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Gianfranco Nappi, Infiniti Mondi

Dal nuovo lavoro di Marcello Musto su Marx*

A cura di Marcello Musto è di recente stato edito da Donzelli un volume molto importante: Marx Revival. Concetti essenziali e nuove letture, dicembre 2019.

Per gentile concessione del Curatore e della Casa Editrice pubblichiamo una parte del Saggio con cui Marcello Musto ha contribuito alla ricerca: li ringraziamo entrambi. Un libro assolutamente da leggere, meditare, approfondire questo Marx Revival che, dopo l’intensificarsi di studi e ricerche intorno a Marx sviluppati in coincidenza con il 200 anniversario della nascita, si inserisce nella scia di ‘riletture’ di grande interesse dell’opera e delle idee di un pensatore rivoluzionario di cui si avverte ancora, in tanti tratti della sua elaborazione, una straordinaria capacità nell’aiutarci a leggere il presente. Marcello Musto, peraltro, è protagonista di primo piano di questo sforzo innovativo di lettura a cui sta concorrendo, con autorevolezza vieppiù crescente, attraverso un articolato lavoro di ricerca di cui la curatela di questo volume rappresenta solo l’ultimo prezioso contributo.Tra i pregi di tutta questa parte più recente di studi e ricerche, vi sono senz’altro il rigore filologico e anche la capacità, in diversi di essi, di misurarsi con il contesto sociale e con la biografia dei protagonisti: in questo, il precedente lavoro di Musto (Karl Marx. Biografia intellettuale e politica, Einaudi 2018), ci ha restituito un farsi del pensiero di Marx totalmente alle prese con le sue vicende familiari, di salute e di ‘rivoluzionario in atto’ alle prese con i problemi di un incipiente movimento operaio a cui si contribuiva direttamente con l’azione concreta. L’opposto di un intellettuale separato dai problemi su cui andava riflettendo ed elaborando ma profondamente immerso nel proprio tempo e nell’animazione del conflitto. E dato non meno significativo di questi lavori, e qui torniamo al nostro Marx Revival, è quello di presentarci un Marx finalmente liberato da ogni ingessatura, bardatura ossificata, lettura piegata alle esigenze dello Stato e del Partito, che tanto l’hanno costretto e ridotto. Ma al tempo stesso, dopo la sbornia neoliberista, che quanto e forse persino più del crollo dell’Est di cui sono appena ricorsi i 30 anni, ha contribuito, almeno qui in Europa Occidentale, ad un accantonamento delle sue idee, massimamente in quel che è rimasto della Sinistra storica, gli anni successivi alla crisi del 2007/2008 hanno squadernato contraddizioni, tensioni, problemi per i quali più di un aspetto dell’analisi marxiana si è dimostrata feconda per cogliere dinamiche, per leggere tendenze, per misurarsi in termini potenziali di conflitto. Dal General Intellect dei Grundrisse alle pagine sui temi ambientali (John Bellamy Foster), sulla globalizzazione (Seongiin Jeong), sulle migrazioni (Pietro Basso)… insieme a quelle su Capitalismo (Michael R. Kratke), su Rivoluzione (Michael Lowy), su Eguaglianza di genere (Heather A. Brown), sui Marxismi (Immanuel Wallerstein), sul Comunismo (Marcello Musto), solo per citare alcuni dei ben 22 saggi raccolti in questo volume, i contributi di alcuni dei più autorevoli studiosi di Marx di tutto il mondo si misurano e si confrontano in qualche modo per fornirci chiavi di sua lettura e interpretazione capace di illuminare il presente. Ovviamente non tutto è in Marx. Sarebbe sciocco immaginarlo o pensarlo. Serve un pensiero contemporaneo. Ma altrettanto sicuramente se è con occhi critici, marxianamente parlando ci verrebbe da dire, che si vuole levare uno sguardo sul contemporaneo, beh allora, questo signore di oltre 200 anni di cose da dirci ne ha ancora molte: continuando a scavare più che un omaggio, pur giusto, a lui rendiamo un servigio al futuro di questa nostra umanità.

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Di Karl Marx

Comunismo come libera associazione
Nel Libro primo del Capitale, Marx argomentò che il capitalismo è un modo di produzione sociale «storicamente determinato», nel quale il prodotto del lavoro è trasformato in merce. In conseguenza di questa peculiarità, gli individui hanno valore solo in quanto produttori e «l’esistenza dell’essere umano» è asservita all’atto della «produ[zione] di merci». Pertanto, è «il processo di produzione [a] padroneggi[are] gli esseri umani», non viceversa. Il capitale «non si preoccupa della durata della vita della forza-lavoro» e non ritiene rilevante il miglioramento delle condizioni del proletariato. Quello che gli «interessa è unicamente […] il massimo [sfruttamento] di forza lavoro […], così come un agricoltore avido ottiene aumentati proventi dal suolo rapinandone la fertilità».

Nei Grundrisse, Marx ricordò che, poiché nel capitalismo, «lo scopo del lavoro non è un prodotto particolare che sta in […] rapporto con i bisogni […] dell’individuo, ma [è, invece,] il denaro […], la laboriosità dell’individuo non ha alcun limite». In siffatta società «tutto il tempo di un individuo è posto come tempo di lavoro e [l’uomo] viene degradato a mero operaio, sussunto sotto il lavoro». Ciò nonostante, l’ideologia borghese presenta questa condizione come se l’individuo godesse di una maggiore libertà e fosse protetto da norme giuridiche imparziali, in grado di garantire giustizia ed equità. Paradossalmente, malgrado l’economia sia giunta a un livello di sviluppo in grado di consentire a tutta la società di vivere in condizioni migliori rispetto al passato, «le macchine più progredite costringono l’operaio a lavorare più a lungo di quanto era toccato al selvaggio o di quanto lui stesso aveva fatto, [prima di allora,] con strumenti più semplici e rozzi».

Al contrario, il comunismo fu definito da Marx come «un’associazione di liberi esseri umani [einen Verein freier Menschen] che lavor[a]no con mezzi di produzione comuni e spend[o]no coscientemente le loro molteplici forze-lavoro individuali come una sola forza-lavoro sociale». Definizioni simili sono presenti in numerosi manoscritti di Marx. Nei Grundrisse, egli scrisse che la società postcapitalista si sarebbe fondata sulla «produzione sociale» [gemeinschaftlichen Produktion]. Nei Manoscritti economici del 1863-1867, parlò del «passaggio del modo di produzione capitalistico al modo di produzione del lavoro associato [Produktionsweise der assoziierten Arbeit]. Nella Critica al programma di Gotha (1875), Marx definì l’organizzazione sociale «fondata sulla proprietà comune dei mezzi di produzione» come «società cooperativa» [genossenschaftliche Gesellschaft].

Nel Libro primo del Capitale, Marx chiarì che il «principio fondamentale» di questa «forma superiore di società» sarebbe stato il «pieno e libero sviluppo di ogni individuo». Ne La guerra civile in Francia, espresse la sua approvazione per le misure adottate dai comunardi che lasciavano «presagire la tendenza di un governo del popolo per il popolo». Più precisamente, nelle sue valutazioni circa le riforme politiche della Comune di Parigi, egli ritenne che «il vecchio governo centralizzato avrebbe dovuto cedere il passo, anche nelle province, all’autogoverno dei produttori». L’espressione venne ripresa negli Estratti e commenti critici a «Stato e anarchia» di Bakunin, dove specificò che un radicale cambiamento sociale avrebbe avuto «inizio con l’autogoverno della comunità». L’idea di società di Marx è, dunque, l’antitesi dei totalitarismi sorti in suo nome nel XX secolo. I suoi testi sono utili non solo per comprendere il modo di funzionamento del capitalismo, ma anche per individuare le ragioni dei fallimenti delle esperienze socialiste fin qui compiute.

In riferimento al tema della cosiddetta libera concorrenza, ovvero l’apparente eguaglianza con la quale operai e capitalisti si trovano posti sul mercato nella società borghese, Marx dichiarò che essa era tutt’altro dalla libertà umana tanto esaltata dagli esegeti del capitalismo. Egli riteneva che questo sistema costituisse un grande impedimento per la democrazia e mostrò, meglio di chiunque altro, che i lavoratori non ricevono il corrispettivo di quello che producono. Nei Grundrisse, spiegò che quanto veniva rappresentato come uno «scambio di equivalenti» era, invece, «appropriazione di lavoro altrui senza scambio, ma sotto la parvenza dello scambio». Le relazioni tra le persone erano «determinate soltanto dai loro interessi egoistici». Questa «collisione di individui» era stata spacciata come la «forma assoluta di esistenza della libera individualità nella sfera della produzione e dello scambio». Per Marx non vi era, in realtà, «niente di più falso», poiché, «nella libera concorrenza, non gli individui, ma il capitale è posto in condizioni di libertà». Nei Manoscritti economici del 1861-63 egli denunciò che era «il capitalista a incassare questo pluslavoro – [che era] […] tempo libero [e] […] la base materiale dello sviluppo e della cultura in generale […] – in nome della società». Nel Libro primo del Capitale, egli denunciò che la ricchezza della borghesia è possibile solo mediante la «trasformazione in tempo di lavoro di tutto il tempo di vita delle masse».

Nei Grundrisse, Marx osservò che nel capitalismo «gli individui sono sussunti dalla produzione sociale», la quale esiste come qualcosa che è a «loro estraneo». Essa viene realizzata solamente in funzione dell’attribuzione del valore di scambio conferito ai prodotti, la cui compravendita avviene soltanto «post festum». Inoltre, «tutti i fattori sociali della produzione», comprese le scoperte scientifiche che si palesano come «una scienza altrui, esterna all’operaio», sono poste dal capitale. Lo stesso associarsi degli operai nei luoghi e nell’atto della produzione è «operato dal capitale» ed è, pertanto, «soltanto formale». L’uso dei beni creati da parte dei lavoratori «non è mediat[o] dallo scambio di lavori o di prodotti di lavoro reciprocamente indipendenti [, bensì] […] dalle condizioni sociali della produzione entro le quali agisce l’individuo». Marx fece comprendere come l’attività produttiva nella fabbrica «riguarda[sse] solo il prodotto del lavoro, non il lavoro stesso», dal momento che avveniva «in un ambiente comune, sotto vigilanza, irreggimentazione, maggiore disciplina, immobilità e dipendenza».

Nel comunismo, invece, la produzione sarebbe stata «immediatamente sociale […], il risultato dell’associazione [the offspring of association] che ripartisce il lavoro al proprio interno». Essa sarebbe stata controllata dagli individui come «loro patrimonio comune». Il «carattere sociale della produzione» [gesellschaftliche Charakter der Produktion] avrebbe fatto sì che l’oggetto del lavoro fosse stato, «fin dal principio, un prodotto sociale e generale». Il carattere associativo «è presupposto» e «il lavoro del singolo si pone, sin dalla sua origine, come lavoro sociale». Come volle sottolineare nella Critica al programma di Gotha, nella società postcapitalistica «i lavori individuali non [sarebbero] più diventa[ti] parti costitutive del lavoro complessivo attraverso un processo indiretto, ma in modo diretto». In aggiunta, gli operai avrebbero potuto creare le condizioni per una «scomparsa [del]la subordinazione servile degli individui alla divisione del lavoro».

Nel Libro primo del Capitale, Marx evidenziò che nella società borghese «l’operaio esiste in funzione del processo di produzione e non il processo di produzione per l’operaio». Inoltre, parallelamente allo sfruttamento dei lavoratori, si manifestava anche quello verso l’ambiente. All’opposto delle interpretazioni che hanno assimilato la concezione marxiana della società comunista al mero sviluppo delle forze produttive, il suo interesse per la questione ecologica fu rilevante. Marx denunciò, ripetutamente, che lo sviluppo del modo di produzione capitalistico determinava un aumento «non solo nell’arte di rapinare l’operaio, ma anche nell’arte di rapinare il suolo». Per suo tramite, venivano minate entrambe le «fonti da cui sgorga ogni ricchezza: la terra e l’operaio».

Nel comunismo, viceversa, si sarebbero create le condizioni per una forma di «cooperazione pianificata», in virtù della quale «l’operaio si [sarebbe] spoglia[to] dei suoi limiti individuali e [avrebbe] sviluppa[to] la facoltà della sua specie». Nel Libro secondo Marx scrisse che nel comunismo la società sarebbe stata in grado di «calcolare in precedenza quanto lavoro, mezzi di produzione e di sussistenza [avrebbe potuto] adoperare». Essa si sarebbe così differenziata, anche da questo punto di vista, dal capitalismo, sotto il quale «l’intelletto sociale si fa valere sempre soltanto post festum, [facendo] così intervenire, costantemente, grandi perturbamenti». Anche in alcuni brani del Libro terzo, Marx offrì chiarimenti sulle differenze tra il modo di produzione socialista e quello basato sul mercato, auspicando la nascita di una società «organizzata come una associazione cosciente e sistematica». Egli affermò che «è solo quando la società controlla efficacemente la produzione, regolandola in anticipo, che essa crea il legame fra la misura del tempo di lavoro sociale dedicato alla produzione di un articolo determinato e l’estensione del bisogno sociale che tale articolo deve soddisfare».

Nelle Glosse marginali al «Trattato di economia politica» di Adolf Wagner, infine, compare un’altra indicazione in proposito: «il volume della produzione» avrebbe dovuto essere «regolato razionalmente». L’applicazione di questo criterio avrebbe consentito di abbattere anche gli sprechi dell’«anarchico sistema della concorrenza», il quale, nel ricorrere delle sue crisi strutturali, oltre a «determina[re] lo sperpero smisurato dei mezzi di produzione e delle forze-lavoro sociali», non era in grado di risolvere le contraddizioni derivanti dall’introduzione dei macchinari, dovute essenzialmente «al loro uso capitalistico».

Ruolo dello Stato, diritti individuali e libertà
Nella società comunista, accanto alle trasformazioni dell’economia, avrebbero dovuto essere ridefiniti anche il ruolo dello Stato e le funzioni della politica. Ne La guerra civile in Francia, Marx tenne a chiarire che, in seguito alla presa del potere, la classe lavoratrice avrebbe dovuto lottare per «estirpare le basi economiche sulle quali riposa l’esistenza delle classi e, quindi, il dominio di classe». Una volta che sarà «emancipato il lavoro, ogni essere umano div[errà] un lavoratore e il lavoro produttivo cess[erà] di essere l’attributo di una classe». La nota affermazione «la classe operaia non può semplicemente impadronirsi della macchina statale così com’è» stava a significare, come Marx ed Engels spiegarono nell’opuscolo Le cosiddette scissioni nell’Internazionale, che il movimento operaio avrebbe dovuto tendere a trasformare «le funzioni governative […] in semplici funzioni amministrative». Anche se con una formulazione alquanto concisa, negli Estratti e commenti critici a «Stato e anarchia» di Bakunin, Marx spiegò che «la distribuzione delle funzioni [governative avrebbe dovuto] diven[tare] un fatto amministrativo che non attribuisce alcun potere». In questo modo, si sarebbe potuto evitare, quanto più possibile, che l’esercizio degli incarichi politici generasse nuove dinamiche di dominio e soggezione.

Marx valutò che, con lo sviluppo della società moderna, «il potere dello Stato [aveva] assu[nto] sempre più il carattere di potere nazionale del capitale sul lavoro, di una forza pubblica organizzata di asservimento sociale, di uno strumento del dispotismo di classe». Nel comunismo, al contrario, i lavoratori avrebbero dovuto impedire che lo Stato divenisse un ostacolo alla piena emancipazione degli individui. A essi Marx indicò la necessità che «gli organi meramente repressivi del vecchio potere governativo [fossero] amputati», mentre le sue «funzioni legittime» avrebbe[ro] dovuto essere «strappate da un’autorità che usurpava il primato della società […] e restituite agli agenti responsabili della società». Nella Critica al programma di Gotha Marx chiarì che «la libertà consiste nel mutare lo Stato da organo sovrapposto alla società in organo assolutamente subordinato ad essa», chiosando con sagacia che «le forme dello Stato sono più o meno libere nella misura in cui limitano la “libertà dello Stato”».

In questo stesso testo, Marx sottolineò anche l’esigenza che, nella società comunista, le politiche pubbliche privilegiassero la «soddisfazione collettiva dei bisogni». Le spese per le scuole, le istituzioni sanitarie e gli altri beni comuni sarebbero «notevolmente aumentat[e] fin dall’inizio, rispetto alla società attuale, e [sarebbero] aument[ate] nella misura in cui la nuova società si verrà sviluppando». L’istruzione avrebbe assunto una funzione di primario rilievo e, così come aveva ricordato ne La guerra civile in Francia, riferendosi al modello adottato dai comunardi parigini nel 1871, «tutti gli istituti di istruzione [sarebbero] stati aperti gratuitamente al popolo e liberati da ogni ingerenza sia della Chiesa che dello Stato». Solo così la cultura sarebbe «stata resa accessibile a tutti» e la scienza affrancata sia «dai pregiudizi di classe [che] dalla forza del governo».

Differentemente dalla società liberale, nella quale «l’eguale diritto» lascia inalterate le disuguaglianze esistenti, per Marx nella società comunista «il diritto [avrebbe] dov[uto] essere disuguale, invece di essere uguale». Una sua trasformazione in tal senso avrebbe riconosciuto, e tutelato, gli individui in base ai loro specifici bisogni e al minore o maggiore disagio delle loro condizioni, poiché «non sarebbero individui diversi, se non fossero disuguali». Sarebbe stato possibile, inoltre, determinare la giusta partecipazione di ciascuna persona ai servizi e alla ricchezza disponibile. La società che ambiva a seguire il principio «ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni» aveva, davanti a sé, questo cammino complesso e irto di difficoltà. Tuttavia, l’esito finale non era garantito da «magnifiche sorti e progressive» e, allo stesso tempo, non era irreversibile.

Marx assegnò un valore fondamentale alla libertà individuale e il suo comunismo fu radicalmente diverso tanto dal livellamento delle classi, auspicato da diversi suoi predecessori, quanto dalla grigia uniformità politica ed economica, realizzata da molti suoi seguaci. Nell’Urtext, però, pose l’accento anche sull’«errore di quei socialisti, specialmente francesi», che, considerando «il socialismo [quale] realizzazione delle idee borghesi», avevano cercato di «dimostrare che il valore di scambio [fosse], originariamente […], un sistema di libertà ed eguaglianza per tutti, […] falsificato [… poi] dal capitale». Nei Grundrisse, Marx etichettò come «insulsaggine [quella] di considerare la libera concorrenza quale ultimo sviluppo della libertà umana». Difatti, questa tesi «non significa[va] altro se non che il dominio della borghesia [era] il termine ultimo della libertà umana», idea che, ironicamente, Marx definì «allettante per i parvenus».

Allo stesso modo, egli contestò l’ideologia liberale secondo la quale «la negazione della libera concorrenza equivale alla negazione della libertà individuale e della produzione sociale basata sulla libertà individuale». Nella società borghese si rendeva possibile soltanto un «libero sviluppo su base limitata, sulla base del dominio del capitale». A suo avviso, «questo genere di libertà individuale [era], al tempo stesso, la più completa soppressione di ogni libertà individuale e il più completo soggiogamento dell’individualità alle condizioni sociali, le quali assumono la forma di poteri oggettivi […] [e] oggetti indipendenti […] dagli stessi individui e dalle loro relazioni».

L’alternativa all’alienazione capitalistica era realizzabile solo se le classi subalterne avessero preso coscienza della loro condizione di nuovi schiavi e avessero dato inizio alla lotta per una trasformazione radicale del mondo nel quale venivano sfruttati. La loro mobilitazione e la loro partecipazione attiva a questo processo non poteva arrestarsi, però, all’indomani della presa del potere. Avrebbe dovuto proseguire al fine di scongiurare la deriva verso un socialismo di Stato nei cui confronti Marx manifestò sempre la più tenace e convinta opposizione.

In una significativa lettera indirizzata, nel 1868, al presidente dell’Associazione generale degli operai tedeschi, Marx spiegò che «l’operaio non andava trattato con provvedimenti burocratici», affinché potesse obbedire «all’autorità e ai superiori; la cosa più importante era insegnargli a camminare da solo». Egli non mutò mai questa convinzione nel corso della sua esistenza. Non a caso, come primo punto degli Statuti dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, da lui redatto, aveva posto: «l’emancipazione della classe lavoratrice deve essere opera dei lavoratori stessi». Aggiungendo, in quello immediatamente successivo, che la loro lotta non doveva «tendere a costituire nuovi privilegi e monopoli di classe, ma a stabilire diritti e doveri eguali per tutti».

Molti dei partiti e dei regimi politici sorti nel nome di Marx, utilizzando in modo strumentale e citando impropriamente il concetto di «dittatura del proletariato», non hanno seguito la direzione da lui indicata. Tuttavia, ciò non vuol dire che non sia possibile provarci ancora.

References
1. K. Marx, Il capitale. Libro primo cit., p. 108.
2. Ibid., p. 111.
3. Ibid., p. 113.
4. Ibid., p. 301.
5. K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica cit., I, p. 185.
6. Ibid., II, p. 406.
7. Ibid., p. 405.
8. K. Marx, Il capitale. Libro primo cit., p. 110.
9. K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica cit., I, p. 117.
10. K. Marx, Ökonomische Manuskripte 1863-1867, MEGA2, II/4.2, Dietz Verlag, Berlin 2012, p. 662. Cfr. P. Chattopadhyay, Marx’s Associated Mode of Production, Palgrave, New York 2016, in particolare pp. 59-65 e 157-61.
11. K. Marx, Critica al programma di Gotha, Editori Riuniti, Roma 1990, p. 14. Palmiro Togliatti ha erroneamente tradotto questa espressione con il termine «società collettivista».
12. K. Marx, Il capitale. Libro primo cit., p. 648.
13. K. Marx, La guerra civile in Francia. Indirizzo del Consiglio generale dell’Associazione internazionale dei lavoratori, in Marx Engels Opere, XXII, La Città del Sole-Editori Riuniti, Napoli- Roma 2008, p. 304.
14. Ibid., p. 297.
15. Marx, Estratti e commenti critici a «Stato e anarchia» di Bakunin cit., p. 356.
16. Su questi temi cfr. E. Meiksins Wood, Democracy against Capitalism, Cambridge University Press, London 1995.
17. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica cit., II, p. 141.
18. Ibid., p. 333.
19. K. Marx, Manoscritti economici del 1861-1863, Editori Riuniti, Roma 1980, p. 200.
20. Marx, Il capitale. Libro primo cit., p. 578.
21. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica cit., I, p. 100.
22. Ibid.
23. Ibid., p. 117.
24. Ibid., II, p. 241.
25. Ibid., p. 393.
26. Ibid., I, p. 118.
27. Ibid., II, 243
28. Ibid., p. 244.
29. Ibid., I, p. 100.
30. Ibid., p. 117.
31. Ibid.
32. Marx, Critica al programma di Gotha cit., pp. 14-5.
33. Ibid., p. 17.
34. Marx, Il capitale. Libro primo cit., p. 537.
35. Su questo tema si è sviluppata, negli ultimi venti anni, un’ampia e innovativa letteratura. Per uno degli ultimi contributi in proposito si rimanda a K. Saito, Karl Marx’s Ecosocialism. Capital, Nature, and the Unfinished Critique of Political Economy, Monthly Review Press, New York 2017, in particolare pp. 217-55.
36. Ibid., p. 552.
37. Ibid., p. 553.
38. Ibid., p. 371.
39. K. Marx, Il capitale. Libro secondo. Il processo di circolazione del capitale, Editori Riuniti, Roma 1989, p. 331.
40. K. Marx, Il capitale. Libro terzo. Il processo complessivo della produzione capitalistica, Editori Riuniti, Roma 1989, p. 763.
41. Ibid., p. 231. In proposito cfr. B. Ollman (a cura di), Market Socialism. The Debate among Socialists, Routledge, New York 1998.
42. Marx, Glosse marginali al «Trattato di economia politica» di Adolf Wagner cit., p. 1409.
43. Marx, Il capitale. Libro primo cit., p. 578.
44. Ibid., p. 486.
45. Marx, La guerra civile in Francia cit., p. 300.
46. K. Marx-F. Engels, Le cosiddette scissioni nell’Internazionale, in Idd., Critica dell’anarchismo cit., p. 76.
47. Marx, Estratti e commenti critici a «Stato e anarchia» di Bakunin cit., p. 357.
48. Marx, La guerra civile in Francia cit., p. 294.
49. Ibid., p. 298.
50. Marx, Critica al programma di Gotha cit., p. 28. 51 Ibid., p. 14.
52. Marx, La guerra civile in Francia cit., p. 297.
53. Marx, Critica al programma di Gotha cit., p. 18.
54. K. Marx, Frammento del testo primitivo, in Id., Scritti inediti di Economia politica, Editori Riuniti, Roma 1963, p. 91.
55. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica cit., II, p. 335.
56. Karl Marx a Johann Baptist von Schweitzer, 13 ottobre 1868, in K. Marx, Lettere: gennaio 1868-luglio 1870, Marx Engels Opere, XLIII, Editori Riuniti, Roma 1975, p. 620.
57. K. Marx, Indirizzo inaugurale e statuti provvisori dell’Associazione Internazionale degli Operai, in Marx Engels Opere, XX, Editori Riuniti, Roma 1987, p. 14.
58. Cfr. Hal Draper che in Karl Marx’s Theory of Revolution, III, The Dictatorship of the Proletariat, Monthly Review Press, New York 1986, pp. 385-6, ha dimostrato che Marx aveva utilizzato questa espressione soltanto sette volte, per di più con un significato radicalmente diverso da quello che, erroneamente, gli hanno attribuito molti dei suoi interpreti o i sedicenti continuatori del suo pensiero.

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History of Philosophy

In the XIX Century, in Europe circulate numerous theories that sought both to respond to demands for social justice unanswered by the French Revolution and to correct the dramatic economic imbalances brought about the Industrial Revolution. Many alternative forms of social organization emerged and several theorists outlined a new and more just social order, over and above the political changes that had come with the end of the Ancien Regime.

These theories – labelled in a disparaging way as “utopian” – will be critically reconsidered, with particular attention to the thinkers who: 1) took for granted that the adoption of a new social model based on strict social equality could be the solution for all the problems of society (Babeuf, Dézamy, Weitling); 2) believed that it was sufficient to conceive theoretically reform projects in order to change the world (Saint-Simon, Fourier); 3) focused on promoting small alternative communities in order to spread socialist principles (Owen, Cabet).

After 1848 and until Paris Commune of 1871, new and more economically developed ideas emerged. In the second part of the seminar, students will focus on the different tendencies of the International Working Men’s Association to overthrow of the existing social-economic system, such as Proudhon’s mutualism, British trade unions’ reformism, Marx’s anticapitalism, Lassalle’s state socialism and Bakunin’s anarchism. These ideas will also be analyzed in light of contemporary issues of our times.

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Francesco Romanetti, Il Mattino

Tra crisi e globalizzazione torna «Il capitale» rivisitato

In principio era Marx. Poi venne il marxismo. Poi i marxismi.

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Cesare Pianciola, L’Indice dei libri del mese

Al profluvio di libri per il bicentenario marxiano, che in parte abbiamo segnalato su “L’Indice”nel novembre 2018, se ne sono aggiunti alcuni di notevole interesse che offrono nuove, o comunque aggiornate, letture dei principali snodi dell’attività teorica e praticopolitica del pensatore di Treviri.

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Undergraduate Courses

Marx and Simmel

The year 2018 marks the 200th anniversary of Karl Marx’s birth and the 100th anniversary of Georg Simmel’s death. This course wants to take the occasion to reflect on the relation between their works and diagnosis of modern society and culture.
The relevance of Marx’s writings to Simmel’s oeuvre is out of question: in the premise of his major work, Philosophy of Money (1900), Simmel declares his intention “to construct a new storey beneath historical materialism” (from the Preface). The continuities between Simmel’s work and Karl Marx’s Capital are most striking at the level of the diagnosis of modern society: the analysis of alienation, commodity fetishism, and capital’s quantifying and accelerating tendencies are not only critically discussed but also expanded in Simmel’s investigations of the paradoxes of modern culture, to the point that David Frisby once said, The Philosophy of Money is a Capital written in dialogue with Kant’s Transcendental Aesthetic instead of Hegel’s Logic. These analysis, however, have very different philosophical and political foundations: whereas Marx relied on the tradition of Left Hegelianism, English political economy, and French socialism, Simmel dialogued mainly with neo-Kantianism, neoclassical economics, and vitalism. To what extent, then, do Simmel’s investigations on money supplement, widen or contradict Marx’s analysis of capital? Do their different philosophical and methodological starting points prevent a productive dialogue between their arguments? How to reconcile Marxian analyses of class and exploitation with Simmel’s focus on pathologies affecting the totality of modern individuals? In what way can the confrontation
between their perspectives become relevant for current sociology and social philosophy?
This course will try to reflect on these aspects of the relation between Marx and Simmel.

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Susumu Takenaga, The History of Economic Thought

As  Ehara  specifies  in  the  “Afterword  of the Translators,” this Japanese version en- titled  Another  Marx is a translation of two books by the original author (p. 390): Another  Marx, published by Bloomsbury Academic,  London,  2018; and Late Marx, for which the publication data is not available.

The former book corresponds to the first nine chapters in  the Japanese translation, and the latter corresponds to the last three chapters and the epilogue. In the original version  of  the former, the nine  chapters are  grouped into  three  parts:  “Intellectual  Influences and   Early   Writings,”  “The Critique   of Political  Economy,”  and  “Political  Mili- tancy,” in  chronological  order.  Hence, the latter book can be virtually regarded  as the following fourth and concluding part of this biography of Marx, which allows us to read this Japanese version not as a combination of two  different  books  but as  one  consistent book.  Yet,  it  is  a pity that  the  “Bibliography”  and “Index” sections in the original first book are not reproduced in the Japanese translation.

One of the most important charac- teristics of this biography of Marx, published in the bicentenary year of his birth, is that the author incorporates the results of the publication of the second MEGA volumes. In particular, it incor- porates the volumes belonging to its Part IV including the excerpt  notes  Marx took  during  his  scientific  activities. This particularly   applies   to   Marxʼs   intensive study during the first  years  of  his  exile in London at the beginning of the 1850s, as discussed in the  first  chapter  of  part 2, and to his extensive study of natural sciences and anthropology during his last years at the beginning of 1880s as concisely described in the first chapter of part 4.

Marx is one of the few figures in the history of economic thought, of whom a considerable number of biographies have been written, from the classic biography authored   by   Franz   Mehring in 1918(English translation: Karl Marx: The  Story  of  His  Life,  Routledge,  2003) to the recent voluminous work by Gareth Stedman Jones entitled Karl Marx: Great- ness and Illusion, Allen Lane, 2016, leaving aside the other numerous banal ones published in the ex-Soviet  Union.  The author of the present biography attempts to  present  “Another  Marx” to  his  readers, -one  that  has  never  been seen in these foregoing biographies. Marx is, of course, not only an economist; he is a philosopher or social thinker in the broad sense of the term, and above all, a communist revolu- tionary. However, it is also incontestable that in all of his wide range of political and scientific activities during his life- time,  his  economic  research  occupied  a key place. From the very early times, one of his most important objectives was to achieve a systematic work on political economy.

Traditionally, the three Books of Capital were considered as such. In contrast to Capital, the early economic writings of Marx, represented by the Economic and Philosophic Manuscripts  of 1844, published for the first  time during the 1930s as byproduct of the editorial work of the first MEGA in Moscow,  were  regarded in such a tradition as  “immature or pre-Marxist  writings.” In opposition to this view, some biographers of  Marx   described his manuscripts of 1844   rather   as   embodying a  “newly discovered,  true Marx”  who had been overshadowed  till  then  by  the  “scientifi- cist, objectivist” understanding  of his theory  and  thought.  The  author of the present biography criticizes both of these views, predominant until recent times, to bring   forward   the   gradual evolutionary process  of  Marxʼs  economic  research. According to the author, the essential links  between  the  “young”  and  “mature” Marx  consist  in  the  excerpt  notes taken during the early years of the 1850s, known as the “London notes” published for the first time as second MEGA-volumes; and the first   manuscripts  of  Marxʼs  critique of political economy from 1857 to 58, well known  today  as  “Grundrisse.”  Therefore, the author examines the former material in   detail,  to  connect  Marxʼs  economic research and its results, from the mid-1840s to the late-1860s. Considering Marx as an economist, this may be the most remark- able point in this book. Another important contribution  of this biography is the vivid description of Marxʼs  activities  in  the  General  Council of the International from 1864 to 1872  and of his continuing conflicts with Bakunin and Proudhon. The author emphasizes  the  fact  that  Marx  and  his partisans were rather a minority in this organization, and that Marxʼs view on the labor movement and its objectives underwent important  changes  during these years. Simultaneously, Marx was very busy drafting the manuscripts of all the three Books of Capital. He eventually published its first Book in 1867. The  final,  fourth  part  of  ʻLast  Marxʼ lively depicts how he struggled, till the end, to complete Capital and extend his intellectual curiosity to an ever wider range. Although the analytical part of Marxʼs main economic works(Capital to begin with, and including The Poverty of Philosophy, Wage Labor and Capital, Contribution  to  the  Critique  of  Political Economy, and other manuscripts)still leaves something to be desired, this is certainly a novel biography for the new and younger generations.