Marx, compagno di tutte le stagioni
Mel mondo multiforme della cultura, dell’inno- vazione trasformativa o anche rivoluzionaria del sapere, e persino dell’azione politica o sociale, vi sono personalità di grandissimo rilievo che è molto difficile, anzi forse impossibile, inquadrare in una di quelle singole discipline che rendono il sapere stesso, sul terreno dell’istruzione e della conoscen- za, scolastico e accademicamente diviso.
Si pensi a Montesquieu, a karl Marx, a John Stuart Mill, a Max Weber e naturalmente anche ad altri (tra cui Benedetto Croce).
Ciascuno di essi è forse unicamente un giurista, un economista (o un critico dell’economia politica), un filosofo, un sociologo, uno storico, un teorico della politica, un filologo postosi in rapporto con le lingue e con le letterature, un esperto di statistica, un cultore delle scienze naturali, matematiche e fisiche, un antropologo, un sovvertitore intellettuale della teoresi del passato e delle relative attività speculative o anche, siccome ogni presente ha alle proprie spalle un antico regime, un sovverti tore radicale dei sistemi politici e istituzionali degli antichi re- gimi? Certamente no. Eppure, queste formidabili personalità polimorfe sono in profondo contatto, talora lungo la loro vita intera e talora in momenti diversi delle loro esistenze, con tutte le citate forme disciplina- ri, sovente nessuna esclusa. Occorre poi aggiungere che, si condividano integralmente o meno le decifrazioni universa- li dell’uno o dell’altro di que- sti pensatori, a tutti noi non è possibile, senza conoscere i loro ricchissimi scritti e lo scor- rere degli anni in cui vissero, comprendere i diversi aspetti del mondo che un tempo ci ha circondato e del mondo su cui ora, nel nostro presente spesso turbolento, ci affacciamo. La stessa cosa vale anche per per- sonaggi oggettivamente un po’ più omogenei e continui nelle loro straordinarie “scoperte”, come Freud e Ein- stein, entrambi ebrei proprio come Marx. E veniamo allora a quest’ultimo. Per affrontare un personaggio universale come è Marx – le cui ope- re, a differenza di quelle degli altri personaggi sopra nominati, sono uscite in gran parte postume e sono state a lungo, e talora ancora lo sono, inedite – ci si deve rendere conto che è necessario dedicarsi alle riflessioni interpretative e alla rassegna delle inter- pretazioni succedutesi nel tempo; ma anche adot- tare l’ottica filologica e ricostruire la complicata e tuttora interminata, nonché sterminata, vicenda delle edizioni; senza ovviamente trascurare la pre- senza di tutti i saperi presenti nelle opere e nelle edi- zioni. Tutto ciò, in misure diverse, lo troviamo nel libro bello e utilissimo di Giovanni Sgrò, libro che fa emergere inizialmente, come incipit di un’edizio- ne integrale, la prima Marx-Engels-Gesamtausgabe
– diventata poi l’acronimo MEGA (1) – curata dal martire socialista David Borisovič Rjazanov, vittima nel 1938 del terrore staliniano. MEGA (1) fu pub- blicata dal 1927 al 1932 in otto volumi, che com- prendevano, nel 1932, L’ideologia tedesca e i parigini (1844) Manoscritti economico-filosofici, annotazioni, i Manoscritti, la cui struttura e i cui itinerari sono ancora da chiarire. Stalin in persona, usciti sino al 1935 altri volumi curati dal nazional-stalinista Vla- dimir Seguono, nella Ddr, tra il 1956 e il 1968, in te- desco (compresi i moltissimi scritti marxengelsiani in inglese, in francese, persino in italiano), gli in- completi e incompiuti, ma “onesti”, 39 volumi co- nosciuti come Marx-Engels Werke (Mew). nel 1975 ha infine inizio la MEGA (2), ovverosia la seconda Marx-Engels-Gesamtausgabe. Intanto, in Occidente, erano usciti e continuavano a uscire i lavori di Ma- ximilien Rubel (in Francia) e di Hal Draper (negli Stati uniti), i due massimi conoscitori e commen- tatori della Marx-Forschung nella seconda metà del XX secolo. Prima di loro, s’intende, e più importan- te di loro, vi era stato, nella prima metà del XX seco- lo, Rjazanov. MEGA (2), ancora abbastanza lontana dalla conclusione, conosce poi una prima vita dal 1975 al 1989 – anno che Sgrò definisce “epocale” (per la caduta dei comunismi) – e poi una secon- da e indipendente vita, nata nell’ottobre 1990 ad Amsterdam grazie alla creazione dell’Internationale Marx-Engels-Stiftung (Fondazione Internazionale Marx-Engels).
Molte cose, arrivando sino agli ultimi anni, si tro- vano così nel volume di Sgrò, a partire dall’edizio- ne, arrestatasi troppo presto, delle Opere complete in italiano di Marx ed Engels. Interessantissime sono anche le pagine sul Capitolo Sesto Inedito, scritto da Marx nel 1863-1864 e tradotto benissimo in ita- liano da Bruno Maffi nel 1969 (La nuova Italia). Opera di non facile lettura, suscita un notevole interesse subito dopo il Sessantotto. E non solo in Italia, ma ancor di più in Germania e in Francia. Così come lo suscitano i Grundrisse (Lineamen- ti fondamentali della critica dell’economia politica), scritti nel 1857-1858, fatti uscire per la prima volta a Mosca nel 1939-1941 (quando Stalin era alleato con Hitler), tradotti da Enzo Grillo in modo eccel- lente, e pubblicati in due volumi, sempre presso La nuova Italia, nel 1968 e nel 1970. Si vedano ora, a proposito di quest’opera celeberrima, e a conferma di una fortuna mai esauritasi, I Grundrisse di Karl Marx, a cura di Marcello Musto, libro che contie- ne molti interventi e commenti. La prima edizione di questo testo, in inglese, risale al 2013. Da tutto ciò si deve comunque dedurre che solo restituendo Marx per intero al continuum pluriculturale della sua riflessione, e al tempo che fu il suo, egli si pre- senta compiutamente come uno Zeitgenosse di tutte le generazioni, vale a dire come un contemporaneo e un compagno di tutte le stagioni che la sua opera, accresciutasi progressivamente negli anni con stra- bilianti e numerosissimi inediti, ha attraversato e at-
traversa. Sino a diventare – ed è un processo ancora in corso
– quasi un’altra, ed enorme, opera.
E veniamo a Musto, autore ora anche di un libro sul Marx meno noto degli ultimi due anni e mezzo di vita. In buo- na parte si discorre della Rus- sia. Cosa ci si può attendere? una guerra contro la Russia, una sconfitta militare della Russia, una rivoluzione russa (non socialista, ma giacobina), la scomparsa (temporanea o permanente?) del gendarme reazionario dell’Europa, la tra- sformazione socialista in Euro- pa, il ritorno della rivoluzione in Russia, dove allora e solo allora si potrebbe utilizzare l’Obščina (la comune rurale) nella transizione al socialismo. La comunità, insomma, non può per Marx transustanziarsi in socialismo senza la presenza della società. Il libro si conclu-
de con la partenza di Marx, nell’inverno del 1882, verso l’Algeria, soggiorno consigliato dai medici di Londra, con motivazioni climatiche, ad un uomo malato alla pleura, ai bronchi e ai polmoni. Marx tossiva, respirava a fatica, soffriva d’insonnia. E fu sfortunato. Quello fu un pessimo inverno in Alge- ria. Vi restò tuttavia 72 giorni, l’unico periodo in cui stette fuori dall’Europa, l’unico periodo in cui si fece tagliare il leggendario barbone. Si mosse cio- nondimeno sino al Sahara. E tornò indietro. Arri- vato in Francia, dichiarò a Lafargue di non essere “marxista”:“ce qu’il y a de certain c’est que moi, je ne suis pas marxiste”. Raggiunse poi la Gran Bretagna. La morte – 14 marzo 1883 – non era lontana.
nei testi di Hannah Arendt (Princeton, 1953), Marx appare invece esclusivamente come un filoso- fo politico. Certo, le riflessioni arendtiane arrivano due anni dopo la pubblicazione delle Origini del to- talitarismo e questo può spiegare la spietata riduzio- ne e la massiccia limitazione del polivalente Marx. In un primo momento, infatti, Arendt si chiede se Marx avesse anticipato il totalitarismo a venire. Ma si chiede anche l’opposto nella seconda parte. Prevale poi questa seconda parte e Marx diviene il punto d’arrivo di un percorso iniziato con Platone e conclusosi con lui. Seguono questo secondo sentie- ro l’introduzione di Simona Forti e la postfazione di Adriana Cavarero, che pure non si esime dall’indivi- duare, nel Marx arendtiano, “ombre aristoteliche”.
Marcello
Musto