Roberto Ellero, ytali

Review of L’ultimo Marx. 1881-1883. Saggio di biografia intellettuale

Ciao Marx, buon compleanno vecchia talpa!

Duecento anni dopo, il rivoluzionario di Treviri fa il suo esordio al cinema con “Il giovane Karl Marx” di Raoul Peck, da vedere alla prima occasione.

Ricorda Marcello Musto nel suo prezioso L’ultimo Marx 1881-1883 (Donzelli editore, 2016) che nell’agosto del 1880 il Moro, come lo chiamavano in famiglia, riceve la visita di un importante giornalista statunitense, John Swinton, giunto a Ramsgate, una località balneare del Kent, per conoscere di persona il grande pensatore rivoluzionario di cui già molto si parla anche in America. Marx è poco più che sessantenne, già afflitto da quei fastidiosi disturbi polmonari e respiratori che lo condurranno fra qualche anno all’estremo passo. A Ramsgate, come poi in Provenza e persino in Algeria, per respirare aria buona e rimettersi possibilmente in sesto. Conversazione piacevole, com’era sua abitudine.

Calata la sera, a tenere compagnia ai due rimasero Charles Longuet e Paul Lafargue, i generi di Marx: «si parlò del mondo, dell’uomo, del tempo e delle idee, mentre i bicchieri tintinnarono sullo sfondo del mare». Fu in uno di quei momenti che il giornalista americano, pensando «alle incertezze e ai tormenti dell’epoca presente e di quelle passate», colpito dalle parole udite e «immergendosi nella profondità del linguaggio ascoltato», decise di interrogare il grande uomo che aveva di fronte a sé, circa «la legge ultima dell’essere». Fu così che, durante un momento di silenzio, «interruppe il rivoluzionario e filosofo con questa fatidica domanda. “Qual è?”». Per un attimo ebbe la sensazione che la mente di Marx «si stesse rivoltando su se stessa, nel mentre ascoltava il ruggire del mare». “Qual è [la legge]? – gli aveva chiesto. Con tono profondo e solenne [Marx] rispose: “La lotta!”». Inizialmente Swinton credette di aver udito «l’eco della disperazione» in quella risposta. Poi, però, convenne che era davvero quella la finalità della vita, sulla quale l’umanità, così come lui stesso, andava da sempre interrogandosi.

Di quarant’anni prima il ritratto di cui ha voluto farci dono Raoul Peck con Il giovane Karl Marx (Le jeune Karl Marx, 2017), una produzione franco-tedesco-belga finalmente anche sui nostri schermi per iniziativa di Wanted, che del regista haitiano già aveva distribuito il notevole I Am not Your Negro, 2016, film-documento “testamentario” sullo scrittore James Baldwin. Peck sceneggia insieme a Pascal Bonitzer, un passato da critico di punta ai Cahiers e una fitta filmografia alle spalle, mentre fra i produttori, quasi in incognito, troviamo Robert Guédiguian.

Metà anni Quaranta di due secoli fa. Marx (nel film August Diehl) giunge a Parigi dalla Germania, in esilio o quasi, con una nomea rivoluzionaria che va già ben oltre i confini della cosiddetta “sinistra hegeliana”, maturata sulle pagine della Rheinische Zeitung e fra i circoli della sovversione berlinese. Con lui, sposa recente, la moglie Jenny (Vicky Krieps, la cameriera “salvifica” de Il filo nascosto), che è una Westphalen, nobildonna diseredata e votata alla causa. Così come, solo votato, lo stipendio bene o male è al sicuro, l’abbiente coetaneo Friedrich Engels (Stefan Konarske), che viene da una famiglia di industriali del tessile di Manchester, fattosi le ossa sul campo, uno che conosce bene “sia le miserie dei lavoratori che i privilegi della borghesia”.

Diffidenza, dapprima, da parte di Marx, poi una bella e solidale amicizia. Non fosse per l’amico “borghese”, la povertà della famiglia, prolifica oltretutto, finirebbe ben sotto la soglia di indigenza, perché l’intelligenza non basta.

Intellettuale e giornalista, Marx scrive molto ma realizza poco. E ha un caratteraccio. Sulla scena della sovversione europea, prossima a scoppiare nel 1848, c’è soprattutto Proudhon, che conosce e stima, ma non basta sostenere che “la proprietà è un furto” e annacquare poi tutto negli incerti destini della povertà alla riscossa. Quanto alla filosofia, deve smetterla di star lì ad interrogarsi sul mondo. Deve cominciare a cambiarlo. Come? Bella domanda.

Passando da una città all’altra, pressato dalle polizie di ogni paese e contrada, a quanti parlano di fratellanza il giovane Marx risponde con i rapporti di produzione. In nuce, ci sono già i prodromi del Capitale, l’analisi spietata del funzionamento onnivoro del capitalismo, ma è ancora presto per spiegare sino in fondo le armi di quella “critica della critica critica” che con fulminante battuta, quasi surrealista, Jenny così battezza, precorrendo inconsapevolmente le prodezze di un altro Marx di là da venire, Groucho.

E poi occorre essere pratici, come sa esserlo l’amico Freddy, che con un colpo di mano s’impossessa a Londra della Lega dei Giusti trasformandola d’incanto in Lega dei Comunisti. E per le masse (anagramma di messa) ci vuole un nuovo Verbo, parole semplici ma efficaci, comprensibili a tutti, tipo “un fantasma si aggira per l’Europa”… No, meglio “uno spettro”.

Lo spettro del comunismo, come ognuno sa, incipit del manifesto di un partito che ancora non c’è, un libro destinato alla storia e che presto sarà best seller mondiale, a lento ma inesorabile assorbimento. Figuratevi quando, un secolo e mezzo dopo, vengono a menarcela con il marketing e con il brand…

È davvero molto bella quella sequenza in cui, attorno a un tavolo zeppo di manoscritti, viene redatto a più mani il Manifesto del Partito Comunista. Come pure la sequenza finale sulla spiaggia di Ostenda, i due amici che tracciano un provvisorio bilancio e Marx, non ancora trentenne, che si sente già vecchio e stanco.

Gioventù bruciata di allora, ma i ribelli avevano ben trovato la loro causa. Si immaginano prossimamente borghesi, una vita borghese, ma intanto macinano nuovi capitoli.

Grandi le contraddizioni sotto il cielo, dirà qualcuno, parecchio tempo dopo.

Per Marx, che il prossimo 5 maggio compirà duecento anni, il film di Peck è una prima assoluta al cinema. In precedenza, qualche cameo (il testone che fa da prua alla barca che attraversa Parigi in Sweet Movie, 1974, di Dušan Makavejev; il pellegrinaggio alla tomba di Highgate dei giovani proletari di High Hopes, 1988, bellissima opera quasi prima di Mike Leigh), il proposito di Ėjzenštejn di portare sullo schermo Il capitale, con la lingua di Joyce e raccomandandosi di non spiare mai i “grandi” dal buco della serratura (s’è visto poi il beffardo servizietto resogli da Peter Greenaway nel biopic Eistenstein in Messico, 2015), il Kluge sperimentale ad oltranza – nove ore e mezza – di Nachrichten aus der ideologischen Antike – Marx Eisenstein Das Kapital, 2008, ovvero Notizie dall’antichità ideologica eccetera.

Timore reverenziale forse, scarsità di romanzesco, intraducibilità iconica di un pensiero talmente denso da far (cinematograficamente) paura.

Il film di Peck osa dove molti altri non hanno osato. E pazienza se qualcuno lo troverà didascalico, didattico, paratelevisivo. Ce ne fossero, come s’usa dire.

Per chi scrive, marxiano impenitente, è stato un bel vedere e un bel sentire: quel razionalista, pardon materialista, figlio del suo tempo (e di un ebreo convertito), ateo naturalmente, ben romantico e certamente scapigliato, intimamente rivoluzionario, persino acido nell’espressione del suo eterno disincanto, già qui precocemente maturo, beh, quel Marx lì suona incredibilmente attuale.

Giovani e non più giovani di buona volontà, andatevelo a vedere e baruffate pure con gli esercenti se non programmano il film, con tutte le bufale che girano di questi tempi per gli schermi, anche d’essai.

Il Marx di Peck sembra persino sul punto di dire all’amico Engels quel che in effetti qualche tempo dopo dirà: “Non permetto a nessuno di dirsi marxista”, altra freddura che sembra uscita dal cilindro di Groucho. Marx, ciò che è morto e ciò che è vivo, lasciamo ad altri il solito giochetto della torre, tanto per noi è sin troppo chiaro.

Piuttosto, per parafrasare un’altra delle sue, e in vista del bicentenario, di cui non sappiamo quanti vorranno e sapranno ricordarsi: “Buon compleanno, vecchia talpa!”.

Published in:

ytali

Date Published

6 April, 2018

Author:

Roberto Ellero