi si augurarono che essa non esplodesse prima che tutta l’Europa fosse contagiata dalla crisi e gli auspici per «l’anno del tumulto»28furono rimandati al 1858.

Come si legge in una lettera di Jenny von Westphalen all’amico di famiglia Conrad Schramm, il crollo generale produsse effetti positivi su Marx: «può immaginarsi come il Moro sia euforico. La capacità e la facilità di lavoro di un tempo sono tornate e così pure il buon umore e la serenità dello spirito»29. Egli, infatti, avviò una fase di intensa attività intellettuale, nella quale si divise tra gli articoli per il «New-York Tribune», il lavoro per The New American Cyclopædia, il progetto, rimasto poi incompiuto, di scrivere un pamphlet sulla crisi in corso e, naturalmente, i Grundrisse. Gli impegni intrapresi, però, si mostrarono eccessivi anche per le sue rinnovate energie e l’ausilio di Engels si rese nuovamente indispensabile. Al principio del 1858, quando questi si era completamente ristabilito dalla malattia di cui aveva sofferto, Marx gli chiese di tornare a redigere le voci per l’enciclopedia:

mi sembra a volte che se tu, ogni paio di giorni, ne sbrigassi piccole porzioni, potrebbe forse servire come ostacolo alle sbornie che, stando alla conoscenza che ho di Manchester, e coi tempi agitati che corrono, mi sembrano inevitabili e non ti sono affatto di giovamento. […] perché io debbo assolutamente finire gli altri lavori, e mi prendono tutto il tempo, mi dovesse crollare la casa in testa!30

Engels accettò l’energica esortazione di Marx e gli comunicò che, dopo le vacanze, era in lui «subentrato il bisogno di una vita più tranquilla e attiva»31. Tuttavia, il problema principale di Marx era ancora rappresentato dalla mancanza di tempo ed egli se ne lamentò ricorrentemente con l’amico: «ogni volta che sono al [British] Museum, ho un tale mucchio di cose da controllare che il tempo (ora solo fino alle 4) passa prima che io mi guardi intorno. Poi la strada per andarci. Ecco come si perde molto tempo»32. Inoltre, accanto ai problemi di ordine pratico, si aggiunsero quelli di natura teorica: «sono […] così maledettamente frenato da errori di calcolo che, per disperazione, mi sono rimesso a studiare l’algebra. L’aritmetica mi è sempre stata nemica, ma deviando con l’algebra mi rimetto di nuovo in sesto»33. Infine, al rallentamento della stesura dei Grundrisse contribuì la sua scrupolosità, che gli imponeva di ricercare sempre nuovi riscontri per verificare la validità delle proprie tesi. In febbraio, egli espose in questo modo a Ferdinand Lassalle lo stato dei suoi studi:

ti voglio dire come va con l’Economia. Il lavoro è scritto. Da alcuni mesi, infatti, ho il testo finale tra le mani. La cosa però procede molto lentamente, perché argomenti dei quali si è fatto da molti anni l’oggetto principale dei propri studi, non appena si deve venire a una resa dei conti finale con loro, mostrano continuamente aspetti nuovi e sollecitano nuove riflessioni.

Nella stessa lettera, Marx si lamentò, ancora una volta, della condizione cui era condannato. Costretto a impiegare gran parte del giorno nella redazione degli articoli giornalistici, affermava: «io non sono padrone, bensì schiavo del mio tempo. Rimane per me soltanto la notte e, molto spesso, attacchi e ricadute di una malattia del fegato disturbano anche questi lavori notturni»34.

In effetti, le malattie erano tornate ad affliggerlo violentemente. Nel gennaio del 1858 rese noto a Engels di essere stato in cura per tre settimane: «avevo esagerato troppo nel lavorare di notte – sostenendomi invero solo con limonate, da una parte, e con un una immensa quantità di tabacco dall’altra»35. In marzo fu «di nuovo molto malandato» con il fegato: «il continuo lavoro notturno e i molti piccoli fastidi durante il giorno, derivanti dalle condizioni economiche della mia situazione domestica, mi causano spesso, in questi ultimi tempi, delle ricadute»36. Ancora in aprile dichiarò: «mi sento così male per la storia della mia bile che questa settimana non posso né pensare, né leggere, né scrivere, né fare qualsiasi cosa, eccetto gli articoli per il Tribune. Questi, naturalmente, non li devo saltare, perché, appena possibile, devo saldare i miei debiti per evitare la rovina»37.

In quel periodo, Marx aveva completamente rinunciato ai rapporti politici organizzati e alle relazioni private: ai pochi amici rimasti raccontava di vivere «come un eremita»38 o che «il paio di conoscenti li si vede di rado, e tutto sommato non è una gran perdita»39. Ad alimentare le sue speranze, e a svolgere una funzione di pungolo per il prosieguo del suo lavoro, restarono, accanto al continuo incoraggiamento di Engels, la recessione e la sua diffusione su scala mondiale: «tutto sommato, la crisi ha scavato come una brava vecchia talpa»40. Il carteggio con Engels documenta gli entusiasmi suscitati nel suo animo dal procedere degli avvenimenti. In gennaio, dopo aver letto le notizie del «Manchester Guardian [Il difensore di Manchester]» che giungevano da Parigi, esclamò: «pare che tutto vada meglio di quanto ci si aspettava»41 e, a fine marzo, commentando gli sviluppi dei fatti, aggiunse: «in Francia il fracasso va avanti nel miglior modo possibile. Sarà difficile che la calma duri oltre l’estate»42. E se pochi mesi prima aveva pessimisticamente affermato:

«dopo le esperienze degli ultimi dieci anni, il disprezzo per le masse come per gli individui deve essere così cresciuto in ogni essere pensante che odi profanum vulgus at arceo è una regola di vita quasi imposta. Ciò nonostante, anche questi sono stati d’animo da filisteo, che verranno spazzati via dalla prima tempesta»43, in maggio sosteneva soddisfatto: «nell’insieme il periodo attuale è gradevole. A quanto pare la storia è in procinto di prendere ancora un nuovo inizio e i segni della dissoluzione ovunque sono deliziosi per ogni mente che non sia propensa alla conservazione dello stato di cose esistenti»44.

Anche Engels non fu da meno. Con grande fervore riferì a Marx che nel giorno dell’esecuzione di Felice Orsini, il democratico italiano autore del fallito attentato a Napoleone III, si era svolta a Parigi una grande manifestazione operaia di protesta: «in un periodo in cui il grande fracasso si avvicina, è bello assistere ad un appello del genere e sentire rispondere da centomila uomini: presente!»45. Egli, inoltre, in funzione dei possibili sviluppi rivoluzionari, studiò l’imponente consistenza delle truppe francesi e avvertì Marx che, per vincere, sarebbero state necessarie la formazione di società segrete nell’esercito oppure, come nel 1848, una presa di posizione anti-bonapartista della borghesia. Presagì, infine, che le secessioni dell’Ungheria e dell’Italia e le insurrezioni slave avrebbero duramente colpito l’Austria, vecchio bastione reazionario, e che a ciò si sarebbe aggiunto un contraccolpo generalizzato della crisi in tutte le grandi città e nei distretti industriali. Insomma, ne era convinto: «dopo tutto, ci sarà un violento fracasso»46. Guidato da questo ottimismo, Engels riprese i suoi esercizi di equitazione, ma stavolta con un obiettivo in più; scrisse infatti a Marx: «ieri ho saltato col mio cavallo un terrapieno e una siepe alti cinque piedi e qualche pollice: il salto più alto che abbia mai fatto […] quando torneremo di nuovo in Germania, avremo certamente qualcosa da insegnare alla cavalleria prussiana. Sarà difficile per quei signori starmi dietro»47. La risposta fu di ironico compiacimento: «mi congratulo con te per le tue prodezze equestri. Soltanto non fare salti troppo pericolosi, perché presto verrà un’occasione più importante per rischiare di rompersi il collo. Non credo sia la cavalleria la specialità in cui tu sei più necessario per la Germania»48.

La vita di Marx, invece, si complicò ulteriormente. In marzo, Lassalle gli comunicò che l’editore Franz Duncker di Berlino aveva accettato di pubblicarne l’opera in fascicoli, ma, paradossalmente, questa buona notizia si trasformò in un ulteriore fattore destabilizzante. Una nuova causa di turbamento andò ad aggiungersi alle altre: l’ansia. Come riportato nell’ennesimo bollettino medico indirizzato ad Engels, stilato nell’occasione da Jenny von Westphalen,

bile e fegato sono di nuovo in subbuglio. […] Al peggioramento delle sue condizioni contribuisce molto l’inquietudine morale e l’agitazione, che naturalmente ora, dopo la conclusione del contratto con l’editore, è ancora maggiore e cresce di giorno in giorno, perché gli è assolutamente impossibile portare a termine il lavoro49.

Durante l’intero mese di aprile Marx fu colpito dal più violento attacco di fegato di cui avesse mai sofferto e non poté lavorare affatto. Egli si concentrò esclusivamente sui pochi articoli da mandare al «New-York Tribune», indispensabili a garantire la sopravvivenza, e fu costretto, per giunta, a dettarli alla moglie, prestata al «servizio di segretaria»50. Non appena riuscì di nuovo a impugnare la penna, informò Engels che la causa del suo silenzio era stata semplicemente l’«incapacità di scrivere», manifestatasi «non solo letterariamente, ma nel senso letterale della parola». Affermò, inoltre, che «l’ansia continua di rimetter[si] al lavoro e poi, di nuovo, l’incapacità di farlo, avevano contribuito a peggiorare il male». Le sue condizioni restavano comunque pessime:

non sono in grado di lavorare. Se mi metto a scrivere per un paio di ore, devo stare sdraiato tutto dolorante un paio di giorni. Mi aspetto, per tutti i diavoli, che questo stato di cose finisca con la prossima settimana. Non poteva mai essermi più inopportuno di adesso. Evidentemente, durante l’inverno ho esagerato nel lavorare di notte. Hinc illae lacrimae 51.

Provò, allora, a ribellarsi alla malattia, ma dopo aver assunto grandi dosi di farmaci, e senza averne tratto alcun beneficio, si arrese alle indicazioni terapeutiche del medico che gli impose di cambiare aria per una settimana e di «desistere, per un certo tempo, da ogni lavoro intellettuale»52. Decise così di raggiungere Engels, al quale annunciò: «ho appeso il dovere a un chiodo»53. Naturalmente, poi, nei venti giorni trascorsi a Manchester, egli continuò a lavorare al Capitolo sul capitale e scrisse le ultime pagine dei Grundrisse.

9.4 In lotta con la società borghese
Rientrato a Londra, Marx avrebbe dovuto redigere il testo da dare alle stampe. Tuttavia, nonostante fosse già in ritardo con l’editore, ne differì ancora la stesura. La sua natura ipercritica prevalse, anche in quella occasione, sulle esigenze pratiche. Comunicò infatti a Engels:

durante la mia assenza è uscito a Londra un libro di Maclaren su tutta la storia del denaro circolante che, secondo gli estratti dell’Economist, è di prim’ordine. Il libro non è ancora in biblioteca […]. Io devo naturalmente leggerlo prima di scrivere il mio. Perciò mandai mia moglie alla City dalla casa editrice, ma con spavento trovammo che esso costa nove scellini e sei pence, cioè più di quanto conteneva la nostra cassaforte. Mi faresti perciò un grande favore se potessi inviarmi un vaglia per l’ammontare di questa somma. È probabile che nel libro non ci sia nulla di nuovo per me, solo che, vista l’importanza datagli dall’Economist, e dopo gli estratti che io stesso ho letto, la mia coscienza teorica non mi permette di procedere senza conoscerlo54.

La “pericolosità” delle recensioni dell’«Economist [L’economista]» sulla già provata quiete familiare, la moglie Jenny spedita in centro per procurarsi l’origine dei nuovi dubbi teorici, i risparmi che non bastavano ad acquistare neanche un libro e le consuete richieste all’amico di Manchester che dovevano essere puntualmente esaudite: come meglio descrivere la vita di Marx durante quegli anni e, in particolare, di cosa fosse capace la sua «coscienza teorica»55?

Oltre alla sua complessa indole, le due “nemiche” di sempre, malattia e miseria, contribuirono a ritardare ancora il completamento del suo lavoro. Le sue condizioni di salute, come testimoniano i racconti a Engels, peggiorarono nuovamente: «il malessere di cui ho sofferto prima di partire per Manchester fu di nuovo – per tutta l’estate – cronico, sicché scrivere anche un po’ mi costa uno sforzo enorme»56. Inoltre, questi mesi furono segnati da insopportabili affanni economici che lo obbligarono a convivere, costantemente, con lo «spettro di un’inevitabile catastrofe finale»57. Di nuovo in preda alla disperazione, in luglio Marx spedì a Engels una lettera che documenta icasticamente la realtà in cui visse:

è necessario considerare in comune se, in qualche modo, si può trovare una via d’uscita all’attuale situazione, perché non è assolutamente più sostenibile. Il risultato immediato è stato che io sono già completamente incapace di lavorare, mentre in parte perdo il tempo migliore correndo qua e là e facendo inutili tentativi per scovare denaro, in parte la mia forza di astrazione, forse in conseguenza del maggiore deperimento fisico, non resiste più agli strazi della casa. Mia moglie ha i nervi logorati per questa miseria […]. L’intera faccenda si riduce a questo: le esigue entrate non sono mai destinate al mese che viene, ma bastano sempre solo per i debiti […] così questa miseria non è rimandata che di quattro settimane, durante le quali bisogna pure, in una maniera o in un’altra, tirare avanti. […] neanche vendere all’asta i miei mobili basterebbe a placare i creditori di qui ed assicurarmi una ritirata senza ostacoli in un buco qualsiasi. Lo spettacolo di rispettabilità mantenuto finora è stato il solo mezzo per impedire un crollo. Io, per conto mio, me ne fregherei di vivere a Whitechapel [il quartiere orientale di Londra dove, all’epoca, abitava grande parte della popolazione operaia], se potessi finalmente trovare un’ora di tranquillità e dedicarmi ai miei lavori. Per mia moglie, però, nel suo stato di salute, una metamorfosi del genere potrebbe avere delle conseguenze pericolose; e anche per le ragazze, che attraversano l’adolescenza, non sarebbe proprio adatto. […] Non augurerei ai miei peggiori nemici di passare attraverso il pantano in cui mi trovo da otto settimane, con la più grande rabbia per giunta che il mio intelletto, attraverso le più grandi seccature, va in malora e la mia capacità di lavoro sarà spezzata 58.

Malgrado lo stato di estrema indigenza, Marx non si lasciò sopraffare dalla precarietà della propria condizione e, riferendosi all’intento di completare la sua opera, dichiarò all’amico Joseph Weydemeyer: «io devo perseguire il mio scopo a tutti i costi e non permettere alla società borghese di trasformarmi in una macchina per fare denaro»59.

Intanto, col trascorrere dei mesi, la crisi economica si affievolì e ben presto i mercati ripresero a funzionare regolarmente60. In agosto, infatti, Marx si rivolse scoraggiato a Engels: «nelle ultime settimane il mondo è ridiventato maledettamente ottimista»61; e questi, riflettendo sul modo in cui era stata assorbita la sovrapproduzione di merci, asserì: «non si era ancora mai visto un deflusso così rapido di una ondata tanto violenta»62. La certezza della rivoluzione alle porte, che aveva animato entrambi dall’autunno del 1856 e aveva stimolato Marx a scrivere i Grundrisse, lasciò il posto alla più cocente disillusione: «non c’è guerra. Tutto è borghese»63. E se Engels si scagliò contro il «sempre maggiore imborghesimento del proletariato inglese», fenomeno che, a suo giudizio, avrebbe portato la nazione sfruttatrice del mondo intero ad avere un «proletariato borghese accanto alla borghesia»64, Marx si aggrappò, fino all’ultimo, ad ogni episodio minimamente significativo: «nonostante la svolta ottimistica del commercio mondiale […] è almeno consolante che in Russia sia cominciata la rivoluzione, perché io considero la convocazione generale dei “notabili” a Pietroburgo quale suo inizio». Le sue speranze investirono anche la Germania – «in Prussia le cose stanno peggio che nel 1847» – nonché la sollevazione della borghesia ceca per l’indipendenza nazionale: «ci sono dei moti straordinari tra gli slavi, specialmente in Boemia, che invero sono controrivoluzionari, ma offrono fermento al movimento». Infine, causticamente, come se si sentisse tradito, affermò: «non farà per niente male ai francesi se vedranno che il mondo si è mosso anche senza di loro»65.

Tuttavia, Marx dovette arrendersi all’evidenza: la crisi non aveva provocato le conseguenze sociali e politiche previste con tanta sicurezza. Eppure, egli era ancora fermamente persuaso che la rivoluzione in Europa fosse solo questione di tempo e che il problema, semmai, si sarebbe posto rispetto ai nuovi scenari mondiali aperti dalle trasformazioni economiche. Così, in una sorta di bilancio politico degli avvenimenti più recenti e di riflessione sulle prospettive future, scrisse a Engels:

Non possiamo negare che la società borghese ha vissuto, per la seconda volta, il suo XVI secolo – un XVI secolo che spero suonerà a morte per lei come il primo che l’adulò in vita. Il vero compito della società borghese è la creazione del mercato mondiale, almeno nelle sue grandi linee, e di una produzione che poggia sulle sue basi. Siccome il mondo è rotondo, mi sembra che, con la colonizzazione della California e dell’Australia e con l’apertura della Cina e del Giappone, questo compito sia stato portato a termine. La questione difficile per noi è: sul continente la rivoluzione è imminente e prenderà anche subito un carattere socialista. Non sarà necessariamente soffocata in questo piccolo angolo di mondo, dato che il movimento della società borghese è ancora ascendente su un’area molto maggiore?66

Questi pensieri racchiudono due delle più significative previsioni di Marx: quella giusta, che lo portò a intuire, più di ogni altro suo contemporaneo, lo sviluppo su scala mondiale del capitalismo, e quella errata, legata alla convinzione dell’avvento ineluttabile della rivoluzione proletaria in Europa. Le lettere ad Engels contengono, infine, le mordaci critiche che Marx rivolse a quanti, pur militando nel campo progressista, restavano pur sempre suoi avversari politici. Esse toccarono, oltre a uno dei suoi bersagli preferiti, Pierre Joseph Proudhon, principale esponente del socialismo al tempo egemone in Francia, che Marx considerò il «falso fratello»67 di cui il comunismo doveva sbarazzarsi, molti altri esponenti politici. Con Lassalle, ad esempio, Marx ebbe frequentemente un rapporto di rivalità e quando ricevette il suo ultimo libro, La filosofia di Eraclito, l’oscuro di Efeso, non si smentì e lo liquidò come «un insulso pasticcio»68. Nel settembre del 1858 Giuseppe Mazzini pubblicò il suo nuovo manifesto sulla rivista «Pensiero ed Azione», ma Marx, che non nutriva dubbi sul suo conto, profferì: «sempre il vecchio somaro»69, che invece di analizzare le ragioni della sconfitta del 1848-49, «ancora si affanna a propagandare panacee per la cura della […] paralisi politica»70 dell’emigrazione rivoluzionaria. Riferendosi invece a Julius Fröbel, deputato dell’assemblea di Francoforte del 1848-49 e tipico rappresentante dei democratici tedeschi rifugiatisi all’estero e poi allontanatisi dalla vita politica, inveì: «tutti questi individui appena hanno trovato il loro pane e formaggio, chiedono solo un pretesto qualsiasi per dire addio alla lotta»71. Infine, più ironico che mai, derise la “attività rivoluzionaria” di Karl Blind, uno dei capi dell’emigrazione tedesca a Londra:

attraverso un paio di conoscenti ad Amburgo, egli fa recapitare ai giornali inglesi lettere (da lui stesso redatte), nelle quali si parla dello scalpore che fanno i suoi libelli anonimi. In seguito, i suoi amici scrivono di nuovo sui giornali tedeschi quale gran conto [ne] abbiano dato quelli inglesi. Questo, vedi, significa essere un uomo d’azione 72.

L’impegno politico di Marx fu di tutt’altra natura. Se egli non smise mai di lottare contro la società borghese, con eguale costanza conservò la consapevolezza che, in questa battaglia, il suo compito principale era quello di forgiare la critica del modo di produzione capitalistico, per assolvere il quale erano necessari uno studio rigorosissimo dell’economia politica e l’analisi costante degli avvenimenti economici. Per questa ragione, nelle fasi in cui la lotta di classe cedette il passo al riflusso, egli decise di utilizzare le proprie forze nel miglior modo possibile e si tenne lontano dai vani complotti e dagli intrighi personali cui si riducevano le contese politiche dell’epoca: «dal processo di Colonia [quello contro i comunisti del 1853], mi sono completamente ritirato nella mia stanza da studio. Il mio tempo mi era troppo prezioso per sciuparlo in fatiche inutili e litigi meschini»73. Infatti, nonostante lo stillicidio delle tante difficoltà, Marx proseguì nel suo lavoro e, nel giugno del 1859, pubblicò Per la critica dell’economia politica. Primo fascicolo, scritto di cui i Grundrisse erano stati il più ampio laboratorio iniziale.

Simili ai precedenti, per Marx volse al termine anche quell’anno, così riassunto da sua moglie Jenny: «[il] 1858 non fu per noi né buono né cattivo; fu un anno in cui i giorni si susseguirono, ciascuno completamente uguale all’altro. Mangiare e bere, scrivere articoli, leggere i giornali e andare a spasso: questa fu tutta la nostra vita»74. Giorno dopo giorno, mese dopo mese e anno dopo anno, Marx continuò a lavorare alla sua opera per il resto della vita. A guidarlo nel gravoso lavoro di stesura dei Grundrisse e dei tanti altri voluminosi manoscritti preparatori di Il capitale, assieme alla grande determinazione della sua personalità, vi fu l’inestirpabile certezza che la sua esistenza apparteneva al socialismo, la causa dell’emancipazione di milioni di donne e uomini.

References
1. K. Marx, La borghesia e la controrivoluzione, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. VIII, Editori Riuniti, Roma 1976, p. 176.
2. Alla loro morte si aggiunse, nel luglio del 1857, quella di un altro figlio morto poco dopo il parto.
3. J. Marx, Umrisse eines bewegten Lebens, in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx e Engels, Einaudi, Torino 1977, p. 216. Secondo la moglie di Marx, quel cambiamento era divenuto assolutamente necessario: «poiché tutti diventavano filistei, non potevamo continuare a vivere come bohémiens», Ibid. Sulla vita di Marx nella capitale inglese cfr. A. Briggs – J. Callow, Marx in London, Lawrence and Wishart, London 2008.
4. Karl Marx a Friedrich Engels, 26 settembre 1856, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XL, Editori Riuniti, Roma 1973, p. 76.
5. Friedrich Engels a Karl Marx, dopo il 26 settembre 1856, ivi, p. 78.
6. Karl Marx a Friedrich Engels, 20 gennaio 1857, ivi, p. 98.
7. Karl Marx a Friedrich Engels, 2 aprile 1858, ivi, p. 333.
8. Karl Marx a Friedrich Engels, 18 marzo 1857, ivi, p. 114.
9. Karl Marx a Friedrich Engels, 23 gennaio 1857, ivi, p. 103.
10. Karl Marx a Joseph Weydemeyer, 1 febbraio 1859, ivi, p. 599.
11. Karl Marx a Friedrich Engels, 31 ottobre 1857, ivi, p. 216.
12. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 dicembre 1857, ivi, p. 236.
13. Karl Marx a Friedrich Engels, 13 novembre 1857, ivi, p. 217.
14. Friedrich Engels a Karl Marx, 22 aprile 1857, ivi, p. 131.
15. Karl Marx a Friedrich Engels, 22 febbraio 1858, ivi, p. 299. Anche se contengono alcune riflessioni interessanti, gli articoli per l’enciclopedia furono bollati da Engels come «lavori a puro scopo di guadagno […] che possono tranquillamente restare sepolti», cfr. Friedrich Engels a Hermann Schlüter, 29 Gennaio 1891, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. IL, Editori Riuniti, Roma 1982, p. 18. Per l’edizione italiana di questi scritti, si rimanda al volume di recente pubblicazione K. Marx – F. Engels, Voci per The New American Cyclopædia, Lotta Comunista, Milano 2003.
16. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 dicembre 1857, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XL, op. cit., p. 234.
17. Karl Marx a Friedrich Engels, 28 gennaio 1858, ivi, p. 280.
18. Karl Marx a Friedrich Engels, 22 febbraio 1858, ivi, p. 299.
19. Karl Marx a Friedrich Engels, 22 maggio 1857, ivi, p. 141.
20. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 luglio 1857, ivi, p. 154.
21. Friedrich Engels a Karl Marx, 11 luglio 1857, ivi, p. 155.
22. Marx si era già occupato a lungo dell’India durante il 1853. Cfr. i saggi I. Habib, Marx’s Perception of India; e Prabhat Patnaik, Appreciation: The Other Marx, contenuti in K. Marx, India (a cura di Iqbal Husain), Tulika Books, New Delhi 2006, pp. xix-liv e lv-lxviii. In proposito cfr. anche A. Ahmad, In Theory: Classes, Nations, Literatures, Verso, London 1992, cap. 5: Marx on India: A Clarification.
23. Karl Marx a Friedrich Engels, 14 gennaio 1858, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XL, op. cit., p. 272.
24. Karl Marx a Friedrich Engels, 15 agosto 1857, ivi, p. 166.
25. Karl Marx a Friedrich Engels, 14 gennaio 1858, ivi, p. 272.
26. Friedrich Engels a Karl Marx, 29 ottobre 1857, ivi, p. 214.
27. Friedrich Engels a Karl Marx, 15 novembre 1857, ivi, p. 223.
28. Friedrich Engels a Karl Marx, 31 dicembre 1857, ivi, p. 258.
29. Jenny Marx a Conrad Schramm, 8 dicembre 1857, ivi, p. 686.
30. Karl Marx a Friedrich Engels, 5 gennaio 1858, ivi, pp. 260-1.
31. Friedrich Engels a Karl Marx, 6 gennaio 1858, ivi, p. 262.
32. Karl Marx a Friedrich Engels, 1 febbraio 1858, ivi, p. 287.
33. Karl Marx a Friedrich Engels, 11 gennaio 1858, ivi, p. 269.
34. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 22 febbraio 1858, ivi, p. 577.
35. Karl Marx a Friedrich Engels, 14 gennaio 1858, ivi, p. 273.
36. Karl Marx a Friedrich Engels, 29 marzo 1858, ivi, p. 326.
37. Karl Marx a Friedrich Engels, 2 aprile 1858, ivi, p. 329.
38. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 21 dicembre 1857, ivi, p. 575.
39. Karl Marx a Conrad Schramm, 8 dicembre 1857, ivi, p. 573.
40. Karl Marx a Friedrich Engels, 22 febbraio 1858, ivi, p. 300.
41. Karl Marx a Friedrich Engels, 23 gennaio 1858, ivi, p. 276.
42. Karl Marx a Friedrich Engels, 29 marzo 1858, ivi, pp. 326-7
43. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 22 febbraio 1858, ivi, p. 579. La citazione latina «ho in odio la plebe ignorante e le sto lontano» è tratta da Orazio, Odi Epodi, libro III, 1, Garzanti, Milano 2005, p. 147 (traduzione modificata dall’autore).
44. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 31 maggio 1858, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XL, op. cit., p. 588.
45. Friedrich Engels a Karl Marx, 17 marzo 1858, ivi, p. 319.
46. Friedrich Engels a Karl Marx, 17 marzo 1858, ivi, p. 322.
47. Friedrich Engels a Karl Marx, 11 febbraio 1858, ivi, p. 293.
48. Karl Marx a Friedrich Engels, 14 febbraio 1858, ivi, pp. 294-95.
49. Jenny Marx a Friedrich Engels, 9 aprile 1858, ivi, p. 689.
50. Karl Marx a Friedrich Engels, 23 aprile 1857, ivi, p. 132.
51. Karl Marx a Friedrich Engels, 29 aprile 1858, ivi, p. 339. La citazione latina «ecco il motivo delle lacrime» è tratta da Terenzio, Andria, Atto 1 scena 1, Mondadori, Milano 1993, p. 19.
52. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 31 maggio 1858, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XL, op. cit., p. 587.
53. Karl Marx a Friedrich Engels, 1 maggio 1858, ivi, p. 342.
54. Karl Marx a Friedrich Engels, 31 maggio 1858, ivi, pp. 343-4.
55. Karl Marx a Friedrich Engels, 31 maggio 1858, ivi, p. 344.
56. Karl Marx a Friedrich Engels, 21 settembre 1858, ivi, p. 369.
57. Karl Marx a Friedrich Engels, 15 luglio 1858, ivi, p. 354.
58. Karl Marx a Friedrich Engels, 15 luglio 1858, ivi, pp. 354-7.
59. Karl Marx a Joseph Weydemeyer, 1 febbraio 1859, ivi, p. 600.
60. Sui principali eventi della crisi del 1857 si rimanda a: J. S. Gibbons, The Banks of New-York, Their Dealers, the Cleaning House, and the Panic of 1857, Appleton & Co., New York 1859, in particolare pp. 343-99; D. Morier Evans, The History of the Commercial Crisis, 1857-58, Burt Franklin, New York 1860; Charles W. Calomiris e Larry Schweikart, The Panic of 1857: Origins, Transmission, and Containment, in «Journal of Economic History», vol. 51 (1991), n. 4, pp. 807–34.
61. Karl Marx a Friedrich Engels, 13 agosto 1858, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XL, op. cit., p. 367.
62. Friedrich Engels a Karl Marx, 7 ottobre 1858, ivi, p. 373.
63. Karl Marx a Friedrich Engels, 11 dicembre 1858, ivi, p. 390.
64. Friedrich Engels a Karl Marx, 7 ottobre 1858, ivi, p. 373.
65. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 ottobre 1858, ivi, p. 376.
66. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 ottobre 1858, ivi, pp. 376-7.
67. Karl Marx a Joseph Weydemeyer, 1 febbraio 1859, ivi, p. 602.
68. Karl Marx a Friedrich Engels, 1 febbraio 1858, ivi, p. 287.
69. Karl Marx a Friedrich Engels, 8 ottobre 1858, ivi, p. 375.
70. K. Marx, Il nuovo manifesto di Mazzini, 13 Ottobre 1858, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XVI, Editori Riuniti, Roma 1983, p. 38.
71. Karl Marx a Friedrich Engels, 24 novembre 1858, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XL, op. cit., p. 386.
72. Karl Marx a Friedrich Engels, 2 novembre 1858, ivi, p. 382.
73. Karl Marx a Joseph Weydemeyer, 1 febbraio 1859, ivi, p. 601.
74. J. Marx, Umrisse eines bewegten Lebens, in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx e Engels, op. cit., p. 217.

Bibliografia
Engels, Friedrich, Marx and Engels Collected Works, vol. 49: Letters 1890-92, Lawrence and Wishart, Londra 2002.
Marx, Jenny, Umrisse eines bewegten Lebens, in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx e Engels, Einaudi, Torino 1977.
Marx, Karl, La borghesia e la controrivoluzione, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. VIII, Editori Riuniti, Roma 1976.
Marx, Karl, Il nuovo manifesto di Mazzini, in K. Marx – F. Engels, Opere, vol. XVI, Editori Riuniti, Roma 1983.
Marx, Karl – Engels, Friedrich, Lettere 1856-1859, in K. Marx – F. Engels, Opere, Vol. LX, Editori Riuniti, Roma 1973.
Marx, Karl – Engels, Friedrich, Opere, vol. IL, Editori Riuniti, Roma 1982.
Orazio, Odi Epodi, Garzanti, Milano 2005.
Terenzio, Andria, Mondadori, Milano 1993.

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Storia, produzione e metodo nella Introduzione del 1857

4.I Storia e individuo sociale
Nel 1857, Marx era convinto che la crisi finanziaria, in corso a livello internazionale, avrebbe creato le condizioni per una nuova fase rivoluzionaria in tutta l’Europa. Dopo le insurrezioni popolari del 1848, egli aveva costantemente atteso questo momento e, ora che pareva finalmente giunto, non voleva farsi cogliere impreparato dagli eventi. Decise, dunque, di riprendere i suoi studi economici e di dare loro forma compiuta.

Da dove cominciare? In che modo intraprendere il progetto, così impegnativo e ambizioso, più volte avviato ed interrotto durante la sua esistenza, di critica dell’economia politica? Fu questa la prima questione che Marx si pose alla ripresa del lavoro. Due circostanze furono determinanti per orientare la sua scelta. Anzitutto, egli riteneva che la scienza economica, nonostante la validità di alcune teorie, fosse ancora priva di un procedimento conoscitivo che le permettesse di intendere ed illustrare correttamente la realtà . Inoltre, egli avvertiva l’esigenza di stabilire gli argomenti e l’ordine di esposizione della sua opera, prima di iniziarne la stesura. Queste ragioni lo indussero ad affrontare, in modo approfondito, il metodo che avrebbe dovuto adottare per la sua ricerca ed a formularne i principi guida. Il risultato di queste riflessioni fu uno dei manoscritti più dibattuti della sua opera: la cosiddetta [Introduzione] del 1857.

L’intento di Marx non fu certo quello di redigere un sofisticato trattato metodologico. Al contrario, egli volle mettere in chiaro, a se stesso prima che ai suoi lettori, come orientarsi prima di procedere lungo l’accidentato percorso critico che aveva davanti a sé. Inoltre, tale delucidazione gli era necessaria per rielaborare la grande mole di studi di economia accumulata sin dalla metà degli anni Quaranta. Così, accanto alle osservazioni incentrate sull’utilizzo e l’articolazione delle categorie teoriche, trovarono posto, in queste pagine, alcune formulazioni essenziali del suo pensiero che egli ritenne indispensabile riepilogare – in particolare quelle legate alla concezione della storia –, nonché un’elencazione, del tutto priva di sistematicità, di questioni la cui soluzione permaneva problematica.

Questa miscela di esigenze e proponimenti, il breve tempo nel quale furono redatte – appena una settimana – e, soprattutto, la loro provvisorietà, rendono queste note estremamente complesse e controverse. Ciò nonostante, poiché contiene il più esteso e dettagliato pronunciamento sulle questioni epistemologiche mai compiuto da Marx, l’[Introduzione] costituisce un riferimento rilevante per la comprensione del suo pensiero e un snodo obbligato per meglio interpretare l’intero corpo dei [Grundrisse].

Fedele al suo stile, Marx alternò l’esposizione delle proprie idee con la critica alle concezioni dei suoi avversari teorici anche nella [Introduzione], testo che suddivise in quattro differenti paragrafi:

I) La produzione in generale.
II) Il rapporto generale tra produzione, distribuzione, scambio e consumo.
III) Il metodo dell’economia politica.
IV) Mezzi (forze) di produzione e rapporti di produzione, rapporti di produzione e rapporti di circolazione, ecc. .

L’incipit del primo paragrafo è una dichiarazione d’intenti, volta, sin dal principio, a specificare il campo dell’indagine ed a connotarne i criteri storici: «l’oggetto in questione è anzitutto la produzione materiale. Il punto di partenza è costituito naturalmente dagli individui che producono in società – e perciò dalla produzione socialmente determinata degli individui» . Bersaglio polemico di Marx furono le «robinsonate del XVIII secolo» , il mito di Robinson Crusoe quale paradigma dell’Homo oeconomicus, ovvero l’estensione dei fenomeni tipici dell’era borghese a ogni altra società esistita, comprese quelle primitive. Queste rappresentazioni raffiguravano il carattere sociale della produzione come costante di ogni processo lavorativo e non quale particolarità dei rapporti capitalistici. Allo stesso modo, la società civile (bürgerlichen Gesellschaft), con la cui comparsa si erano create le condizioni affinché «il singolo si svincola dai legami naturali ecc., che fanno di lui, nelle precedenti epoche storiche, un accessorio di un determinato e circoscritto conglomerato umano» , pareva essere sempre esistita, anziché, come effettivamente avvenuto, essersi sviluppata nel corso del Settecento. In realtà, prima di questa epoca, l’individuo isolato, caratteristico dell’epoca capitalistica, semplicemente non esisteva. Come affermato in un altro brano dei [Grundrisse]: «originariamente, egli si presenta come un essere che appartiene alla specie umana (Gattungswesen), un essere tribale, un animale da branco» .

Tale dimensione collettiva è condizione per l’appropriazione della terra, la quale rappresenta «il grande laboratorio, l’arsenale che dà i mezzi e il materiale di lavoro, e la sede che costituisce la base della comunità (Basis des Gemeinwesens)» . In presenza di questi rapporti originari, l’attività dell’uomo è legata direttamente alla terra; si realizza «l’unità naturale del lavoro con i suoi presupposti materiali» , ed il singolo vive in simbiosi diretta con i suoi simili. Anche in tutte le successive forme economiche, aventi per scopo la creazione di valore d’uso e non ancora di scambio ed il cui l’ordinamento è basato sull’agricoltura , il rapporto dell’essere umano «con le condizioni oggettive del lavoro è mediato dalla sua esistenza come membro della comunità» . La singola persona è, in definitiva, soltanto un anello della catena. A tal proposito, Marx formulò nell’[Introduzione] questa convinzione:

quanto più risaliamo indietro nella storia, tanto più l’individuo, perciò anche l’individuo che produce, appare privo di autonomia (unselbstständig), parte di un insieme più grande: dapprima ancora in modo del tutto naturale nella famiglia e nella tribù come famiglia allargata; più tardi nelle varie forme della comunità, sorta dal contrasto e dalla fusione delle tribù .

Analoghe considerazioni ricorrono nel primo libro de Il capitale. Infatti, a proposito del «tenebroso medioevo europeo», Marx sostenne che invece «dell’uomo indipendente, troviamo che tutti sono dipendenti: servi della gleba e padroni, vassalli e signori feudali, laici e preti. La dipendenza personale caratterizza tanto i rapporti sociali della produzione materiale, quanto le sfere di vita su di essa edificate» . Anche quando prese in esame la genesi dello scambio dei prodotti, egli ricordò che esso era cominciato dal contatto tra differenti famiglie, tribù o comunità, «poiché agli inizi dell’incivilimento si affrontano autonomamente non le persone private, ma le famiglie, le tribù, ecc» . In definitiva, che l’orizzonte fosse il legame selvaggio di consanguineità o il vincolo medievale di signoria e servitù, entro «limitati rapporti di produzione» (bornirter Productionsverhältnisse), gli individui vissero in una condizione di correlazione reciproca .

Gli economisti classici, al contrario, sulla base di quelle che Marx considerava fantasie di ispirazione giusnaturalistica, avevano invertito questa realtà. In particolare, Adam Smith aveva descritto una condizione primitiva entro la quale non solo l’individuo isolato esisteva già, ma esso era anche capace di produrre al di fuori della società. Stando alla sua raffigurazione, nelle tribù di cacciatori e pastori esisteva una divisione del lavoro in grado di realizzare la specializzazione dei mestieri. La maggiore destrezza di una persona, rispetto alle altre, nel costruire archi e frecce, oppure capanne, faceva di lei una specie di armaiolo o carpentiere di case. La certezza di poter scambiare la parte del prodotto del proprio lavoro che non veniva consumata, con quella che eccedeva la produzione degli altri, «incoraggia[va] ciascuno a dedicarsi a un’occupazione particolare» . Di un simile anacronismo si era reso autore anche David Ricardo. Egli, infatti, aveva concepito il rapporto tra i cacciatori ed i pescatori degli stadi primitivi della società come uno scambio tra possessori di merci, che avveniva sulla base del tempo di lavoro in esse oggettivato .

Così facendo, Smith e Ricardo avevano rappresentato il prodotto più sviluppato della società nella quale vissero – l’individuo borghese isolato – quale manifestazione spontanea della natura. Dalle pagine delle loro opere emergeva un individuo mitologico senza tempo, «posto dalla natura stessa» , le cui relazioni sociali erano sempre le stesse, immutate, ed i cui comportamenti economici assumevano carattere antropologico. D’altronde, secondo Marx, gli interpreti di ogni nuova epoca storica si erano regolarmente illusi dell’idea che le caratteristiche più peculiari del loro tempo fossero state sempre presenti .

Viceversa, Marx affermò che «la produzione del singolo isolato al di fuori della società […] è una tale assurdità quanto lo sviluppo di una lingua senza individui che vivono insieme e che parlano insieme» . Inoltre, contro coloro che raffigurarono l’individuo isolato del XVIII secolo come l’archetipo della natura umana, «non come un risultato storico, ma come il punto di partenza della storia» , egli sostenne che esso compariva, invece, solo con i rapporti sociali più sviluppati. Marx non negò affatto che l’uomo fosse uno ζώον πολιτικόν (zoon politikon), un animale sociale, ma sottolineò che era «un animale che può isolarsi solo nella società» . Dunque, poiché la società civile era sorta soltanto con il mondo moderno, il libero lavoratore salariato dell’epoca capitalistica era comparso solo in seguito ad un lungo processo storico. Esso, infatti, «è il prodotto, da un lato, della dissoluzione delle forme sociali feudali, dall’altro, delle nuove forze produttive sviluppatesi a partire dal XVI secolo» . Del resto, Marx aveva sentito la necessità di ribadire una realtà che riteneva fin troppo evidente, solo perché essa era stata rimessa in discussione nelle opere di Henry Charles Carey, Frédéric Bastiat e Pierre-Joseph Proudhon, apparse durante i vent’anni precedenti.

Dopo aver abbozzato la genesi dell’individuo capitalistico ed aver dimostrato che la produzione moderna corrisponde solo ad un «determinato livello dello sviluppo sociale – [alla] produzione di individui sociali», Marx avvertì una seconda esigenza teorica: svelare la mistificazione compiuta dagli economisti intorno al concetto di «produzione in generale» (Production im Allgemeinen). Essa è un’astrazione, una categoria che non esiste in nessuno stadio concreto della realtà. Poiché, però, «tutte le epoche della produzione hanno certi caratteri in comune, determinazioni comuni (gemeinsame Bestimmungen)», Marx riconobbe che «la produzione in generale è un’astrazione sensata, in quanto mette effettivamente in rilievo l’elemento comune» e, fissandolo, risparmia allo studioso che si cimenta con l’impresa di riprodurre il reale attraverso il pensiero un’inutile ripetizione.

L’astrazione, quindi, acquisì per Marx una funzione positiva. Essa non era più, come affermato nella critica giovanile a Georg W. F. Hegel, sinonimo di filosofia idealistica che si sostituisce al reale e non venne più concepita, come lo era stata nei [Manoscritti economico-filosofici del 1844], quale espressione di generiche formule generali attraverso le quali gli economisti mascheravano la realtà , o, come ribadito nel 1847 in Miseria della filosofia, quale metafisica che trasforma ogni cosa in categorie logiche . Ora che la sua concezione materialistica della storia era stata saldamente elaborata e che il contesto in cui si muovevano le sue riflessioni critiche era profondamente mutato rispetto a quello dei primi anni Quaranta, caratterizzato dalla polemica anti-hegeliana, Marx poté riconsiderare l’astrazione senza i pregiudizi giovanili. Così, diversamente dai rappresentanti della Scuola storica, che proprio nello stesso periodo teorizzarono l’impossibilità di giungere a leggi astratte con valore universale , nei [Grundrisse] Marx riconobbe che l’astrazione poteva svolgere un ruolo fecondo per il processo conoscitivo .

Tuttavia, ciò si sarebbe reso possibile soltanto se l’analisi teorica si fosse mostrata capace di distinguere le determinazioni valide in tutte le fasi storiche da quelle valevoli, invece, solo in particolari epoche, e di conferire a queste ultime la rilevanza che avevano al fine di comprendere il reale. Se, infatti, l’astrazione è utile per rappresentare i fenomeni più estesi della produzione, essa non fornisce, però, la corretta rappresentazione dei suoi momenti specifici, che sono gli unici realmente storici . Se l’astrazione non è integrata dalle determinazioni caratteristiche di ogni realtà storica, la produzione, da fenomeno specifico e differenziato quale è, si trasforma in un processo sempre identico a se stesso, che cela la «diversità essenziale» (wesentliche Verschiedenheit) delle varie forme in cui esso si manifesta. Era proprio questo l’errore commesso dagli economisti che presumevano di mostrare «l’eternità e l’armonia dei rapporti sociali esistenti» . Diversamente dal loro assunto, che estendeva le caratteristiche più singolari della società borghese a tutte le altre epoche storiche, Marx riteneva che fossero i tratti specifici di ogni formazione economico-sociale a rendere possibile la distinzione di queste dalle altre, a causarne lo sviluppo e a consentire allo studioso la comprensione dei reali mutamenti storici .

Nonostante la definizione degli elementi generali della produzione sia «qualcosa di molteplicemente articolato che diverge in differenti determinazioni» – alcune delle quali «appartengono a tutte le epoche, [mentre] altre sono comuni solo ad alcune» –, tra le sue componenti universali vi sono, certamente, il lavoro umano e la materia fornita dalla natura. Senza un soggetto che produce e un oggetto lavorato, infatti, non può esservi produzione alcuna. Tuttavia, gli economisti facevano rientrare tra i requisiti generali della produzione anche un terzo elemento: «un fondo accumulato di prodotti del lavoro precedente» , ovvero il capitale. La critica di quest’ultimo elemento è essenziale per Marx, al fine di disvelare quello che riteneva un limite fondamentale degli economisti. È evidente anche a Marx che nessuna produzione è possibile senza uno strumento col quale si lavora, fosse questo anche solo la mano, e senza il lavoro passato accumulato, anche nella forma di mero esercizio ripetuto del selvaggio. Tuttavia, ciò che differenzia la sua analisi da quella di Smith, Ricardo e James Stuart Mill è che, seppure essa riconosce il capitale come strumento di produzione e lavoro passato, non ne fa per questo conseguire che esso sia sempre esistito.

In un’altra parte dei [Grundrisse], la questione è esposta più dettagliatamente. Secondo Marx, rappresentare il capitale come se fosse sempre esistito, al modo gli economisti, significava considerarne solo la materia e prescindere dalla sua essenziale «determinazione formale» (Formbestimmung). In questo modo:

il capitale sarebbe esistito in tutte le forme della società, e sarebbe qualcosa di assolutamente astorico. […] Il braccio e soprattutto la mano sono capitale. Capitale sarebbe soltanto un nuovo nome per una cosa vecchia quanto il genere umano, giacché ogni genere di lavoro, anche il meno sviluppato, come la caccia, la pesca ecc., presuppone che il prodotto del lavoro passato sia trasformato come mezzo per il lavoro immediato, vivo […]. Una volta che si è fatta astrazione dalla forma determinata del capitale (der bestimmten Form des Capitals abstrahirt), accentuandone soltanto il contenuto, […] naturalmente nulla è più facile che dimostrare che il capitale è una condizione necessaria di ogni produzione umana. La dimostrazione viene appunto condotta attraverso l’astrazione (Abstraktion) dalle specifiche determinazioni che lo rendono un momento di un particolare livello di sviluppo storico della produzione umana (Moment einer besonders entwickelten historischen Stufe der menschlichen Production) .

In questi passaggi, Marx si riferisce all’astrazione in senso negativo. Astrarre significa prescindere dalle reali condizioni sociali, concepire il capitale come cosa e non come rapporto, ed operare, quindi, una grave falsificazione interpretativa. Nell’[Introduzione], egli assume l’uso delle categorie astratte, ma solo se l’analisi del momento generale non cancella quello particolare e non confonde il secondo nell’indistinto del primo. Per Marx, se si commette l’errore di «concepire il capitale soltanto dal suo lato materiale, come strumento di produzione, prescindendo del tutto dalla forma economica (ökonomischen Form) che fa dello strumento di produzione un capitale» , si cade nella «grossolana incapacità di cogliere le differenze reali» e si rappresenta «un unico rapporto economico che assume nomi diversi» . Ignorare le diversità espresse nel rapporto sociale significa astrarre dalla differenza specifica che è il punto fondamentale di tutto . Dunque, nell’[Introduzione], egli affermò che «il capitale è un rapporto naturale universale (allgemeines), eterno; [… ma] lo è se io trascuro proprio il fattore specifico che solo trasforma lo “strumento di produzione”, il “lavoro accumulato” in capitale» .

D’altronde, Marx aveva già criticato la mancanza di senso storico degli economisti nella Miseria della Filosofia, laddove aveva dichiarato:

gli economisti hanno un singolare modo di procedere. Non esistono per essi che due tipi di istituzioni, quelle artificiali e quelle della natura. Le istituzioni del feudalesimo sono istituzioni artificiali, quelle della borghesia sono istituzioni naturali. E in questo gli economisti assomigliano ai teologi, i quali pure stabiliscono due sorta di religioni. Ogni religione che non sia la loro è un’invenzione degli uomini, mentre la loro religione è un’emanazione di Dio. Sostenendo che i rapporti attuali – i rapporti della produzione borghese – sono naturali, gli economisti fanno intendere che si tratta di rapporti entro i quali si crea la ricchezza e si sviluppano le forze produttive conformemente alle leggi della natura. Per cui questi stessi rapporti sono leggi naturali, indipendenti dall’influenza del tempo. Sono leggi eterne che debbono sempre reggere la società. Così c’è stata storia, ma non ce n’è più .

Perché ciò fosse plausibile, gli economisti raffiguravano le circostanze storiche preliminari alla nascita del modo di produzione capitalistico con le sue medesime sembianze, «come risultati della sua esistenza». Infatti, Marx affermò nei [Grundrisse]:

gli economisti borghesi, che considerano il capitale come una forma di produzione eterna e naturale (non storica), cercano poi di giustificarlo presentando le condizioni del suo divenire come condizioni della sua attuale realizzazione, spacciando cioè i momenti in cui il capitalista ancora si appropria in veste di non-capitalista – perché sta soltanto diventandolo – come le vere condizioni in cui egli se ne appropria in veste di capitalista .

Dal punto di vista storico, ciò che divide profondamente Marx dagli economisti classici è che, a differenza delle rappresentazioni di questi ultimi, egli crede che «il capitale non ha cominciato il mondo dal principio, ma ha già trovato produzione e prodotti prima di assoggettarli al suo processo» . Secondo Marx: «le nuove forze produttive e i nuovi rapporti produttivi non si sviluppano dal nulla, né dall’aria, né dal grembo dell’idea che pone se stessa, ma nell’ambito e in antitesi allo sviluppo della produzione esistente e ai rapporti di proprietà tradizionali» . Allo stesso modo, la circostanza in base alla quale i soggetti che producono sono separati dai mezzi di produzione, che permette al capitalista di trovare operai privi di proprietà e capaci di realizzare lavoro astratto, ovvero il presupposto per cui si realizza lo scambio tra capitale e lavoro vivo, è il risultato di un processo, celato dal silenzio dagli economisti, che «costituisce la storia genetica del capitale e del lavoro salariato» .

Nei [Grundrisse] vi sono diversi passaggi dedicati alla critica della trasfigurazione, operata dagli economisti, di realtà storiche in realtà naturali. Tra queste vi era, ad esempio, il denaro, ritenuto da Marx in tutta evidenza un prodotto storico: «essere denaro non è una proprietà naturale dell’oro e dell’argento» , ma soltanto la determinazione da loro acquisita a partire da un preciso momento dello sviluppo sociale. Lo stesso valeva per il credito. Secondo Marx, il dare e prendere in prestito fu un fenomeno comune a molte civiltà e altrettanto fu l’usura, «ma il dare ed o il prendere a prestito costituiscono tanto poco il credito, quanto lavorare costituisce il lavoro industriale o il lavoro salariato libero. Come rapporto di produzione essenziale sviluppato storicamente, il credito si presenta soltanto nella circolazione fondata sul capitale» . Anche i prezzi e lo scambio esistevano nelle società antiche, «ma sia la progressiva determinazione degli uni attraverso i costi di produzione, sia il predominio dell’altro su tutti i rapporti di produzione, acquisiscono pieno sviluppo soltanto […] nella società borghese, la società della libera concorrenza»; ovvero: «ciò che Adam Smith, alla maniera tipica del XVIII secolo, pone nel periodo preistorico e fa precedere alla storia, è piuttosto il suo prodotto» . Inoltre, così come criticò gli economisti per la loro mancanza di senso storico, Marx irrise egualmente Proudohn e tutti quei socialisti che ritenevano possibile l’esistenza del lavoro che produce valore di scambio senza che esso si sviluppi in lavoro salariato, del valore di scambio senza che esso si trasformi in capitale o del capitale senza i capitalisti .

Obiettivo principale di Marx in queste pagine iniziali dell’[Introduzione] fu, dunque, quello di affermare la specificità storica del modo di produzione capitalistico. Dimostrare, come ribadì anche nei manoscritti del libro terzo de Il capitale, che esso «non costituisce un modo di produzione assoluto, ma semplicemente storico, corrispondente a una certa, limitata, epoca di sviluppo delle condizioni materiali di produzione» .

L’assunzione di questo punto di vista implicava una differente concezione di molte questioni, tra cui quelle del processo lavorativo e delle sue qualità. Nei [Grundrisse], infatti, Marx dichiarò che «gli economisti borghesi sono a tal punto prigionieri delle concezioni di un determinato livello di sviluppo storico della società, che la necessità della oggettivazione delle forze sociali del lavoro appare loro inscindibile dalla necessità dell’estraneazione di queste stesse forze» . La rappresentazione delle forme specifiche del modo di produzione capitalistico come costanti del processo di produzione in quanto tale, perpetrata dagli economisti, fu costantemente contrastata da Marx. Raffigurare il lavoro salariato non come rapporto distintivo di una particolare forma storica della produzione, ma quale realtà universale dell’esistenza economica dell’uomo, significava sostenere che anche lo sfruttamento e l’alienazione erano sempre esistite e avrebbero continuato sempre a esistere.

Eludere la specificità della produzione capitalistica aveva, quindi, conseguenze di natura tanto epistemologica quanto politica. Se da un lato, infatti, risultava di impedimento alla comprensione dei concreti mutamenti storici della produzione, dall’altro, nel delineare le condizioni del presente come inalterate ed inalterabili, raffigurava la produzione capitalistica come la produzione in generale ed i rapporti sociali borghesi quali rapporti naturali dell’uomo. Allo stesso modo, anche la critica di Marx alle teorie degli economisti aveva una duplice valenza. Accanto alla necessità di sottolineare l’indispensabilità della caratterizzazione storica della produzione per comprendere il reale, essa aveva un preciso intento politico: quello di contrastare il dogma dell’immutabilità del modo di produzione capitalistico. La dimostrazione della storicità dell’ordine capitalistico costituiva, infatti, la prova della sua transitorietà e dimostrava il suo possibile superamento.

Eco delle concezioni espresse in questa prima parte dell’[Introduzione] si trova, infine, in una delle ultime pagine dei manoscritti del libro terzo de Il capitale. In essa, Marx affermò che la «identificazione del processo sociale di produzione con il processo lavorativo semplice, che deve compiere anche un uomo artificiosamente isolato, senza alcun aiuto sociale» è una «confusione». Infatti, poiché:

il processo lavorativo è soltanto un processo fra l’uomo e la natura, i suoi elementi semplici rimangono identici in tutte le forme dell’evoluzione sociale. Ma ogni determinata forma storica di questo processo ne sviluppa la base materiale e le forme sociali. Quando è raggiunto un certo grado di maturità, la forma storica viene lasciata cadere e cede il posto ad un’altra più elevata .

Il capitalismo non è l’unico stadio della storia dell’umanità e non ne è nemmeno l’ultimo. A esso sarebbe succeduto, nelle previsioni di Marx, un’organizzazione della società basata sulla «produzione comune» (gemeinschaftliche Production), nella quale il prodotto del lavoro è «fin dal principio un prodotto comune, generale» .

4.2 La produzione come totalità
Nelle successive pagine dell’[Introduzione], Marx approfondì ulteriormente il discorso sulla produzione, delineandone, anzitutto, una definizione: «ogni produzione è un’appropriazione (Aneignung) della natura da parte dell’individuo entro e mediante una determinata forma di società (bestimmten Gesellschaftsform)» . Inoltre, egli mise meglio in evidenza il suo carattere, affermando che la produzione non andava considerata come «produzione generale» – dal momento che era divisa in agricoltura, allevamento, manifattura e altri rami –, né come «soltanto particolare». Essa consisteva, invece, in «un certo corpo sociale (Gesellschaftskörper), un soggetto sociale (gesellschaftliches Subject) che è attivo in una totalità di settori produttivi più o meno grandi».

Anche in questa circostanza, Marx sviluppò le sue argomentazioni attraverso il confronto critico con i principali esponenti del pensiero economico. Quelli a lui contemporanei avevano assunto l’abitudine di far precedere le proprie opere da una parte introduttiva, nella quale venivano trattate le condizioni universali di ogni produzione e le circostanze che favorivano, in misura maggiore o minore, la produttività nelle differenti società. Per Marx, però, queste introduzioni contenevano soltanto «piatte tautologie» e, nel caso di John Stuart Mill, avevano lo scopo di rappresentare la produzione «come racchiusa in leggi di natura eterne, indipendenti dalla storia» e i rapporti sociali borghesi «come immutabili leggi di natura della società in astratto» . Secondo John Stuart Mill, infatti: «le leggi e le condizioni della produzione della ricchezza partecipano del carattere delle verità fisiche. Nulla vi è in esse di volontario o di arbitrario. (…) Non è così con la distribuzione della ricchezza. Questa è una questione solamente di istituzioni umane» . Marx considerò questa tesi una «grossolana separazione di produzione e distribuzione e del loro rapporto reale» , poiché ritenne, come affermò in un altro brano dei [Grundrisse], che «le leggi e le condizioni della produzione della ricchezza e le leggi della distribuzione della ricchezza sono le medesime leggi sotto forma diversa ed entrambe mutano, soggiacciono al medesimo processo storico; non sono altro che momenti di un processo storico» .

Dopo essersi così pronunciato, nel secondo paragrafo dell’[Introduzione] Marx prese a esaminare il rapporto generale della produzione con la distribuzione, lo scambio e il consumo. La ripartizione dell’economia politica in queste differenti rubriche era stata compiuta da James Mill che, nel suo libro del 1821, Elementi di economia politica, aveva così intitolato i quattro capitoli che componevano l’opera e, prima di lui, nel 1803, da Jean-Baptiste Say, che aveva diviso il suo Trattato di economia politica in tre libri, rispettivamente dedicati alla produzione, alla distribuzione e al consumo della ricchezza .

Marx ricostruì questa articolazione in termini logici, cosicché le quattro rubriche adoperate dagli economisti furono da lui riordinate secondo lo schema hegeliano di universalità-particolarità-individualità : «produzione, distribuzione, scambio, consumo, formano un sillogismo in piena regola; la produzione è l’universale; la distribuzione e lo scambio il particolare; il consumo l’individuale in cui il tutto si conchiude». In altre parole, la produzione era il punto di partenza dell’attività dell’uomo, la distribuzione e lo scambio ne rappresentavano il duplice punto intermedio – il primo costituendo la mediazione operata dalla società, il secondo quella operata dall’individuo – ed il consumo ne diveniva il punto finale. Tuttavia, ritenendo che questa fosse soltanto la «connessione […] superficiale» , Marx volle analizzare, in maniera più approfondita, la correlazione tra le quattro sfere.

Il primo rapporto indagato fu quello tra produzione e consumo. Marx spiegò la loro connessione come identità immediata: «la produzione è consumo; il consumo è produzione» e, con l’ausilio del principio di Baruch Spinoza determinatio est negatio , evidenziò che la produzione era anche consumo, in quanto dispendio delle forze dell’individuo e utilizzo delle materie prime durante l’atto lavorativo. Questa concezione era stata già proposta dagli economisti, che avevano definito questo momento con il termine di «consumo produttivo» (productive Consumtion) e lo avevano distinto dalla «produzione consumatrice» (Consumtive Production) . Essa si verificava solo in seguito alla distribuzione del prodotto, rientrava nella sfera della riproduzione e costituiva «il consumo vero e proprio». Nel consumo produttivo «si reificava il produttore», mentre nella produzione consumatrice «si personifica[va] la cosa da lui creata» .

Un’altra caratteristica dell’identità di produzione e consumo era riconoscibile nel «movimento di mediazione» reciproca che si svolge tra loro. Il consumo dà al prodotto il suo ultimo «compimento» (finish) e, stimolando la propensione alla produzione, «crea il bisogno di una nuova produzione» . Allo stesso modo, la produzione fornisce non solo l’oggetto affinché possa esservi il consumo, ma anche il bisogno di consumare quel determinato oggetto. Secondo Marx, infatti, superato lo stadio naturale, il bisogno è generato dalla percezione dell’oggetto stesso e «la produzione produce perciò non soltanto un oggetto per il soggetto, ma anche un soggetto per l’oggetto» , ovvero il consumatore. Dunque: «la produzione produce […] il consumo: 1) creandogli il materiale; 2) determinando il modo di consumo; 3) producendo come bisogno nel consumatore i prodotti che essa ha precedentemente creato come oggetti. Essa produce perciò l’oggetto del consumo, il modo del consumo e l’impulso al consumo» .
Riepilogando: tra produzione e consumo si verifica un processo di identità immediata; essi, inoltre, si mediano a vicenda e, attraverso la loro realizzazione, creano l’uno l’altro. Tuttavia, considerare entrambi come se fossero la stessa cosa, come avevano fatto, ad esempio, Say e Proudhon, fu reputato da Marx un errore. Infatti, egli ritenne che, in ultima analisi: «il consumo in quanto necessità, in quanto bisogno, è esso stesso un momento interno all’attività produttiva» .

Procedendo nelle sue delucidazioni, Marx passò ad analizzare la relazione tra produzione e distribuzione. La distribuzione costituiva l’anello tra produzione e consumo e, «in base a leggi sociali» , determinava la quota dei prodotti spettante ai produttori. Gli economisti la rappresentavano come una sfera autonoma rispetto alla produzione e, nei loro trattati, le categorie economiche erano poste sempre in duplice modo. Terra, lavoro e capitale figuravano nella produzione come suoi agenti, e nella distribuzione, sotto forma di rendita, salario e profitto, quali fonti di reddito. Marx giudicò illusoria e sbagliata questa scissione, poiché, a suo avviso, la forma della distribuzione «non è un arrangiamento qualsiasi, tale da poter essere anche diverso; ma è posto, anzi, dalla forma della produzione stessa» . A tale riguardo, egli si espresse così nell’[Introduzione]:

un individuo che prende parte alla produzione nella forma del lavoro salariato, partecipa ai prodotti, ai risultati della produzione, nella forma del salario. L’articolazione della distribuzione è interamente determinata dall’articolazione della produzione. La distribuzione è essa stessa un prodotto della produzione, non solo per il suo oggetto, e cioè nel senso che solo i risultati della produzione possono essere distribuiti, ma anche per la forma, e cioè nel senso che il modo determinato in cui si partecipa alla produzione determina le forme particolari della distribuzione, la forma in cui si partecipa alla distribuzione. È assolutamente illusorio porre la terra nella produzione, la rendita fondiaria nella distribuzione ecc .

Considerare la distribuzione autonoma dalla produzione aveva come conseguenza il concepire la prima quale mera distribuzione dei prodotti. In realtà, la distribuzione includeva due fenomeni di notevole importanza precedenti la stessa produzione: la distribuzione degli strumenti di produzione e la distribuzione dei membri della società tra i diversi generi di produzione, ovvero ciò che Marx definì la «sussunzione degli individui sotto rapporti di produzione determinati» . Questi due momenti facevano sì che, in alcune situazioni storiche – ad esempio quando un popolo conquistatore, trasformando i vinti in schiavi, impone il lavoro schiavistico o, creando una nuova ripartizione della proprietà fondiaria, determina un nuovo tipo di produzione –, «la distribuzione non appar[isse] strutturata e determinata dalla produzione, ma [fosse], al contrario, la produzione [ad] appar[ire] strutturata e determinata dalla distribuzione» . Le due branche erano profondamente interconnesse poiché, come ribadito da Marx in un’altra parte dei [Grundrisse]: «questi modi di distribuzione sono i rapporti di produzione stessi, solamente sub specie distributionis» . Risultava quindi chiaro, come affermato nell’[Introduzione], che «considerare la produzione prescindendo da questa distribuzione, in essa racchiusa, [era] evidentemente una vuota astrazione».

Il legame concepito da Marx tra produzione e distribuzione consente di intendere meglio non solo la sua avversione al modo in cui John Stuart Mill separava rigidamente i due momenti, ma anche il suo apprezzamento per Ricardo, al quale aveva dato atto di aver evidenziato la necessità di «capire la produzione moderna nella sua struttura sociale determinata» . L’economista inglese riteneva, infatti, che «determinare le leggi che reggono tale distribuzione […] [fosse] il problema principale dell’economia politica» e, dunque, fece della distribuzione uno degli oggetti principali dei suoi studi perché concepiva «le forme della distribuzione come l’espressione più determinata in cui si fissano gli agenti di produzione in una data società» . Anche per Marx, la distribuzione non era riducibile al solo atto mediante il quale le quote del prodotto complessivo venivano ripartite tra i membri della società, ma costituiva un momento decisivo dell’intero ciclo produttivo. Tuttavia, questa convinzione non ribaltò la tesi che, all’interno del processo produttivo nel suo complesso, la produzione rappresentava sempre il fattore primario:

stabilire quale rapporto esiste tra questa distribuzione e la produzione che essa determina, è evidentemente una questione che ricade all’interno della produzione stessa. […] la produzione ha in effetti le sue condizioni e i suoi presupposti, che ne costituiscono i momenti. Questi nella prima fase possono sembrare di origine naturale. Attraverso il processo di produzione stesso, essi vengono trasformati da fattori naturali in fattori storici, e se per un periodo essi appaiono come presupposto naturale della produzione, per un altro essi ne sono stati un risultato storico. All’interno della produzione stessa, essi vengono continuamente modificati .

In conclusione, per Marx, benché la distribuzione degli strumenti di produzione e dei membri della società nei vari settori produttivi «appaia come un presupposto per la nuova epoca della produzione, è essa stessa, a sua volta, un prodotto della produzione, non solo di quella storica in generale, bensì di una produzione storica determinata» .

Quando, infine, Marx prese in esame il rapporto tra produzione e scambio, considerò anche quest’ultimo una parte della prima. Infatti, non solo «lo scambio di attività e di capacità» tra gli operai e quello delle materie prime necessarie ad approntare il prodotto finito erano parte integrante della produzione, ma lo stesso scambio tra commercianti era interamente determinato dalla produzione e costituiva «un’attività produttiva». Lo scambio si rende autonomo, rispetto alla produzione, solo nello stadio in cui «il prodotto viene scambiato immediatamente per il consumo». Tuttavia, anche in quel caso, la sua intensità ed estensione e le sue caratteristiche sono determinate dallo sviluppo e dall’articolazione della produzione e, dunque, esso si presenta «in tutti i suoi momenti, o direttamente incluso nella produzione, o determinato da essa».

Al termine della sua analisi sul rapporto della produzione con la distribuzione, lo scambio e il consumo, Marx giunse a due conclusioni: I) la produzione andava considerata come una totalità; II) all’interno della totalità la produzione come ramo particolare rappresentava l’elemento prioritario sugli altri.

Relativamente al primo punto, Marx aveva asserito: «il risultato al quale perveniamo non è che produzione, distribuzione, scambio, consumo, siano identici, ma che essi rappresentano tutti delle articolazioni di una totalità, differenze nell’ambito di una unità» . Utilizzando il concetto hegeliano di totalità , egli aveva affinato un efficace strumento teorico – più solido dei limitati processi astrattivi utilizzati dagli economisti – in grado di mostrare, evidenziando l’azione reciproca operante tra le varie parti, che il concreto era un’unità differenziata di più determinazioni e relazioni e che la separazione delle quattro rubriche economiche, posta in essere dagli economisti, risultava tanto arbitraria, quanto deleteria per comprendere i rapporti economici reali. La sua definizione della produzione come totalità organica non corrispondeva, però, a un complesso ordinato e auto-regolantesi, all’interno del quale l’uniformità tra le sue differenti branche veniva sempre garantita.

Al contrario, come egli scrisse in un brano dei [Grundrisse], che trattava lo stesso argomento: i singoli momenti della produzione «possono trovarsi oppure no, adeguarsi oppure no, corrispondersi oppure no. La loro interna necessità di organicità e il loro esistere come momenti autonomi reciprocamente indifferenti sono già fondamento di contraddizioni» . Inoltre, queste ultime dovevano essere sempre analizzate prendendo in considerazione la produzione capitalistica (non la produzione in generale) che, secondo Marx, non era affatto «la forma assoluta per lo sviluppo delle forze produttive» sbandierata dagli economisti, ma aveva nella sovrapproduzione la sua «contraddizione fondamentale» .

Il secondo risultato raggiunto da Marx fu quello di attribuire alla produzione, all’interno della «totalità della produzione» (Totalität der Production), «il momento egemonico (übergreifende Moment)» sulle restanti parti dell’insieme. La produzione era «l’effettivo punto di partenza» (Ausgangspunkt) , quello dal quale «il processo ricomincia sempre di nuovo» e, per Marx: «una determinata produzione determina quindi un consumo, una distribuzione, uno scambio determinati, nonché i determinati rapporti reciproci tra questi diversi momenti» . Il ruolo dominante della produzione non cancellava, però, la rilevanza degli altri momenti, né, tanto meno, la loro incidenza sulla produzione stessa. La dimensione del consumo, le trasformazioni della distribuzione e la grandezza della sfera dello scambio – ovvero del mercato – sono tutti fattori che concorrono a definirla e influiscono su di essa.

Ancora una volta, le acquisizioni di Marx assumevano una valenza al contempo teorica e politica. Egli si oppose, infatti, ai socialisti a lui contemporanei, che sostenevano la possibilità di rivoluzionare i rapporti produttivi allora vigenti mediante la trasformazione dello strumento di circolazione, affermando che la loro ipotesi era una palese dimostrazione del «fraintendimento della connessione interna dei rapporti di produzione, distribuzione e circolazione» . Per Marx, invece, modificare la forma del denaro avrebbe non solo lasciato inalterati i rapporti di produzione e le relazioni sociali da loro determinate, ma si sarebbe dimostrato un controsenso, poiché la stessa circolazione poteva mutare solo insieme con il cambiamento dei rapporti produttivi. Egli era convinto che: «ai mali della società borghese non si rimedia mediante ‘trasformazioni’ bancarie o creando un ‘sistema monetario’ razionale» , né attraverso blandi palliativi quali la concessione del credito gratuito o, ancora, con la chimera di tramutare gli operai in capitalisti. La questione centrale rimaneva il superamento del lavoro salariato ed essa riguardava innanzitutto la produzione.

4.3 Alla ricerca del metodo
A questo punto della sua analisi, Marx affrontò la questione metodologica più rilevante: in che modo riprodurre la realtà all’interno del pensiero? Come costruire un modello categoriale astratto in grado di comprendere e rappresentare la società? Al «rapporto che l’esposizione scientifica ha con il movimento reale» , egli dedicò il terzo e più importante paragrafo della sua [Introduzione]. Esso non costituisce l’elaborazione conclusiva di tale rapporto, ma presenta problematiche non sufficientemente sviluppate e diversi punti appena abbozzati. Inoltre, in alcuni suoi passaggi sono contenute affermazioni poco chiare, talvolta in contraddizione tra di loro, ed il linguaggio adottato, che risente della terminologia hegeliana, aggiunge ambiguità al testo in più di un’occasione. Marx elaborò il suo metodo scrivendo queste pagine ed esse mostrano le tracce e i percorsi delle sue ricerche.

Come altri grandi pensatori prima di lui, anche Marx partì dalla questione del cominciamento, ovvero, nel suo caso, dell’interrogativo: da quale punto l’economia politica doveva iniziare la sua analisi? La prima ipotesi che egli prese in esame fu di «cominciare con il reale e il concreto, con l’effettivo presupposto», con «la base e il soggetto dell’intero atto sociale di produzione» : la popolazione. Tale via analitica, già percorsa dai fondatori dell’economia politica William Petty e Pierre de Boisguillebert, fu però ritenuta da Marx inadeguata ed errata.

Avviare l’indagine con un’entità così indeterminata, quale era la popolazione, avrebbe comportato, a suo giudizio, un’immagine troppo generica dell’insieme, incapace di mostrare la sua divisione attuale in tre classi (borghesia, proprietari fondiari e proletariato), le quali potevano essere distinte solo mediante la conoscenza dei loro presupposti fondanti: rispettivamente, il capitale, la proprietà fondiaria e il lavoro salariato. Inoltre, con questo procedimento empirico, elementi concreti come la popolazione e lo Stato si volatilizzavano in determinazioni astratte quali la divisione del lavoro, il denaro o il valore.

Sebbene tale metodo fosse inadeguato per interpretare la realtà, nondimeno, in un’altra parte dei [Grundrisse], Marx ne riconobbe i meriti, affermando che esso aveva avuto «un valore storico nei primi tentativi dell’economia politica, allorquando le forme della produzione venivano ancora faticosamente scrostate dal contenuto e ci si sforzava di fissarle come oggetti di considerazione autonomi» . Non appena gli economisti furono in grado di definire le categorie astratte e tale processo fu compiuto, «sorsero i sistemi economici che dal semplice – come il lavoro, la divisione del lavoro, bisogno, valore di scambio – salivano fino allo Stato, allo scambio tra le nazioni e al mercato mondiale». Questo secondo procedimento, adoperato da Smith e Ricardo in economia, così come da Hegel in filosofia, riassumibile nella tesi che «le determinazioni astratte conducono alla riproduzione del concreto nel cammino del pensiero», fu descritto da Marx «il metodo scientificamente corretto» (wissenschaftlich richtige Methode). Conseguite le categorie, infatti, era possibile «intraprendere il viaggio all’indietro, fino ad arrivare infine di nuovo alla popolazione, ma questa volta non come a una caotica rappresentazione di un insieme, bensì come a una totalità ricca, fatta di molte determinazioni e relazioni» . Hegel aveva scritto, infatti, nella Scienza della logica che il primo requisito di una conoscenza sintetica e sistematica risiedeva nel cominciare

con l’oggetto nella forma universale. […] Il primo deve essere il semplice, quel che è stato separato dal concreto, poiché solo in questa forma l’oggetto ha la forma dell’universale riferentesi a sé […]. Al conoscere è più facile di afferrare l’astratta semplice determinazione di pensiero che non il concreto, il quale è un nesso molteplice di coteste determinazioni e dei loro rapporti […]. In sé e per sé l’universale è il primo momento del concetto, essendo il semplice, e il particolare è soltanto quello che viene dopo, essendo il mediato; e viceversa il semplice è il più universale, e il concreto […] è quello che già presuppone il passaggio da un primo .

Tuttavia, la definizione di «metodo scientifico corretto» data da Marx, contrariamente a quanto hanno sostenuto alcuni commentatori dell’[Introduzione] , non significa affatto che questo sia stato il metodo da lui poi utilizzato. Anzitutto, egli non condivideva la convinzione degli economisti che la ricostruzione logico-ideale del concreto, compiuta mediante il loro pensiero, fosse la riproduzione fedele della realtà . Inoltre, il procedimento sintetizzato nell’[Introduzione] aveva sì mutuato diversi elementi da quello hegeliano, ma ne aveva evidenziato anche radicali distinzioni. Marx era convinto, come Hegel prima di lui, che «il metodo di salire dall’astratto al concreto (die Methode vom Abstrakten zum Concreten aufzusteigen) è il solo modo, per il pensiero, di appropriarsi il concreto», che la ricomposizione della realtà nel pensiero doveva prendere avvio dalle determinazioni astratte più semplici e generali. Per entrambi il concreto era «sintesi di molte determinazioni, unità del molteplice» e, per questo motivo, appariva nel pensiero in quanto «processo di sintesi, come risultato e non come punto di partenza», sebbene per Marx bisognasse tenere sempre presente che esso era «il punto di partenza dell’intuizione e della rappresentazione».

Oltre questa base comune, vi era, però, una differenza fondamentale che Marx formulava nel modo seguente: «Hegel cade nell’illusione di concepire il reale come risultato del pensiero», mentre secondo Marx «mai e poi mai esso è […] il processo di formazione del concreto» . Nell’[Introduzione] egli sosteneva che per l’idealismo hegeliano «il movimento delle categorie si presenta […] come l’effettivo atto di produzione […] il cui risultato è il mondo» e che «il pensiero pensante è l’uomo reale e quindi il mondo pensato è […] la sola realtà». Per Marx, insomma, la funzione del pensiero in Hegel non era solo quella di rappresentare idealmente la realtà, bensì di esserne anche il processo fondativo. Viceversa, per Marx, le categorie economiche esistono in quanto «relazion[i] astratt[e] […] di una totalità vivente e concreta già data» ; «esprimono modi d’essere, determinazioni d’esistenza» (Daseinsformen, Existenzbestimmungen) della moderna società borghese. Il valore di scambio, ad esempio, presuppone la popolazione e che essa produca entro rapporti determinati. In opposizione a Hegel, Marx sottolineò più volte che la «totalità del pensiero, come un concreto del pensiero, è effettivamente un prodotto del pensare», ma non è certo il «concetto che genera sé stesso». Infatti, «il soggetto reale rimane […] saldo nella sua autonomia fuori della mente […]. Anche nel metodo teorico, perciò, la società deve essere sempre presente alla rappresentazione come presupposto» .

In realtà, però, l’interpretazione marxiana della filosofia di Hegel non rende giustizia al vero. Diversi passaggi dell’opera di quest’ultimo mostrano come il suo pensiero, a differenza dell’idealismo trascendentale di Johann Gottlieb Fichte e dell’idealismo oggettivo di Friedrich Schelling, non abbia confuso il movimento della conoscenza con quello dell’ordine della natura, il soggetto con l’oggetto. Nel secondo paragrafo dell’ Enciclopedia delle scienze filosofiche, infatti, Hegel scrisse con chiarezza: «la filosofia può essere definita dapprima, in generale, la considerazione pensante degli oggetti. […] il contenuto umano della coscienza, operato dal pensiero, appare dapprima non in forma di pensiero, ma come sentimento, intuizione, rappresentazione, – forme, che son da distinguere dal pensiero come forma» .

Anche nella Filosofia del diritto, nell’aggiunta al paragrafo 32 inserita da Eduard Gans nella seconda edizione del 1827 , vi sono alcuni periodi che non solo confermano l’errata interpretazione del pensiero hegeliano da parte di Marx, ma mostrano di aver influenzato le sue stesse riflessioni :

non si può […] dire che la proprietà sia entrata nell’esserci (dagewesen) prima della famiglia, e tuttavia viene trattata prima di questa. Si potrebbe qui dunque sollevare la questione del perché noi non iniziamo con il momento supremo, cioè con il concretamente vero. La risposta sarà, perché noi appunto vogliamo vedere il vero in forma di un risultato, e a ciò essenzialmente pertiene in primo luogo di comprendere il concetto astratto stesso. Ciò che è reale, la figura del concetto, è per noi quindi primariamente il susseguente e ulteriore, quand’anche nella realtà stessa sia il primo. Il nostro avanzamento è che le forme astratte si mostrano non come sussistenti per sé, bensì come non-vere .

Proseguendo nelle sue considerazioni, Marx si chiese se le categorie semplici potessero esistere prima e indipendentemente da quelle più concrete. Nel prendere in esame la categoria di possesso, con la quale Hegel aveva cominciato la Filosofia del diritto, egli affermò che essa non avrebbe potuto esistere prima della comparsa di «rapporti più concreti» , quali ad esempio la famiglia, e che considerare un selvaggio isolato come un possessore sarebbe stato un’assurdità. La questione era, però, più complessa. Il denaro, infatti, era «storicamente esistito prima che esistessero il capitale, le banche, il lavoro salariato». Esso è comparso prima dello sviluppo delle realtà più complesse, a dimostrazione che, in alcuni casi, il percorso delle categorie logiche segue quello storico – ciò che è più sviluppato è anche più tardo – e «il cammino del pensiero astratto, che sale dal più semplice al più complesso, corrisponderebbe al processo storico reale» . Tuttavia, nell’antichità, il denaro svolse una funzione dominante solo presso le nazioni commerciali e, dunque, esso non comparve «storicamente nella sua piena intensità se non nelle condizioni più sviluppate della società». Marx ne concluse allora che: «benché la categoria più semplice possa essere esistita storicamente prima di quella più concreta, essa può appartenere nel suo pieno sviluppo intensivo ed estensivo solo a una forma sociale complessa».

Tale deduzione si mostrò ancora più valida quando fu applicata alla categoria del lavoro. Sebbene il lavoro sia sorto con l’incivilimento dei primi esseri umani e sia, in apparenza, un processo molto semplice, Marx sottolineò che «dal punto di vista economico, il “lavoro” è una categoria tanto moderna quanto lo sono i rapporti che producono questa semplice astrazione» . Gli esponenti del bullionismo e del mercantilismo, infatti, avevano ritenuto che la fonte della ricchezza fosse depositata nel denaro, al quale, di conseguenza, attribuirono maggiore importanza rispetto al lavoro. Successivamente, i fisiocratici considerarono quest’ultimo creatore della ricchezza, ma nella sola forma determinata di agricoltura. Soltanto con l’opera di Smith venne rigettato «ogni carattere determinato dell’attività produttrice di ricchezza» e il lavoro non venne più considerato in una forma particolare, ma come «lavoro tout court: non lavoro manifatturiero, né commerciale, né agricolo, ma tanto l’uno quanto l’altro». In questo modo, fu trovata «l’espressione astratta per la più semplice e antica relazione in cui gli uomini compaiono come produttori, qualunque sia la forma della loro società». Così, come per il denaro, anche la categoria di lavoro poteva essere ricavata «solo dove si dà il più ricco sviluppo concreto», in una società dove «una sola caratteristica appare comune a un gran numero […] di elementi». Dunque, «l’indifferenza verso un genere determinato di lavoro presuppone una totalità molto sviluppata di generi reali di lavoro, nessuno dei quali domin[a] più sull’insieme» .

Nella produzione capitalistica, inoltre, il «lavoro in generale» non è soltanto una categoria, ma «corrisponde a una forma di società in cui gli individui passano con facilità da un lavoro a un altro e in cui il genere determinato del lavoro è per essi fortuito e quindi indifferente». In tale realtà, il lavoro dell’operaio ha perduto il carattere artigianale e corporativo del passato ed è divenuto «lavoro in generale», «lavoro sans phrase», «non solo nella categoria, ma anche nella realtà» . Il lavoro salariato «non è questo o quel lavoro, ma lavoro puro e semplice, lavoro astratto, assolutamente indifferente ad una particolare determinatezza, ma capace di ogni determinatezza» . Si tratta, insomma, di «attività puramente meccanica […] indifferente alla sua forma particolare» .

Al termine del suo discorso sulla relazione tra le categorie più semplici e quelle più concrete, Marx era giunto alla conclusione che nelle forme più moderne della società borghese – egli aveva in mente gli Stati Uniti d’America – l’astrazione della categoria del «lavoro in generale» diviene «praticamente vera». Così: «l’astrazione più semplice che l’economia moderna pone al vertice e che esprime una relazione antichissima e valida per tutte le forme di società, si presenta tuttavia praticamente vera in questa astrazione solo come categoria della società moderna» . Ovvero, come egli ribadì anche in un’altra parte dei [Grundrisse], questa categoria «diventa vera solo con lo sviluppo di un particolare modo materiale di produzione e di un particolare livello di sviluppo delle forze produttive industriali» .

L’indifferenza verso un tipo particolare di lavoro era, però, un fenomeno comune a diverse realtà storiche. Anche in questo caso, allora, era necessario sottolineare le distinzioni: «c’è una maledetta differenza se dei barbari hanno disposizione ad essere utilizzati per tutto, o se degli esseri inciviliti si applicano essi stessi a tutto». Rapportando l’astrazione alla storia reale , ancora una volta, Marx trovò confermata la sua tesi:

questo esempio del lavoro mostra in modo evidente come anche le categorie più astratte, sebbene siano valide – proprio a causa della loro astrazione – per tutte le epoche, sono tuttavia, in ciò che vi è di determinato in questa astrazione, il prodotto di condizioni storiche e posseggono la loro piena validità solo all’interno di queste condizioni .

Chiarito questo punto, Marx rivolse la sua attenzione ad un’altra decisiva questione. In quale successione esporre le categorie nell’opera che si accingeva a scrivere? Alla domanda se fosse il complesso a fornire gli strumenti per comprendere il semplice o viceversa, egli fece prevalere decisamente la prima ipotesi. Nell’[Introduzione] dichiarò infatti:

la società borghese è la più sviluppata e multiforme organizzazione storica della produzione. Le categorie che esprimono i suoi rapporti e la comprensione della sua articolazione permettono di penetrare, allo stesso tempo, nell’articolazione e nei rapporti di produzione di tutte le forme di società passate, sulle cui rovine e con i cui elementi essa si è costruita e di cui si trascinano in essa ancora residui parzialmente non superati .

È il presente, quindi, a offrire le indicazioni per ricostruire il passato. «L’anatomia dell’uomo è una chiave per l’anatomia della scimmia […] [e] ciò che nelle specie animali inferiori accenna a qualcosa di superiore può essere compreso solo se la forma superiore è gia conosciuta». Questa nota affermazione di Marx non va letta, però, in termini evoluzionistici. Egli, infatti, criticò esplicitamente la concezione della «cosiddetta evoluzione storica», fondata sul banale presupposto che «l’ultima forma considera le precedenti come semplici gradini che portano a se stessa» . Diversamente dai teorici dell’evoluzionismo, che illustravano gli organismi più complessi partendo da quelli semplici seguendo un’ingenua traiettoria progressiva, Marx scelse di utilizzare un metodo logico opposto, molto più complesso, ed elaborò una concezione della storia scandita dalla successione dei differenti modi di produzione (antico, asiatico, feudale, capitalistico), dei quali venivano illustrate le diverse posizioni e funzioni che le categorie assumono al loro interno . Era, dunque, l’economia borghese a fornire gli indizi per comprendere le economie delle epoche storiche precedenti – indizi che, stante le profonde diversità tra le varie società, andavano, comunque, presi con cautela –, ma Marx ribadì con fermezza che ciò non poteva di certo essere fatto «al modo degli economisti, che cancellano tutte le differenze storiche e in tutte le forme della società vedono la società borghese» .

Se questo ragionamento è in continuità con quelli precedentemente espressi in altre opere, nell’[Introduzione] il problema dell’ordine da assegnare alle categorie economiche fu affrontato differentemente. Marx aveva già trattato tale argomento nella Miseria della Filosofia, laddove, contro Proudhon, che aveva dichiarato di non voler seguire «una storia secondo l’ordine dei tempi, ma secondo la successione delle idee» , aveva criticato l’idea di «costruire il mondo col movimento del pensiero» . Nello scritto del 1847, in polemica con il metodo logico-dialettico utilizzato da Proudhon e da Hegel, aveva dunque preferito la sequenza rigorosamente storica. La posizione assunta dieci anni dopo nell’[Introduzione] era mutata. Il criterio della successione cronologica delle categorie scientifiche era stata respinto a favore di un metodo logico con riscontro storico-empirico. Poiché è il presente che aiuta a comprendere il passato, la struttura dell’uomo quella della scimmia, occorreva cominciare l’analisi dalla società più matura, quella capitalistica, e, in particolare, dall’elemento che prevale su tutti gli altri: il capitale. «Il capitale è la potenza economica della società borghese che domina tutto. Esso deve costituire il punto di partenza così come il punto d’arrivo» . Marx ne concluse che:

sarebbe inopportuno ed erroneo disporre le categorie economiche nell’ordine in cui esse furono storicamente determinanti. La loro successione è invece determinata dalla relazione in cui esse si trovano l’una con l’altra nella moderna società borghese, che è esattamente l’inverso di quella che sembra essere come loro relazione naturale o di ciò che corrisponde alla successione dello sviluppo storico. Non si tratta della posizione che i rapporti economici assumono storicamente nel succedersi delle diverse forme di società. Men che meno della loro successione ‘nell’Idea’ (Proudhon) (una confusa rappresentazione del movimento storico). Bensì della loro articolazione organica all’interno della moderna società borghese .

In sostanza, la disposizione delle categorie in un esatto ordine logico e il procedere della storia reale non sono affatto coincidenti e, d’altronde, come Marx scrisse anche nei manoscritti per il libro terzo de Il capitale: «ogni scienza sarebbe superflua se l’essenza delle cose e la loro forma fenomenica coincidessero direttamente» .

Discostandosi, dunque, dall’empirismo dei primi economisti moderni, che produceva la volatilizzazione degli elementi concreti in determinazioni astratte; dal metodo degli economisti classici, che riduceva il pensiero del reale al reale stesso; dall’idealismo filosofico – secondo l’interpretazione di Marx anche quello hegeliano –, colpevole di attribuire al pensiero la capacità di generare il concreto; nonché da quelle concezioni gnoseologiche che contrapponevano rigidamente forme del pensiero e realtà oggettiva; dallo storicismo che dissolveva il momento logico in quello storico; e, infine, dalla personale convinzione, esposta nella Miseria della filosofia, di seguire essenzialmente il «movimento storico» , Marx approdò a una propria sintesi. La sua contrarietà a stabilire una corrispondenza biunivoca tra concreto e pensiero lo portò a separare i due momenti, assegnando al primo un’esistenza presupposta e indipendente rispetto al pensiero e riconoscendo a quest’ultimo la sua specificità, ovvero un diverso ordine nell’esposizione delle categorie rispetto a quello manifestatosi nel processo storico reale . Per evitare che il procedimento conoscitivo si limitasse semplicemente a ricalcare le tappe degli avvenimenti storici, era necessario utilizzare un processo astrattivo, e dunque delle determinazioni categoriali, che consentissero di interpretare la società nella sua complessità. D’altra parte, per divenire veramente utile a tale scopo, l’astrazione doveva essere costantemente confrontata con le diverse realtà storiche, così da permettere di distinguere le determinazioni logiche generali dai rapporti storici concreti. In questo modo, la concezione marxiana della storia assumeva efficacia ed incisività: respinta la simmetria tra ordine logico e ordine storico-reale, il momento storico si presentava come tornante decisivo per comprendere la realtà, mentre quello logico consentiva di concepire la storia non come piatta cronologia di diversi accadimenti . Per Marx, infatti, non era necessario ricostruire la genesi storica di ogni rapporto economico per intendere e poi descrivere adeguatamente la società. Come affermò in un brano dei [Grundrisse]:

il nostro metodo mostra i punti in cui si deve inserire la considerazione storica, o in cui l’economia borghese come mera forma storica del processo di produzione rinvia, al di là di se stessa, a precedenti modi storici di produzione. Per sviluppare le leggi dell’economia borghese, non è necessario, quindi, scrivere la storia reale dei rapporti di produzione. Ma la giusta nozione e deduzione di tali rapporti, in quanto divenuti essi stessi storicamente, conduce sempre a prime equazioni […] che rinviano ad un passato che sta alle spalle di questo sistema. Queste indicazioni, unite all’esatta comprensione del presente, offrono poi anche la chiave per intendere il passato […]. Questa giusta osservazione porta d’altra parte a individuare anche dei punti nei quali si profila il superamento dell’attuale forma dei rapporti di produzione – e quindi un presagio del futuro, un movimento che diviene. Se da una parte le fasi pre-borghesi si presentano come fasi soltanto storiche, cioè come presupposti superati, le attuali condizioni della produzione si presentano d’altra parte come condizioni che superano anche se stesse e perciò pongono i presupposti storici per una nuova situazione sociale .

Il metodo così elaborato aveva fornito a Marx strumenti utili non solo per cogliere le differenze tra i diversi modi in cui la produzione si era manifestata nel corso della storia, ma anche per scorgere nel presente le tendenze che lasciavano prefigurare lo sviluppo di un nuovo modo di produzione, contrastando, di conseguenza, coloro che avevano postulato l’insuperabilità storica del capitalismo. Le sue ricerche, anche quelle epistemologiche, non ebbero mai un movente esclusivamente teorico, ma furono sempre mosse dalla necessità di interpretare il mondo per potere meglio ingaggiare la lotta politica mirante a trasformarlo.

Infatti, Marx interruppe il paragrafo sul metodo proprio con un abbozzo riguardante l’ordine col quale egli intendeva scrivere la sua “Economia”. Si tratta del primo dei numerosi piani della sua opera, più volte elaborati nel corso dell’esistenza, che ricalca le riflessioni già esposte nelle precedenti pagine dell’[Introduzione]. Prima di intraprendere la stesura dei [Grundrisse], era suo intendimento trattare:

1) le determinazioni generali astratte che come tali sono comuni più o meno a tutte le forme di società […] [;] 2) le categorie che costituiscono l’articolazione interna della società borghese e su cui poggiano le classi fondamentali[:] capitale, lavoro salariato, proprietà fondiaria[;] 3) Sintesi della società borghese nella forma dello Stato. Considerata in relazione a se stessa [;] 4) Rapporto internazionale della produzione. […] Scambio internazionale [; e] 5) Il mercato mondiale e le crisi .

Queste, almeno, era lo schema concepito da Marx nell’agosto del 1857, divenuto poi oggetto di tanti successivi mutamenti.

4.4 Il rapporto ineguale tra la produzione materiale e quella intellettuale
L’ultimo paragrafo dell’[Introduzione] è composto da un elenco brevissimo e frammentario di otto argomenti, che Marx aveva intenzione di trattare nel suo testo, e da alcune considerazioni sul rapporto tra l’arte greca e la società moderna. Degli otto punti, le principali questioni annotate riguardarono la convinzione che le caratteristiche del lavoro salariato si fossero manifestate nell’esercito ancor prima che nella società borghese; l’idea dell’esistenza di una dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione; e la constatazione di uno «sviluppo ineguale» (ungleiche Entwicklung) tra i rapporti di produzione e quelli giuridici, in particolare la derivazione del diritto della nascente società borghese dal diritto privato romano. Tutto ciò, però, fu scritto a mo’ di promemoria, senza ordine alcuno, e fornisce soltanto un’idea molto vaga di cosa Marx pensasse nel merito di queste tematiche.

Le riflessioni sull’arte, invece, furono sviluppate in modo più ampio e si concentrarono su «l’ineguale rapporto (unegale Verhältniß) dello sviluppo della produzione materiale con lo sviluppo (…) artistico» . Marx aveva già affrontato la relazione tra produzione e forme della coscienza in due lavori giovanili. Nei [Manoscritti economico-filosofici del 1844], egli aveva sostenuto che «la religione, la famiglia, lo Stato, il diritto, la morale, la scienza, l’arte ecc. non sono che modi particolari della produzione e cadono sotto la sua legge universale» , mentre, ne [L’ideologia tedesca], aveva dichiarato:

la produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini […]. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora come emanazione diretta (direkter Ausfluß) del loro comportamento materiale .

Nell’[Introduzione], però, lungi dall’istituire un rigido parallelismo tra le due sfere, criterio in seguito erroneamente adottato da molti marxisti, Marx mise in evidenza che non vi era alcuna relazione diretta tra lo sviluppo economico-sociale e quello della produzione artistica. Rielaborando alcune riflessioni della Letteratura del sud d’Europa di Leonard Simonde de Sismondi, letta e compendiata in uno dei suoi quaderni di estratti nel 1852 , egli scrisse infatti: «per l’arte è noto che determinati suoi periodi di fioritura non stanno assolutamente in rapporto con lo sviluppo generale della società, né quindi con la base materiale (materiellen Grundlage), con l’ossatura […] della sua organizzazione». Inoltre, egli rilevò che alcune forme d’arte, come ad esempio l’epica, «sono possibili solo in uno stadio non sviluppato dell’evoluzione artistica. Se questo è vero per il rapporto dei diversi generi artistici nell’ambito dell’arte stessa, sarà tanto meno sorprendente che ciò accada nel rapporto tra l’intero dominio dell’arte e lo sviluppo generale della società» . L’arte greca, infatti, presupponeva la mitologia greca, ovvero una rappresentazione «inconsapevolmente artistica» delle forme sociali. In una società progredita come quella moderna, nella quale la natura è concepita dagli uomini razionalmente e non più come potenza estranea che sta di fronte a essi, la mitologia ha perso la sua ragione d’essere e l’epica non è più ripetibile: «è possibile Achille con la polvere da sparo e il piombo? O, in generale, l’Iliade […] con la macchina tipografica? Con la pressa del tipografo non scompaiono necessariamente il canto, le saghe, la Musa, e quindi le condizioni necessarie della poesia epica?» .

Per Marx, dunque, l’arte e, più in generale, la produzione intellettuale degli uomini vanno indagate in relazione alle condizioni materiali, ma senza mai instaurare una rigida corrispondenza tra i due momenti. In questo modo, infatti, si ricadrebbe nell’errore commesso da Voltaire, ricordato da Marx nei manoscritti economici del 1861-63, di ritenere che poiché i moderni sono «più progrediti degli antichi nella meccanica […], dovre[bbero] saper comporre anche un poema epico» .

Terminate le considerazioni riferite all’artista in quanto soggetto che crea, la produzione artistica fu presa in esame rispetto al pubblico che ne traeva godimento. Questo tema presentava le maggiori difficoltà interpretative. Per Marx, infatti, il problema non stava «nell’intendere che l’arte e l’epos greco sono legati a certe forme dello sviluppo sociale. La difficoltà è rappresentata dal fatto che essi continuano a suscitare in noi un godimento estetico e costituiscono, sotto un certo aspetto, una norma e un modello inarrivabili». La complessità stava nel comprendere perché creazioni artistiche realizzate nell’antichità suscitino ancora godimento presso gli uomini moderni. Secondo Marx, essi si compiacerebbero del mondo greco perché rappresenta «la fanciullezza storica dell’umanità», un periodo che esercita un «fascino eterno come stadio che non ritorna più». Da qui la conclusione: «il fascino che la loro arte [quella dei greci] esercita su di noi non è in contraddizione con lo stadio sociale poco o nulla evoluto in cui essa maturò. Ne è piuttosto il risultato, inscindibilmente connesso con il fatto che le immature condizioni sociali in cui essa sorse, e solo poteva sorgere, non possono mai più ritornare» .

Il valore delle affermazioni sull’estetica contenute nell’[Introduzione] non sta, però, nelle soluzioni, appena abbozzate e talvolta poco convincenti, fornite da Marx, quanto, invece, nel suo approccio antidogmatico rispetto alle relazioni tra le forme della produzione materiale da una parte e le creazioni e i comportamenti intellettuali dall’altra. La consapevolezza dello «sviluppo ineguale» , tra loro esistente, implicava il rifiuto di ogni procedimento schematico che prospettasse un rapporto uniforme tra i diversi ambiti della totalità sociale. Anche la nota tesi della Prefazione a Per la critica dell’economia politica, pubblicata da Marx due anni dopo l’[Introduzione] – «il modo di produzione della vita materiale condiziona (bedingt) il processo sociale, politico e spirituale della vita in generale» – non va interpretata, dunque, in chiave deterministica e deve essere tenuta ben distinta dalla scontata e angusta lettura operata dal marxismo-leninismo, per la quale le manifestazioni sovra-strutturali della società non sono che un mero riflesso dell’esistenza materiale degli uomini .

4.5 Conclusione
Quando intraprese la stesura dei [Grundrisse], Marx aveva l’intenzione di anteporre alla sua opera una sezione introduttiva nella quale esporre la metodologia adottata nelle sue ricerche. L’[Introduzione] non fu scritta soltanto per autochiarificazione, ma avrebbe dovuto rappresentare, come accadeva negli scritti di altri economisti, il luogo in cui racchiudere le osservazioni preliminari sui criteri generali seguiti. Quando, però, nel giugno del 1859, diede alle stampe la prima parte dei suoi studi nel fascicolo Per la critica dell’economia politica, egli decise di omettere questa sezione fornendo questa motivazione: «sopprimo una introduzione generale che avevo abbozzato perché, dopo aver ben riflettuto, mi pare che ogni anticipazione di risultati ancora da dimostrare disturbi, e il lettore che avrà deciso di seguirmi dovrà decidere di salire dal particolare al generale (von dem Einzelnen zum Allgemeinen aufzusteigen)» . Dunque, il proponimento del 1857 – «salire dall’astratto al concreto» – mutò, nello scritto del 1859, in quello di «salire dal particolare al generale» . Il punto di partenza dell’[Introduzione], ovvero le determinazioni più astratte e universali, venne sostituito, senza che di questo cambiamento fosse fornita spiegazione, poiché lo scritto del 1857 era rimasto inedito, con la trattazione di una categoria concreta e storicamente determinata: la merce. Sin dall’ultimo brano dei [Grundrisse], infatti, al termine delle centinaia di pagine nelle quali aveva scrupolosamente analizzato il modo di produzione capitalistico e le nozioni dell’economia politica, Marx affermò che «la prima categoria in cui si manifesta la ricchezza borghese è quella della merce» . Alla sua indagine egli dedicò il capitolo iniziale di Per la critica dell’economia politica e de Il capitale, ove la merce venne definita la «forma elementare» della società capitalistica, quel «particolare» dalla cui analisi doveva cominciare la ricerca.

Al posto della prevista introduzione, Marx aprì l’opera del 1859 con una breve Prefazione nella quale espose, in forma molto concisa, la propria biografia intellettuale e sua la concezione materialistica della storia. Successivamente, egli non affrontò più il discorso sul metodo, se non in rarissimi casi, incidentalmente e con rapide osservazioni. Il più importante di essi fu, senz’altro, il Poscritto al libro primo de Il capitale del 1873, nel quale, sollecitato dalle recensioni che avevano accompagnato la sua opera, Marx non poté non esprimersi sul metodo d’indagine utilizzato e tornò a trattare alcuni temi presenti nell’[Introduzione]. Ciò avvenne anche a seguito dell’esigenza, che egli avvertì, di esplicitare la differenza esistente tra il metodo di esposizione e quello della ricerca. Se il primo poteva muovere dal generale, procedere dalla forma universale a quelle storicamente determinate e, dunque, confermando la formulazione del 1857, «salire dall’astratto al concreto», il secondo doveva partire dal reale immediato, andare, come affermato nel 1859, «dal particolare al generale»:

il modo di esporre (Darstellungsweise) un argomento deve distinguersi formalmente dal modo di compiere l’indagine (Forschungsweise). L’indagine deve appropriarsi il materiale nei particolari, deve analizzare le sue differenti forme di sviluppo e deve rintracciarne l’intero concatenamento. Solo dopo che è stato compiuto questo lavoro, il movimento reale può essere esposto in maniera conveniente .

Nelle opere successive all’[Introduzione], infine, Marx scrisse delle questioni di metodo non più nella forma aperta e problematica che aveva caratterizzato lo scritto del 1857, bensì in modo compiuto e senza lasciar trasparire la complessa genesi della sua elaborazione . Anche per questa ragione, le pagine dell’[Introduzione] sono straordinariamente rilevanti. In esse, mediante un serrato confronto con le idee di alcuni dei maggiori economisti e filosofi della storia, Marx ribadì profondi convincimenti ed approdò a significative acquisizioni teoriche. Anzitutto, egli volle insistere ancora sulla specificità storica del modo di produzione capitalistico e dei suoi rapporti sociali. In secondo luogo, produzione, distribuzione, scambio e consumo furono considerati come una totalità, all’interno della quale la produzione costituiva l’elemento preminente sulle restanti parti dell’insieme. Inoltre, nel processo di riproduzione della realtà nel pensiero, Marx non ricorse a un metodo meramente storico, ma si avvalse dell’astrazione, della quale era giunto a riconoscere il valore ai fini della costruzione del percorso conoscitivo. Infine, egli evidenziò il rapporto ineguale che intercorreva tra lo sviluppo dei rapporti produttivi e quello delle forme della coscienza.

Queste riflessioni hanno reso l’[Introduzione], durante i 100 anni intercorsi dalla sua prima pubblicazione, un testo imprescindibile dal punto di vista teorico ed affascinante da quello letterario per tutti i seri interpreti e lettori di Marx. È prevedibile che essa rimarrà tale per quanti, nelle generazioni a venire, si avvicineranno ancora alla sua opera.

References
1. Nella lettera a Ferdinand Lassalle del 12 novembre 1858, Marx affermò infatti: «l’economia come scienza in senso tedesco è ancora tutta da fare», in Opere, vol. XL, Editori Riuniti, Roma 1973, p.  595.
2. La voluminosa letteratura critica a riguardo esemplifica l’importanza dell’Introduzione. Da quando fu pubblicata per la prima volta, nel 1903, tutte le principali interpretazioni critiche, le biografie intellettuali e le introduzioni al pensiero di Marx hanno dato conto di questo testo e numerosissimi sono stati gli articoli e i commentari a esso dedicati.
3. Karl Marx, Ökonomische Manuskripte 1857/58, in MEGA², II/1.1, Dietz Verlag, Berlin 1976, p. 17. Nell’edizione italiana cui si rimanda nel testo (La Nuova Italia, Firenze 1997), questa suddivisione di Marx, che corrisponde all’indice del contenuto dell’[Introduzione], è stata utilizzata per intitolare i differenti paragrafi.
4. Karl Marx, Grundrisse, La Nuova Italia, Firenze 1997, vol. I, p. 3.
5. Karl Marx, Ivi, p. 4.
6. Cfr. Ian Watt, Robinson Crusoe as a Myth, in Essays in Criticism, vol. I nr. 2, April 1951, p. 112.
7. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., p. 4.
8. Karl Marx, Ivi, vol. II, p. 123.
9. Karl Marx, Ivi, p. 96.
10. Karl Marx, Ivi, p. 95.
11. Marx trattò approfonditamente questi temi nella sezione dei [Grundrisse] dedicata alle [Forme che precedono la produzione capitalistica].
12. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., p. 109.
13. Karl Marx, Ivi, vol. I, p. 5. Questa concezione di matrice aristotelica – la famiglia che precede la nascita del villaggio – fu sostenuta da Marx anche nel libro primo de Il capitale. In seguito, però, egli mutò opinione in proposito. Come osservato da Engels in una nota aggiunta alla terza edizione tedesca del 1883: «studi posteriori, condotti molto a fondo, sulle condizioni primitive dell’uomo hanno condotto l’autore [Marx] al risultato che originariamente non è stata la famiglia a evolversi in tribù, ma viceversa: la tribù è stata la forma spontanea originaria della associazione fra gli uomini, basata sulla consanguineità, cosicché solo più tardi le forme numerose e diverse della famiglia si sono sviluppate dalla incipiente dissoluzione dei vincoli tribali», in Karl Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica. Libro primo, Editori Riuniti, Roma 1989, pp. 394-5. Engels si riferiva alle ricerche di storia antica condotte da Marx durante i suoi ultimi anni di vita. Tra i principali testi che Marx lesse o compendiò nei suoi quaderni di estratti vi furono le Researches into the Early History of Mankind and the Development of Civilization di Edward Burnett Tylor, Ancient Society di Lewis Henry Morgan, The Aryan Village in India and Ceylon di John Budd Phear, Lectures on the Early History of Institutions di Henry Summer Maine e The Origin of Civilization and the Primitive Condition of Man di John Lubbock.
14. Karl Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica. Libro primo, op. cit., p. 109.
15. Karl Marx, Ivi, p. 395. Dieci anni prima, nell’Introduzione, Marx aveva già scritto in proposito che: «in generale è errato porre lo scambio all’interno delle comunità come l’elemento costitutivo originario. All’inizio esso comparve invece nelle relazioni delle diverse comunità tra di loro piuttosto che in quelle tra i membri di una sola e medesima comunità», in Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 30.
16. Karl Marx, Ivi, p. 104.
17. Questa mutua dipendenza non va confusa con quella che si instaura tra gli individui nel modo di produzione capitalistico. La prima è il prodotto della natura, la seconda della storia. Nel capitalismo l’indipendenza individuale è integrata da una dipendenza sociale che si esprime nella divisione del lavoro, cfr. Karl Marx, Scritti inediti di economia politica, Editori Riuniti, Roma 1963, p. 78. In questo stadio della produzione, infatti, il carattere sociale dell’attività si presenta non come semplice relazione reciproca degli individui, «ma come loro subordinazione a rapporti che esistono indipendentemente da loro e nascono dall’urto tra individui indifferenti gli uni agli altri. Lo scambio generale delle attività e dei prodotti, diventato condizione di vita per ogni singolo individuo, la loro connessione reciproca, si presenta ad essi estranea, indipendente, come una cosa», in Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 98.
18. Adam Smith, Ricerca sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni, UTET, Torino 1965, p. 18.
19. Cfr. David Ricardo, Principi di economia politica e delle imposte, UTET, Torino 1948, pp. 17-18. Cfr. Karl Marx, Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma 1957, p. 42.
20. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 5.
21. Colui che per Marx aveva evitato questa ingenuità era stato James Steuart, dalla cui opera principale – An Inquiry into the principles of Political Economy – egli aveva annotato numerosi passaggi in un quaderno di estratti della primavera del 1851. Cfr. Karl Marx, Exzerpte aus James Steuart: An inquiry into the principles of political economy, in MEGA², IV/8, Dietz Verlag, Berlin 1986, pp. 304, 312-25, 332-49, 373-80, 400-1, 405-8, 429-45.
22. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 5. In altre parti dei Grundrisse, Marx asserì che: «un individuo isolato potrebbe avere tanto poco la proprietà della terra quanto poco potrebbe parlare», in vol. II, p. 109; e che «la lingua come prodotto di un singolo individuo è un’assurdità. Ma altrettanto lo è [la] proprietà», p. 115.
23. Karl Marx, Ivi, vol. I, p. 4.
24. Karl Marx, Ivi, p. 5.
25. Karl Marx, Ivi, p. 4.
26. Nel Commentary all’Introduzione incluso nel volume Karl Marx, Texts on Method (a cura di Terrell Carver), Basil Blackwell, Oxford 1975, Carver ha osservato (pp. 93-5) che le considerazioni svolte da Marx sull’utilizzo di Robinson Crusoe da parte di Bastiat non corrispondono alle reali posizioni di quest’ultimo. Secondo il francese, infatti: «Daniel de Foe avrebbe tolto al romanzo persino l’ombra della verosimiglianza se […] non avesse fatto […] delle concessioni obbligate, [ovvero] ammettendo che il suo eroe avesse salvato dal naufragio alcuni oggetti indispensabili, delle provvigioni, della polvere, un fucile, un’accetta, un coltello, delle corde, delle tavole, del ferro ecc., prova decisiva che la società è la sfera necessaria dell’uomo, poiché fuori di essa nemmeno un romanziere ha potuto farlo sussistere. E notate che Robinson portava con sé nella solitudine un altro tesoro sociale, mille volte più prezioso […] intendo dire, le sue idee, le sue rimembranze, la sua esperienza, il suo stesso linguaggio», in Frédéric Bastiat, Armonie economiche, UTET, Torino, 1949, p. 197. Tuttavia, nonostante l’evidenza di questo brano, in altre parti della sua opera Bastiat dimostra mancanza di senso storico. Le azioni dell’individuo appaiono dettate sempre dal raziocinante calcolo economico e vengono rappresentate secondo le scissioni proprie della società capitalistica: «l’individuo, se potesse vivere qualche tempo isolato, sarebbe al tempo stesso capitalista, imprenditore, operaio, produttore e consumatore» (p. 291). Ed ecco, allora, che Robinson Crusoe torna a costituire il più piatto stereotipo degli economisti: «il nostro Robinson non si occuperà dunque di farsi lo strumento, se non quando egli vi scorgerà un’economia definitiva di sforzi con soddisfazione uguale o un accrescimento di soddisfazione con sforzi uguali» (p. 292). Queste affermazioni destarono molto probabilmente l’attenzione di Marx.
27. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 6.
28. Cfr. Karl Marx, Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto, in Marx-Engels Opere, vol. III, Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 18 e 140.
29. Cfr. Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, in Marx-Engels Opere, vol. III, Editori Riuniti, Roma 1976, p. 296.
30. Cfr. Karl Marx, Miseria della filosofia, in Marx-Engels Opere, vol. VI, Editori Riuniti, Roma 1973 [1847], p. 170.
31. In particolare, si veda l’opera del suo principale rappresentante: Wilhelm Roscher, Die Grundlagen der Nationalökonomie, in System der Volkswirtschaft, Vol. I, Stuttgart, 1854, che Marx citò anche nel libro primo de Il capitale, op. cit., p. 124, irridendone il «metodo anatomico-fisiologico» adottato. Nel 1883, le questioni epistemologiche furono l’oggetto del Methodenstreit (la disputa del metodo), che vide contrapporsi il metodo deduttivo di Carl Menger e della Scuola austriaca, la quale, contro la tradizione moderna inaugurata da Francis Bacon, Isaac Newton e David Hume, riteneva impossibile giungere alla conoscenza scientifica generale per via empirica, e l’induttivismo della Scuola storica, secondo la quale l’oggetto della scienza economica era quello di studiare l’evoluzione storica delle nazioni e delle istituzioni per costruire delle leggi generali, ma non astratte. Questo dibattito, però, cominciò proprio l’anno della scomparsa di Marx ed egli non poté seguirlo o prendervi parte.
32. Subito dopo la pubblicazione dell’Introduzione di Marx (1903), l’utilità di adoperare la «teoria economica astratta» per sintetizzare i fenomeni storici fu espressa, con diverse analogie rispetto alle formulazioni marxiane, da Max Weber nel saggio, del 1904, L’oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale, in Max Weber, Il metodo delle scienze storico-sociali, Einaudi, Torino, 1997. Secondo l’autore tedesco, la definizione di un «concetto tipico-ideale […] non è una rappresentazione del reale, ma intende fornire alla rappresentazione un mezzo di espressione univoco». Nella sua «purezza concettuale», ciò che Weber definisce come «tipo ideale […] non  può mai essere rintracciato empiricamente nella realtà; esso è un’utopia, e al lavoro storico si presenta il compito di constatare in ogni caso singolo la maggiore o minore distanza della realtà da quel quadro ideale», p. 108. Il tipo ideale astratto rappresenta «un quadro concettuale, il quale non è la realtà storica […] ma tuttavia serve né più né meno come schema in cui la realtà deve essere assunta come esempio; esso ha il significato di un puro concetto limite ideale, a cui la realtà deve essere misurata e comparata, al fine di illustrare determinati elementi significativi del suo contenuto empirico», p. 112.
33. Un’idea simile era già stata espressa da Marx ne L’ideologia tedesca, nella quale insieme con Engels aveva dichiarato: «separate dalla storia reale, queste astrazioni non hanno assolutamente valore. Esse possono servire soltanto a facilitare l’ordinamento del materiale storico, a indicare la successione dei suoi singoli strati. […] La difficoltà comincia, al contrario, quando ci si dà allo studio e all’ordinamento del materiale, sia di un epoca passata che del presente, a esporlo realmente», in Karl Marx – Friedrich Engels, L’ideologia tedesca, in Marx-Engels Opere, vol. V, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 23.
33. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 7.
34. Cfr. Karl Korsch, Karl Marx, Laterza, Bari, 1974, pp. 62-3.
35. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 7.
36. L’esposizione più approfondita di questa concezione si trova in James Stuart Mill, Principî di economia politica, UTET, Torino, 1962, pp. 56 ss.
37. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, pp. 232-3.
38. Karl Marx, Ivi, vol. II, p. 249.
39. Karl Marx, Ivi, p. 220.
40. In proposito si vedano le critiche di Marx rivolte a Proudhon, Ivi, vol. I, p. 242.
41. Karl Marx, Ivi, p. 7.
42. Karl Marx, Miseria della filosofia, op. cit. p. 182.
43. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. II, p. 81.
44. Karl Marx, Ivi, p. 365.
45. Karl Marx, Ivi, vol. I, p. 259.
46. Karl Marx, Ivi, vol. II, pp. 113-4.
47. Karl Marx, Ivi, vol. I, p. 207.
48. Karl Marx, Ivi, vol. II, p. 175.
49. Karl Marx, Ivi, vol. I, p. 96.
50. Cfr. Karl Marx, Ivi, p. 219.
51. Karl Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica. Libro terzo, Editori Riuniti, Roma 1989, p. 313.
52. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. II, p. 576.
53. Karl Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica. Libro terzo, op. cit., p. 1002.
54. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 117.
55. Karl Marx, Ivi, p. 10.
56. Karl Marx, Ivi, p. 7.
57. Karl Marx, Ivi, p. 8.
58. Karl Marx, Ivi, p. 9.
59. John Stuart Mill, Principî di economia politica, op. cit., p. 195-6. Queste affermazioni suscitarono l’interesse di Marx, che le annotò, nel settembre del 1850, in uno dei suoi quaderni di estratti. Cfr. MEGA² IV/7, Dietz Verlag, Berlin 1983, p. 36. Poche righe dopo, però, Stuart Mill smentì in parte la sua categorica asserzione, anche se non nel senso di una storicizzazione della produzione. Egli sostenne, infatti, che la distribuzione dipende «dalle leggi e dalle consuetudini della società» e poiché esse sono il prodotto delle «opinioni» e dei «sentimenti del genere umano» – che altro non sono se non le «conseguenze delle leggi fondamentali della natura umana» –, le leggi della distribuzione «sono altrettanto poco arbitrarie, e possiedono il carattere delle leggi fisiche, quanto le leggi della produzione», p. 196. Le Osservazioni preliminari poste all’inizio della sua opera contengono, forse, una possibile sintesi: «a differenza delle leggi della produzione, quelle della distribuzione sono in parte opera umana; giacché il modo in cui la ricchezza si distribuisce in una data società dipende dalla legislazione o dalle consuetudini ivi prevalenti», p. 22.
60. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 9.
61. Karl Marx, Ivi, vol. II, p. 577. Dunque, chi come Stuart Mill riteneva eterni i rapporti di produzione e storiche soltanto le loro forme di distribuzione, «rivela che […] non capisce né gli uni, né le altre», in Karl Marx, Ivi, p. 474.
62. Marx conosceva molto bene entrambi i testi poiché erano stati tra i primi libri di economia politica studiati e dai quali aveva ricopiato molte parti nei suoi quaderni di appunti. Cfr. Karl Marx, Exzerpte aus Jean-Baptiste Say: Traité d’économie politique, in MEGA² IV/2, Dietz, Berlin 1981, pp. 301-27 e Karl Marx, Exzerpte aus James Mill: Élemens d’économie politique, in Ivi, pp. 428-70; tr. it. parz. Estratti dal libro di James Mill «Élémens d’économie politique», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., pp. 229-48.
63. Cfr. Georg W. F. Hegel, Scienza della logica, Laterza, Bari 2001, vol. II, p. 677 ss.
64. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 12.
65. Karl Marx, Ivi, p. 17.
66. Cfr. Baruch Spinoza a Jarig Jelles, in Baruch Spinoza, Epistolario, Einaudi, Torino 1951, p. 226.
67. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 14.
68. Karl Marx, Ivi, p. 17.
69. Karl Marx, Ivi, p. 14.
70. Karl Marx, Ivi, p. 15.
71. Karl Marx, Ivi, p. 16.
72. Karl Marx, Ivi, pp. 16-7.
73. Karl Marx, Ivi, pp. 18-9.
74. Karl Marx, Ivi, p. 19.
75. Karl Marx, Ivi, vol. II, p. 254.
76. Karl Marx, Ivi, vol. I, p. 20.
77. Karl Marx, Ivi, pp. 21-2.
78. Cfr. Karl Marx, Ivi, p. 21.
79. Karl Marx, Ibidem.
80. Karl Marx, Ivi, vol. II, p. 576.
81. Karl Marx, Ivi, vol. I, p. 22.
82. David Ricardo, Principi di economia politica e delle imposte, op. cit., p. 3.
83. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 21.
84. Karl Marx, Ivi, p. 22.
85. Karl Marx, Ivi, p. 23.
86. Karl Marx, Ivi, p. 25.
87. «Il vero, come concreto, è solo in quanto si svolge in sé e si raccoglie e mantiene in unità, cioè come totalità, e solo mediante il differenziarsi e la determinazione delle sue differenze sono possibili la necessità di esse e la libertà del tutto». Georg W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, Laterza, Bari 2002, p. 22
88. Cfr. Stuart Hall, ‘Marx’s notes on method: A «reading» of the «1857 Introduction»’, Cultural Studies, 2003, vol. 17 No. 2, p. 127.
89. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. II, p. 18.
90. Karl Marx, Ivi, p. 19.
91. Karl Marx, Ivi, vol. I, p. 8.
92. Karl Marx, Ivi, p. 18.
93. Karl Marx, Ivi, p. 25.
94. Karl Marx, Ivi, pp. 25-6.
95. Karl Marx, Ivi, p. 52.
96. Karl Marx, Ivi, p. 67.
97. Karl Marx, Ivi, p. 8.
98. Karl Marx, Ivi, p. 26.
100. Karl Marx, Ivi, vol. II, p. 605.
101. Karl Marx, Ivi, vol. I, p. 27.
102. Georg W. F. Hegel, Scienza della logica, op. cit., p. 910. Alla fine dell’ottobre del 1857, durante la stesura dei Grundrisse, Marx ricevette dall’amico Ferdinand Freiligrath alcuni libri di Hegel che rilesse con grande interesse. Il 14 gennaio del 1858 scrisse, infatti, a Engels: «Quanto al metodo del lavoro mi ha reso un grandissimo servizio il fatto che per puro caso (…) mi ero riveduto la Logica di Hegel. Se tornerà mai il tempo per lavori del genere, avrei una gran voglia di render accessibile all’intelletto dell’uomo comune in poche pagine, quanto vi è di razionale nel metodo che Hegel ha scoperto ma allo stesso tempo mistificato», in Opere, vol. LX, op. cit., p. 273. Purtroppo, Marx non rivelò né in questa lettera, né in altre sue comunicazioni, in che modo la Logica di Hegel aveva «reso un grandissimo servizio» all’elaborazione del suo metodo. Tanto meno, egli ebbe mai il tempo per scrivere «quanto vi [era] di razionale nel metodo» hegeliano. In ogni caso, per quel che concerne l’Introduzione, è necessario ricordare che essa fu scritta in agosto, mentre Marx ricevette la Logica di Hegel solo in ottobre, cfr. Ferdinand Freiligrath a Karl Marx, 22 ottobre 1857, in MEGA², III/8, Dietz, Berlin 1990, p. 497. Dunque, diversamente da quanto ritenuto da molti interpreti di Marx, la Logicanon ebbe alcun influsso diretto sull’Introduzione, sebbene reminiscenze delle opere di Hegel siano evidenti in diversi punti del testo marxiano.
103. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 27.
104. Le interpretazioni di Althusser, Negri e Della Volpe, ad esempio, cadono tutte nell’errore di accomunare questo metodo a quello di Marx. Cfr. Louis Althusser, Leggere Il Capitale, Feltrinelli, Milano 1971, p. 95; Antonio Negri, Marx oltre Marx, Manifestolibri, Roma 1998 [1979] p. 65; Galvano Della Volpe, Rousseau e Marx, Editori Riuniti, Roma 1971, p. 177. Per la critica a Della Volpe si rimanda a Cesare Luporini, Il circolo concreto-astratto-concreto, in Franco Cassano (a cura di), Marxismo e filosofia in Italia (1958-1971), De Donato, Bari 1973, pp. 226-39.
105. Cfr. Mario Dal Pra, La dialettica in Marx, Laterza, Bari 1965, p. 461.
106. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 27.
107. Karl Marx, Ivi, p. 28.
108. Karl Marx, Ivi, p. 34.
109. Karl Marx, Ivi, p. 28.
110. Georg W. F. Hegel Enciclopedia delle scienze filosofiche, op. cit., p. 4.
111. Le Aggiunte (Zusätze) di Gans, il cui scrupolo filologico è stato però messo in dubbio da più di un commentatore, si basano su alcuni manoscritti di Hegel e sulle trascrizioni dei suoi corsi sulla Filosofia del diritto successivi al 1821, data di pubblicazione della prima edizione.
112. In proposito si veda Judith Jánoska, Martin Bondeli, Konrad Kindle, Marc Hofer, Das «Methodenkapitel» von Karl Marx, Schwabe & CO AG, Basel 1994, pp. 115-19.
113. Georg W. F. Hegel Lineamenti di filosofia del diritto, Laterza, Roma-Bari 2005, pp. 293-4.
114. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 28.
115. Cfr. Karl Marx, Ivi, p. 218.
116. Karl Marx, Ivi, p. 29. Riflettendo sulla società peruviana, Marx ricordò, però, anche il caso opposto, ovvero che erano esistite «società molto sviluppate, seppure storicamente immature, nelle quali alcune forme più avanzate dell’economia, quali ad esempio la cooperazione o una sviluppata divisione del lavoro, si manifestano senza che esista affatto denaro», in Karl Marx, Ibidem.
117. Karl Marx, Ivi, p. 30.
118. Karl Marx, Ivi, p. 31.
119. Karl Marx, Ivi, p. 32.
120. Karl Marx, Ivi, p. 280.
121. Karl Marx, Ivi, p. 281. In un altro brano dei Grundrisse, infatti, Marx affermò che: «il principio sviluppato del capitale è appunto quello di rendere superflua l’abilità particolare […] è il principio di relegare l’abilità nelle forze naturali morte», in Karl Marx, Ivi, vol. II, p. 245.
122. Karl Marx, Ivi, vol. I, p. 32.
123. Karl Marx, Ivi, p. 281. Nei Grundrisse Marx mostrò come anche il «capitale in generale» non fosse una mera astrazione, ma una categoria che aveva nella società capitalistica «un’esistenza reale». Così come i capitali particolari appartengono ai singoli capitalisti, il capitale nella sua forma generale, ovvero quello che si accumula nelle banche, che diviene il capitale di una determinata nazione e che può essere dato in prestito per essere valorizzato, diventa «maledettamente reale. Mentre dunque l’elemento generale per un verso è soltanto una differentia specifica di natura logica, nello stesso tempo questa è una particolare forma reale accanto alla forma del particolare e dell’individuale», in Karl Marx, Ivi, vol. II, pp. 67.
124. In proposito si veda quanto Marx scrisse a Engels in una lettera del 2 aprile 1858: «le più astratte determinazioni, esaminate attentamente, rimandano sempre a un’ulteriore base storica concreta e determinata. (Naturalmente, perché esse ne sono astratte in questa loro determinatezza)», in Marx Engels, Opere, vol. XL, op. cit., p. 332.
125. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 32.
126. Karl Marx, Ivi, pp. 32-3.
127. Karl Marx, Ivi, p. 33.
128. Cfr. Stuart Hall, op. cit., p. 133. Questo autore ha giustamente notato che la teoria elaborata da Marx rappresenta una rottura con lo storicismo, pur non essendo una rottura con lo storico.
129. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 33.
130. Pierre Joseph Proudhon, Sistema delle contraddizioni economiche. Filosofia della miseria, Edizioni della rivista «Anarchismo», Catania 1975, p. 121.
131. Karl Marx, Miseria della filosofia, op. cit., p. 172.
132. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 35.
133. Karl Marx, Ivi, pp. 35-6.
134. Karl Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica. Libro terzo, op. cit., p. 930.
135. Karl Marx, Miseria della filosofia, op. cit., p. 169.
136. Cfr. Louis Althusser, op. cit., pp. 48-9 e 93.
137. La complessità del metodo sintetizzato da Marx è dimostrata dal fatto che esso fu travisato non solo da molti dei suoi studiosi, ma anche dallo stesso Friedrich Engels. Questi, infatti, che non aveva letto le tesi esposte nell’Introduzione, scrisse in una recensione del 1859 a Per la critica dell’economia politica che Marx, dopo aver elaborato il suo metodo, avrebbe potuto intraprendere la critica dell’economia politica «in due modi: storicamente o logicamente». Tuttavia, poiché «la storia procede spesso a salti e a zigzag e si sarebbe dovuto tenerle dietro dappertutto» […] il modo logico di trattare la questione era dunque il solo adatto». Egli, erroneamente, ne concluse però che questo non era altro che «il modo storico, unicamente spogliato della forma storica e degli elementi occasionali perturbatori. Nel modo come incomincia la storia, così deve pure incominciare il corso dei pensieri, e il suo corso interiore non sarà altro che  il riflesso, in forma astratta e teoricamente conseguente, del corso della storia», in Friedrich Engels, Per la critica dell’economia politica (Recensione), in Karl Marx, Per la critica dell’economia politica, op. cit., p. 208. Engels, insomma, sostenne il parallelismo tra storia e logica che Marx aveva decisamente respinto nell’Introduzione. Tale posizione fu così attribuita a quest’ultimo e divenne inseguito, con l’interpretazione marxista-leninista, ancora più schematica e infruttuosa dal punto di vista epistemologico.
138. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. II, pp. 81-2.
139. Karl Marx, Ivi, vol. I, pp. 36-7.
140. Karl Marx, Ivi, p. 38.
141. Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino 1968, p. 112.
142. Cfr. Karl Marx – Friedrich Engels, L’ideologia tedesca, in Marx-Engels Opere, vol. V, op. cit., p. 21.
143. Sismondi aveva notato che i momenti più alti della letteratura antica francese, italiana, spagnola e portoghese si erano manifestati in coincidenza dei periodi di decadenza sociale di quelle stesse società che li avevano espressi. Gli estratti di Marx dall’opera di Sismondi sono ancora inediti e saranno pubblicati nel volume IV/10 della MEGA². Sono grato a Klaus Pezold per le informazioni relative ai manoscritti marxiani.
144. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 39.
145. Karl Marx, Ivi, p. 40. Anche Friedrich Theodor Vischer, nella sua Ästhetik oder Wissenschaft des Schönen, Bd. I-III, Olms, Hildesheim 1975, trattò della forza dissolvitrice dei miti operata dal capitalismo. Marx lesse quest’opera traendone ispirazione, e ne riassunse alcune parti in uno dei suoi quaderni di estratti, appena tre mesi prima della redazione dell’Introduzione. L’impostazione dei due autori, però, non avrebbe potuto essere più distinta. Vischer deplorò in modo romantico l’impoverimento estetico della cultura causato dal capitalismo e considerò quest’ultimo come una realtà immodificabile. Marx, al contrario, pur battendosi costantemente per il superamento del capitalismo, sottolineò che esso rappresentava, sia materialmente che ideologicamente, una realtà più avanzata rispetto ai precedenti modi di produzione. Cfr. György Lukács, Contributi alla storia dell’estetica, Feltrinelli, Milano 1966, pp. 306-7.
146. Karl Marx, Teorie sul plusvalore. I, in Marx-Engels Opere, volume XXXIV, Editori Riuniti, Roma 1979, p. 295.
147. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 40.
148. Karl Marx, Ivi, p. 38.
149. Cfr. Karl Marx, Per la critica dell’economia politica, op. cit., p. 5.
150. A sostegno di questo ragionamento vi è una nota dell’edizione francese de Il capitale del 1872-75, in cui, citando questo brano della sua opera, Marx preferì tradurre la frase utilizzando il verbo dominer: «[l]e mode de production de la vie matérielle domine [domina] en général le développement de la vie sociale, politique et intellectuelle», in Karl Marx, Le capital, MEGA², II/7, Dietz Verlag, Berlin 1989, p. 62. Egli evitò, in questo modo, di presentare una relazione meccanica tra i due momenti. Cfr. Maximilien Rubel, Karl Marx. Saggio di biografia intellettuale, Colibrì, Milano 2001, p. 283.
151. La più diffusa volgarizzazione di tale interpretazione si deve a J. V. Stalin che in Del materialismo dialettico e del materialismo storico, in Opere Scelte, Edizioni movimento studentesco, Milano 1973,  sostenne che «il mondo materiale rappresenta una realtà oggettiva […] [e] la vita spirituale della società è un riflesso di questa realtà oggettiva» (p. 927): «quale è l’essere sociale, quali sono le condizioni della vita materiale della società, tali sono le idee, le teorie, le concezioni politiche, le istituzioni politiche della società» (p. 928).
152. Karl Marx, Per la critica dell’economia politica, p. 3.
153. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. I, p. 27.
154. Karl Marx, Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma 1957, p. 3.
155. Karl Marx, Grundrisse, op. cit., vol. II, p. 645.
156. Karl Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica. Libro primo, op. cit., p. 67.
157. Karl Marx, Poscritto alla seconda edizione in Il capitale. Critica dell’economia politica. Libro primo, op. cit., p. 67. Marx aggiunse che quando ciò si compie «può sembrare che si abbia a che fare con una costruzione a priori», ma, in realtà, il risultato raggiunto è la rappresentazione del concreto nel pensiero. In proposito si veda una sua importante affermazione contenuta in una lettera scritta a Engels il 1 febbraio 1858 nella quale, a proposito di Lassalle, dichiarò: «imparerà a sue spese che una cosa è arrivare a portare, per mezzo della critica, una scienza al punto da poterla esporre dialetticamente e altra è adoperare un sistema di logica astratto e preconfezionato», in Marx Engels Opere, vol. XL, Editori Riuniti, Roma 1973, p. 288.
158. Cfr. Terrell Carver A Commentary on the text, in Karl Marx, Texts on Method (a cura di Terrell Carver), op. cit., p. 135.

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ملاحظاتی درباره تاریخ انترناسیونال اول

روز ۲۸ سپتامبر ۱۸۶۴ “سالن سنت مارتین” در قلب لندن انباشته از جمعیت بود. دو هزار کارگر در همایش حضور داشتند. مراسم به دعوت رهبران اتحادیه‌های کارگری انگلیس و گروه کوچکی از کارگران کشورهای اروپایی برپا شده بود.[1]

دست‌اندرکاران گردهمایی از پیامدهای سیاسی اقدام خود هیچ تصوری نداشتند. هدف اصلی آنها این بود که در یک جمع بین‌المللی، مهمترین مشکلات مشترک کارگران را به بحث و رایزنی بگذارند. آنها در اصل قصد نداشتند که سازمانی با هدف هماهنگ ساختن فعالیت‌های اتحادیه ای و سیاسی طبقه کارگر تشکیل دهند

اما در عمل همین همایش به الگویی برای تمام تشکلات جنبش کارگری بدل شد و از آن پس هم جریان‌های اصلاح‌طلبانه و هم جریان‌های انقلابی از “انجمن بین‌المللی کارگران” الهام گرفتند.[2]

زمان چندانی از تأسیس انترناسیونال نگذشته بود که در سراسر اروپا شور و هیجان تازه‌ای بلند شد. انترناسیونال نه تنها همبستگی طبقاتی را بیدار کرد، بلکه زنان و مردان بیشماری را برانگیخت تا در راه هدفی بنیادین مبارزه کنند: دگرگون ساختن جهان. به پاس برپایی انترناسیونال جنبش کارگری نه تنها توانست درک روشن‌تری از وجه تولید سرمایه‌داری به دست آورد، بلکه نسبت به توانایی‌های خود آگاه‌تر شد و به اشکال تازه‌تری از مبارزه ی طبقاتی رسید.

نقش برجسته مارکس

انترناسیونال از همکاری تعدادی سازمان‌های رنگارنگ شکل گرفته بود. نیروی محرک انترناسیونال اتحادیه های بریتانیایی بودند که رهبران آنها در درجه نخست به مسائل اقتصادی علاقه داشتند. آنها برای بهبود شرایط زندگی و کار کارگران مبارزه می‌کردند، اما به نظام سرمایه‌داری کاری نداشتند. برای بسیاری از آنها انترناسیونال حکم افزاری را داشت که باید از اعتصابات احتمالی جلوگیری کند.

گروه عمده دیگر “همیاوران” (Mutualists) متمایل به آنارشیسم بودند که مدتی دراز در فرانسه نیرومند بودند و به علاوه در بلژیک و همچنین بخش فرانسوی‌زبان سویس نیز هوادارانی داشتند. آنها به تأثیر از نظریات پیر ژوزف پرودون نه تنها هرگونه فعالیت سیاسی طبقه کارگر را رد می‌کردند، بلکه با اعتصاب نیز به عنوان حربه‌ای سیاسی مخالف بودند. آنها در بحث‌های داخلی در رابطه با رهایی زنان نیز موضعی محافظه‌کارانه داشتند. از سیستمی تعاونی بنا به الگوی فدرالی پشتیبانی می‌کردند و گمان داشتند که با دسترسی همگان به سهام‌های مالی می‌توان گام به گام سرمایه‌داری را اصلاح کرد. می‌توان گفت که آنها در عمل جناح راست انترناسیونال را تشکیل می‌دادند.

در کنار این دو گروه که اکثریت را تشکیل می‌دادند، نیروهای پراکنده دیگری هم وجود داشتند، برای نمونه کمونیست‌های هوادار کارل مارکس سومین نیروی حاضر در انترناسیونال بودند. آنها در مخالفت با اساس سرمایه‌داری فعالیت می‌کردند. آنها علیه نظام تولیدی مسلط بودند و از ضرورت اقدام سیاسی برای برانداختن نظام سرمایه‌داری دفاع می‌کردند.

در مراحل آغازین تأسیس انترناسیونال در آن تعدادی از نیروهای دموکراتیک فعال بودند که با برنامه‌های سوسیالیستی هیچ پیوندی نداشتند. یکی از مشکلات دیگر این بود که برخی از کارگران عضو انترناسیونال، نظریات درهم و برهمی به همراه خود آورده بودند که گاه یکسره تخیلی بودند. پیروان لاسال نیز نقشی مخرب داشتند: آنها که هرگز وارد انترناسیونال نشدند بلکه در پیرامون آن جولان می‌دادند، جنبش کارگری را رد می‌کردند و اقدام سیاسی را مسئله‌ای ملی می‌دانستند.

بدین سان چندین جریان پراکنده در سازمانی گرد آمده بودند که برنامه آن از بنیادهای نظری آنها فراتر می‌رفت؛ جلب همکاری این جریان‌ها وظیفه‌ای بود که مارکس به انجام رساند. او به دلیل توانایی های سترگ تئوریک و استعداد سیاسی نیرومندش توانست نیروهای پراکنده را به هم پیوند دهد تا انترناسیونال به سرنوشت سایرانجمن های کارگری دچار نشود و به فعالیت ثمربخشی دست بزند.[3] مارکس برای انترناسیونال هدفی روشن تعیین کرد، به گونه‌ای که این تشکل به شکلی تعیین‌کننده صبغه طبقاتی داشته باشد و با پرهیز از فرقه‌گرایی، نفوذ توده‌ای پیدا کند. هدایت سیاسی هیئت رهبری یا “شورای کل” را همیشه مارکس به عهده داشت: تمام قطعنامه‌های مهم و بیشتر گزارش‌های کنگره را خود او می‌نوشت. همان گونه که یوهان گئورگ اکاریوس، یکی از رهبران جنبش کارگری آلمان به درستی گفته: “او فرد درستی بود که در محل درست” قرار گرفته بود.[4]

پیش از هرچیز به دلیل قابلیت‌های مارکس بود که انترناسیونال توانست برنهادی سیاسی بسازد که بسیاری از گزاره‌های ملی را پیرامون یک محور مبارزاتی متحد کند. وحدت درونی امری شکننده بود، زیرا کمونیسم ضدسرمایه‌داری مارکس هیچگاه بر تشکیلات مسلط نشد. با این همه، در طول زمان اندیشه مارکس غلبه پیدا کرد، از طرفی به خاطر پی‌گیری خود او و از طرف دیگر به خاطر ضعف و پراکندگی‌های درونی گرایش‌های دیگر.

عضویت و ساختار

انترناسیونال همیشه سازمانی بزرگ و نیرومند شناخته می‌شد، اما درباره ی شمار اعضای آن همواره ارقامی اغراق‌آمیز بر سر زبان‌ها بود. برای نمونه دادستانی فرانسه که در سال ۱۸۷۰ علیه برخی از فعالان کارگری اقامه دعوا کرد، اعضای انترناسیونال را در سراسر اروپا ۸۰۰ هزار نفر برشمرد.[5] یک سال بعد و پس از شکست خونین”کمون پاریس”، روزنامه ی تایمز چاپ لندن، اعضای آن را دو و نیم میلیون نفر دانست.[6] اما درست این است که اعضای انترناسیونال خیلی کمتر بودند. در آن زمان حتی رهبران و فعالان تشکیلات از شمار اعضا اطلاع درستی نداشتند. اما مطالعات امروزی نشان می‌دهد که در دوره ی اوج کار انترناسیونال، یعنی سال‌های ۱۸۷۱ و ۱۸۷۲ شمار اعضای آن از ۱۵۰ هزار نفر بیشتر نبوده است.

اما اگر در نظر بگیریم که در آن زمان غیر از اتحادیه های انگلیسی و اتحادیه‌های همگانی کارگری آلمان، تشکیلات کارگری مهمی وجود نداشت، همین هم رقم قابل‌توجهی بود. افزون بر این، باید توجه داشته باشیم که انترناسیونال در تمام دوران فعالیت‌اش، تنها در کشورهای بریتانیا، سویس، بلژیک و ایالات متحده فعالیت آزاد قانونی داشت. در کشورهای دیگر حداکثر فعالیتی نیمه‌علنی داشت و اعضای آن با پیگرد روبرو بودند. با وجود این انترناسیونال این توانایی را داشت که انجمن‌های گوناگون کارگری را در صفوف خود متحد کند. انترناسیونال تنها ظرف چند سال توانست صدها تشکل کارگری را به یکدیگر پیوند دهد. پس از سال ۱۸۶۸ اتحادیه‌هایی در اسپانیا به وجود آمدند و[ به دنبال سترگ ترین اقدام عملی پرولتاریا ] یعنی تشکیل “کمون پاریس” تشکلات مبارز کارگری در ایتالیا، هلند، دانمارک و پرتغال پا گرفتند.

با وجود این ارقام، اعضای انترناسیونال در آن روزگار تنها بخش کوچکی از طبقه کارگر را تشکیل می‌دادند. برای نمونه در بریتانیا، غیر از صنایع فولاد، انترناسیونال در میان پرولتاریای صنعتی حضور ضعیفی داشت.[7] بیشتر اعضا در صنایع نساجی، پارچه‌بافی، کفاشی و نجاری فعال بودند، یعنی حرفه‌هایی که کارگران در آنها تشکلی بهتر و آگاهی طبقاتی بالاتری داشتند. انترناسیونال در کارخانه‌های بزرگ نفوذ اندکی داشت و این حکم به ویژه در مورد کشورهای جنوب اروپا صادق است. مانع دیگر رشد انترناسیونال این بود که با وجود برخی موفقیت‌ها در آستانه اولین کنگره ی، این سازمان به طور کلی در عضوگیری از میان کارگران ناآموخته و غیرماهر مشکل داشت.[8]

پیدایش انترناسیونال

اولین برگه‌های تقاضای عضویت در بریتانیا تقسیم شدند. در فوریه ۱۸۶۵ اتحادیه ی بنایان با حدود ۴ هزار عضو وارد انترناسیونال شدند و اندکی بعد انجمن کارگران ساختمانی و کفاشی به آنها پیوستند.

در ژانویه ۱۸۶۵ با تأسیس اولین واحد کارگری در پاریس، انترناسیونال در فرانسه شکل گرفت، اما رشد زیادی نکرد، نفوذ ایدئولوژیکی محدودی داشت و نتوانست ساختار تشکیلاتی متحدی تشکیل دهد. با وجود این حامیان فرانسوی انترناسیونال، که بیشتر آنها از “همیاوران” پیرو پرودون بودند، در اولین کنفرانس سازمان دومین گروه بزرگ به شمار می‌رفتند.

یک سال بعد انترناسیونال در اروپا انکشاف بیشتری پیدا کرد و اولین واحدهای تشکیلاتی خود را در بلژیک و منطقه فرانسه‌زبان سویس تشکیل داد. به خاطر ممنوعیت فعالیت‌های انقلابی در پروس، انترناسیونال نتوانست در آلمان تشکیلاتی داشته باشد. اتحادیه عمومی کارگران آلمان با ۵ هزار عضو که اولین حزب کارگری تاریخ شناخته می‌شود، در رویارویی با اتو فون بیسمارک از سیاستی دوگانه پیروی می‌کرد و در اولین سال‌های موجودیت خود تمایل چندانی به همکاری با انترناسیونال نداشت. ویلهلم لیبکنشت نیز با این که به مارکس نزدیک بود، در این عدم تمایل سهیم بود.

فعالیت شورای کل در لندن برای تقویت انترناسیونال بی‌نهایت اهمیت داشت.

در سپتامبر ۱۸۶۶ نخستین کنگره ی انترناسیونال با حضور ۶۰ نماینده از بریتانیا، فرانسه، آلمان و سویس در شهر ژنو برگزار شد. سازمان در اینجا توانست به بیلان بسیار مثبتی از دو سال اول فعالیت خود ارائه دهد زیرا در این مدت اندک بیش از صد اتحادیه و نیروی سیاسی به پشتیبانی از انترناسیونال دست زده بودند. شرکت‌کنندگان در کنگره دو گروه بودند: گروه اول شامل نمایندگان بریتانیایی، برخی از چهره‌های آلمانی و اکثریت اعضای سویسی، از رهنمودهای “شورای کل” پیروی می‌کرد که توسط مارکس به بیان آمده بود، هرچند خود او در ژنو حضور نداشت. گروه دوم شامل نمایندگانی از فرانسه و برخی از نمایندگان منطقه فرانسوی‌زبان سویس، پیرو “همیاوران” بودند. در این مرحله از فعالیت انترناسیونال بیشتر به مواضع میانه گرایش داشت.

مسئولان “شورای کل” با تکیه بر قطعنامه‌هایی که مارکس آماده کرده بود، موفق شدند “همیاوران” را در کنگره منزوی کنند و مهر خود را بر تصمیم‌گیری‌های سیاسی بکوبند. مارکس در این مورد تصریح کرده بود: «در پیاده کردن چنین قوانینی طبقه کارگر به هیچوجه از قدرت دولت حمایت نمی‌کند، برعکس، قدرتی را که امروزه علیه او به کار می‌رود را به خدمت خود در خواهد آورد.»[9]

افزون بر این، “آموزه‌های مارکس” در جریان کنگره ژنو بر وظایف بنیادین اتحادیه ها تأکید کردند.

قدرت روزافزون انترناسیونال

از پایان سال ۱۸۶۶ در بسیاری از کشورهای اروپایی اعتصابات زیادی در گرفت. گروه عظیمی از کارگران با شرکت در این اعتصابات به آگاهی سیاسی بالاتری دست یافتند. اعتصاب‌ها به موج دیگری از مبارزات میدان دادند.

با این که برخی از حکومت‌های وقت انترناسیونال را مسئول ناآرامی‌ها دانستند، اما واقعیت این است که بیشتر کارگران درگیر در مبارزه از وجود چنین تشکیلاتی خبر نداشتند. علت اصلی اعتراض آنها شرایط مشقت‌بار زندگی و کاری بود که ناچار بودند تحمل کنند. این حرکت‌ها موجب شدند که میان جنبش‌های اعتصابی و انترناسیونال تماس‌هایی برقرار شود. انترناسیونال با پیام‌های پشتیبانی و همچنین کمک‌های مالی از کارگران اعتصابی حمایت کرد. انترناسیونال با تلاش “رؤسا” که سعی داشتند مقاومت کارگران را تضعیف کنند، مقابله کرد.

همین نقش عملی انترناسیونال بود که به کارگران نشان داد این سازمان مدافع منافع آنهاست و برخی را برانگیخت که به آن بپیوندند.[10] در کشورهای دیگر کارگران برای اعتصابگران پول گردآوری کردند و تصمیم گرفتند کاری را قبول نکنند که آنها را به “مزدوران صنعتی” تبدیل کند. این اتحاد “رؤسا” را وا داشت که به بسیاری از خواسته‌های اعتصابگران توجه کنند. در مناطقی که این تجربه را از سر گذرانده بودند، صدها نفر به عضویت انترناسیونال در آمدند. “شورای کل” در این باره نوشت: «انترناسیونال کارگران را به اعتصاب نمی‌کشاند، بلکه این اعتصاب است که کارگران را به سوی انترناسیونال می‌راند.»[11]

انترناسیونال که با افزایش اعضا و تقویت تشکیلات، نیروی بیشتری گرفته بود، از سال ۱۸۶۷ در سراسر قاره اروپا حضور پیدا کرد.

اما انترناسیونال بیش از هرجای دیگر در بریتانیا حضور داشت. در سال ۱۸۶۷ با پیوستن چند سازمان کارگری دیگر، شمار اعضا در انگلستان به ۵۰ هزار نفر رسید.[12] در هیچ کشور دیگری چنین پیشرفتی دیده نشد. اما در سالهای بعد، برخلاف دوره ۱۸۶۴ تا ۱۸۶۷ رکودی پیش آمد که دلایل گوناگون داشت اما مهمترین علت آن این بود که انترناسیونال نتوانست کارگران کارخانه‌ها و کارگران بی‌مهارت را جذب و متشکل کند.

باید توجه داشت که نهادینه شدن جنبش کارگری در رکود فعالیت انترناسیونال مؤثر بود. قانونی شدن اتحادیه ها خطر پیگرد و سرکوب را از اعضای آنها دور کرد و به “قوه چهارم” اجازه داد که در جامعه حضور یابد.

اما وضعیت در نواحی گوناگون اروپا متفاوت بود. کارگران آلمانی هنوز به قراردادهای اشتغال معتبری نرسیده بودند. در بلژیک با اعتصابگران با شدت و خشونت برخورد می‌شد. در سویس حاکمیت به اعتصابگران همچنان با سوءظن برخورد می‌کرد. در فرانسه با این که اعتصاب از سال ۱۸۶۴ قانونی شناخته شده بود، اما فعالیت اتحادیه ها همچنان با تضییقات فراوان روبرو بودند.

در چنین شرایطی بود که انترناسیونال کنگره خود را در سال ۱۸۶۷ برگزار کرد. مارکس که یکسره در ویرایش کتاب “سرمایه” غرق بود، نتوانست نه در نشست‌های “شورای کل”، که تدوین اسناد را به عهده داشت، شرکت کند و نه در خود کنگره.[13] این امر اثرات ملموسی به دنبال داشت: از سویی کنگره کار خود را به گزارش‌دهی درباره گسترش تشکیلات در کشورهای گوناگون محدود کرد و از سوی دیگر به خاطر حضور “همیاوران” خط پرودون غلبه پیدا کرد.

از همان اولین روزهای تشکیل انترناسیونال، اندیشه پرودون بر بخش فرانسوی انترناسیونال حاکم بود. چهار سال تمام طرفداران پرودون میانه‌روترین جناح انترناسیونال را نمایندگی می‌کردند. اتحادیه های بریتانیایی که بیشتر اعضا با آنها بودند، البته به سوسیالیسم آنتی کاپیتالیستی مارکس باور نداشتند اما در عین حال از نفوذ سیاسی طرفداران پرودون محروم بودند.

مارکس بی‌گمان در مبارزه درازمدت برای جلوگیری از نفوذ پرودون نقش کلیدی ایفا کرد. ایده‌های او برای انکشاف نظری رهبران وهموندان انترناسیونال بی‌نهایت مهم بود و او قادر بود در هر رویارویی و بحث داخلی نظریات خود را پیش ببرد. اما کارگران خود رفته رفته از نظریات پرودون فاصله می‌گرفتند. به ویژه کارآیی اعتصاب‌ها به “همیاوران” نشان داد که برخلاف تصور پرودون هرگز نمی‌توان مسائل اقتصادی را از مسائل سیاسی جدا کرد.[14]

کنگره بروکسل که در ۱۸۶۸ برگزار شد، بال “همیاوران” را چید. اوج این اجلاس آنجا بود که تقاضای سزار دوپپ، مبنی بر جمعی کردن تمام ابزارهای تولید، به تصویب رسید. این گامی بلند در جهت تعریف شالوده ی اقتصادی سوسیالیسم بود. از آن پس این مفهوم نه تنها به نوشته‌های روشنفکران انقلاب پرولتاری وارد شد، بلکه به صورت بخشی از برنامه یک سازمان فراملیتی در آمد. در عرصه‌های کشاورزی، معادن و ترابری، کنگره به این نظر رسید که زمین به طور کلی “ثروت جمعی” شناخته شود.[15] کنگره حتی به پیامدهای وحشتناک تصاحب جنگل‌ها برای محیط زیست پرداخت. اینها همه دستاوردهای مهم شورای کل بین الملل بود و نشان می‌داد که نظریات سوسیالیستی برای اولین بار در برنامه سیاسی یک تشکیلات بزرگ کارگری فراملیتی ریشه دوانده‌اند.

کنگره بازل (بال) که در سال ۱۸۶۹ برگزار شد نیز بسیار جالب بود به ویژه به خاطر حضور میخائیل باکونین که به عنوان نماینده در مشاوره‌ها شرکت داشت. اندکی پس از ورود او به انترناسیونال، نفوذ انقلابیون مشهور روسیه در برخی از بخش‌های سویسی، اسپانیایی و فرانسوی (و همچنین ایتالیایی به ویژه پس از تشکیل کمون پاریس) به سرعت بالا رفت. در همان کنگره بال، باکونین تأثیر زیادی بر رایزنی‌ها باقی گذاشت. پس از غلبه بر “همیاوران” و فراری دادن شبح پرودون، مارکس اکنون با دشمنی سرسخت روبرو شده بود. باکونین می‌کوشید عقاید آنارشیستی وفرقه گرایانه خود را بر انترناسیونال مسلط کند.

پیشرفت در اروپا و مخالفت با جنگ فرانسه و آلمان

اواخر دهه ۱۸۶۰ و اوایل دهه ۱۸۷۰ دوره‌ای سرشار ازمبارزات نیروی کار علیه سرمایه بود. بسیاری از کارگرانی که در اکسیون‌های اعتراضی شرکت داشتند، تصمیم گرفتند با انترناسیونال تماس بگیرند.

در سال ۱۸۶۹ انترناسیونال در سراسر اروپا گسترش یافته بود. در هر کشور اروپایی که انترناسیونال تا حدی نفوذ داشت، اعضای آن سازمان‌هایی تشکیل می‌دادند یکسره مستقل از سازمان‌های موجود. اما در بریتانیا که اتحادیه ها شالوده اصلی انترناسیونال بودند، کارگران ساختارهای تشکیلاتی خود را از دست ندادند. بدین ترتیب “شورای کل” که در لندن اقامت داشت، باید دو وظیفه را در کنار هم انجام می‌داد: از طرفی “ستاد مرکزی” انترناسیونال به شمار می‌رفت و از طرف دیگر هدایت بخش بریتانیایی انترناسیونال را به عهده داشت. در اینجا اتحادیه های تابعه بر حدود ۵۰ هزار عضو نفوذ داشتند.

سیاست اختناق‌آمیز امپراتوری دوم در فرانسه، انترناسیونال را در سال ۱۸۶۸ به بحرانی عمیق فرو برد. اما سال بعد از آن انترناسیونال جانی تازه گرفت و رهبرانی کار را به دست گرفتند که به مواضع “همیاوری” پشت کرده بودند. اوج فعالیت بخش فرانسوی انترناسیونال در سال ۱۸۷۰ به ثبت رسید، اما با وجود این پیشرفت، سازمان در ۳۸ منطقه از ۹۰ منطقه هیچ نفوذی نداشت. شمار اعضای سازمان در فرانسه بین ۳۰ تا ۴۰ هزار نفر برآورد می‌شود.[16] در عین حال باید گفت با این که انترناسیونال در فرانسه سازمانی با پایه توده ای گسترده نبود، اما بی‌تردید از بخش های مهم ومیلیتانت بین الملل به شمارمی رفت.

در بلژیک شمار اعضا در بهار ۱۸۷۰ به بالاترین حد رسید و بر چند ده هزار نفر بالغ شد که از شمار اعضا در فرانسه نیز بیشتر بود. در بلژیک انترناسیونال نه تنها از نظر جمعیت بیشترین اعضا را داشت، بلکه از نفوذ بالایی در جامعه برخوردار بود. در سویس نیز با روندی مشابه روبرو هستیم.

در قلمرو شمال آلمان دو سازمان کارگری فعال بودند: اتحادیه عمومی کارگری طرفدار لاسال و حزب سوسیال دموکرات کارگری طرفدار مارکس؛ اما با وجود این پیوستن به انترناسیونال برای کارگران جذابیت زیادی نداشت. تا سه سال پس از تأسیس انترناسیونال کنشگران آلمانی از بیم سرکوب حاکمیت هیچ توجهی به آن نشان ندادند. اما از سال ۱۸۶۸ و پیشرفت انترناسیونال در سراسر اروپا هر دو سازمان یادشده مشتاق بودند که چونان نماینده انترناسیونال در آلمان شناخته شوند.

در شرایطی که کشورهای اروپایی از نظر حاکمیت سیاسی و سطح رشد بسیار متفاوت بودند، انترناسیونال در تدارک برگزاری کنگره پنجم بود، اما به خاطر در گرفتن جنگ میان آلمان و فرانسه در سال ۱۸۷۰ کنگره برگزار نشد. کشمکش نظامی در قلب اروپا اوضاع را از ریشه دگرگون کرد: اکنون وقت آن بود که جنبش کارگری به موضعی مستقل برسد و از شعارهای ملی‌گرایانه فاصله بگیرد. در “نخستین پیام شورای کل درباره جنگ آلمان و فرانسه” مارکس از کارگران فرانسوی دعوت کرد لویی بناپارت را سرنگون کنند و به حکومتی که از ۱۸ سال پیش برپا کرده بود، پایان دهند. وظیفه کارگران آلمانی هم این بود که اجازه ندهند شکست و برکناری بناپارت به تهاجم به مردم فرانسه منجر شود: «این واقعیت امروزه برای نخستین بار در تاریخ راه آینده‌ای روشن را در برابر ما باز می‌کند و نشان می‌دهد که برخلاف تمام جوامع گذشته که با نکبت اقتصادی و خفقان سیاسی قرین بودند، جامعه‌ای تازه پدید می‌آید که صلح بنیاد بین‌المللی آن خواهد بود، زیرا تمام ملت‌ها تن‌ها به یک اصل متکی هستند: کار! سازمان بین‌المللی کارگران است که راه برپایی این جامعه تازه را هموار می‌کند.»[17]

انترناسیونال و کمون پاریس

پس از پیروزی ارتش آلمان در سدان و به اسارت افتادن بناپارت، در ۴ سپتامبر ۱۸۷۰ در فرانسه جمهوری سوم اعلام شد. کارگران پاریس با حکومتی روبرو شدند که قصد داشت شهر را خلع سلاح کند و هر رفرم اجتماعی را رد می‌کرد. آنها علیه دولت آدولف تیر، قیام کردند و در ۱۸ مارس ۱۸۷۱ به نخستین اقدام بزرگ جنبش کارگری جامه عمل پوشاندند: تشکیل کمون پاریس.

هرچند باکونین از کارگران دعوت کرده بود که جنگ میهن‌پرستانه را به جنگ انقلابی بدل کنند[18]، اما “شورای کل” انترناسیونال در لندن نخست سکوت پیشه کرد و سپس از مارکس خواست که به نام انترناسیونال در این باره متنی تهیه کند، اما این متن منتشر نشد و این امر علل پیچیده و قابل‌تأملی داشت. مارکس هم از تناسب قوا در پاریس و هم از ضعف کمون برآوردی واقع‌بینانه داشت و به خوبی می‌دانست که کمون محکوم به شکست است. بیانیه‌ای پرشور در دفاع از کمون این خطر را داشت که می‌توانست انتظاراتی باطل در سراسر اروپا پدید آرد که بعد به نومیدی و درماندگی منجر شود. به زودی روشن شد که بدبینی او بی‌پایه نبوده است. در ۲۸ مه ۱۸۷۱ کمون در خون غرقه شد. دو روز بعد مارکس با دست‌نوشته “جنگ داخلی در فرانسه” در نشست شورای کل شرکت کرد. متن قرائت شد و بی‌درنگ به نام تمام اعضای شورا منتشر شد. این سند در هفته‌های بعد بیش از تمام اسناد جنبش کارگری در قرن نوزدهم تأثیر گذاشت.

با وجود مبارزات دلاورانه کموناردها وسرکوب خونین کمون در پاریس و بالا گرفتن موج اختناق و سرکوب در سراسر اروپا، انترناسیونال مدام قوی‌تر و شناخته‌تر شد. برای سرمایه‌داران و بورژواها خطری بود که نظم مسلط را تهدید می‌کرد، اما برای کارگران امید به دنیایی بدون بهره‌کشی ونابرابری و بی‌عدالتی بود.[19] خیزش کموناردها درپاریس جنبش کارگری را آبدیده کرد و آن را برانگیخت که هردم مواضعی رادیکال‌تروضد سرمایه داری اتخاذ کند. این تجربه [خونین ،شکوهمند وگرانبها] نشان داد که انقلاب پرولتاری امکان‌پذیر است و هدف آن باید برپایی جامعه‌ای باشد یکسره متفاوت با جامعه سرمایه‌داری. این آغازین تجربه پرولتری همچنین نشان داد که کارگران باید اشکال محکم و پردوامی ازانجمن ها واحزاب سیاسی تشکیل دهند.[20]

این قدرت تازه در همه جا محسوس بود. مشارکت در گردهمایی‌های “شورای کل” دو برابر شد. شمار نشریات وابسته به انترناسیونال بالا رفت و تیراژ آنها نیز افزایش یافت. واحدهای انترناسیونال که در بلژیک و اسپانیا رشدی به سزا داشتند، پس از کمون باز هم بیشتر انکشاف پیدا کردند. سازمان در ایتالیا نیز راه باز کرد. با این که جوزپه گاریبالدی تنها برداشتی مبهم از انترناسیونال داشت،[21] اما این “قهرمان دو جهان” به پشتیبانی از آن برخاست و در تقاضای عضویت خود نوشت: “انترناسیونال خورشید آینده است”.[22] انتشار این نامه در برخی از نشریات و اعلامیه‌های کارگری باعث شد که بسیاری از افراد مردد به انترناسیونال روی آورند.

انترناسیونال در اکتبر ۱۸۷۱ بخش تازه‌ای در پرتغال تأسیس کرد. در همان ماه انترناسیونال موفق شد اتحادیه های نوبنیاد دانمارک را در کپنهاگ و یوتلند با هم متحد کند. در همین مدت در بریتانیا چندین تشکیلات کارگران ایرلندی پا گرفت. جان مک‌دانل رهبر آنها بود که عضو رابط شورای کل بین الملل با ایرلند خوانده شد. روندی شگفت‌انگیز بود که انترناسیونال از چهارگوشه‌ی جهان تقاضای عضویت دریافت می‌کرد، نه تنها کارگران انگلیسی کلکته، بلکه گروه‌های کارگری از ویکتوریا در استرالیا و کریستچرچ در نیوزیلند نیز خواهان پیوستن به انترناسیونال بودند. همین طور عده‌ای از صنعتگران بوئنوس‌آیرس درآرژانتین.

کنفرانس ۱۸۷۱ در لندن

با گذشت دو سال از آخرین کنگره انترناسیونال، هنوز شرایط مساعدی برای تشکیل کنگره به وجود نیامده بود، از این رو شورای کل تصمیم به برگزاری کنفرانسی در لندن گرفت. با وجود تمام تلاش‌ها برای گسترده کردن این رویداد، در واقع این نشست بیش از یک اجلاس وسیع شورای کل نبود. مارکس پیشاپیش اعلام کرده بود که کنفرانس “تنها به مسائل تشکیلاتی و استراتژیک” می‌پردازد،[23] و بحث‌های نظری جایی در آن نخواهند داشت.

مارکس تمام نیروی خود را در چند محور متمرکز کرد: بازسازماندهی انترناسیونال، دفاع از آن در برابر نیروهای مخالف، درهم شکستن نفوذ روزافزون باکونین. مارکس در طول کنفرانس فعال‌ترین نماینده بود: او ۱۰۲ بار به سخن آمد، از طرح تقاضاهایی که با برداشت‌های او مغایر بودند جلوگیری کرد و موفق شد برخی از افراد مردد را به جانب خود جذب کند.[24] نشست ها درلندن جایگاه مارکس را نه تنها به عنوان مغز متفکر انترناسیونال، بلکه به عنوان یکی از مبارزترین و تواناترین افراد این سازمان تثبیت کرد.

مهمترین تصمیم کنفرانس و علت واقعی اهمیت آن تصویب نهمین قطعنامه بود که از سوی ادوارد ویان پیشنهاد شد. این رهبر طرفداران بلانکی، که نیروهای باقیمانده‌ی آنها پس از پایان کمون پاریس به انترناسیونال پیوسته بودند، پیشنهاد کرد که این تشکیلات زیر رهبری “شورای کل”، به حزبی با برنامه و نظمی استوار بدل شود. با وجود این که طرفداران بلانکی مواضع متفاوتی داشتند و مثلا یک هسته رزمنده‌ی کوچک اما متشکل را برای انقلاب کافی می‌دانستند، اما مارکس از اتحاد با آنها استقبال کرد. هدف این اقدام تنها تقویت مقاومت در برابر آنارشیست‌های طرفدار باکونین نبود، بلکه بیشتر معطوف به این درایت بود که در مرحله جدید مبارزه طبقاتی پیوندهای تازه‌ای ضرورت داشت. در قطعنامه‌ای که در لندن به تصویب رسید تصریح شده بود: «پرولتاریا در مبارزه با حاکمیت طبقات فرادست تنها وقتی می‌تواند به عنوان یک طبقه وارد میدان شود که به عنوان حزب سیاسی خاصی در برابر تمام احزاب پیشین طبقه‌های حاکم متشکل شود. سازمان‌یابی پرولتاریا به عنوان حزبی سیاسی برای پیروزی انقلاب اجتماعی و برترین هدف آن، یعنی برچیدن نظام طبقاتی ضرورت تام دارد. یگانگی نیروهای طبقه کارگر که با مبارزه اقتصادی به دست آمده، باید توسط همین طبقه به عنوان اهرمی در پیکار با حاکمیت سیاسی طبقات فرادست به کار رود.»

قطعنامه یادشده پیامی روشن داشت: «رهایی اجتماعی کارگران از رهایی سیاسی آنها جدا نیست.»[25]

چنانکه دیدیم کنگره ژنو در سال ۱۸۶۶ بر اهمیت اتحادیه ها تأکید داشت، اما کنفرانس لندن گامی فراتر برداشت و بر سلاح بنیادین جنبش کارگری نوین تأکید کرد: تشکیل حزب سیاسی. اما نباید از یاد برد که در آن زمان از ماهیت و نقش “حزب” برداشتی کاملا متفاوت با قرن بیستم وجود داشت.[26]

با این که در کنفرانس لندن تنها چهار نماینده در مخالفت با قطعنامه نهم سخن گفتند، اما پیروزی مارکس نتیجه زیادی نداشت. زیرا این رهنمود که در هر کشوری سازمان‌هایی جداگانه تشکیل شوند که همچون یک حزب سیاسی عمل کنند، و در عین حال زیر رهبری شورای کل باشند، بر زندگی درونی انترناسیونال اثرات عمیقی باقی گذاشت. این تشکیلات هنوز آماده نبود که به این سرعت از جمعی بی‌ثبات به جمعیتی متشکل و متحد تبدیل شود.[27]

مارکس اطمینان داشت که تقریبا تمام انجمن‌ها و جمعیت‌های تابع انترناسیونال از قطعنامه‌های کنفرانس حمایت می‌کنند، اما در این مورد اشتباه می‌کرد. برای نمونه یکی از فدراسیون‌های انترناسیونال در استان ژورای سویس، روز ۱۲ نوامبر در منطقه سونویلیه کنگره‌ای تشکیل داد و با این که باکونین در آن حضور نداشت، یک جناح مخالف رهبری تشکیل داد.

با این که اقدام این فدراسیون خیلی نامنتظره نبود، اما مارکس با دیدن نشانه‌های ناخرسندی و حتی شورش آشکار در برابر خط مشی شورای کل، شگفت‌زده شد. در بسیاری از کشورها تصمیمات کنفرانس لندن را دخالت ناروا در اختیارات واحدهای سیاسی محلی ارزیابی کردند. حتی فدراسیون بلژیکی که در کنفرانس سعی کرده بود میان جناح‌های گوناگون میانجیگری کند، حال در برابر مرکزیت لندن موضعی انتقادی اتخاذ کرده بود، چندی بعد هلندی‌ها هم در برابر شورای کل قرار گرفتند. در جنوب اروپا که جبهه مقابل قوی‌تر هم بود، مخالفان پشتیبانی زیادی کسب کردند. در ایبری، شامل اسپانیا و پرتغال، اکثریت بزرگ اعضای انترناسیونال در برابر شورای کل قرار گرفتند و از عقاید باکونین دفاع کردند. در ایتالیا نیز اعضا از نتایج کنفرانس لندن ناخرسند بودند، تا آنجا که کنگره مؤسسان فدراسیون ایتالیا تندترین موضع را در برابر خط شورای کل اتخاذ کرد و تصمیم گرفت در کنگره بعدی انترناسیونال شرکت نکند و به جای آن پیشنهاد کرد که در نوشاتل (سویس) هرچه زودتر یک “کنگره سراسری اقتدارستیز” تشکیل شود.[28] این رویداد نشان داد که خطر انشعاب انترناسیونال را تهدید می‌کند.

این کمشکش‌ها بر روابط میان اعضای شورای کل در لندن نیز تأثیر گذاشت. برای نمونه روابط مارکس با دو تن از همکارانش، جان هیلس و یوهان گئورگ اکاریوس، تیره شد و در بریتانیا نیز اولین درگیری‌های داخلی آغاز گشت. شورای کل همچنان از حمایت زیادی برخوردار بود: اکثریت اعضای سویسی، فرانسوی (که بیشتر آنها طرفدار بلانکی بودند)، آلمانی‌های پراکنده، انجمن‌های نوبنیاد دانمارکی، ایرلندی، پرتغالی، گروه‌های اروپای شرقی متعلق به مجارستان و بوهم. اما این همه بسیار کمتر از چیزی بود که مارکس پس از کنفرانس لندن تصور کرده بود.

مخالفت با شورای کل، رنگ‌هایی متفاوت و بیشتر انگیزه‌های شخصی داشت. عوامل منفی زیادی وجود داشت: در برخی از کشورها هنوز نفوذ باکونین بالا بود و دوست او “گیوم” این توانایی را داشت که مخالفان را با هم متحد کند، اما علت اصلی مخالفت با قطعنامه “سیاست طبقه کارگر” این بود که طیف نیروهای انترناسیونال هنوز آماده نبودند به راهی که مارکس پیشنهاد می‌کرد گام بگذارند. بدین ترتیب نه تنها جریان باکونین، بلکه بسیاری از فدراسیون‌ها و شعبه‌های محلی اصل استقلال و احترام به شرایط مشخص را در خطر می‌دیدند. ارزیابی نادرست مارکس از این موضوع، به بحران داخلی انترناسیونال شدت بخشید.[29]

پایان انترناسیونال

آخرین ضربه بر انترناسیونال در پایان تابستان ۱۸۷۲ فرود آمد. در ماه سپتامبر پنجمین کنگره انترناسیونال در لاهه (هلند) برگزار شد. در این اجلاس ۶۵ نماینده از ۱۴ کشور شرکت داشتند. اهمیت بالای اجلاس مارکس را وا داشت که به همراه انگلس در آن شرکت کند.[30] این تنها کنگره‌ای بود که مارکس در آن حضور پیدا کرد.

مشروعیت حقوقی این اجلاس زیر سؤال بود زیرا ترکیب شرکت‌کنندگان با تناسب واقعی نیروهای درون انترناسیونال همخوانی نداشت. برای نمونه واحدهای فرانسوی به فعالیت زیرزمینی روی آورده بودند؛ آنها بیشترین شمار نمایندگان را به اجلاس فرستاده بودند، درحالیکه وضعیت نمایندگی این افراد ناروشن بود. از طرف دیگر یک چهارم نمایندگان از آلمان آمده بودند، درحالیکه آنها در داخل انترناسیونال هیچ حضور رسمی نداشتند. نمایندگان دیگر نیز تنها به دعوت شورای کل به اجلاس آمده و در نتیجه از طرف هیچ واحد تشکیلاتی نمایندگی نداشتند.

قطعنامه کنگره لاهه تنها توسط جمعی چنین پرابهام می‌توانست به تصویب برسد. مهمترین تصمیمی که در لاهه گرفته شد این بود که قطعنامه نهم کنفرانس لندن (۱۸۷۱) به عنوان اصل هفتم در منشور جمعیت پذیرفته شد. بدین ترتیب مبارزه سیاسی رسما به عنوان افزاری ضروری برای براندازی نظام اجتماعی مطرح شد، زیرا: «اربابان املاک و اربابان سرمایه پیوسته از مزایای سیاسی برای دفاع از منافع و حاکمیت سیاسی خود و تسلط بر کارگران استفاده می‌کنند. از این رو تصرف قدرت سیاسی امروز مهمترین وظیفه طبقه کارگر شده است.»[31]

بدین ترتیب انترناسیونال نسبت به دوران تأسیس خود به شدت تغییر کرده بود. جناح دموکراتیک رادیکال که به انزوا فرو رفته بود، سازمان را ترک کرده بود. “همیاوران” عقب‌نشینی کرده و بسیاری از فعالان آنها به نظریات مارکس پیوسته بودند. رفرمیست‌ها، به استثنای اتباع بریتانیا، دیگر در تشکیلات اکثریت نداشتند و ضدیت با سرمایه‌داری به سیاست اصلی تبدیل شده بود. جریان‌های جمع‌گرایانه و آنارشیستی نیز دیگر حرفی برای گفتن نداشتند. با این که در سال‌های فعالیت انترناسیونال، جامعه شاهد رشد اقتصادی معینی بود که گاهی از فشار بر کارگران می‌کاست، اما آنها دریافته بودند که تحول واقعی وضعیت کار و زندگی آنها نه با این تغییرات جزئی بلکه تنها با درهم شکستن ماشین دولتی بوررژوازی پایان دادن به نظام ضد انسانی سرمایه داری امکان‌پذیر است. آنها در مبارزه بیش از پیش به خواسته‌هایی مشخص مطابق با نیازهای مادی زندگی خود تکیه می‌کردند و دیگر گوش به فرمان گروه‌های سیاسی توطئه گر،فرقه گرا ورفرمیست نبودند.

وضعیت عمومی اروپا نیز یکسره تغییر کرده بود. برای نمونه با تحقق و اعلام وحدت آلمان در سال ۱۸۷۱ دوران تازه‌ای آغاز شد که در آن حکومت واحد مرجع تمام مسائل سیاسی و حقوقی و هویت ملی شناخته شد. در پرتو این فراشد هر جمعیت فراملی که مخارج آن پیش از آن توسط حق عضویت افراد در مناطق جداگانه تأمین می‌شد، ناچار بود از اعضای خود بخواهد که از بخش مهمی از اختیارات سیاسی خود صرف‌نظر کنند. در همان حال ناهمگونی جنبش‌های ملی در مراحل گوناگون رشد کشورها و سازمان‌ها، مانع از آن بود که شورای کل بتواند خط مشی سیاسی واحدی تدوین کند که بتواند به تمام نیازها پاسخ دهد.

واقعیت این است که انترناسیونال از آغاز تجمعی از اتحادیه ها و انجمن‌های سیاسی بسیار متنوعی بود که سنخیت زیادی با هم نداشتند و طبیعی بود که اختلاف‌های زیادی در میان آنها بروز کند. اما در سال ۱۸۷۲ سازمان‌های گوناگون تابع انترناسیونال و همچنین جنبش‌های طبقاتی کارگران تنها به برنامه سیاسی روشنی مجهز نبودند، بلکه از نظر تشکیلاتی نیز بهتر سازمان یافته بودند. با قانونی شدن سندیکاهای بریتانیایی، آنها به بخشی از سیاست ملی تبدیل شده بودند. فدراسیون بلژیکی وابسته به انترناسیونال، سازمانی وسیع با رهبری سیاسی فعال بود که به طور مستقل می‌توانست درباره مشی سیاسی خود تصمیم بگیرد. در آلمان اکنون دو حزب کارگری وجود داشت: حزب سوسیال دموکرات و انجمن کارگران آلمان و هر دو گروه هم در پارلمان ملی نمایندگی داشتند. کارگران فرانسوی، از لیون تا پاریس، برای “فتح آسمان” خیز برداشته بودند؛ فدراسیون اسپانیایی می‌رفت تا به زودی به سازمانی توده‌ ای بدل شود. در کشورهای دیگر نیز روندهای مشابهی دیده می‌شد.

بدین ترتیب هم شکل و شمایل اولیه انترناسیونال تغییر کرده و هم رسالت آغازین آن به پایان رسیده بود. وظیفه این جمع دیگر این نبود که در سراسر اروپا از جنبش اعتصابی حمایت کند. این وظیفه نیز که کنگره‌هایی برگزار شوند تا کارگران را با ضرورت وحدت و تشکیلات یا جمعی کردن وسایل تولید آشنا کنند، اهمیت خود را از دست داده بود. این مسائل اکنون به میراث جمعی تمام سازمان‌ها تعلق داشتند. به دنبال کمون پاریس چالش واقعی جنبش کارگری امر انقلاب کارگری بود: برای برانداختن وجه تولید سرمایه‌داری و سرنگونی دولت بورژوایی چه باید کرد؟ پرسش دیگر این نبود که چگونه می‌توان جامعه موجود را اصلاح کرد، بلکه این بود که چگونه می‌توان جامعه تازه‌ای بنا کرد.[32]

با این که احزاب کارگری به شکل‌های رنگارنگ در کشورهای گوناگون پدید آمده بودند، نمی‌بایستی خود را به منافع ملی محدود کنند.[33] به ویژه در شرایط تاریخی تازه، طبقه کارگر در مبارزه در راه سوسیالیسم باید به همبستگی بین‌المللی وفادار بماند و با این افزار مصونیت خود را در برابر یگانگی کشورها و یکپارچگی نظام سرمایه‌داری تأمین کند.

آنچه در نشست بامدادی روز ۶ سپتامبر ۱۸۷۲ در کنگره انترناسیونال گذشت، آخرین پرده‌ای بود که به روی صحنه رفت. در میان حیرت حاضران، انگلس از جا برخاست و پیشنهاد کرد که شورای کل در سال های ۱۸۷۲ و ۱۸۷۳ در نیویورک مستقر شود و ترکیب آن نیز توسط اعضای فدراسیون همان جا انتخاب شود.[34] بدین ترتیب مارکس و سایر بنیادگذاران انترناسیونال دیگر نمی‌توانستند عضو مرکزیت تشکیلات باشند و به جای آنها کسان دیگری این وظیفه را به عهده می‌گرفتند که هنوز شناخته نبودند.

حتی بسیاری از پیروان “اکثریت” در مخالفت با انتقال انترناسیونال به نیویورک رأی دادند، زیرا می‌دانستند که این امر به معنای پایان کار این نهاد کارگری است. اما پیشنهاد سرانجام با اکثریتی ضعیف (۲۶ رأی در برابر ۲۳ رأی مخالف) به تصویب رسید و علت آن هم این بود که ۹ نماینده رأی ممتنع دادند و برخی از نمایندگان “اقلیت” مایل بودند که انترناسیونال به جایی دور از منطقه فعالیت آنها منتقل شود. یکی از دلایل اصلی تصمیم بی‌گمان این بود که مارکس ترجیح می‌داد انترناسیونال تعطیل شود تا این که به دست مخالفان او بیفتد و به عامل تفرقه تبدیل شود. افول انترناسیونال که بی‌تردید با انتقال مرکزیت آن به نیویورک پیش می‌آمد، پیش از هر چیز نتیجه کشمکش‌های شدید داخلی بود.

با این همه نمی‌توان با نظر بسیاری از پژوهشگران[35] موافق بود، که رقابت دو جریان اصلی درون انترناسیونال، به رهبری دو چهره بارز یعنی مارکس و باکونین را علت اصلی فروپاشی این تشکل می‌دانند. بیشتر باید به دگرگونی‌های عظیمی توجه کرد که بر کار انترناسیونال تأثیر گذاشتند: رشد و تحول سازمان‌های جنبش کارگری، تقویت دولت‌های ملی به دنبال یکپارچگی ایتالیا و آلمان، نفوذ انترناسیونال به کشورهایی مانند اسپانیا و ایتالیا (که شرایط اقتصادی و اجتماع به کلی متفاوتی با بریتانیا و فرانسه داشتند)، گرایش اتحادیه های بریتانیا به میانه‌روی بیشتر و سرانجام اختناقی که پس از سرکوب کمون پاریس مسلط شد. تمام این عوامل پایه‌های اولیه انترناسیونال را در دوران تازه به لرزه انداختند.

به موازات روندهای درونی که انترناسیونال را به سوی فروپاشی بردند، بی‌گمان تحولاتی در زندگی این تشکیلات و قهرمانان اصلی آن نیز نقش مهمی ایفا کردند. برای نمونه کنفرانس لندن که مارکس به آن امید بسیار بسته بود، به هیچوجه نتوانست انترناسیونال را نجات دهد. برعکس با طولانی شدن جلسات بحران درونی هم شدت گرفت، زیرا به آرای مسلط رسیدگی نشد و درایت لازم برای جلوگیری از افکار و موضع باکونین پدید نیامد.[36] کنفرانس لندن برای مارکس تنها یک پیروزی ظاهری بود. او به عبث کوشیده بود که کشمکش‌های درونی را حل کند. تصمیم‌های لندن تنها روندی را شتاب بخشیدند که از مدتها پیش شروع شده و جلوگیری از آن دیگر ممکن نبود.

نتیجه‌گیری

تشکیلات پراهمیتی که در سال ۱۸۶۴ پا گرفت، به مدت هشت سال نه تنها با موفقیت از اعتصاب‌ها و دیگرمبارزات کارگری حمایت کرد، بلکه برنامه‌ای ضدسرمایه‌داری مطرح کرد، سرانجام در لاهه فرو مرد. به الهام از تجربه انترناسیونال، جنبش کارگری در دهه‌های بعد برنامه‌ای سوسیالیستی اتخاذ کرد، در اروپا و سراسر جهان گسترش پیدا کرد و ساختارهای تازه‌ای از روابط فراملی را بنیاد گذاشت. انترناسیونال دوم از سال ۱۸۸۹ تا ۱۹۱۶ و انترناسیونال سوم از ۱۹۱۹ تا ۱۹۴۳ هر یک بر ارزش‌ها و آموزه‌های انترناسیونال اول استوار بودند. بدین سان پیام انقلابی انترناسیونال به نسل‌های بعد منتقل شد و به موفقیت‌هایی بزرگتر از دوران نخست انجامید.

انترناسیونال به کارگران کمک کرد تا دریابند رهایی کار تنها در یک کشور قابل‌حصول نیست، بلکه وظیفه‌ایست که باید در سطح جهانی انجام گیرد. انترناسیونال به کارگران این آگاهی را القا کرد که ساختن آینده کار خود آنهاست و به خاطر آن باید متشکل شوند، در مبارزه تنها به نیروی خود تکیه کنند و از دیگران انتظاری نداشته باشند. پیام ویژه‌ای که مارکس به آنها داد این بود که باید بروجه تولید سرمایه‌داری ونظام کار مزدوری غلبه کنند، زیرا هرچند مبارزه برای بهسازی شرایط کار در چارچوب نظام موجود مفید است، اما نمی‌تواند به سیطره کارفرمایان واستبداد سرمایه پایان دهد.

میان امیدهای این دوران تا یأسی که به دلها نشسته شده است، میان “دلیری ضدنظام سرمایه داری” و همبستگی دوران انترناسیونال تا فلاکت ایدئولوژیک و فردگرایی ونهیلیسم دنیای امروز، که در سایه رقابت سرمایه داری نولیبرالی و خصوصی‌سازی وریاضت اقتصادی شکل گرفته، دره‌ای عمیق فاصله انداخته است. کارگرانی که در سال ۱۸۶۴ در لندن گرد آمده بودند، شوروشوقی به سیاست ورزی سوسیالیستی نشان می‌دادند که امروزه جای خود را به بی‌تفاوتی وتسلیم داده است.

در برهه ای از زمان که دنیای کار به شرایط بهره‌کشی مشابه قرن نوزدهم نزدیک شده است، می‌توان از برنامه انترناسیونال نخست همچنان آموخت. ددمنشی امروزین سرمایه داری واقعا موجود و”نظم جهانی” امپریالیستی پسین، فاجعه‌های اقتصادی که از وجه تولید کنونی پدید می‌آیند، شکاف روزافزون میان اقلیت کوچک ثروتمندان و انبوه بزرگ تنگدستان، فشار و تحقیر زنان، تهدید دایمی جنگ، ناسیونالیسم،بنیادگرایی مذهبی و نژادپرستی، مصرانه از جنبش کارگری می‌خواهند که به دو اصل بنیادین انترناسیونال تکیه کند: تنوع وانعطاف در ساختارها و قاطعیت در اهداف سوسیالیستی. اهدافی که ۱۵۰ سال پیش در لندن به انترناسیونال شکل دادند، امروز بیش از هر زمان دیگری زنده هستند. امروزه جنبش انترناسیونال برای پاسخ گفتن به چالش‌های زمان ما باید به دو ویژگی توجه کند: این جنبش باید حتما چندصدایی و ضدسرمایه‌داری باشد.

 

ترجمه: رامين جوان

 

۱این نوشته بر مقدمه کتاب زیر استوار است که اسناد اساسی انترناسیونال را در بر دارد:

Marcello Musto (Hrg.), Workers Unite! The International 150 Years Later, New York/London: Bloomsbury, 2014.

Anmerkungen zur Geschichte der Internationale, Marcello Musto

تمام نقل قول های نوشته از صورت جلسات رسمی گرفته شده اند که در دو مجموعه در دسترس هستند:

„General Council ofthe First International“, 5 Bde., Moskau 1963-1968

„Première Internationale“, 4 Bde., Genf 1962 und 1971.

۲ در دوران پایانی فعالیت انترناسیونال و هنگام بازنگری در منشور تشکیلات، در “شورای کل” بحثی درباره جنسیت اعضا در گرفت، که پیرو آن انگلس تأکید کرد که انترناسیونال به روی هم مردان و هم زنان باز است.

3 Vgl. Henry Collins/ChimenAbramsky, Karl Marx and the British Labour Movement, London 1965, S. 34.

4Johann George Eccariusto Karl Marx, 12 October 1864, in: Marx-Engels-Gesamtausgabe, Bd. III/13, Berlin 2002, S. 10.

5Siehe Oscar Testut, L’Association internationale des travailleurs, Lyon, 1870, S. 310.

6The Times, 5 June 1871.

7Collins/Abramsky, a.a.O., S. 70; Jacques D’Hondt, Rapport de synthèse, in: Colloque International sur la première Internationale, La Première Internationale: l’institution, l’implantation, le rayonnement, Paris 1968, S. 475.

8Collins/Abramsky, a.a.O., S. 70; Jacques D’Hondt, a.a.O., S. 289.

9Musto, a.a.O., Dokument 2 (= Karl Marx, Vorschläge für das Programm der Internationalen Arbeiterassoziation [IAA], in: MEW 16, S. 194).

10 Jacques Freymond, Introduction, in: PI, I, S. XI.

11 Report ofthe [French] General Council, 1 September 1869, in: PI, II, S. 24.

12Henri Collins, The International andthe British Labour Movement: Origin ofthe International in England, in: Colloque International, La Première Internationale, a.a.O., S. 34.

۱۳مارکس مایل نبود که شخصا در کنگره‌ها حضور یابد. تنها در کنگره پراهمیت لاهه (۱۸۷۲) بود که او حضور پیدا کرد.

14Freymond, Introduction, in: PI, I, S. XIV.

15Musto, a.a.O., Dokument 3.

16Jacques Rougerie, in: Les sectionsfrançaises de l’Association Internationale des Travailleurs, in: Colloque International sur la premieère Internationale, a.a.O., S.111.

17 Musto, a.a.O., Dokument 54. (= Karl Marx, Erste Adresse des Generalrats über den Deutsch-Französischen Krieg, in: MEW 17, S. 7).

18Arthur Lehning, Introduction, in: Ders. (Hrg.), Bakunin-Archiv, Bd. VI: Michel Bakouninesur la Guerre Franco-Allemande et la RévolutionSociale en France (1870-1871), Leiden 1977, S. XVI.

19Dazu Georges Haupt, L’internazionalesocialistadallaComune a Lenin, Turin 1978, S. 28.

20Ebd., S. 93-95

21Nello Rosselli, Mazzini e Bakunin, Turin 1927, S. 323-324.

22Giuseppe Garibaldi an Giorgio Pallavicino, 14 November 1871, in: Enrico Emilio Ximenes, Epistolario di Giuseppe Garibaldi, Bd. I, Milano 1885, S. 350.

23Karl Marx, 15. August 1871, in: GC, Bd. IV, S. 259.

24MiklósMolnár, Le déclin de la première internationale, Genf 1963, S. 127.

25Musto, a.a.O., Dokument 74 (= Karl Marx/Friedrich Engels, Beschlüsse der Delegiertenkonferenz der Internationalen Arbeiterassoziation, abgehalten zu London, vom 17. bis 23. September 1871, in: MEW 17, S. 421).

۲۶در اوایل دهه ۱۸۷۰ طبقه کارگر تنها در آلمان به صورت “حزب” متشکل بود، از این رو هم برای طرفداران باکونین و هم برای مارکس واژه “حزب” چندان شناخته نبود، حتی مارکس گاه “حزب” را مترادف “طبقه” به کار می‌برد. واژه حزب در کنفرانس لندن تنها دو بار به زبان آمد و در کنگره لاهه تنها پنج بار. بنابرین بحث‌های انترناسیونال نه به تشکیل حزب سیاسی بلکه بیشتر به کاربرد صفت “سیاسی” برمی‌گشت.

27Jacques Freymond/MiklósMolnár, The Riseand Fall oft he First International, in: Milorad M. Drachkovitch, The RevolutionaryInternationals, 1864-1943, Stanford 1966, S. 27.

28Verschiedene Autoren, Risoluzione, programma e regolamento della federazioneitalianadell’ AssociazioneInternazionaledeiLavoratori, in: Gian Mario Bravo, La Prima Internazionale, Rom 1978, S. 787.

29Siehe Freymond/Molnár, a.a.O., S. 27-28.

30Siehe Karl Marx an Ludwig Kugelmann vom 29. Juli 1872, in: MEW Band 33, S. 505

مارکس در نامه‌ای که به کوگلمان نوشته می‌گوید: «در کنگره انترناسیونال مسئله زندگی و مرگ انترناسیونال مطرح است و من پیش از آن که از آن بیرون بیایم، می‌خواهم دست عناصر انحلال‌طلب را از آن کوتاه کنم

31Musto, a.a.O., Dokument 65.

32Freymond, Introduction, in: PI, I, S. X.

33Vgl. Haupt, a.a.O., S. 100.

34Friedrich Engels, 5. September 1872, in: PI, II, S. 355.

35MiklósMolnár, Quelquesremarques à propos de la crise de l’Internationale en 1872, in: Colloque International, La Première Internationale, a.a.O., S. 439.

36Molnár, Le Déclin de la Première Internationale, a.a.O., S. 144.