Poche cose sono chiare, ai nostri giorni, quanto l’ urgenza di ricostruire una cultura di opposizione, vera e popolare.
Oggi come ieri essa implica una ideologia “di classe” che dia alla lotta coscienza e progetto. E questa comporta un enorme sforzo di divulgazione di quello che resta la grande storia teorica del socialismo e del comunismo attraverso lavori sistematici e persino manualistici (la critica filologica è necessaria ma è faccenda da specialisti).
Dal punto di vista politico, è un drammatico errore sottovalutare questi strumenti; la loro scomparsa è stata conseguenza non dell’innalzamento del livello degli studi marxisti, ma dell’abiura ideologica dalla “sinistra”, i cui risultati sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti.
La storia della diffusione del marxismo è profondamente legata alle vicende politiche, costellata da tripudianti certificati di morte. L’ultimo stava alla radice della ideologia della “fine delle ideologie”, che sembra ormai appartenere al passato. Sono poi le insanabili contraddizioni del moderno modo di produzione capitalistico che, ogni volta, come oggi accade, si incaricano di ripetere il miracolo della resurrezione, anche se l’ascensione, per ora, è stata un volo di icaro.
Molte le tappe delle tormentate vicende di questa storia: dal primo lavoro di Riazanov negli anni venti, alla MEGA2 tutt’ora in corso. Un progetto enorme (114 volumi in due tomi, di cui 58 editi sino ad ora) che si ripromette la pubblicazione di tutto quanto scritto da Marx ed Engels. Il materiale è suddiviso in quattro sezioni la cui pubblicazione procede parallelamente (I. generale; II. relativa al Capitale; III. epistolario; IV. forse la più innovativa, prevista in 32 volumi contenente tutti i materiali di studio e preparatori, in gran parte inediti).
Questa la vicenda che, in occasione della pubblicazione di quattro volumi della quarta parte, ci racconta criticamente un nuovo libro di Marcello Musto (Ripensare Marx e i marxismi – studi e saggi, Carocci, ottobre 2011, € 33). Nella premessa l‘A. enuncia due dei maggiori elementi di interesse del libro: il contatto diretto coi lavori per la MEGA2, e la convinzione che “la ricerca su Marx presenti ancora tanti sentieri inesplorati”. Il titolo (forse editoriale) può trarre in inganno, sembra volere alludere in qualche modo ad una sorta di “revisione” di Marx: niente è più lontano dalle intenzioni dell’A. : “il ritorno di interesse nei riguardi di Marx … si basa sulla sua persistente capacità esplicativa del presente (…) strumento indispensabile per poterlo comprendere e trasformare”; in particolare il Manifesto è “non solo [il] testo politico più letto della storia dell’umanità, ma anche (…) la più formidabile previsione delle tendenze del capitalismo” (p. 217). E l’A. precisa in nota che “il rinnovato interesse nei confronti di Marx si è poi moltiplicato in seguito allo scoppio della nuova crisi del capitalismo, esplosa nell’estate del 2007”.
Il volume contiene 11 “studi e saggi” pubblicati dopo il 2005, sulla attività di Marx sino al 1860. Il materiale si articola in due parti.
La prima parte (Per una nuova biografia intellettuale di Marx) contenente sei scritti che tracciano il profilo biografico e bibliografico di Marx nel periodo indicato. Tre dei saggi sono dedicati ai Grundrisse: si tratta di materiale in parte già pubblicato in un precedente volumetto (Introduzione alla critica dell’economia politica, ed. Quodlibet, 2010 [1]). L’aspetto più importante di essi è il contributo alla interpretazione del cosiddetto Quaderno M, introduzione generale a tutto il lavoro di Marx. La parte più ardua del testo marxiano riguarda la questione del metodo, ed il lavoro di chiarificazione di Musto è quanto mai opportuno (pp. 131 sgg); addirittura sibillino può apparire il paragrafo 4, contenente un folgorante catalogo di otto questioni da affrontare a proposito dei mezzi e rapporti di produzione. Musto giudica severamente queste pagine, senza peraltro entrare nel merito. Ed è un vero peccato data l’importanza che Marx vi attribuiva come risulta dall’annotazione apposta in testa all’elenco: “nota bene circa alcuni punti che sono da menzionare qui e non devono essere dimenticati”, nonché dal fatto significativo che nel manoscritto tutto il paragrafo è contrassegnato a margine da una doppia linea verticale a inchiostro. (2)
La seconda parte del volume di Musto (Sulla diffusione e sulla recezione dell’opera di Marx) prende posizione nei confronti di alcuni fra i maggiori problemi sorti nel corso della ricezione dell’opera, alcuni dei quali già comparsi nella prima parte.
Un tema centrale per comprendere Marx è quello del suo rapporto con la filosofia, e quindi con Hegel e la sua scuola. Si tratta di un lungo e fecondo processo che si concluderà con l’abbandono delle questioni ex professo filosofiche descritto da Musto in vari saggi. Le espressioni usate non lasciano adito a dubbi sull’idea che l’a. si è fatto della questione: “Il pensiero di Marx durante questo anno cruciale [il ’44] compì una decisiva evoluzione […] il suo impianto concettuale cambiò radicalmente […] Egli era ormai certo che la trasformazione del mondo fosse questione di prassi «che la filosofia non poteva adempiere [perchè la intendeva ] come un compito teoretico»” (p.59 e 60).
La questione centrale è quella dell’alienazione, di lontanissima origine teologica, ma da Marx immediatamente recepita da Hegel. Sul tema Musto scrive una paginetta decisiva: Marx, afferma, “non solo traghettò la problematica dell’alienazione dalla sfera filosofica, religiosa e politica, a quella economica della produzione materiale, ma fece di quest’ultima anche il presupposto per potere comprendere e superare le prime”, ed immediatamente dopo elenca “i tipi di alienazione che indicavano come nella società borghese il lavoratore fosse alienato” (pp. 310 e 311). È la anticipazione della XI Tesi a Feuerbach: “I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta di trasformarlo”. Insomma la distanza da Hegel è già decisiva: “Per Marx, diversamente da Hegel, l’alienazione non coincideva con l’oggettivazione in quanto tale, ma con una precisa realtà economica e con uno specifico fenomeno: il lavoro salariato […] La diversità politica tra le due interpretazioni è enorme” (p. 311). Una evoluzione che porta Marx fuori dalla filosofia, testimoniata nei Manoscritti del ’44, ed in particolare in Per la critica della filosofia hegeliana del diritto, da una serie di inequivocabili considerazioni contro-filosofiche.
Quel che c’è di buono nella interpretazione filosofica di Marx (peraltro insopportabile) sta unicamente nella impossibilità, sottolineata da Musto, di considerare il marxismo come una dottrina essenzialmente economica (240), in questo senso parlare di Marx “economista” è tanto sbagliato quanto parlare di Marx filosofo, sociologo etc. Vero è, invece, che la sua intuizione del lavoro alienato è “la chiave di tutta l’opera successiva dell’economista e del sociologo” (246) con la sua traduzione e trasposizione nel cuore stesso del Capitale (pp. 307 ssg).
Tutto questo consente di risolvere la questione centrale in tutte le biografie critiche di Marx : la periodizzazione che comporta alcuni problemi di lana caprina: uno o due “Marx”, continuità o discontinuità, “rottura epistemologica” etc etc. Musto non ha dubbi: come in ogni grande pensatore esiste una evoluzione interna, ma “ a differenza da quanto affermato da Althusser, Marx non ha mai […] lasciato intendere la presenza di una ‘cesura’ all’interno della sua opera” (152).
La interessante conclusione a cui sembra arrivare Musto è dunque per la sostanziale continuità di orientamento del pensiero di Marx, ma in una ininterrotta evoluzione che lo mantiene “aperto”, carattere specifico che Musto indica utilizzando il termine di “in-compiutezza” (p. 190). Si tratta, dunque di un pensiero organicamente “problematico e polimorfo”. Mi permetto di sottolineare che questo non significa trovare nel pensiero di Marx ambiguità o contraddizioni di fondo, ma semmai pensieri dialettici di cui non esplicitata e spegata la enorme complessità, un difetto, dal punto di vista del povero lettore di cui il Quaderno M oggetto di alcuni saggi del libro studio è un esempio particolarmente forte.
Ed è questo, sottolinea Musto, “l’orizzonte lungo il quale la ricerca su Marx ha ancora tanti sentieri da percorrere” (216).
Musto sottolinea il particolare interesse della quarta sezione della Mega2. Qui ci si trova al cospetto di una amplissima vastità di interessi, relativi alle conquiste della scienza che si verificavano nell’ultimo quarto del XIX secolo: chimica, fisica, fisiologia, geologia (p. 214), e naturalmente matematica (p. 180). Da questi testi emerge “il grande interesse di Marx per le scienze naturali, quasi del tutto sconosciuto” si tratta dunque di “uno dei campi meno esplorati della ricerca di Marx [che] pongono interrogativi irrisolti circa il motivo di questo interesse”. (214). Va rilevato che non si tratta di banale ‘curiosità’, ma delle dimensioni specifiche della dialettica materialistica che costituisce il fondamento metodologico e scientista del pensiero di Marx: Musto riporta (p.180) il giudizio di Marx a proposito dell’opera di Darwin (Sull’origine della specie): scrivendo ad Engels dice che si tratta del : “libro che contiene i fondamenti storico-naturali del nostro modo di vedere”; si comprende così anche la sintonia tra il Marx, formidabile dialettico dell’economia, e l’Engels autore della (tanto ingiustamente vituperata) Dialettica della natura e dell’Origine della famiglia [2].
[1] Cfr. Cassandra on line, n° 3, giugno 2011; sul punto in questione cfr. Cassandra, ottobre 2011.
[2] Mi permetto di avanzare l’ipotesi che se e quando si diffonderà il riconoscimento della natura scientista del materialismo marxiano, si rileggerà con meno superficialità Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin. Nonché i suoi Quaderni filosofici. In realtà Lenin, di Marx e di Engels, aveva capito più di tanti iperciliosi filologi.
Marcello
Musto