Fondazione Lelio e Lisli Basso

Un grande pensiero rivoluzionario deve la sua forza al rigore della teoria che lo sostanzia, rigore che è in grado di portare a concretezza la generale percezione che «il mondo deve essere cambiato.
La lotta non è una ribellione che si scontra titanicamente con il mondo nel suo insieme, ma si innesta sulla comprensione delle sue dinamiche tendenziali e sull’individuazione delle sue contraddizioni. «Come il lavoro di un’artista, il movimento rivoluzionario è una intenzione che crea essa stessa i propri strumenti e i propri mezzi d’espressione. (…) Esso cessa di essere la decisione astratta di un pensatore e diviene una realtà storica solo se viene elaborato nelle relazioni interumane e nei rapporti fra l’uomo e il suo lavoro» (M. Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception, trad. it. Fenomenologia della percezione, a cura di A. Bonomi, Il Saggiatore, Milano, 1965, p. 569). Con questa affermazione Merleau-Ponty esprime la sua visione della libertà, che si esplica nella lotta e nella critica di un mondo già di per sé costituito, ma mai completamente stabilito. Un progetto intellettuale rivoluzionario si intreccia con un progetto esistenziale che, in qualche modo, ne permette il sorgere, perché si svolge nel tempo e si scontra con il tempo.
Il merito del nuovo libro di Marcello Musto, L’ultimo Marx. Saggio di biografia intellettuale, è di riuscire a restituire la concretezza di questo rapporto: il legame tra un’inesausta critica delle forze esistenti, la lotta personale che ne è la matrice e il corpo stesso del filosofo.
Alla domanda di Swinton, un giornalista americano che si recò da Marx nell’estate del 1880, su quale fosse «la legge ultima dell’essere», la finalità della vita umana, il filosofo di Treviri rispose semplicemente: «La lotta!». Ed è, appunto, proprio la lotta che sostanzia le pagine di questo libro, la chiave per interpretare la vita e il pensiero dell’ultimo Marx. L’intenzione dell’autore, francamente confessata nella Prefazione, è di «sfatare la leggenda secondo la quale egli (Marx) avesse appagato la propria curiosità intellettuale e cessato di lavorare» negli ultimi anni della sua vita (p. VIII). Accanto a un testo di matrice esclusivamente teorica, di prossima pubblicazione, Musto ha scelto di inserirsi nella ripresa degli studi sugli ultimi anni di vita di Marx con un libro a carattere biografico, che attinge ampiamente al materiale messo a disposizione dalla pubblicazione della cosiddetta MEGA2 (Marx-Engels-Gesamtausgabe). L’immagine di Marx che ne risulta è quella di chi è ancora un combattente, che non smette di progredire nelle sue ricerche e che sceglie «di rischiare l’incompiutezza, anziché ripararsi nelle rassicuranti certezze del proprio sapere» (p. IX). In condizioni di salute malferme e in costante apprensione per lo stato di sua moglie Jenny, Marx si dedica ad approfondire i più svariati campi di interesse, dall’antropologia alla matematica, senza tralasciare mai l’attenzione alla propria contemporaneità. La genesi di questi interessi non è mai puramente speculativa, ma mescola assieme l’esigenza di approfondire le analisi svolte precedentemente e le motivazioni più quotidiane e vitali: a proposito della matematica, Musto osserva che essa «divenne per Marx quasi un luogo fisico; talvolta uno spazio ludico, ma, soprattutto, il rifugio dove ritirarsi nei momenti di maggiore difficoltà intellettuale» (p. 34).
Lo sforzo di questa biografia, restituire la tensione fra impegno intellettuale ed esperienza esistenziale, riesce soprattutto quando si riferisce ad alcuni nodi teorici rilevanti del pensiero marxiano. Gli scritti raccolti nei Quaderni antropologici, frutto di un’estensione e approfondimento delle ricerche sulla successione dei modi di produzione nella storia sono, ad esempio, l’immagine del continuo complicarsi di un pensiero in ricerca, che contro le sclerotizzazioni di se stesso, reagisce ampliando incessantemente i confini delle proprie scoperte. «Marx seppe opporsi», osserva Musto, «alle facili sirene che annunciavano il corso univoco della storia, conservando il suo caratteristico approccio: complesso, duttile, multiforme» (p. 29). Questi studi non furono il frutto di «una mera curiosità intellettuale», ma ebbero lo scopo di «dare delle fondamenta storiche più solide alla possibile trasformazione di tipo comunista della società» (p. 21). Essi sono innervati da una tensione, che attraversa tutto il suo pensiero, fra l’individuazione della specificità delle condizioni storiche dei singoli paesi, la peculiarità della forma di produzione capitalistica e la necessità di realizzare attivamente una modificazione dell’esistente. Nel dare rilievo alle spinte motivazionali e teoriche che spinsero Marx a portare avanti un lavoro così dispendioso di tempo, Musto sembra adoperarsi costantemente affinché il valore euristico di queste riflessioni venga riconosciuta.
Una concezione lineare e progressiva della storia è ancora presente nel nostro senso comune: dalle teorie del progresso sette-ottocentesche di Fontenelle, dei Tableau di Condorcet, fino a quelle di Comte o Darwin, l’idea che l’umanità proceda nel senso di una continuità di innovazioni, di un’evoluzione costante e inevitabile, è ancora radicata nella nostra percezione del tempo. E anche le interpretazioni marxiste che si sono fatte scudo dell’inevitabilità dell’implosione capitalistica, hanno finito per indebolire il ruolo politico dell’azione politica ai fini della rottura del sistema esistente. In altri termini, le dottrine del progresso hanno spossato lo spirito critico della lotta, ipostatizzando le strutture sociali e politiche vigenti. In questo senso il testo invita a riconoscere che «Marx difese (…) la specificità delle condizioni storiche, le molteplici possibilità che il corso del tempo offriva e la centralità dell’intervento umano per modificare l’esistente e realizzare il cambiamento.» (p. 30). L’instaurazione di un sistema socialista di produzione e di consumo è possibile soltanto dentro un equilibrio fragile, in cui le circostanze sociali siano favorevoli a un’azione rivoluzionaria efficace. L’insorgere nella storia di inversioni di rotta, di rotture rivoluzionarie è possibile soltanto se si innesta nel suo stesso corso: esse sono il frutto di «un processo lungo e complesso, non realizzabile di certo con la sola conquista del palazzo del potere» (p. 36). In altri termini, una società che produca nuovi rapporti economici e politici fra gli individui come il culmine della storia, né intrattiene con la temporalità un rapporto di lineare progressione, ma è piuttosto «[un tipo superiore di società] il ritorno, in forma superiore, della libertà, dell’eguaglianza e della fraternità delle antiche gentes” (K. Marx, Quaderni antropologici. Appunti da L. H. Morgan e da H. S. Maine, trad. it. a cura di Politta Foraboschi, Unicopli, Milano 2009, p. 90).
L’intreccio costante tra piano biografico e intellettuale connette a queste riflessioni l’importante controversia sulla possibilità di uno sviluppo capitalistico in Russia, in cui i primi germi del modo di produzione capitalistico si infiltravano accanto alle forme economiche dell’Obščina, la proprietà comune dei contadini russi. La lettera di Vera Zasulič fu il movente che spinse Marx a prendere in considerazione la questione. Musto crea qui un denso intreccio di piani, in cui le riflessioni teoriche non sono avulse dal loro ambiente esistenziale, ma vi si inseriscono attraverso uno stile letterario chiaro e coinvolgente. La descrizione dell’urgenza della lettera della Zasulič e l’affanno di numerosi abbozzi di risposta si accompagnano a serie considerazioni sul senso della proposta rivoluzionaria marxiana. L’avvento del comunismo, sostiene Marx nel Capitale, «richiede un fondamento materiale della società, ossia una serie di condizioni materiali di esistenza che, a loro volta, sono il prodotto naturale originario di uno svolgimento lungo e tormentoso della storia» (p. 58) e, tuttavia, anche un’azione politica rivoluzionaria, che trascenda le mere dinamiche economiche. Tali premesse sono indispensabili, ma nella riflessione dell’ultimo Marx, tendono a diversificarsi: «gli elementi di novità, intervenuti rispetto al passato, riguardano l’apertura teorica grazie alla quale egli prese in considerazione altre strade possibili per il passaggio al socialismo, prima di allora o mai valutate o ritenute irrealizzabili» (p. 68). Nella Prefazione all’edizione russa del Manifesto nel 1882 Marx ed Engels scrissero che «se la rivoluzione russa servirà di segnale ad una rivoluzione operaia in occidente, in modo che entrambe si completino, allora l’odierna proprietà russa potrà servire come punto di partenza per una evoluzione comunista» (K. Marx-F. Engels, Il manifesto del partito comunista, trad. dall’ed. critica del Marx-Engels-Lenin Institut di Mosca, introd. di E. Cantimori Mezzomonti, Einaudi, Torino 1948, p.311). Se la risposta di Marx ed Engels risulta rilevante di per sé, lo è anche perché esprime una nuova elasticità nella considerazione sia della successione dei modi di produzione nella storia, sia dei soggetti rivoluzionari. «Il futuro«, osserva Musto, viene ad essere per Marx «nelle mani della classe lavoratrice e della sua capacità di determinare profondi rivolgimenti sociali, attraverso le proprie organizzazioni e le proprie lotte» (p. 75).
Il complicarsi evidente della considerazione della storia e l’ampliamento degli orizzonti di ricerca ad altri spazi geografici convergono con l’intento più generale di questo libro, sottolineare la poliedricità dell’ultimo Marx. La maturità e l’invincibile curiosità intellettuale, tratti caratteristici dell’ultimo Marx di Musto, smentiscono le accuse di eurocentrismo e orientalismo di «chi ha fatto delle opere di Marx una lettura circoscritta e, talvolta, superficiale», avvalendosi spesso di riflessioni elaborate da «un giovane giornalista, al tempo appena trentacinquenne» (p. 65). L’approfondimento intellettuale degli studi sulle società antiche e le sue osservazioni attente della situazione e dei conflitti globali – «tutto il mondo (…) era contenuto nella sua stanza» (p. 47) – rappresentano una confutazione vivente di questi giudizi. Musto difende, forse con eccessivo calore, la maturità teorica degli studi del Marx degli anni ’80, ma indubbiamente riesce nell’intento di valorizzarne l’importanza ai fini di una ripresa del suo pensiero. La saggezza della fine non può sminuire la vivacità critica di un’acutissima mente giovane, né l’interesse filosofico che gli scritti giovanili, portatori di un messaggio di critica radicale, non cessano di suscitare. È chiaro, tuttavia, che questa rinnovata attenzione all’ultimo Marx potrà rivelarsi carica di nuovi significati preziosi nelle circostanze storiche attuali.
Al di là di queste poche suggestioni, il testo è ricco di riferimenti e, soprattutto, di elementi biografici dal forte colore emotivo, il cui intento peculiare è di scalfire l’immagine, troppo spesso monolitica, di un Marx completamente identificato con le sue teorie. Tuttavia, se fosse possibile ricercare un’unità concettuale in questa biografia intellettuale, nell’insieme delle ricerche che descrive, nella sofferenza di una vita costellata da perdite terribili, quest’unità sarebbe ancora una volta l’invito alla lotta: «organizzare la lotta per porre fine al modo di produzione borghese e per la completa emancipazione delle lavoratrici e dei lavoratori, di tutto il mondo, dal dominio del capitale.» (p. 132).
Segnalazioni marxiane
Sarebbe probabilmente esagerato dire che per la prima volta c’è la possibilità di leggere l’opera di Marx senza le supervisioni dei comitati centrali, le edizioni orientate dai gruppi dirigenti dei partiti comunisti, le incrostazioni dei marxismi ossificati e la ripetizione di formulette preconfezionate. Certamente esagerato ma con un qualche fondo di verità.
Guardando solo all’ultimo anno si deve registrare che anche in Italia qualcosa si muove. Giovanni Sgrò nel suo recente MEGA-Marx. Studi sulla edizione e sulla ricezione di Marx in Germania e in Italia traccia un quadro della seconda Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA²), il progetto di pubblicazione e ripubblicazione delle opere, dei manoscritti, dei lavori preparatori, degli articoli, dei carteggi di Marx, seguendo i criteri della filologia contemporanea, a cura dell’Istituto Internazionale di Storia Sociale di Amsterdam. Un progetto internazionale nato agli inizi degli anni ’90 dopo l’interruzione violenta negli anni ’30 della prima MEGA, il cui direttore David Rjazanov era finito davanti a un plotone di esecuzione stalinista, e il fallimento dei Marx-Engels Werke gestiti dal partito comunista della DDR.
Ritrovare Marx
In Italia, a differenza della Germania dove sono già stati pubblicati parecchi volumi della nuova edizione storico-critica delle opere di Marx, il progetto di pubblicazione delle Opere complete di Marx-Engels, avviato nel 1972, ha subito un’interruzione dal 1990 al 2007 per poi riprendere – lavorando sui materiali originari e in parte ritraducendoli – con la pubblicazione nel 2008 degli scritti, articoli, carteggi di Marx e Engels sulla Comune di Parigi e la guerra franco-prussiana.
Tuttavia è solo con la nuova edizione del primo libro de Il capitale nel 2012 a cura di Roberto Fineschi che si mettono a confronto le quattro edizioni tedesche e quella francese facendo emergere le differenze analitiche ed espositive, le varianti, le aggiunte e le riformulazioni fatte da Marx e, per quanto riguarda la quarta edizione tedesca, da Engels dopo la morte di Marx.
L’immagine che esce di questo primo libro de Il Capitale, il solo pubblicato con Marx in vita, è quella di un grande cantiere mobile i cui lavori sono durati alcuni decenni e non conclusi. Le varie edizioni del primo libro sono state occasioni per Marx di rivedere alcune categorie interpretative e precisarne altre. Ad esempio dopo due edizioni tedesche in quella francese Marx apporta importanti modifiche alla teoria dell’accumulazione capitalistica. La domanda, che si pone Fineschi, su quale sia l’edizione definitiva del primo libro de Il capitale rimane aperta. Non si tratta quindi di andare alla ricerca di un introvabile Marx “autentico” ma di continuare a tenere aperto un utile cantiere di analisi che sia all’altezza dei continui rivoluzionamenti del capitalismo contemporaneo.
Tra i Grundrisse e l’ultimo Marx
Nell’ultimo anno il lavoro di ricerca di Marcello Musto si è arricchito di due nuove pubblicazioni. La prima è l’edizione italiana, già curata in inglese sempre da Musto nel 2008, di I Grundrisse di Karl Marx. Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica 150 anni dopo.
Una raccolta di saggi articolata in tre parti: le questioni che emergono dalla lettura dei Grundrisse (metodo, alienazione, plusvalore, materialismo storico, comparazione tra i Grundrisse e Il Capitale), la ricostruzione del contesto storico in cui Marx elaborò i Grundrisse e una panoramica completa della loro ricezione in tutte le lingue in cui sono stati tradotti integralmente. La prima pubblicazione integrale in lingua tedesca in un numero molto limitato di copie, precedentemente c’erano state pubblicazioni parziali in alcuni paesi, avviene in Unione Sovietica tra il 1939-41 – i manoscritti verranno pubblicati in russo, dopo vari divieti, solo nel 1969 – e a qualche burocrate stalinista viene la stupefacente idea di spedire al fronte le diverse centinaia di pagine dei Grundrisse come materiale di propaganda contro i soldati tedeschi. I risultati si possono immaginare.
Bisogna aspettare la seconda edizione tedesca del 1953, stampata a Berlino, per poter iniziare a parlare di diffusione dei Grundrisse di Marx. I vari saggi contenuti nel volume propongono interpretazioni diverse dei temi affrontati nel Grundrisse fornendo indicazioni e percorsi di lettura. Lo stesso Musto argomenta in maniera approfondita i concetti di storia, di produzione, di metodo e il rapporto ineguale tra produzione materiale e quella intellettuale contenuti nella Introduzione del 1857 ai Grundrisse .Un testo che fin dalla sua prima pubblicazione nel 1903 è considerato imprescindibile dal punto di vista teorico. Ellen Meksins Wood compie un’operazione analoga prendendo in considerazione lo sviluppo del materialismo storico dei Grundrisse, mostrando come Marx si allontani dalla concezione illuminista del progresso come processo lineare governato da principi di movimento trans-storici.
Il secondo testo pubblicato recentemente da Marcello Musto riguarda gli ultimi due anni di vita di Marx : L’ultimo Marx 1881-1883 dove emerge un autore molto diverso da quello rappresentato per lungo tempo da critici e sostenitori. È un Marx, nonostante la malattia, per nulla appagato politicamente e intellettualmente.
Con i materiali manoscritti messi a disposizione dalla MEGA², Musto ricostruisce come l’attività di Marx sia proseguita anche ripensando alcuni approdi precedenti del suo pensiero. E’ il caso degli studi di antropologia e, soprattutto, sullo sviluppo del capitalismo in Russia. Nel 1881 la rivoluzionaria populista Vera Zasulic inviò una lettera a Marx chiedendogli di intervenire nel dibattito che era nato a proposito della natura della comune rurale russa e se questa dovesse in qualche modo costituire un riferimento anche nella fase di superamento del capitalismo. Marx fu sempre restio a prefigurare in modo preciso le caratteristiche del sistema sociale che poteva venir dopo il capitalismo. Per rispondere a Zasulic, Marx intraprende una non semplice riflessione che lo porterà a scrivere tre bozze della risposta anche con differenti schemi di lettura del ruolo che poteva rivestire la comune rurale russa nello sviluppo e nel superamento del capitalismo russo. Alla fine la risposta che inviò fu molto più breve e sintetica delle bozze come a dimostrare gli aspetti problematici di un ripensamento non concluso sull’evoluzione del capitalismo e il passaggio al socialismo. Un Marx, quello degli ultimi anni, che cerca di andare a fondo dei dubbi che permangono nella sua elaborazione. Questo si vede anche nell’intensa corrispondenza intrattenuta con vari intellettuali ed esponenti delle organizzazioni operaie internazionali, mostrando quanto sia stata lontana quell’immagine di icona imbalsamata con cui è stato spesso rappresentato.
Il valore e la sua dialettica
Hans-Georg Backhaus è stato l’iniziatore e l’esponente di spicco di quella che in Germania è stata chiamata Neue Marx-Lektüre (Nuova lettura di Marx). La pubblicazione di una raccolta di suoi scritti, anche inediti, a cura di Bellofiore e Ridolfi Riva contribuisce a colmare un vuoto e mette a disposizione dei lettori italiani un programma di ricerca finalizzato alla ricostruzione della teoria del valore.
Tra il 1859 e il 1872 e cioè con la pubblicazione di Per la critica dell’economia politica e la seconda edizione de Il Capitale, Marx riformula per ben quattro volte la teoria del valore. Backhaus si pone nell’ottica di evitare i “conflitti di citazioni” e di affrontare i reali problemi teorici che Marx ha davanti. Quella del valore è una categoria che Marx declina in sostanza, grandezza e forma. È sulla forma di valore e sulla sua dialettica, cercando di farla interagire con il carattere di feticcio delle merci, che si concentra la riflessione di Backhaus. Un’impresa dagli esiti incerti ma d’altra parte la vulgata “marxista-leninista” con il suo portato di dogmi teologici e danni politici non può essere certo considerata un punto di riferimento. Il tentativo di Backhaus di mettere in relazione la forma sociale e il contenuto materiale delle categorie economiche può fornire il supporto alla critica dell’economia politica, cosa diversa dalla politica economica critica, per diventare teoria critica dell’intera società. Per dirla in altri termini il metodo di Backhaus è quello di “usare Marx contro Marx” per fare dei passi in avanti ed avere più strumenti per leggere le contraddizioni del capitalismo contemporaneo.
I quattro testi qui presi in considerazione non rappresentano certo un percorso unitario, le diversità sono molte e non chiedono di trovare un punto medio di condivisione. Un filo conduttore però li lega tra loro: per affrontare l’attuale crisi del modo di produzione capitalistico non basta fare un semplice update e passare a un Marx 2.0 aggiornando temi e contenuti. È necessario invece sviluppare quel grande cantiere, aperto da Marx quasi due secoli fa, di analisi, di riflessioni e di critica che guardano alla contemporaneità e alle sue specifiche contraddizioni.
Giovanni Sgrò, MEGA-Marx. Studi sulla edizione e recezione di Marx in Germania e in Italia, Orthotes Editrice, 2016.
Marcello Musto (a cura di), I Grundrisse di Karl Marx, Edizioni ETS, 2015.
Marcello Musto, L’ultimo Marx 1881-83, Donzelli Editore, 2016.
Hans-Georg Backhaus, Ricerche sulla critica marxiana dell’economia, con introduzione di Riccardo Bellofiore e Tommaso Redolfi Riva, Mimesis Edizioni, 2016.