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Marx ai tempi de Il signor Vogt. Appunti di biografia intellettuale (1860-1861)

I. Vicissitudini editoriali delle opere di Marx ed Engels
A dispetto dell’enorme diffusione degli scritti e dell’ampia affermazione delle loro teorie, Marx ed Engels rimangono ancora privi di un’edizione integrale e scientifica delle proprie opere.
La prima ragione di questo paradosso va ricondotta all’incompiutezza e alla frammentarietà dell’opera di Marx, della quale, escludendo gli articoli giornalistici editi nel quindicennio 1848-1862, i lavori pubblicati furono relativamente pochi se comparati ai tanti realizzati solo parzialmente o all’imponente mole di ricerche svolte. A testimoniarlo fu lo stesso Marx che, quando nel 1881, in uno dei suoi ultimi anni di vita, fu interrogato da Karl Kautsky circa l’opportunità di un’edizione completa delle sue opere, rispose: «queste dovrebbero prima di tutto essere scritte». In secondo luogo, sulla pubblicazione dei lavori dei due autori hanno influito le vicende del movimento operaio, che troppo spesso hanno ostacolato, anziché favorito, l’edizione dei loro testi.
Il primo tentativo di pubblicare tutti gli scritti di Marx ed Engels risale agli anni Venti, quando David Borisovič Rjazanov, noto studioso e conoscitore di Marx nonché direttore dell’Istituto Marx-Engels nella neonata repubblica dei Soviet, ne avviò la pubblicazione in lingua originale attraverso la Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA). Tuttavia, a causa delle epurazioni dello stalinismo che s’abbatterono anche sugli studiosi dell’istituto – lo stesso Rjazanov fu destituito e condannato alla deportazione nel 1931 –, il progetto venne interrotto nel 1935 e dei 42 volumi inizialmente previsti ne furono dati alle stampe soltanto 12 (in 13 tomi). Ancora in Unione Sovietica, dal 1928 al 1947, fu pubblicata la prima edizione in russo: la Sočinenija (opere complete). Ad onta del nome, essa riproduceva solo un numero parziale di scritti; ma, con i suoi 28 volumi (in 33 tomi), costituì per l’epoca la raccolta quantitativamente più consistente dei due autori. La seconda Sočinenija, invece, apparve tra il 1955 e il 1966 in 39 volumi (42 tomi).
Dal 1956 al 1968 nella Repubblica Democratica Tedesca, per iniziativa del Comitato Centrale della SED, furono stampati i 41 volumi (in 43 tomi) dei Marx Engels Werke (MEW). Tale edizione, però, tutt’altro che completa, era appesantita dalle introduzioni e dalle note che, concepite sul modello dell’edizione sovietica, ne orientavano la lettura secondo la concezione del «marxismo-leninismo». Ciò nonostante, essa costituì la base di numerose edizioni analoghe in altre lingue tra cui anche le Opere italiane, le quali non furono mai completate e apparvero solo in 32 dei 50 volumi previsti.
Il progetto di una «seconda» MEGA, che si prefiggeva di riprodurre in maniera fedele e con un ampio apparato critico tutti gli scritti dei due pensatori, rinacque durante gli anni Sessanta. Tuttavia, le pubblicazioni, avviate nel 1975, furono anch’esse interrotte, stavolta in seguito al crollo del blocco dei ‘paesi socialisti’.
Nel 1990, con lo scopo di completare l’edizione storico-critica, diversi istituti in Olanda, Germania e Russia hanno costituito la «Internationale Marx-Engels-Stiftung» (IMES). Dopo un’impegnativa fase di riorganizzazione, nella quale sono stati approntati nuovi principi editoriali, e dopo il passaggio di casa editrice, dalla Dietz Verlag all’Akademie Verlag, dal 1998 è ripresa la pubblicazione della Marx-Engels-Gesamtausgabe, la cosiddetta MEGA². Questa impresa riveste grande importanza se si considera che una parte ragguardevole dei manoscritti, dell’imponente corrispondenza e dell’immensa mole di estratti e annotazioni che Marx era solito compilare dai testi che leggeva è ancora inedita [1]. Il progetto complessivo, al quale partecipano studiosi che operano in Germania, Russia, Giappone, Stati Uniti, Olanda, Francia e Danimarca, si divide in quattro sezioni: la prima comprende tutte le opere, gli articoli e le bozze escluso Il capitale; la seconda Il capitale e tutti i suoi lavori preparatori a partire dal 1857; la terza l’epistolario; la quarta gli estratti, le annotazioni e i marginalia. Fino ad oggi, dei 114 volumi previsti ne sono stati pubblicati 52 (ben 12 dopo la ripresa del 1998), ognuno dei quali consta di due tomi: il testo più l’apparato, che contiene gli indici e molte notizie aggiuntive (dettagliate informazioni su www.bbaw.de/vs/mega).
Il volume che qui si presenta [2] è l’ultimo edito. Esso include una parte del carteggio intrattenuto tra Marx ed Engels nel corso delle loro vite, nonché quello intercorso tra loro e i tantissimi corrispondenti con i quali furono in contatto. Il numero complessivo delle lettere di questo epistolario è enorme. Ne sono state ritrovate, infatti, oltre 4.000 scritte da Marx ed Engels, di cui 2.500 sono quelle che essi si sono scambiati direttamente, e 10.000 indirizzate loro da terzi. Altre 6.000, inoltre, pur non essendo state tramandate, hanno lasciato testimonianza certa della loro esistenza. In seguito alle nuove linee editoriali adottate nella MEGA², tutte le lettere seguono rigorosamente il criterio della successione cronologica e i volumi non sono più divisi, come per il passato, in due parti distinte, l’una contenente le lettere scritte da Marx ed Engels e l’altra quelle da loro ricevute.
Il testo in esame presenta la corrispondenza intercorsa tra il giugno del 1860 e il dicembre del 1861, periodo che racchiude, essenzialmente, le tortuose vicende relative alla pubblicazione de Il signor Vogt e al violento scontro che vi fu tra questi e Marx. Delle 386 lettere conservate, 133 sono di Marx ed Engels e 253 quelle da essi ricevute – tra queste ben 204 pubblicate per la prima volta. Delle prime 133, 95 sono quelle scambiate reciprocamente tra i due (73 furono scritte da Marx a Engels e 22 da Engels a Marx – dalla ricostruzione del carteggio è però emerso che almeno 17 lettere di Engels a Marx non sono state tramandate). Undici, infine, sono le lettere scritte da Ferdinand Lassalle a Marx.

II. Il Signor Vogt
Rappresentante della sinistra nell’Assemblea nazionale di Francoforte, durante il 1848-1849, Carl Vogt, esule in Svizzera dopo gli anni rivoluzionari, era, al tempo, professore di scienze naturali a Ginevra. Nella primavera del 1859, egli pubblicò il pamphlet Studien zur gegenwärtige Lage Europas, nel quale sostenne il punto di vista bonapartista in politica estera. Nel giugno dello stesso anno, apparve a Londra un volantino anonimo che denunciava gli intrighi di Vogt in favore di Napoleone III, specialmente i tentativi svolti dal primo per corrompere alcuni giornalisti affinché fornissero versioni filo-bonapartistiche degli avvenimenti politici in corso. L’accusa – che come poi si dimostrò fu opera di Karl Blind, giornalista appartenente al mondo della democrazia e scrittore tedesco emigrato a Londra – venne ripresa dal settimanale «Das Volk», al quale collaboravano anche Marx ed Engels, e dalla «Allgemeine Zeitung» di Augusta. Ciò indusse Vogt a promuovere un’azione legale contro il quotidiano tedesco, che non poté confutare la denuncia a causa dell’anonimato nel quale Blind volle restare. Nonostante la querela fosse stata respinta, Vogt fu il vincitore morale dell’intera faccenda. Così, nel pubblicare il resoconto degli avvenimenti (Mein Prozess gegen die Allgemeine Zeitung), egli accusò Marx di essere l’ispiratore di un complotto nei suoi confronti, nonché il capo di una banda che viveva ricattando coloro che avevano partecipato ai moti rivoluzionari del 1848, in particolare minacciando di rivelare i nomi di quanti non avessero provveduto a pagare il prezzo del silenzio [3].
Oltre ad avere una eco in Francia e Inghilterra, lo scritto di Vogt ebbe un significativo successo in Germania e fece un gran chiasso sui giornali liberali: «naturalmente il giubilo della stampa borghese non ha limiti» [4]. La «National-Zeitung» di Berlino ne pubblicò un riassunto in due lunghi articoli di fondo nel gennaio del 1860 e Marx, di conseguenza, querelò il quotidiano per diffamazione. Il «Supremo Tribunale Reale Prussiano», però, ne respinse l’istanza decretando che gli articoli non oltrepassavano i limiti di una critica consentita e che da essi non risultava l’intenzione di offendere. Il sarcastico commento di Marx alla sentenza fu: «Come quel turco che tagliò la testa a un greco, senza aver intenzione di fare del male» [5].
Il testo di Vogt mescolava, con abile maestria, accadimenti veri ad altri completamente inventati, così da poter fare sorgere dubbi sulla reale storia dell’emigrazione tra quanti non erano al corrente di tutti gli avvenimenti. Dunque, per salvaguardare la propria reputazione, Marx si sentì obbligato a organizzare la sua difesa e fu così che, alla fine di febbraio del 1860, cominciò a raccogliere il materiale per un libro contro Vogt. Ciò avvenne utilizzando due strade. Anzitutto, egli scrisse decine di lettere ai militanti con i quali aveva avuto rapporti politici durante e dopo il 1848, al fine di ottenere da loro tutti i documenti possibili riguardanti Vogt [6]. Inoltre, per illustrare al meglio la politica dei principali Stati europei e rivelare il ruolo reazionario di Bonaparte, egli condusse vasti studi sulla storia politica e diplomatica del XVII, XVIII e XIX secolo [7]. Questa ultima parte è senza dubbio la più interessante dello scritto, nonché – insieme con quella che contiene la ricostruzione della storia della «Lega dei Comunisti» – l’unica a conservare valore per il lettore contemporaneo. Ad ogni modo, come accadeva sempre a Marx, i suoi studi aumentarono di molto le dimensioni del libro, che gli «cresceva sotto le mani» [8]. Inoltre, i tempi del suo completamento si prolungarono sempre di più. Infatti, nonostante Engels lo esortasse – «Sii dunque almeno una volta un po’ superficiale per poter uscire a tempo giusto» [9] – e scrivesse a Jenny Marx: «Noi facciamo sempre le cose più stupende, ma facciamo sempre in modo che non escano al tempo giusto, e così cadano tutte a vuoto (…) mi raccomando, di fare il possibile perché si faccia qualcosa, ma subito, per trovare l’editore e perché l’opuscolo sia finalmente pronto» [10], Marx si decise a terminarlo solo in novembre.
Egli avrebbe voluto intitolare il libro «Dâ-Dâ-Vogt» [11], per richiamare la somiglianza di vedute tra Vogt e il giornalista bonapartista arabo, a lui contemporaneo, Dâ-Dâ-Roschaid. Questi, traducendo i pamphlet bonapartisti in arabo per ordine delle autorità di Algeri, aveva definito l’imperatore Napoleone III «il sole di beneficenza, la gloria del firmamento» [12] e a Marx nulla pareva più appropriato per Vogt che l’epiteto di « Dâ-Dâ tedesco» [13]. Tuttavia, Engels lo convinse a optare per un più comprensibile Herr Vogt (Il signor Vogt).
Ulteriori problemi si manifestarono rispetto al luogo di pubblicazione del libro. Engels, in proposito, raccomandò vivamente di far uscire il libro in Germania: «Bisogna a tutti i costi evitare di stampare il tuo opuscolo a Londra (…) Abbiamo già fatto esperienza centinaia di volte con la letteratura dell’emigrazione, sempre senza nessuna riuscita, sempre denaro e lavoro buttati per niente e per di più la rabbia» [14]. Tuttavia, poiché nessun editore tedesco si rese disponibile, Marx pubblicò il libro a Londra presso l’editore Petsch e ciò fu possibile, per giunta, solo grazie a una raccolta di denaro per pagarne le spese. Engels commentò che sarebbe stato «preferibile stampare in Germania e bisognava assolutamente riuscirci (…) un editore tedesco (…) ha ben altra forza per spezzare la cospiration du silence» [15].
La confutazione delle accuse di Vogt tenne impegnato Marx per un anno intero, costringendolo a tralasciare del tutto i suoi studi economici che, secondo il contratto stilato con l’editore Duncker di Berlino, avrebbero dovuto proseguire con il seguito di Per la critica dell’economia politica, pubblicata nel 1859. A quanto pare, la frenesia che lo aveva pervaso durante questa vicenda contagiò anche coloro che gli erano più vicino. La moglie Jenny trovava Il signor Vogt una fonte di «piacere e diletto senza fine»; Engels affermò che l’opera era «certamente il migliore lavoro polemico che [egli avesse] scritto finora» [16]; Lassalle salutò il testo come «una cosa magistrale in tutti i sensi» [17]; Wilhelm Wolff, infine, disse: «è un capolavoro dall’inizio alla fine» [18].
In realtà, per poter essere compreso oggi in tutte i suoi riferimenti e allusioni, Il signor Vogt richiede un ampio commento. Inoltre, tutti i principali biografi di Marx sono stati unanimi nel considerare questa opera come un notevole spreco di tempo ed energie. Nel ricordare come diversi conoscenti di Marx avessero tentato di dissuaderlo dall’intraprendere questa impresa, Franz Mehring affermò come «si sarebbe tentati di desiderare che egli avesse dato ascolto a queste voci [poiché] essa ostacolò (…) la grande opera della sua vita (…) a causa del costoso dispendio di forza e tempo che inghiottì senza reale guadagno» [19]. Di analogo parere, nel 1929, Karl Vorländer scrisse: «Oggi, dopo due generazioni, si può a ragione dubitare se valesse la pena sprecare, in questa miserabile faccenda, durata quasi un anno, tanto lavoro spirituale e tante spese finanziarie per scrivere un opuscolo di 191 pagine redatto con brillante arguzia, con motti e citazioni da tutta la letteratura mondiale (Fischart, Calderon, Shakespeare, Dante, Pope, Cicerone, Boiardo, Sterne, e dalla letteratura medio-alto tedesca), nel quale egli si scagliava contro l’odiato avversario» [20]. Anche Nikolaevskij e Maenchen-Helfen biasimarono il fatto che: «Marx aveva impiegato oltre un anno a difendersi contro il tentativo di metter fine alla sua vita politica con le denunce [e che] solo verso la metà del 1861 poté riprendere la sua opera di economia» [21]. Ancora, secondo David McLellan, la polemica contro Carl Vogt «fu un chiaro esempio della singolare capacità [di Marx] di produrre una gran quantità di energie su argomenti assolutamente trascurabili e del suo talento per l’invettiva» [22]. Francis Wheen, infine, si è così interrogato: «Per rispondere alle calunnie pubblicate sulla stampa svizzera da un oscuro politico, tale Carl Vogt, era proprio necessario scrivere un libro di duecento pagine?» [23] E, continuando, notò che: «i quaderni di economia giacquero chiusi sulla sua scrivania mentre il loro proprietario si distraeva con una contesa, tanto spettacolare quanto superflua (…) una violenta replica che, sia per lunghezza sia per il tono furibondo, superava di gran lunga il libello originario a cui intendeva rispondere»[24].
Ciò che colpisce più di ogni altra cosa di questo scritto è l’uso spropositato, nelle argomentazioni di Marx, dei riferimenti letterari. Accanto agli autori già menzionati da Vorländer, sul palcoscenico di questa opera compaiono, tra gli altri, Virgilio, diversi personaggi della Bibbia nella traduzione di Lutero, Schiller, Byron, Hugo e, naturalmente, gli amatissimi Cervantes, Voltaire, Goethe, Heine e Balzac [25]. Tuttavia, queste citazioni – e, dunque, il prezioso tempo impegnato per inserirle nel testo – non rispondevano soltanto al desiderio di Marx di mostrare la superiorità della sua cultura su quella di Vogt o a quello di rendere, attraverso spunti satirici, il pamphlet più gradevole ai lettori. Esse riflettono due caratteristiche essenziali della personalità di Marx. La prima è la grandissima importanza che egli attribuì, per tutto il corso della propria esistenza, allo stile e alla struttura delle sue opere, anche quelle minori o solo polemiche come Il signor Vogt. La mediocrità della gran parte degli scritti che, nelle sue tante battaglie, egli contrastò, la loro forma scadente, la costruzione incerta e sgrammaticata, la mancanza di logica nelle formulazioni e la presenza in essi di tanti errori suscitarono sempre grande sdegno in Marx [26]. Così, accanto al conflitto di natura teorica, egli si scagliò anche contro la intrinseca volgarità, la mancanza di qualità delle opere dei suoi contendenti e volle mostrare loro non solo la giustezza di ciò che egli scriveva, ma anche quale era il modo migliore per farlo. La seconda impronta tipicamente marxiana, che si intravede attraverso l’imponente lavoro di preparazione de Il signor Vogt, è l’aggressività e l’irrefrenabile virulenza con la quale egli si lanciava contro i suoi avversari diretti. Fossero essi filosofi, economisti o militanti politici e si chiamassero Bauer, Stirner, Proudhon, Vogt, Lassalle o Bakunin, Marx voleva come annientarli, dimostrarne in ogni modo possibile l’infondatezza delle concezioni, costringerli alla resa mettendoli nell’impossibilità di produrre obiezioni alle sue asserzioni. Così, guidato da questo impeto, era tentato dal seppellire i suoi antagonisti sotto montagne di argomentazioni critiche e, quando questa furia s’impossessava di lui, al punto da fargli perdere di vista anche il suo progetto di critica dell’economia politica, ecco che egli non si accontentava più dei ‘soli’ Hegel, Ricardo o dell’utilizzazione degli avvenimenti storici, ma si serviva di Eschilo, Dante, Shakespeare e Lessing. Il signor Vogt fu come un incontro nefasto tra queste due componenti del suo carattere. Un corto circuito causato da uno degli esempi più eclatanti di cialtroneria letteraria, così tanto odiata da Marx, e dalla volontà di distruggere il nemico che, con la menzogna, ne aveva minacciato la credibilità e tentato di macchiare la storia politica.
Con questo libro, Marx si aspettava di suscitare scalpore e tentò il più possibile di farne parlare la stampa tedesca. Tuttavia, i giornali e lo stesso Vogt non gli concessero nessuna attenzione: «I cani (…) vogliono ammazzar la cosa col silenzio» [27]. Anche «l’uscita di una rielaborazione francese, molto abbreviata, che si trovava in corso di stampa» [28], venne impedita poiché il volume fu colpito dalla censura e incluso nella lista dei volumi proibiti. Marx ed Engels viventi, non apparve nessun’altra edizione de Il signor Vogt e non ne furono ristampati che brevi passi scelti. In traduzione italiana il libro uscì solo cinquant’anni dopo, nel 1910, presso Luigi Mongini Editore.

III. Marx negli anni 1860-1861: miseria, critica dell’economia politica e giornalismo
A prolungare i ritardi del lavoro di Marx e a complicare terribilmente la sua situazione personale contribuirono le sue due nemiche giurate di sempre: la miseria e la malattia. In questo periodo, infatti, la condizione economica di Marx fu davvero disperata. Accerchiato dalle richieste dei tanti creditori e con alle porte lo spettro costante delle ingiunzioni del broker, l’ufficiale giudiziario, egli si lamentava con Engels affermando: «Come potrò cavarmela non so, perché tasse, scuole, casa, droghiere, macellaio, dio e il diavolo non vogliono più darmi tregua» [29]. Alla fine del 1861, la situazione divenne ancor più disperata e per resistere, accanto al costante aiuto dell’amico – verso il quale egli provava immensa gratitudine «per le straordinarie prove d’amicizia» [30] –, Marx fu costretto a dare in pegno «tutto fuori che i muri della casa» [31]. Sempre all’amico, egli scrisse: «Di qual giubilo non m’avrebbe riempito l’animo il fiasco del sistema finanziario decembrista, da me così a lungo e così spesso pronosticato sulla ‘Tribune’, se fossi libero da queste pidocchierie e vedessi la mia famiglia non schiacciata da queste miserabili angustie!» [32] Inoltre, nell’indirizzargli, alla fine di dicembre, gli auguri per il nuovo anno alle porte, si espresse così: «Se questo dovesse essere uguale al trascorso, per quel che mi riguarda, desidererei piuttosto l’inferno» [33].
Accanto agli sconfortanti problemi di natura finanziaria si accompagnarono, puntualmente, quelli di salute, che i primi concorsero a determinare. Lo stato di profonda depressione che colse per molte settimane la moglie di Marx, Jenny, la rese maggiormente recettiva a contrarre il vaiolo, del quale si ammalò alla fine del 1860, rischiando seriamente la vita. Per l’intero corso della malattia e la degenza della sua compagna, Marx fu costantemente al suo capezzale e riprese la sua attività solo quando Jenny fu fuori pericolo. Durante il tempo trascorso, come egli scrisse a Engels, lavorare era stato del tutto fuori questione: «La sola occupazione con la quale posso conservare la necessaria tranquillità d’animo, è la matematica» [34], una delle più grandi passioni intellettuali della sua esistenza. Pochi giorni dopo, inoltre, aggiungeva che una circostanza che l’aveva «molto aiutato [era] stato un terribile mal denti». Recatosi dal dentista per farsi estrarre un dente, questi gliene aveva lasciato per errore una scheggia, così da fargli venire una faccia «gonfia e dolente e la gola mezza chiusa». Pertanto, Marx affermava stoicamente: «Questo malessere fisico stimola molto le facoltà di pensare e perciò la capacità di astrazione, poiché, come dice Hegel, il pensiero puro o l’essere puro o il nulla sono la medesima cosa» [35]. Nonostante i problemi, nel corso di queste settimane egli ebbe l’occasione di leggere molti libri e tra questi Sull’origine della specie attraverso la selezione naturale di Charles Darwin, dato alle stampe l’anno prima. Il commento che Marx comunicò per lettera a Engels era destinato a far discutere schiere di studiosi e militanti socialisti: «Per quanto svolto grossolanamente all’inglese, ecco qui il libro che contiene i fondamenti storico-naturali del nostro modo di vedere» [36].
Al principio del 1861, le condizioni di Marx si aggravarono a causa di una infiammazione al fegato che lo aveva già colpito l’estate precedente: «Sono tribolato come Giobbe, quantunque non altrettanto timorato di Dio» [37]. In particolare, lo stare curvo gli procurava enorme sofferenza e scrivere gli fu interdetto. Così, per superare la «condizione schifosissima che [lo] rende[va] incapace di lavorare»[38], egli si rifugiò ancora nelle letture: «Alla sera per sollievo [leggo] le guerre civili romane di Appiano nel testo greco originale. Libro di gran valore (…) Spartaco vi figura come il tipo più in gamba che ci sia posto sotto gli occhi da tutta la storia antica. Grande generale (non un Garibaldi), carattere nobile, real representative dell’antico proletariato» [39].
Ristabilitosi dalla malattia alla fine del febbraio 1861, Marx si recò a Zalt-Bommel in Olanda per cercare una soluzione alle proprie difficoltà finanziarie. Lì trovò l’aiuto dello zio Lion Philips, uomo di affari e fratello del padre del futuro fondatore della fabbrica di lampade da cui discende una delle più importanti aziende di apparecchiature elettroniche al mondo, che accettò di anticipargli 160 sterline della futura eredità materna. Da qui, Marx si recò clandestinamente in Germania, ove fu ospite di Lassalle a Berlino per quattro settimane. Quest’ultimo lo aveva ripetutamente sollecitato a promuovere insieme la fondazione di un organo di ‘partito’ e ora, con l’amnistia promulgata nel gennaio del 1861, si presentavano anche le condizioni affinché Marx riottenesse la cittadinanza prussiana, che gli era stata tolta dopo l’espulsione del 1849, e potesse trasferirsi a Berlino. Tuttavia, lo scetticismo che Marx nutriva nei confronti di Lassalle impedì che il progetto venisse mai preso seriamente in esame [40]. Di ritorno dal suo viaggio, egli descrisse così a Engels l’intellettuale e militante tedesco: «Lassalle, abbagliato dalla considerazione di cui gode in certi circoli dotti per il suo Eraclito e in un altro cerchio di scrocconi per il vino buono e la cucina, naturalmente non sa che presso il grande pubblico è screditato. Inoltre ci sono la sua prepotenza, il suo impigliarsi nel ‘concetto speculativo’ (il giovanotto sogna perfino di voler scrivere una nuova filosofia hegeliana alla seconda potenza), l’essere infetto di vecchio liberalismo francese, la sua penna prolissa, la sua importunità, la mancanza di tatto, ecc. Lassalle, tenuto sotto una stretta disciplina, potrebbe render servigi come uno dei redattori. Altrimenti solo compromettere le cose» [41]. Il giudizio di Engels non era da meno, poiché lapidariamente ne scriveva: «Quest’uomo non lo si può correggere» [42]. In ogni caso, la domanda di cittadinanza di Marx fu respinta rapidamente e, poiché egli non si fece mai naturalizzare in Inghilterra, rimase apolide per tutto il resto della vita.
Di questo soggiorno tedesco, la corrispondenza di Marx offre divertenti resoconti che agevolano la comprensione del suo carattere. I suoi ospiti, Lassalle e la sua compagna, la contessa Sophie von Hatzfeldt, si prodigarono ad organizzare per lui una serie di attività che solo le sue lettere mostrano quanto egli detestasse profondamente. Da un breve resoconto dei primi giorni trascorsi in città, lo vediamo alle prese con la mondanità. Il martedì sera era tra gli spettatori di «una commedia berlinese piena di autocompiacimento prussiano: tutto sommato una faccenda disgustosa». Al mercoledì fu costretto ad assistere a tre ore di balletto all’Opera – «una roba davvero mortalmente noiosa» – e, per giunta, «horribile dictu» [43], «in un palco proprio vicinissimo a quello del ‘bel Guglielmo’» [44], il re in persona. Il giovedì Lassalle diede un pranzo in suo onore al quale presero parte alcune ‘celebrità’. Per nulla allietato dalla circostanza, a mo’ di esempio del riguardo che nutriva per i suoi commensali, Marx diede questa descrizione della sua vicina di tavola, la redattrice letteraria Ludmilla Assing: «È la creatura più brutta che io abbia mai visto in vita mia, con una laida fisionomia ebraica, un naso sottile assai sporgente, eternamente sorridente e ridacchiante, sempre a parlare una prosa poetica, continuamente nello sforzo di dire qualcosa di straordinario, fingendo entusiasmo e spruzzando saliva sui suoi ascoltatori durante gli spasimi delle sue estasi» [45]. A Carl Siebel, poeta renano e lontano parente di Engels, scrisse: «Qui mi annoio a morte. Vengo trattato come una specie di leone da salotto e sono costretto a vedere molti signori e signore ‘di ingegno’. È terribile» [46]. In seguito, scrisse ad Engels: «Anche Berlino non è che un paesone», mentre a Lassalle non poté negare che la cosmopolitica Londra esercitava su di lui «una straordinaria attrazione», sebbene egli ammettesse di vivere «come un eremita in questo buco gigantesco» [47]. E così, dopo essere passato per Elberfeld, Bermen, Colonia, la sua Treviri e poi ancora in Olanda, vi fece ritorno il 29 aprile. Ad attenderlo c’era la sua «Economia».
Come ricordato, nel giugno del 1859, Marx aveva pubblicato il primo fascicolo di Per la critica dell’economia politica e aveva in programma di far seguire ad esso una seconda dispensa il più presto possibile. Nonostante gli annunci ottimistici che egli era solito fare in proposito – nel novembre del 1860 scrisse a Lassalle: «Penso che entro pasqua potrà uscire la seconda parte» [48] –, per le vicissitudini sin qui narrate, trascorsero invano oltre due anni affinché egli potesse ritornare ai suoi studi. D’altronde, egli era profondamente frustrato delle circostanze e se ne lamentò con Engels in luglio: «Non vado avanti così rapidamente come vorrei, perché ho molti problemi domestici» [49]; e ancora in dicembre: «Il mio scritto prosegue, ma adagio. Infatti non era possibile risolvere rapidamente tali questioni teoriche in mezzo a simili circostanze. E pertanto verrà molto più popolare e il metodo molto più dissimulato che nella prima parte» [50]. Ad ogni modo, nell’agosto del 1861 riprese con assiduità a lavorare alla sua opera.
Fino al giugno del 1863, redasse i 23 quaderni – di 1472 pagine in quarto – che comprendono le Teorie sul plusvalore. La prima delle tre fasi di questa nuova redazione dell’«Economia», quella relativa ai primi cinque quaderni di questo gruppo, corre dall’agosto del 1861 al marzo 1862. Essi trattano la trasformazione del denaro in capitale – tema affrontato nel libro primo de Il capitale – e costituiscono la prima redazione esistente di tale argomento. Differentemente dalle Teorie sul plusvalore, date alle stampe da Kautsky tra il 1905 e il 1910, seppure in un’edizione rimaneggiata e spesso poco conforme agli originali, questi quaderni sono stati ignorati per oltre cent’anni. Essi furono pubblicati per la prima volta solo nel 1973, in traduzione russa, quale volume aggiunto (numero 47) delle Sočinenija. La versione in lingua originale, invece, uscì solo nel 1976 nella ‘seconda’ MEGA[51].
L’ultima fase del 1861 è anche quella durante la quale Marx riprese la sua collaborazione con la «New-York Tribune» e scrisse per il quotidiano liberale di Vienna «Die Presse». La maggior parte delle sue corrispondenze di questo periodo furono dedicate alla guerra civile negli Stati Uniti. In essa, secondo Marx, «la lotta si gioca[va] tra la più alta forma di autogoverno popolare mai realizzata finora e la più abbietta forma di schiavitù umana che la storia conosca»[52]. Questa valutazione rende palese, più di ogni altra possibile, l’abisso che lo separava da Garibaldi, che aveva rifiutato l’offerta del governo nordista di assumere un posto di comando nell’esercito, perché riteneva che tale guerra fosse solo un conflitto di potere e non riguardasse l’emancipazione degli schiavi. Rispetto a tale posizione e a una tentata iniziativa di pacificazione tra le parti operata dall’italiano, Marx commentò con Engels: «Quell’asino di Garibaldi si è reso ridicolo con la lettera sulla concordia agli yankees» [53]. Nei suoi articoli, inoltre, Marx analizzò le ricadute economiche del conflitto americano per l’Inghilterra, della quale prese in esame lo sviluppo del commercio, la situazione finanziaria, nonché le opinioni che ne attraversavano la società. Su questo punto, un interessante riferimento è contenuto anche in una lettera a Lassalle: «Naturalmente tutta la stampa ufficiale inglese è per gli slave-holders (schiavisti). Sono proprio gli stessi personaggi che hanno stancato il mondo con il loro filantropismo contro il commercio degli schiavi. Ma: cotone, cotone!» [54]
Sempre nelle lettere a quest’ultimo, infine, Marx sviluppò diverse riflessioni relative a uno dei temi politici per il quale, in quegli anni, profuse l’impegno maggiore: la violenta opposizione alla Russia e ai suoi alleati Henry Palmerston e Luigi Bonaparte. In particolare, Marx si diede da fare nel chiarire a Lassalle la legittimità della convergenza, in questa battaglia, tra il loro ‘partito’ e quello di David Urquhart, un politico tory di vedute romantiche. Di questi, che nei primi anni Cinquanta aveva avuto l’audacia di ripubblicare, in funzione anti-russa e anti-whig, gli articoli di Marx contro Palmerston, apparsi sull’organo ufficiale dei cartisti inglesi, egli scrisse: «è certamente un reazionario dal punto di vista soggettivo (…) ciò non impedisce affatto al movimento che egli guida in politica estera di essere oggettivamente rivoluzionario (…) la cosa mi è indifferente come lo sarebbe a te se, per esempio in una guerra contro la Russia, il tuo vicino sparasse sui russi per motivi nazionali o rivoluzionari» [55]. E ancora: «Del resto va da sé che nella politica estera frasi come ‘reazionario’ e ‘rivoluzionario’ non servono a nulla» [56].
Risale al 1861, infine, anche la prima fotografia conosciuta di Marx [57]. L’immagine lo ritrae mentre posa in piedi con le mani poggiate su di una sedia davanti a lui. I capelli folti appaiono già bianchi, mentre la barba fitta è di un nero corvino. Lo sguardo deciso non lascia trasparire l’amarezza per le sconfitte subite e per le tante difficoltà che lo attanagliavano, ma, piuttosto, la fermezza d’animo che lo contraddistinse per tutta l’esistenza. Eppure, inquietudine e malinconia percorrevano anche lui, che nello stesso periodo in cui fu scattata quella foto scriveva: «Onde mitigare il profondo malumore causato dalla mia situazione incerta in ogni senso, leggo Tucidide. Almeno questi antichi rimangono sempre nuovi» [58]. Anche limitandosi a leggere soltanto le sue lettere, come non affermare, oggi, lo stesso anche di quel grande classico della modernità che è Karl Marx?

 

References
1. Per maggiori notizie in proposito si veda Marcello Musto (a cura di), Sulle tracce di un fantasma. L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia, Manifestolibri, Roma 2006 (2005).
2. Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA2), Dritte Abteilung, Band 11: Briefwechsel Juni 1860 bis Dezember 1861, a cura di Rolf Dlubek e Vera Morozova e con la partecipazione di Galina Golovina e Elena Vaščenko, Akademie Verlag, Berlin 2005, 2 voll., 1467 pp., € 178.
3. Nel 1870, nelle carte degli archivi francesi pubblicate dal governo repubblicano dopo la fine del Secondo Impero, furono trovati i documenti che comprovavano che Vogt era stato sul libro paga di Napoleone III. Questi, infatti, nell’agosto del 1859 gli aveva versato 40.000 franchi dai suoi fondi segreti. Cfr. Papiers et correspondance de la famille impériale. Édition collationnées sur le texte de l’imprimerie nationale, Vol. II, Paris 1871, p. 161.
4. Karl Marx a Friedrich Engels, 31 gennaio 1860, in Marx Engels Opere, vol. XLI, Editori Riuniti, Roma 1973, p. 17.
5. Karl Marx, Herr Vogt, in Marx Engels Opere, vol. XVII, Editori Riuniti, Roma 1986, p. 271.
6. Sull’importanza di queste lettere quale strumento di comunicazione politica tra i militanti delle rivoluzioni del 1848-1849 e per analizzare il conflitto tra Marx e Vogt da una prospettiva generale – e dunque non solo dal punto di vista di Marx – si rimanda a Christian Jansen, Politischer Streit mit harten Bandagen. Zur brieflichen Kommunikation unter den emigrierten Achtundvierzigern – unter besonderer Berücksichtigung der Controverse zwischen Marx und Vogt , in Jürgen Herres – Manfred Neuhaus (a cura di), Politische Netzwerke durch Briefkommunikation, Akademie Verlag, Berlin 2002, pp. 49-100, che prende in esame le motivazioni politiche che avrebbero spinto Vogt a parteggiare per Bonaparte. Il saggio contiene anche un’appendice di lettere scritte da Vogt e altre a lui indirizzate. Di altrettanto interesse, perché privi della scontata e spesso dottrinale interpretazione di parte marxista, i testi di Jacques Grandjonc – Hans Pelger, Gegen die “Agentur Fazy/Vogt. Karl Marx’ “Herr Vogt” (1860) e Georg Lommels, “Die Wahrheit über Genf” (1865). Quellen- und textgeschichtliche Anmerkungen, entrambi in «Marx-Engels-Forschungs-berichte», 1990 (Nr. 6), pp. 37-86 e quello dello stesso Lommels, Les implicationes de l’affaire Marx-Vogt, in Jean-Claude Pont – Daniele Bui – Françoise Dubosson – Jan Lacki (a cura di), Carl Vogt (1817-1895). Science, philosophie et politique, Georg, Chêne-Bourg 1998, pp. 67-92.
7. Frutto di queste ricerche furono i sei quaderni di estratti da libri, riviste e quotidiani dei più differenti orientamenti. Questo materiale – denominato Vogtiana –, che mostra il modo in cui Marx utilizzava i risultati dei suoi studi per le opere che scriveva, è ancora inedito e sarà pubblicato nel volume IV/16 della MEGA².
8. Karl Marx a Friedrich Engels, 6 dicembre 1860, in MEGA² III/11, Akademie Verlag, Berlin 2005, p. 250; tr. it. Marx Engels Opere, vol. XLI, op. cit., p. 135.
9. Friedrich Engels a Karl Marx, al più tardi 29 giugno 1860, Ivi, p. 72; tr. it. Ivi, p. 83.
10. Friedrich Engels a Jenny Marx, 15 agosto 1860, Ivi, p. 113; tr. it. Ivi, p. 604.
11. Karl Marx a Friedrich Engels, 25 settembre 1860, Ivi, p. 180; tr. it. Ivi, p 108.
12. Cfr. Karl Marx, Herr Vogt, op. cit., p. 180.
13. Ibidem.
14. Friedrich Engels a Karl Marx, 15 settembre 1860, in MEGA² III/11, op. cit., p. 158; tr. it. Marx Engels Opere, vol. XLI, op. cit., p. 103.
15. Friedrich Engels a Karl Marx, 5 ottobre 1860, Ivi, p. 196; tr. it. Ivi, p. 114.
16. Friedrich Engels a Karl Marx, 19 dicembre 1860, Ivi, p. 268; tr. it. Ivi, p. 143.
17. Ferdinand Lassalle a Karl Marx, 19 gennaio 1861, Ivi, p. 321.
18. Wilhelm Wolff a Karl Marx, 27 dicembre 1860, Ivi, p. 283.
19. Franz Mehring, Vita di Marx, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 295.
20. Karl Vorlaender, Karl Marx, Sansoni, Firenze 1948, pp. 209-210.
21. Boris Nikolaevskij – Otto Maenchen-Helfen, Karl Marx. La vita e l’opera, Einaudi, Torino 1969, p. 284.
22. David McLellan, Karl Marx, Rizzoli, Milano 1976, p. 317.
23. Francis Wheen, Marx. Vita pubblica e privata,Mondadori, Milano 2000, p. 145. Bisogna tuttavia sottolineare che – diversamente da quanto affermato da Wheen – Vogt non fu affatto un «oscuro politico». Tra i maggiori esponenti dell’Assemblea Nazionale di Francoforte del 1848-1849 e protagonista della guerra per la ‘difesa della Costituzione del Reich’, egli svolse sicuramente un importante ruolo nella storia tedesca di quel periodo.
24. Ivi , pp. 204 e 207.
25. In proposito si rimanda alle riflessioni di S. S. Prawer, La biblioteca di Marx, Garzanti, Milano 1978: «in Herr Vogt sembra che Marx sia incapace di considerare qualsiasi fenomeno politico o sociale senza associarlo a qualche riferimento alla letteratura mondiale», p. 263, e che fa notare che questo testo può essere studiato «come antologia dei vari metodi che Marx aveva appreso per incorporare allusioni e citazioni letterarie nelle sue polemiche», p. 260. La ragguardevole importanza delle influenze letterarie nelle opere di Marx e dell’eruditissimo retroterra culturale della sua teoria critica suscita, d’altronde, sempre maggiore attenzione. In proposito si veda il recente Francis Wheen, Marx’s Das Kapital. A biography, Atlantic Books, London 2006.
26. Su questo punto si vedano ancora le brillanti considerazioni di S. S. Prawer, op. cit., p. 264.
27. Karl Marx a Friedrich Engels, 22 gennaio 1861, in MEGA² III/11, op. cit., p. 325; tr. it. Marx Engels Opere, vol. XLI, op. cit., p. 162.
28. Karl Marx a Friedrich Engels, 16 maggio 1861, Ivi, p. 476; tr. it. Ivi, p. 188.
29. Karl Marx a Friedrich Engels, 29 gennaio 1861, Ivi, p. 333; tr. it. Ivi, p. 164.
30. Karl Marx a Friedrich Engels, 27 febbraio 1861, Ivi, p. 380; tr. it. Ivi, p. 177.
31. Karl Marx a Friedrich Engels, 30 ottobre 1861, Ivi, p. 583; tr. it. Ivi, p. 217.
32. Karl Marx a Friedrich Engels, 18 novembre 1861, Ivi, p. 599; tr. it. Ivi, p. 222.
33. Karl Marx a Friedrich Engels, 27 dicembre 1861, Ivi, p. 636; tr. it. Ivi, p. 237.
34. Karl Marx a Friedrich Engels, 23 novembre 1860, Ivi, p. 229; tr. it. Ivi, p. 124.
35. Karl Marx a Friedrich Engels, 28 novembre 1860, Ivi, p. 236; tr. it. Ivi, p. 128.
36. Karl Marx a Friedrich Engels, 19 dicembre 1860, Ivi, p. 271; tr. it. Ivi, p. 145.
37. Karl Marx a Friedrich Engels, 18 gennaio 1861, Ivi, p. 319; tr. it. Ivi, p. 160.
38. Karl Marx a Friedrich Engels, 22 gennaio 1861, Ivi, p. 325; tr. it. Ivi, p. 162.
39. Karl Marx a Friedrich Engels, 27 febbraio 1861, Ivi, p. 380; tr. it. Ivi, p. 176.
40. Per maggiori notizie su questo periodo trascorso da Marx a Berlino, si veda il recente articolo di Rolf Dlubek, Auf der Suche nach neuen politischen Wirkungsmöglichkeiten. Marx 1861 in Berlin, in «Marx-Engels Jahrbuch», 2004, Akademie Verlag, Berlin 2005, pp. 142-175.
41. Karl Marx a Friedrich Engels, 7 maggio 1861, in MEGA/2 III/11, op. cit., p. 460; tr. it. Marx Engels Opere, vol. XLI, op. cit., pp. 180-181.
42. Friedrich Engels a Karl Marx, 6 febbraio 1861, Ivi, p. 347; tr. it. Ivi, p. 171.
43. Karl Marx a Antoinette Philips, 24 marzo 1861, Ivi, p. 404; tr. it. Ivi, p. 642.
44. Karl Marx a Friedrich Engels, 10 maggio 1861, Ivi, p. 470; tr. it. Ivi, p. 186.
45. Karl Marx a Antoinette Philips, 24 marzo 1861, Ivi, p. 404; tr. it. Ivi, p. 642.
46. Karl Marx a Carl Siebel, 2 aprile 1861, Ivi, p. 419; tr. it. Ivi, p. 646.
47. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 8 maggio 1861, Ivi, p. 464; tr. it. Ivi, p. 656.
48. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 15 settembre 1860, Ivi, p. 161; tr. it. Ivi, p. 615.
49. Karl Marx a Friedrich Engels, 20 luglio 1861, Ivi, p. 542; tr. it. Ivi, p. 212.
50. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 9 dicembre 1861, Ivi, p. 616; tr. it. Ivi, p. 230.
51. MEGA² II/3.1, Dietz Verlag, Berlin 1976. La traduzione italiana apparve velocemente a cura di Lorenzo Calabi: Karl Marx, Manoscritti del 1861-1863, Editori Riuniti, Roma 1980, ma non riuscì a essere inclusa nei volumi delle Opere.
52. Karl Marx, Die Londoner «Times» über die Prinzen von Orleans in Amerika, 7-XI-1861, in MEW 15, Dietz Verlag, Berlin 1961, p. 327.
53. Karl Marx a Friedrich Engels, 10 giugno 1861, in MEGA² III/11, op. cit., p. 493; tr. it. Marx Engels Opere, vol. XLI, op. cit., p. 190.
54. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 29 maggio 1861, Ivi, p. 480; tr. it. Ivi, p. 658.
55. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 1 o 2 giugno 1860, Ivi, p. 19; tr. it. Ivi, p. 596.
56. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 1 o 2 giugno 1860, Ivi, p. 20; tr. it. Ivi, p. 597.
57. Essa è databile al mese di aprile: vedi MEGA² III/11, op. cit., p. 465.
58. Karl Marx a Ferdinand Lassalle, 29 maggio 1861, Ivi, p. 481; tr. it. Marx Engels Opere, vol. XLI, op. cit., p. 659.

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L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia

E’ in corso da qualche anno, in Europa e nel resto del mondo, un risveglio d’interesse per lo studio di Marx. La persistente capacità esplicativa e critica del mondo d’oggi e delle sue contraddizioni ripropone con forza il suo pensiero, tanto apparentemente fuori moda quanto invece in sé rilevante.
Anche in Italia finalmente, dopo molti anni di silenzio, si è ricominciato a discutere con attenzione la sua opera. L’occasione è venuta dalla conferenza internazionale “Sulle tracce di un fantasma. L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia”, promossa da un ampio arco di università (le tre napoletane Federico II, Suor Orsola Benincasa, L’Orientale e l’Università degli Studi di Bari) e patrocinata da diverse istituzioni culturali tra le quali l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Per prendere parte ad essa, sono giunti a Napoli dal 1 al 3 aprile, provenienti da dieci paesi diversi, dal Giappone al Messico, dalla Cina a mezz’Europa, trenta tra i massimi studiosi marxiani di tutto il mondo. Il confronto è stato di grande interesse e pieno di fecondi sviluppi per il futuro.

L’incontro internazionale ha articolato i propri lavori in cinque sessioni che hanno dato conto delle nuove acquisizioni delle ricerche filologiche; della ripresa degli studi filosofici, in riferimento alle opere giovanili cosí come a Il Capitale; del confronto tra alcune delle piú prestigiose riviste e pubblicazioni internazionali che si interessano di questi temi ed infine della loro attualità.

Primo obiettivo degli organizzatori è stato la presentazione, per la prima volta al pubblico italiano, dei risultati della riorganizzazione e della continuazione della nuova edizione, in lingua originale, delle opere di Marx ed Engels. Per quanto possa stupire, Marx resta tutt’oggi un autore mal conosciuto. Infatti, nonostante l’affermazione delle sue teorie, divenute l’ideologia dominante del XX secolo e dottrina di Stato per una gran parte del genere umano, ed a dispetto dell’enorme massa di pubblicazioni dei suoi scritti, egli rimane un autore privo di un’edizione integrale e scientifica delle proprie opere. Tale assenza è tanto più grave se si considera che una parte notevole dei suoi manoscritti, dell’immensa mole di estratti e annotazioni dai libri che era solito fare durante i suoi studi e dell’imponente corrispondenza (14mila lettere ritrovate) che, nel corso di tutta la vita, tenne con Engels, e insieme con lui con terzi, resta ancora inedita.

L’edizione storico-critica delle opere complete di Marx ed Engels, la Marx Engels Gesamtausgabe (MEGA²), le cui pubblicazioni sono iniziate nel 1975, è stata interrotta in seguito agli avvenimenti del 1989. Nel 1990, per iniziativa dell’Internationaal Instituut voor Sociale Geschiedenis (IISG) di Amsterdam, è nata la Internationale Marx Engels Stiftung (IMES), il cui scopo è quello di completare l’impresa (dei 122 volumi previsti ne sono stati fin’ora editi 56). Dell’IMES fanno parte, accanto all’IISG, la Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften (BBAW), l’Historische Forschungszentrum der Friedrich-Ebert-Stiftung ed il Rossiiskii gosudarstvennyi arkhiv sotsial’no-politicheskoi istorii (RGASPI) di Mosca. In questo momento partecipano ai suoi lavori studiosi che operano in Germania, Russia, Francia, Olanda, Giappone, USA, Danimarca e Italia.

La prima parte dei lavori della conferenza, dunque, è stata riservata ai protagonisti di questa impresa. Manfred Neuhaus, segretario dell’IMES e direttore del progetto MEGA², ha espresso, in apertura dei lavori, la sua soddisfazione per il fatto che, per la prima volta in un convegno internazionale, sia stata dedicata un’intera sessione dei lavori alla MEGA². Inoltre, nel suo intervento ed in quello di Gerald Hubmann, anch’egli membro della BBAW, sono state evidenziate le linee editoriali del progetto. In particolare il principio della genesi del testo, lo sforzo di ricostruirne la crescita attraverso gli abbozzi e le successive rielaborazioni fino alla versione finale, l’ordine cronologico degli scritti, la presentazione di parti inedite: è il caso della quarta sezione, dove trovano posto gli estratti dei due pensatori dai libri da loro letti. Queste importanti acquisizioni filologiche conferiscono all’opera marxiana nuovi aspetti ed aprono il campo a inedite possibilità di ricerca ed interpretazioni critiche. L’intervento di Izumi Omura, direttore dell’unità di lavoro giapponese alla MEGA² presso l’università di Sendai, ha fornito un esempio dell’internazionalizzazione del progetto così come delle sue più recenti conquiste informatiche. Malcolm Sylvers ha parlato della terza sezione della MEGA², quella dedicata al carteggio, evidenziandone dimensioni, differenze con le precedenti edizioni e utilità per la comprensione del pensiero e dell’impegno politico di Marx ed Engels. Infine, Gian Mario Bravo ha incentrato il proprio contributo sulla ricostruzione storica della diffusione del marxismo in Italia nella seconda metà dell’800.

La seconda sessione, “Critica della filosofia e critica della politica nel giovane Marx”, è stata invece dedicata al confronto tra alcune delle recenti interpretazioni delle opere giovanili. Giuseppe Cacciatore, Gianfranco Borrelli e Eustache Kouvelakis si sono soffermati sugli scritti più politici. Il primo sul Marx democratico, gli altri due sulla rassegna e sull’argomentazione della centralità dei lavori che vanno dal 1843 al 1852. Peter Thomas e Mario Cingoli sul complesso rapporto tra idealismo e materialismo nel primo Marx, il primo prendendo in esame la dissertazione di laurea Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro, il secondo sottolineando i mutamenti di Marx nel rapporto col materialismo, attraverso il confronto tra gli scritti letterari giovanili, la Critica della filosofia hegeliana del diritto, ed i Manoscritti economico-filosofici del 1844. Musto, è intervenuto infine, sull’importanza del soggiorno parigino del 1844, evidenziandone l’influsso decisivo esercitato sull’evoluzione intellettuale del giovane Marx.

La terza sessione “Il capitale: la critica incompiuta” è stata la più significativa di tutto il convegno. Vi hanno preso parte molti tra i maggiori studiosi internazionali de Il Capitale che, mettendo a confronto interpretazioni differenti, ne hanno evidenziato la complessità sia filologica che economico-filosofica e ne hanno discusso i nodi irrisolti. Il rapporto tra Hegel e Marx, con particolare riferimento a come quest’ultimo avrebbe tratto dal primo indicazioni sul come muovere alla comprensione della realtà moderna e su come ordinare l’esposizione della sua opera matura, è stato soprattutto presente nelle relazioni di Roberto Finelli, Chris Arthur e Riccardo Bellofiore. Il primo ha sottolineato come la logica de Il capitale sia ricavata sulla base del «circolo del presupposto-posto» di matrice hegeliana e come l’astrazione del valore-lavoro, con la sussunzione reale della forza lavoro al capitale, diventi un’astrazione praticamente vera. Il secondo ha esposto la significativa omologia tra il movimento dello scambio, che genera un’astrazione pratica dalla naturale specificità delle merci, ed il movimento del pensiero, che genera un sistema di categorie logiche, concludendo sulla possibilità di delucidare le forme del valore con le categorie della logica hegeliana. Il terzo, nella sua relazione Marx dopo Hegel. Il capitale come totalità e la centralità della produzione, attraverso una vasta esposizione critica della letteratura più recente al riguardo. Negli altri interventi, l’interpretazione di Enrique Dussel ha insistito sul processo del capitale come una circolarità che ha il suo limite nel lavoro vivo, nella soggettività del lavoratore non ancora sussunto, non mancando di collegare questa categoria alla situazione attuale dell’America Latina ed alle sue masse di senza lavoro, segnate dalla povertà assoluta ed esterne al sistema del capitale. Geert Reuten, invece, ha parlato del lavoro astratto quale sostanza interiore del valore delle merci e della proprietà che ha la misura del denaro di transustanziare queste ultime in quantità omogenee. Wolfgang Fritz Haug sulle trasformazioni che Marx ha apportato al primo libro del Capitale dalla prima edizione del 1867 sino alla traduzione francese del 1872-1875. Infine Jacques Bidet ha presentato il suo progetto di ricostruzione metastrutturale di tutta la concettualità del Capitale: valore, feticismo, Stato, classe, riproduzione; orientata nel tentativo di risoluzione delle sue aporie classicamente riconosciute: valore e prezzo, scambio ineguale e sfruttamento, produzione e circolazione, classi e partiti.

La quarta sessione si è sviluppata in due momenti. Una prima parte ha visto la presentazione di due importanti progetti editoriali tedeschi: «Das historisch-kritische Wörterbuch des Marxismus», il progetto di dizionario storico-critico del marxismo che è giunto al sesto dei quindici volumi previsti e quando completato costituirà una vera e propria enciclopedia del sapere critico, ed il primo volume del «Marx Engels Jahrbuch», la nuova pubblicazione a cura dell’IMES con un numero interamente dedicato alle nuove ricerche filologiche su L’ideologia tedesca. La seconda parte, invece, organizzata in tavola rotonda, è stata dedicata alla discussione ed al confronto delle esperienze di alcune delle maggiori riviste internazionali («Actuel Marx», «Historical Materialism» e «International Socialism Journal») ed italiane («Critica marxista», «Alternative» e la «Rivista del manifesto») che, in questi anni, non hanno rimosso dai loro ambiti di interesse la riflessione su Marx e che più hanno ragionato sull’utilizzazione e sull’elaborazione possibile del suo apparato concettuale nei vari ambiti del mondo contemporaneo.

La quinta ed ultima sessione, “Un oggi per Marx”, è cominciata considerando le presenti circostanze mondiali che permettono di intraprendere una nuovo studio su Marx senza l’ostacolo delle influenze politiche, cosí determinanti e fuorvianti per il passato, restituendolo, insieme con le sue opere, alla pienezza della discussione critica ed all’indagine ed al dibattito di militanti e ricercatori. Il dibattito, oltre che dar conto di prospettive marxiste a partire da varie collocazioni nazionali – Xiaoping Wei ha parlato della Marx research situation in today’s China, Alex Callinicos ha invece delineato quelli che sono stati i Contours of Anglo-Saxon Marxism degli ultimi anni – ha toccato temi politici, filosofici ed economici. Domenico Losurdo si è soffermato sui diversi generi letterari nel discorso di Marx proponendo una lettura delle differenti implicazioni politiche a cui essi rimandano. Oltre la filologia e l’interpretazione dei testi, André Tosel e Domenico Jervolino hanno rilanciato l’idea di un comunismo della finitudine, riservando particolari spunti d’interesse alla critica del concetto di autoproduzione dell’uomo. Michael Kraetke, nell’ultimo intervento, ha infine evidenziato l’attuale indispensabilità, anche nel campo dell’odierna critica dell’economia politica di Marx e delle sue intuizioni, da riscoprire contro gli spettri dell’economia capitalistica mondiale.

A partire dalle conquiste editoriali della Marx Engels Gesamtausgabe (MEGA²), si è dunque tentato di riprendere un confronto serio e rigoroso su Marx. La sua opera si è mostrata attraverso una delle sue caratteristiche principali: l’incompiutezza. Aspetto che, lungi dallo sminuirne il valore, restituisce un lascito multiverso e polimorfo che offre un grande cantiere aperto di teoria critica. Attraverso la disamina delle più recenti interpretazioni dei suoi scritti in Italia e nel mondo è emersa nuovamente l’importanza della Marx Forschung, necessaria ad ogni pensiero critico ed ancora irrinunciabile per la comprensione del presente.

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イタリアにおける『共産党宣言』の普及と受容–1889年から1945年

イタリアにおいてカール・マルクスの理論は並外れた大衆性を得ている。その理論は政党, 労働組合組欄おょび社会運動を押したし, その理論直上に国内の政治状況の転換に頁献した他の学術的理論はなかった。それは, 学術文化のあらゆる領域において普及することで, 不可逆的なやり方でそれらの方向性を変えたし, それどころかそれらの語功さえ変えた。それは, 禄支配 階載がその状態を意識するのに役立ち それによって人条折万もの人々を解放する過程における理論的に主要な用具にまでなった。

マルクス主義の理論がイタリアにおいて達成したほどに高度の普及をみた他の族国はほとんどない。したがって, イタリアにおけるこのような知名度の原因がどこにあるのかは問われて当然である。はじめてカール・マルクスが話題となったのはいつか? 翻訳された彼の諸著作の著者名としてその名がはじめて新聞雑誌上に現われたのはいつか? 労働者および戦闘的な社会主義者の共通のイメージのなかに彼の名声が広まったのはいつか7 そしてとりわけ, 彼の思想が定着し始めたのはどのようにしてまたどのような状況のもとでなのか?

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Karl Marx: befejezetlenség egyetemleges baja (Marx-Engels-Gesamtausgabe)

Az utóbbi egynéhány évben a nemzetközi tudóstársadalom megújult figyelemmel kíséri egy félreértett szerző: Karl Marx munkásságát.

Bár gondolatrendszere kétségkívül régimódi, ám tagadhatatlan, hogy tudományos eredményei nélkülözhetetlenek jelenünk megértéséhez. Ráadásul elmondhatjuk, hogy végre visszakerült a tudomány szabad területére.

Műveiről lehullott az instrumentum regni gyűlöletes szerepe, az a funkció, ahogyan a múltban gyakorlati eszközként szolgált, s ez tette lehetővé, hogy mára újra az érdeklődés középpontjába került. Ennek a figyelemnek kétségtelen jele egyrészt a Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA2) útjára indítása, amely a szocialista országok összeomlását követő hosszabb publikációs szünet után 1998-ban kezdődött újra. A figyelem jele továbbá Marx írásai kiadásának újraszervezése, valamint a MEGA2 kiadói főhadiszállásának a Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften kereteiben való további működtetése. A 114 kötetesre tervezett kiadás jelenleg a 15. darabjánál tart. Ez a MEGA kiadásának újraindítása óta a 10. publikált kötet, mert nem sorrendben haladnak. Minden egyes kötet két részből áll: az eredeti szövegtestből és a kritikai apparátusból.

Az új történelmi-kritikai kiadással kapcsolatos legfrissebb filológiai kutatások Marx műveinek egy eddig kevéssé ismert sajátosságára: befejezetlenségükre derítettek fényt. Marx jóval több kéziratot hagyott hátra, mint amennyi nyomatásban napvilágot látott. Ez igaz A tőke esetében is, melynek teljes kiadása, beleértve az 1857-től elkezdett előkészületi munkálatokat, majd csak a 2007-ben megjelenő MEGA második részében nyeri el teljes alakját.

Marx halála után Engels látott hozzá elsőként e bonyolult és nehéz vállalkozáshoz, barátja töredékes hagyatékának kiadásához (bonyolulttá és nehézzé az tette a munkát, hogy az anyag szét volt szórva; Marx írásainak furcsa-különc a nyelvezete; kézírása majdnem olvashatatlan). E számtalan nehézség és buktató különösen A tőke harmadik kötete esetében érzékelhető (MEGA, II/15. Karl Marx: Das Kapital. Kritik der politischen Ökonomie. Dritter Band. Hamburg, 1894, Akademie Verlag, Berlin 2004), melyet Marx nem tudott még nagyjából sem rendszeres formába önteni (ez volt az egyetlen ilyen könyve). Engels energiáját 1885-1894 között az intenzív kiadási tevékenység kötötte le, s ennek eredménye, hogy az eredetileg erősen fésületlen, főképp ” in statu nascendi lejegyzett gondolatokból” és előtanulmányokat rögzítő megjegyzésekből álló szöveg rendszeres gazdaságelméletet megfogalmazó, organikus szöveggé alakult. Cseppet sem meglepő, hogy ez az eljárás számtalan értelmezési hibát eredményezett. Ebből a szempontból nagy jelentősége van a megelőző kötetnek (MEGA, II/14. Karl Marx – Friedrich Engels: Manuskripte and redaktionelle Texte zum dritten Buch des “Kapitals”, 1871 bis 1895. Akademie Verlag, Berlin, 2003). Ez a kötet tartalmazza Marx utolsó, 1871-1882 közötti időszakából származó hat kéziratát, melyeket A tőke harmadik kötetéhez készített. E kéziratok közül a legfontosabb az 1875-ös, terjedelmes Mehrwertrade und Profitrate mathematisch behandelt, valamint azok a szövegek, melyeket Engels kiadói minőségében Marx kézirataihoz hozzáfűzött. Ezek a kéziratok egyértelmű pontossággal mutatják be azt a folyamatot, amelynek során elnyerték publikált formájukat, és mivel élesen rávilágítanak a szövegen végrehajtott számtalan beavatkozásra – melyek jóval nagyobb számban fordulnak elő, mint azt mostanáig feltételeztük -, lehetővé válik, hogy megértsük Engels kiadói szerepének erős és gyenge pontjait. E mű értékének további megerősítéseként érdemes kiemelni, hogy a könyvben szereplő 51 szövegből 45 itt jelenik meg először nyomtatásban.

A MEGA filológiai vizsgálata jelentős eredményekkel járt az első szekció kötetei esetében is, melyek Marx és Engels írásait, cikkeit és vázlatait tartalmazzák. Nemrégiben két kötet látott napvilágot. Az első (MEGA, I/14. Karl Marx – Friedrich Engels: Werke, Artikel, Entwürfe. Januar bis Dezember 1855. Akademie Verlag, Berlin, 2001) kétszáz cikket és vázlatot tartalmaz, melyeket a két szerző 1855-ben írt a New-York Tribune és a breslaui Neue Oder-Zeitung részére. Különféle kiegészítő kutatások tették lehetővé további 21 cikknek a kötetbe való beemelését (melyeket korábban nem soroltak e két szerző művei közé, mivel a jelentős amerikai napilapban név nélkül láttak napvilágot), így ezek is bekerültek Marx és Engels leghíresebb, az európai diplomáciáról és politikáról, a nemzetközi gazdasági válságról és a krími háborúról szóló cikkei közé. Ezzel szemben a második kötet (MEGA, I/31. Friedrich Engels: Werke, Artikel, Entwürfe. Oktober 1886 bis Februar 1891. Akademie Verlag, Berlin, 2002) Engels kései írásaiból közöl néhányat. A kötetben jegyzetek és tervezetek szerepelnek, többek között a Rolle der Gewalt in der Geschichte kézirata (a kéziratot először publikáló Bernstein kommentárjai nélkül), a munkásmozgalmi szervezeteknek írott beszédek, illetve a korábban már megjelent írások és cikkek új kiadásaihoz írt számtalan előszó. Ez utóbbiak között különös érdeklődésre tarthat számot a “Die auswärtige Politik des russischen Zarentums”, az orosz külpolitika két évszázados történetének a Die Neue Zeitben napvilágot látott elemzése, melyet 1934-ben Sztálin betiltott, valamint a “Juristen-Sozialismus”, melyet Engels Kautskyval közösen írt, s most különíthetők el végre világosan, hogy mely részleteket is írta Kautsky.

Érdekes új fejlemények bontakoznak ki az új történeti-kritikai kiadás harmadik szekciójában is, mely a levelezést tartalmazza. A nemrég publikált kötet (MEGA, III/13. Karl Marx – Friedrich Engels: Briefwechsel Oktober 1864 bis Dezember 1865. Akademie Verlag, Berlin, 2002) középpontjában Marxnak az 1864. szeptember 28-án Londonban létrehozott Nemzetközi Munkásszövetségben végzett politikai tevékenysége áll. A levelek bemutatják Marx tevékenységét a Munkásszövetség működéséneknek első évében, azt a folyamatot, melynek eredményeként Marx egyre fontosabb szerepet töltött be, és egyben bizonyítják, hogy közéleti elkötelezettségét – 16 év után újra visszatért a frontvonalba – mindenképp megkísérelte összeegyeztetni tudományos munkásságával. A tárgyalt kérdések között ott van a szakszervezetek szerepének elemzése, melynek fontosságát Marx azzal is hangsúlyozta, hogy azonnal szembehelyezkedett Lassalle azon javaslatával, hogy a porosz állam által finanszírozott szövetkezeteket kellene felállítani: “a munkásosztály vagy forradalmi, vagy nincs is”, mondta Marx. A kérdések között szerepel továbbá az owenista Westonnal folytatott vitája, melynek eredményeképp született meg előadássorozata, s ennek darabjait halála után, 1898-ban akarták megjelentetni Érték, ár és profit címmel; továbbá az egyesült államokbeli polgárháborúval kapcsolatos meglátásai, valamint Engels könyvecskéje, A porosz katonai kérdés és a Német Munkáspárt. A levelezés másik, nemrég megjelent kötetének (MEGA, III/9. Karl Marx – Friedrich Engels: Briefwechsel Januar 1858 bis August 1859. Akademie Verlag, Berlin, 2003) alaphangját az 1857-es gazdasági válság adja meg. E válság lobbantotta fel Marx reményét, hogy az 1848-as vereséget követő holtpontról végre kimozdulhat a forradalmi mozgalom (“a válság úgy ás magának utat, mint a jó öreg vakondok”). Ebbéli reménye felélesztette Marx intellektuális termékenységét, és arra sarkallta, hogy még “az özönvíz bekövetkezése előtt” vázolja fel gazdaságelméletének körvonalait; a vágyott és remélt vízözön azonban ugyancsak elmaradt. Szintén ebben a korszakban születtek meg a Grundrisséhez írott utolsó jegyzetfüzetek – a szerző koncepciójának fejlődését e kitüntetett támpontról nagyszerűen megfigyelhetjük. Marx ekkoriban arra az elhatározásra jutott, hogy munkáját folytatásokban jelenteti meg. Ezek első része – A politikai gazdaságtan bírálatához címmel – 1859 júniusában jelent meg. Ami Marx személyes helyzetét illeti, ezt a korszakot “az elüszkösödött nyomor” jellemzi: “Nem hiszem, hogy valaha is írt olyasvalaki »a pénzről«, aki ennyire híján volt vizsgálati tárgyának.” Azt látjuk, hogy Marx – ingatag helyzete ellenére – kétségbeesetten harcol, hogy “gazdaságtanát” befejezze: “Tűzön-vízen át ki kell tartanom tárgyam vizsgálata mellett, s nem szabad hagynom, hogy a burzsoá társadalom pénzcsináló géppé fokozzon le.” Bár mindent megtett annak érdekében, hogy a soron következő folytatást megírja, ám azt soha nem tudta befejezni, és A tőke első könyve csak 1867-ben látott napvilágot. Bámulatos tervének további részeiből, noha sok elemében rendszerezett formájúak, csak egyes fejezetek valósultak meg, viszont megszámlálhatatlanul sok félbemaradt kézirat, odavetett vázlat és befejezetlen tervezet halmaza maradt ránk.

A befejezetlenség, Marx egész irodalmi munkásságának hűséges társa és elmaradhatatlan átka, természetesen már korai munkáiban is felfedezhető. A Marx-Engels-Jahrbuch új sorozatának első száma (Karl Marx – Friedrich Engels – Joseph Wydemeyer: Die deutsche Ideologie. Akademie Verlag, Berlin, 2004), melyet teljes egészében A német ideológiának szenteltek, kétségbevonhatatlanul bizonyítja ezt. Ez a mű, mely előrevetíti a MEGA2 I/5. kötetének megjelenését, ami 2008-ban várható, s amelynek kézirata tartalmazza a joggal Moses Hessnek tulajdonítható részeket, a régebbi kiadványoktól eltérően abban a formában közli majd Marx és Engels szövegeit, ahogyan azokat szerzőik hátrahagyták, azaz nem tesz kísérletet a szövegek rekonstrukciójára. Az évkönyvben megjelent részek megegyeznek a “Feuerbach” és “Szent Bruno” című I. és II. fejezetekkel. Az a hét kézirat, mely túlélte “az egerek rágcsálásának kritikáját”, önálló szövegekként, időrendi sorrendbe állítva kerülnek egy csoportba. A szöveg egyenetlen színvonala világosan kiolvasható ebből a kiadásból. Különösen igaz ez a Feuerbachról szóló fejezetre, mely távolról sem kész. Mégis, egészében véve ez a kötet jelentősen hozzájárul ahhoz, hogy megbízható alapokkal rendelkezzünk Marx gondolatrendszerének részletes feldolgozásához a további kutatásokat illetően. A német ideológia, melyet időnként Marx materialista koncepciójának kimerítő példájaként elemeznek, visszanyeri eredeti, töredékes jellegét.

Végül, ami a fiatal Marx munkásságát illeti, érdemes szót ejteni arról, hogy változatlan kiadásban újra megjelent a két szociáldemokrata tudós, Landshut és Mayer által szerkesztett, Marx korai műveit összegyűjtő kötet (Karl Marx: Die Frühschriften. Kröner, Stuttgart, 2004). Az eredeti kiadás 1932-ben látott napvilágot – az “első” MEGA-val egy időben -, s ez tette lehetővé, hogy ismertté váljon az addig még nem publikáltGazdasági-filozófiai kéziratok és A német ideológia, bár a tartalomban és a szöveg különböző részeinek elrendezésében számos hiba van, az eredeti verziót pedig sok helyen rosszul betűzték ki.

Számos oka volt annak, hogy Marx műveit sokáig mély és meg-megújuló értetlenség övezte, például a marxi kritikai elmélet rendszerezésére tett kísérlet – ami műveinek lényegileg befejezetlen és nem rendszeres jellegét akarta megváltoztatni -; hogy az elméletének népszerűsítésére tett kísérletek konceptuálisan elszegényítették a gondolatait; hogy írásait meghamisították és cenzúrázták, mi több, hogy ezzel egyidejűleg politikai célokra használták. A helyzet mára gyökeresen megváltozott: most elméletének csonkasága ad egyfajta egyetemleges bájt életművének, s ennek nem állhatnak már útjában azok az értelmezések, melyek korábban olyan mértékben meghamisították az életművet, hogy az nyilvánvalóan önmaga tagadásává lett.

Ebből a csonkaságból születik újjá egy problematikus és sokarcú elmélet és olyan horizont, amely távlatainak feltérképezéséhez a Marx-Forschung még számtalan ösvényt, utat kínál.

 

Fordította: Baráth Katalin

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Karl Marx: la indiscreta fascinación de lo inacabado

De unos años a la fecha ha recuperado la atención de los estudiosos internacionales un autor casi olvidado: Karl Marx. Su pensamiento, tan fuera de moda aparentemente, como irrenunciable todavía para la comprensión del presente, ha retornado a los campos libres del saber.

Su obra liberada de la odiosa función de instrumentum regni a la que había sido constreñida instrumentalmente, se ha convertido en objeto de renovado interés.

El ejemplo más significativo lo constituyen las publicaciones de la Marx-Engels–Gesamtausgabe (MEGA 2) reiniciadas en 1998 después de la interrupción que siguió al colapso de los países socialistas, la intensa fase de organización de las directivas editoriales (Richard Sperel, Edition auf hohem Nibeau. Zu den Grundsätzen der Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA), pp. 215, E 12, 90, Argument, Hamburg 2004) y el cambio de su dirección hacia la Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften.

De los 114 volúmenes previstos, de los cuales cada uno consta de dos tomos, con el texto y su aparato crítico, acaba de aparecer, recientemente, la entrega del volumen no. 50, el décimo de la reiniciada empresa.

Muchas de las adquisiciones filológicas presentes en la nueva edición histórico-crítica evidencian una característica peculiar de la obra de Marx: lo inacabado. En efecto, él dejó muchos manuscritos incompletos de los que tenía sin entregar a la imprenta, mismo que acontece también con El Capital, cuya completa publicación, que incluye todos los trabajos preparatorios a partir de 1857, se realizará finalmente en la segunda sección de la MEGA 2 por el 2007.

Fue Engels, después de la muerte de Marx, el primero en dedicarse a la dificilísima tarea, dada la dispersión de los materiales, lo oscuro del lenguaje y lo ilegible de la escritura, de entregar a la imprenta el Nachlass fragmentario del amigo. La aparición del tercer libro de El Capital (MEGA 2 , II/15. Karl Marx, Das Capital. Kritik der Politishen Ökonomie. Dritter Ban. Hamburg 1894, pp. 1420, E 178, Academie Verlag, Berlin 2004), el único al que Marx no logró ni siquiera de manera aproximativa darle una forma definitiva, replantea también esta problemática. La intensa actividad de redacción realizada por Engels, a la que le dedicó sus mejores energías durante el largo periodo del tiempo comprendido entre 1885 y 1894, produjo la transformación de un texto bastante profesional, compuesto de “pensamientos escritos in statu nascendi” y apuntes preliminares, a otro unitario que originó la figura de una teoría económica sistemática y completa, previsoria de muchas interpretaciones mal entendidas. De mayor consideración al respecto, lo es el volumen precedente (MEGA 2 , II/14. Karl Marx – Friedrich Engels, Manuskripte und redaktionelle Texte zum dritten Bush des,, Kapitals’’, 1871 bis 1895, pp. 1183, E 168 Akademie Verlag, Berlin 2003). El que en efecto, contiene los últimos seis manuscritos de Marx correspondientes al tercer libro de El Capital escritos entre 1871 y 1882, de los cuales el más importante es el voluminoso Mehwertrate und Profitrate mathematisch behandelt de 1875, así como los textos añadido por Engels durante su trabajo como curador. Precisamente éstos últimos muestran, con inequívoca exactitud, el camino recorrido hasta la versión publicada y, resaltando la cantidad de las intervenciones sobre el texto, muy superiores a las hasta ahora aceptadas, permiten finalmente formular una valoración cierta sobre su rol de editor, resaltando el valor y los límites. A reserva de una posterior confirmación del mérito de éste libro, se subraya que 45 de los 51 textos presentados se publican por primera vez.

La investigación filológica de MEGA 2 produjo resultados importantes también en la sección primera, que comprende las obras, los artículos y los esbozos de Marx y Engels. De los dos últimos volúmenes publicados, el primero (MEGA 2 , I/14. Karl Marx- Friedrich Engels, Werke, Artikel, Entwürfe. Januar bis Dezember 1855, pp. 1695, E 188, Akademie Verlag, Berlin 2001) incluye 200 artículos y esbozos, redactados por los autores para el «New-York Tribune» y la «Neue Oder-Zeitung» de Breslau en 1855. Junto al total de los escritos más sobresalientes, inherentes a la política y a la diplomacia europea, las reflexiones sobre la coyuntura económica internacional y la guerra de Crimea, los estudios realizados hicieron posible añadir otros 21 textos, que anteriormente no se les había atribuido ya que fueron publicados anónimamente en el importante diario americano. A su vez el segundo (MEGA 2 , I/31. Friedrich Engels, Werke, Artikel, Entwürfe. Oktober, 1886 bis Februar 1891, pp. 1440, E 168, Akademie Verlag, Berlin 2002) presenta parte de los trabajos del último Engels. En el volumen se alternan proyectos y apuntes entre los que se encuentra el manuscrito Rolle der Gewalt in der Geschichte, liberado de las intervenciones de Bernstein quien cuidó la primera edición; dedicados a las organizaciones del movimiento obrero; prólogos a la reimpresión de escritos anteriormente publicados y artículos. Entre estos últimos tienen un especial interés Die auswärtige Politk des russischen Zarentums, historia sobre dos siglos de la política exterior rusa publicada en «Die Neue Zeit», prohibida posteriormente por Stalin en 1934, y Juristen-Socialismus, escrito junto con Kautsky, a quien se le reconoce, por primera vez con certeza, la paternidad de cada una de las partes.

Las novedades de la edición histórico-crítica se pueden también constatar en la tercera sección, la dedicada a la correspondencia. El tema principal del reciente volumen (MEGA 2, III/13. Karl Marx-Friedrich Engels, Briefwechsel Oktober 1864 bis Dezember 1865 pp. 1443, E 168, Akademie Verlag, Berlin 2002), lo constituye la actividad política de Marx en el seno de la International Working Men’s Association, que se había establecido en Londres el 28 de septiembre de 1864. Las cartas documentan lo realizado por Marx en el periodo inicial de la vida de la organización, y durante el cual obtuvo rápidamente el puesto de mayor prestigio, y pudo realizar su deseo de conjuntar a la vez la aceptación del público, que lo veía nuevamente, después de 16 años, en primera línea, con el trabajo científico. Entre los temas que se debatieron: la función de las organizaciones sindicales, cuya importancia resaltó a la vez que puntualizaba contra Lassalle y su propuesta de establecer corporativas financiadas por el Estado Prusiano que: “la clase obrera es revolucionaria, o no es nada”; la polémica contra el owenista Weston, que apareció en el ciclo de conferencias reunidas posteriormente en 1896 con el nombre de Salario, Precio y Ganancia; las consideraciones sobre la guerra civil en los Estados Unidos; el opúsculo de Engels La Cuestión Militar Prusiana y el Partido Obrero Alemán.

El otro volumen sobre la correspondencia recientemente editado (MEGA 2, III/9. Karl Marx- Friedrich Engels, Briefwechsel Januar 1858 bis August 1859, pp. 1301, E 168, Akademie Verlag, Berlin 2003) tiene como fondo la recesión económica de 1857. Esta revive en Marx la esperanza de una revitalización del movimiento revolucionario después del reflujo iniciado con la derrota de 1848: “la crisis ha ahondado como un hábil viejo topo”. Esta expectativa le impregna una renovada productividad intelectual y lo impulsa a delinear las orientaciones fundamentales de su teoría económica “antes del déluge”, tan esperado, y hasta ahora no realizado. Precisamente en este periodo, escribe Marx los últimos cuadernos de sus Grundrisse – observatorio privilegiado para seguir el desarrollo de la concepción del autor – y decide publicar su obra en fascículos, el primero de los cuales, editado en julio de 1859, lo intituló Para la crítica de la economía política. En el plano personal esta fase se caracteriza por la “lacerante miseria”: “no creo que algún otro haya escrito sobre el dinero con tanta carencia del mismo”. Marx lucha desesperadamente para que la precariedad de su propia condición no impida llevar a buen término su “Economía” y declara: “Yo debo lograra toda costa mi intento sin permitir a la sociedad burguesa transformarme en una money-making maching”. Sin embargo, aunque se dedicó totalmente a la redacción del segundo fascículo, éste jamás aparecerá, y para la conclusión del primer libro de El Capital, el único terminado, será necesario esperar hasta 1867. La parte restante de su inmenso proyecto, contrariamente al carácter sistemático con el que se le ha constantemente caracterizado, será realizada de manera parcial y permanecerá extraordinariamente llena de manuscritos abandonados, esbozos provisorios y proyectos inconclusos.

Fiel compañero y destino de la obra de Marx, lo inacabado persiste también en sus obras juveniles. El primer número de la nueva serie sobre Marx-Engels-Jahrbuch (Karl Marx, Friedrich Engels, Joseph Weydemeyer, Die deutsche Ideologie, pp. 400, E 59, 80, Akademie Verlag, Berlín 2004) dedicado en su totalidad a la Ideología Alemana, es una prueba irrefutable. Este libro, anticipo del volumen I/5 de la MEGA 2, cuya aparición se prevé para el 2008 ofrecerá partes del manuscrito correctamente atribuido a Moses Heb, a diferencia de las ediciones realizadas hasta ahora, publica las cartas de Marx y Engels tal como las dejaron, es decir, sin ningún intento de reconstrucción. Las partes incluidas en el anuario correspondiente en los capítulos I. Feuerbach y II. Sankt Bruno. Los siete manuscritos sobrevivientes a la “crítica roedora de los ratones” han sido reunidos como textos independientes y ordenados cronológicamente. En esta edición se manifiesta, con claridad, el carácter no unitario del escrito y, en particular, que el capítulo sobre Feuerbach está completamente inconcluso. Se aportan, por consiguiente nuevas y definitivas bases a la investigación científica para reconsiderar con atención la elaboración teórica de Marx. La ideología alemana, considerada muchas veces como la exposición exhaustiva de la concepción materialista de Marx, es restituida a su originalidad fragmentaria.

Insistiendo sobre el joven Marx, se menciona la reedición de la colección de las obras juveniles cuidada por los estudiosos socialdemócratas Landshut y Meyer (Karl Marx, Die Frühschriften, pp. 670, E 19,80, Kroner, Stuttgart 2004) que en 1932, contemporáneamente a la primera Marx-Engels Gesamtausgabe, hicieron posible la difusión, aunque con diversos errores sobre los contenidos y la sistematización de varias partes de los textos y con una deficiente interpretación sobre los originales, de los Manuscritos Económico-Filosóficos de 1844 y de La Ideología Alemana, hasta entonces inéditos.

Después de tantos momentos marcados por una profunda y reiterada incomprensión de Marx, comprobada por la sistematización de su teoría crítica, por el empobrecimiento que ha acompañado su difusión, por la manipulación y la censura de sus escritos y su utilización instrumental en función de las necesidades políticas, lo inacabado de su obra se manifiesta con una fascinación indiscreta, libre de soluciones de continuidad con las interpretaciones que anteriormente la han desnaturalizado hasta convertirla en una fragante negación.

De esta resurge la riqueza de un pensamiento, problemático y polimorfo, y del largo horizonte sobre el que la Marx Forschung tiene todavía tantos senderos por recorrer.

 

Traducción: Roberto Hernández Oramas

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Karl Marx: la indiscreta fascinación de lo inacabado

De unos años a la fecha ha recuperado la atención de los estudiosos internacionales un autor casi olvidado: Karl Marx. Su pensamiento, tan aparentemente fuera de moda como irrenunciable para la comprensión del presente, ha retornado a los campos libres del saber. Su obra, liberada de la odiosa función de instrumentum regni a la que había sido constreñida instrumentalmente, se ha convertido en objeto de renovado interés.

El ejemplo más significativo lo constituyen las publicaciones de la Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA2) reiniciadas en 1998, después de la interrupción que siguió al colapso de los países socialistas, la intensa fase de organización de las directivas editoriales (Richard Sperel, Edition auf hohem Niveau. Zu den Grundsätzen der Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA), Hamburgo, Argument, 2004, 215 + 12, 90 pp.) y el cambio de su dirección hacia la Berlín-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften. De los 114 volúmenes previstos -cada uno de los cuales consta de dos tomos, con el texto y su aparato crítico- acaba de aparecer recientemente el volumen nº 50, el décimo de la reiniciada empresa. Muchas de las adquisiciones filológicas presentes en la nueva edición histórico-crítica evidencian una característica peculiar de la obra de Marx: lo inconcluso. En efecto, él dejó muchos manuscritos incompletos, y esto mismo acontece con El Capital, cuya publicación íntegra, que incluye todos los trabajos preparatorios a partir de 1857, se realizará finalmente en la segunda sección de la MEGA2 hacia 2007.

Fue Engels, después de la muerte de Marx, el primero en dedicarse a la tarea dificilísima -en vista de la dispersión de los materiales, lo oscuro del lenguaje y lo ilegible de la escritura- de entregar ala imprenta el Nachlass fragmentario del amigo. La aparición del tercer libro de El capital (MEGA2, II/15. Karl Marx, Das Kapital. Kritik der Politischen Ökonomie. Dritter Band. Hamburgo, 1894, Berlín, Akademie Verlag, 2004, 1420 + 178 pp.), el único al que Marx no logró ni siquiera aproximadamente darle una forma definitiva, replantea también esta problemática. La intensa actividad de redacción realizada por Engels, a la que le dedicó sus mejores energías durante el largo periodo del tiempo comprendido entre 1885 y 1894, produjo la transformación de un texto bastante profesional, compuesto de “pensamientos escritos in statu nascendi” y apuntes preliminares, a otro unitario, que originó la figura de una teoría económica sistemática y completa, anticipatoria de muchas malas interpretaciones. De mayor consideración es el volumen precedente (MEGA2, II/14. Karl Marx – Friedrich Engels, Manuskripte und redaktionelle Texte zum dritten Buch des ‘Kapitals’, 1871-1895, Berlín, Akademie Verlag, 2003 1183 + 168 pp.), que en efecto, contiene los últimos seis manuscritos de Marx correspondientes al tercer libro de El Capital, escritos entre 1871 y 1882. El más importante de ellos es el voluminoso Mehwertrate und Profitrate mathematisch behandelt de 1875, así como los textos añadidos por Engels durante su trabajo como editor. Precisamente estos últimos muestran, con inequívoca exactitud, el camino recorrido hasta la versión publicada y -al resaltar la cantidad de las intervenciones sobre el texto, muy superiores a las hasta ahora aceptadas- permiten finalmente formular una valoración cierta sobre su papel de editor, a la vez que destacan el valor y los límites de dicho papel. A reserva de una posterior confirmación del mérito de este libro, se subraya que 45 de los 51 textos presentados se publican por primera vez. La investigación filológica de MEGA2 produjo resultados importantes también en la sección primera, que comprende las obras, los artículos y los esbozos de Marx y Engels. De los dos últimos volúmenes publicados, el primero (MEGA2, I/14. Karl Marx- Friedrich Engels, Werke, Artikeln, Entwürfe. Januar bis Dezember 1855, Berlín, Akademie Verlag, 2001, 1695 + 188 pp.) incluye doscientos artículos y esbozos, redactados por los autores para el New-York Tribune y la Neue Oder-Zeitung de Breslau en 1855. Junto al total de los escritos más sobresalientes, referentes a la política y a la diplomacia europeas, las reflexiones sobre la coyuntura económica internacional y la Guerra de Crimea, los estudios realizados hicieron posible añadir otros veintiún textos, que anteriormente no se le habían atribuido ya que fueron publicados anónimamente en el importante diario norteamericano. A su vez, el segundo (MEGA2, I/31. Friedrich Engels, Werke, Artikeln, Entwürfe. Oktober, 1886 bis Februar 1891- Berlín, Akademie Verlag, 2002, , 1440 + 168 pp.) presenta parte de los trabajos del último Engels. En el volumen se alternan proyectos y apuntes entre los que se encuentra el manuscrito Rolle der Gewalt in der Geschichte, liberado de las intervenciones de Bernstein, quien se encargó de la primera edición; textos dedicados a las organizaciones del movimiento obrero; prólogos a la reimpresión de escritos anteriormente publicados y artículos. Entre estos últimos tienen un especial interés Die auswärtige Politk des russischen Zarentums, historia sobre dos siglos de la política exterior rusa publicada en Die Neue Zeit, prohibida posteriormente por Stalin en 1934, y Juristen-Socialismus, escrito junto con Kautsky, a quien se le reconoce, por primera vez con certeza, la paternidad de cada una de las partes. Las novedades de la edición histórico-crítica se pueden también constatar en la tercera sección, dedicada a la correspondencia. El tema principal del reciente volumen (MEGA2, III/13.Karl Marx-Friedrich Engels, Briefwechsel Oktober 1864 bis Dezember 1865, Berlín, Akademie Verlag, 2002, 1443 + 168 pp.), lo constituye la actividad política de Marx en el seno de la International Working Men’s Association, que se había fundado en Londres el 28 de septiembre de 1864. Las cartas documentan lo realizado por Marx en el periodo de vida inicial de la organización, y durante el cual obtuvo rápidamente el puesto de mayor prestigio, a la vez que pudo realizar su deseo de unir la aceptación del público (que lo veía nuevamente, después de dieciséis años, en primera línea) al trabajo científico. Entre los temas que se debatieron están la función de las organizaciones sindicales -cuya importancia resaltó, a la vez que puntualizó (en contra de Lassalle, y su propuesta de establecer corporativas financiadas por el Estado Prusiano) que “la clase obrera es revolucionaria, o no es nada”; la polémica contra el owenista Weston, que apareció en el ciclo de conferencias reunidas posteriormente en 1896 bajo el título de Salario, Precio y ganancia; las consideraciones sobre la guerra civil en los Estados Unidos; el opúsculo de Engels La cuestión militar prusiana y el Partido Obrero Alemán.

El otro volumen sobre la correspondencia recientemente editado (MEGA2, III/9. Karl Marx-Friedrich Engels, Briefwechsel Januar 1858 bis August 1859, Berlín, Akademie Verlag, 2003, 1301 + 168 pp.) tiene como fondo la recesión económica de 1857. Esta revive en Marx la esperanza de una vivificación del movimiento revolucionario después del reflujo iniciado con la derrota de 1848: “la crisis ha ahondado como un hábil viejo topo”. Esta expectativa le infunde una renovada productividad intelectual y lo impulsa a delinear las orientaciones fundamentales de su teoría económica “antes del déluge”, tan esperada, y hasta ahora no realizada. Precisamente en este periodo escribe Marx los últimos cuadernos de sus Grundrisse -observatorio privilegiado para seguir el desarrollo de la concepción del autor- y decide publicar su obra en fascículos, el primero de los cuales, editado en julio de 1859, lleva el título de Para la crítica de la economía política. En el plano personal, esta fase se caracteriza por la “lacerante miseria”: “no creo que algún otro haya escrito sobre el dinero con tanta carencia del mismo”. Marx lucha desesperadamente para que la precariedad de su propia condición no le impida llevar a buen término su “Economía” y declara: “Debo realizar a cualquier precio mi intento sin permitir que la sociedad burguesa me transforme en una money-making machine”. Sin embargo, aunque se dedicó totalmente a la redacción del segundo fascículo, éste jamás apareció, y para la conclusión del primer libro de El capital, el único terminado, fue necesario esperar hasta 1867. La parte restante de su inmenso proyecto, en contra del carácter sistemático que se le ha atribuido constantemente, será realizada de manera parcial y permanecerá extraordinariamente llena de manuscritos abandonados, esbozos provisorios y proyectos inconclusos.

El carácter inconcluso -fiel compañero y destino de la obra de Marx- persiste también en las obras juveniles. El primer número de la nueva serie del Marx-Engels-Jahrbuch (Karl Marx, Friedrich Engels, Joseph Weydemeyer, Die deutsche Ideologie, Berlín, Akademie Verlag, 2004, 400 + 59, 80 pp.). dedicado en su totalidad a La ideología alemana, es una prueba irrefutable de ello. Este libro, anticipo del volumen I/5 de la MEGA2, cuya aparición se prevé para 2008, ofrecerá partes del manuscrito correctamente atribuido a Moses Hess; a diferencia de las ediciones realizadas hasta ahora, publica las obras de Marx y Engels en su estado original, es decir, sin ningún intento de reconstrucción. También las partes incluidas en el anuario correspondiente a los capítulos I. Feuerbach y II. Sankt Bruno. Los siete manuscritos sobrevivientes a la “crítica roedora de los ratones” han sido reunidos como textos independientes y ordenados cronológicamente. En esta edición se manifiesta con claridad el carácter no unitario del escrito y, en particular, que el capítulo sobre Feuerbach está inconcluso. Se aportan, por consiguiente nuevas y definitivas bases a la investigación científica para reconsiderar con atención la elaboración teórica de Marx. La ideología alemana, considerada muchas veces como exposición exhaustiva de la concepción materialista de Marx, es restituida a su original fragmentariedad.

Insistiendo sobre el joven Marx, se menciona la reedición de la compilación de obras juveniles editada por los estudiosos socialdemócratas Landshut y Meyer (Karl Marx, DieFrühschriften. Stuttgart: Kröner, 2004, 670 + 19, 80 pp.) que en 1932, contemporáneamente a la primera Marx-Engels Gesamtausgabe, hicieron posible la difusión -aunque con diversos errores en cuanto a los contenidos y la sistematización de varias partes de los textos y con una deficienteinterpretación sobre los originales- de los Manuscritos económico-filosóficos de 1844 y de La ideología alemana, hasta entonces inéditos.

Después de tantos momentos marcados por una profunda y reiterada incomprensión de Marx, según lo testimonian la sistematización de su teoría crítica, el empobrecimiento que ha acompañado su difusión, la manipulación y la censura de sus escritos y su utilización instrumental en función de las necesidades políticas, el carácter inconcluso de su obra se manifiesta con una fascinación indiscreta, libre de soluciones de continuidad con las interpretaciones que anteriormente la habían desnaturalizado hasta convertirla en una fragante negación. De esta resurge la riqueza de un pensamiento problemático y polimorfo, y el largo horizonte sobre el cual la Marx Forschung tiene todavía tantos senderos por recorrer.

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Auf den Spuren eines Gespenstes. Das Marxsche Werk zwischen Philologie und Philosophie

Seit einigen Jahren ist in Europa, wenn nicht weltweit, ein wiedererwachendes Interesse an Marx-Studien zu beobachten. Trotz der Behauptung, dass es aus der Mode gekommen sei, steht das Marxsche Denken mit seinem Erklärungs- und Kritikpotential offensichtlich noch immer auf der Tagesordnung, wenn es darum geht, die heutige Welt und ihre Widersprüche zu analysieren und zu kritisieren.

Auch in Italien hat man nach vielen Jahren der Stille wieder begonnen, sich mit seinem Werk intensiver auseinanderzusetzen. Signum dafür ist auch die internationale Konferenz „Auf den Spuren eines Gespenstes. Das Marxsche Werk zwischen Philologie und Philosophie“, die von der Universität von Neapel „Federico II“, dem Universitätsinstitut „Suor Orsola Benincasa“, der Universität von Neapel „L’Orientale“ sowie der Universität Bari und mit Unterstützung verschiedener Kulturinstitute – wie dem renommierten „Istituto Italiano per gli Studi Filosofici“ – veranstaltet wurde. Dreißig namhafte Marxforscher aus aller Welt – aus Europa, aber auch aus Japan, Mexiko und China – sind der Einladung gefolgt und zwischen dem 1. und dem 3. April 2004 in Neapel zusammengekommen. Das Treffen war von großem Publikums- und Medieninteresse und regen Diskussionen begleitet, was vor allem auch durch eine aufwendige simultane Verdolmetschung der Beiträge und Debatten in vier Sprachen ermöglicht wurde. So gelang es, ein echtes internationales Forum des Gedankenaustausches und der wissenschaftlichen Kontroverse zu schaffen, aber auch Perspektiven für zukünftige Zusammenarbeit zu eröffnen.

Die internationale Konferenz war in fünf Sektionen gegliedert. Zunächst wurden die textphilologischen Grundlagen reflektiert, auf denen heute jede seriöse Beschäftigung mit Marx beruhen muss. Es folgten Sektionen zum jungen Marx und seinen philosophischen Grundlagen sowie zum „Kapital“. Eine eigene Sektion war der Präsentation wichtiger internationaler Foren des intellektuellen und wissenschaftlichen Austausches der Marx-Forschung gewidmet.

Und schließlich wurde die Frage der Aktualität des Marxschen Denkens diskutiert.
Ein wichtiges Ziel der Organisatoren war es, die Arbeit an der historisch- kritischen Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA) dem italienischen Publikum vorzustellen. Der erste Teil der Konferenz war deshalb den Protagonisten dieses Unterfangens vorbehalten. Manfred Neuhaus (Berlin), der Sekretär der Internationalen Marx-Engels-Stiftung, skizzierte die wechselvolle Geschichte der Ausgabe, ihren Aufbau und ihre Editionsgrundsätze: Vollständigkeit – was die Publikation großer Mengen unveröffentlichten Manuskriptmaterials in der MEGA einschließt –, authentische Textwiedergabe und Dokumentation der Textgenese. Dass sich aus diesen Editionsprinzipien neue Perspektiven im Blick auf das Marxsche Werk ergeben, ja dass dieses selbst durch Autorschaftsanalysen bei anonym erschienenen Schriften neue Konturen erhält, konnte Neuhaus am Beispiel jüngst publizierter Bände der MEGA demon- strieren. Gerald Hubmann (Berlin) ergänzte diese Ausführungen mit Überlegungen zum ,Dekonstruktivismus‘ der modernen historisch-kritischen Editionsphilologie. Hier würde nicht mehr – wie in früheren ,Klassiker‘-Ausgaben – in apologetischer Absicht vollendet, was die Autoren selbst nicht fertig gestellt hätten, stattdessen eröffne die Rekonstruktion des authentischen Textmaterials den eigentlichen Problemhorizont des Denkens großer Autoren, wie Hubmann an Beispielen aus dem Marxschen Werk illustrierte. Der Beitrag Izumi Omuras, des Direktors einer Arbeitsgruppe der MEGA an der Universität von Sendai (Japan), lieferte ein Beispiel für die internationale Zusammenarbeit des Projektes: In japanisch-russisch-deutscher Forschungskooperation wurden die Bearbeitungsmanuskripte zum zweiten Buch des „Kapital“ ediert und mit mo- dernster Technik digital aufbereitet. Malcolm Sylvers (Venedig) gab einen Überblick über die dritte Abteilung der MEGA, die den Briefwechsel enthält. Als Charakteristikum hob Sylvers hervor, dass in der MEGA, im Unterschied zu vorhergehenden Ausgaben, auch die Briefe an Marx und Engels chronologisch eingeordnet würden, was die dialogische Struktur des Briefwechsels hervortreten lasse, wodurch ein wirkliches Verständnis der weit verzweigten Briefkorrespondenz von Marx und Engels überhaupt erst ermöglicht werde. Gian Mario Bravo (Turin) schließlich konzentrierte sich in seinem Beitrag auf die historische Rekonstruktion der Verbreitung des Marxismus und der Marx- Rezeption in Italien in der zweiten Hälfte des 19. Jahrhunderts. Er konnte zeigen, dass der italienische Sozialismus zwar seinem Selbstverständnis nach marxistisch war, in Wahrheit aber dem Marxschen Denken ziemlich fern stand.

Die zweite Sektion, „Kritik der Philosophie und Kritik der Politik beim jungen Marx“ war der Präsentation und Diskussion einiger neuer Auslegungen der Marxschen Frühschriften gewidmet. Giuseppe Cacciatore (Neapel), Gianfranco Borrelli (Neapel) und Stathis Kouvelakis (London) befassten sich dabei primär mit den Schriften von größerer politischer Betonung: Cacciatore unter- suchte die Frage des demokratischen Gedankens bei Marx, indem er das enge Verhältnis zwischen dem liberal-demokratischen Engagement der „Rheinischen Zeitung“ und den während dieser Phase gereiften philosophischen Ideen hinsichtlich des Widerspruchs zwischen der Zufälligkeit der Privatinteressen und der Wahrheit einer universellen Freiheit untersuchte. Borrelli und Kouvelakis analysierten die Marxschen Arbeiten zwischen 1843 und 1852 und schlossen daraus auf die große Bedeutung derselben für die zukünftigen theoretischen Entwicklungen. Die Beiträge des zweiten Teils der Sektion bezogen sich eher auf die philosophischen Grundlagen: So sprachen Peter Thomas (Queensland/Australien) und Mario Cingoli (Mailand) über die komplexe Beziehung zwischen Idealismus und Materialismus in den Marxschen Frühwerken. Ersterer untersuchte die Dissertation „Differenz der demokritischen und epikureischen Naturphilosophie“ – wobei diese hier als erster theoretischer Text des jungen Marx gewertet wurde –, letzterer rekonstruierte die Genese des Marxschen Materialismus-Begriffs durch einen Vergleich zwischen den Jugendwerken „Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie“ und den „Ökonomisch-philosophischen Manuskripten“ des Jahres 1844. Marcello Musto (Neapel) ging schließlich auf die Bedeutung der Pariser Zeit des Jahres 1844 für die geistige Entwicklung des jungen Marx ein.

Die dritte Sektion über „Das Kapital: die unvollendete Kritik“ war eine der bedeutsamsten des gesamten Treffens, an der viele wichtige internationale Gelehrte teilnahmen und durch eine Gegenüberstellung der unterschiedlichen Auslegungen des „Kapital“ dessen philologische und philosophisch-ökonomische Komplexität aufzeigten sowie ungelöste Fragen diskutierten. Der Einfluss Hegels auf Marx und sein Werk stand im Mittelpunkt der Referate von Roberto Finelli (Bari), Chris Arthur (Sussex/GB) und Riccardo Bellofiore (Bergamo). Finelli versuchte zu zeigen, wie die Grundstruktur des „Kapital“ aus dem Fichte-Hegelschen ,Zirkel des vorausgesetzt Gesetzten‘ abgeleitet werden könne und wie die Abstraktion vom Arbeitswert durch die reelle Subsumtion der Arbeitskraft durch das Kapital praktisch zu einer echten Abstraktion wird. Arthur behandelte die bedeutsame Homologie zwischen dem Tauschvorgang, der eine praktische Abstraktion von der natürlichen Eigenart der Waren hervorruft, und dem Gedankenvorgang, der ein System von Denkkategorien schafft, und schloss daraus die Möglichkeit, die Wertformen über die Hegelschen Denkkategorien zu erklären. Bellofiore ging auf diese Fragen durch eine umfassende Darstellung der jüngsten Literatur zu diesem Thema ein. Von den anderen Vortragenden befasste sich Enrique Dussel (Mexico City) eingehend mit der Genese der Marxschen Kategorie der „Quelle“ der Wertschöpfung sowie mit dem Kreislauf des Kapitals, dessen Grenzen in der lebendigen Arbeit, in der Subjektivität des noch nicht subsumierten Arbeitenden liegen, und brachte dieses Konzept mit der derzeitigen Situation in Lateinamerika und seiner Masse von Arbeitslosen in Verbindung. Geert Reuten (Amsterdam) hingegen sprach über die abstrakte Arbeit als innere Substanz des Wertes der Waren und ihre Eigenschaft, letztere in homogene Mengen umzuwandeln. Wolfgang Fritz Haug (Berlin) untersuchte die Veränderungen, die Marx am ersten Buch des „Kapital“ von der ersten Ausgabe 1867 bis zu seiner französischen Übersetzung von 1872–1875 vorgenommen hatte und interpretierte diese Transformationen als Übergang zu einem neuen geschichtsphilosophischen Paradigma. Jacques Bidet (Paris) stellte schließlich sein metastrukturelles Rekonstruktionsprojekt des „Kapital“ vor, mit dem er Lösungen für lange diskutierte Problemfelder der „Kapital“-Konzeption bieten möchte.

Die vierte Sektion war in zwei Abschnitte geteilt. In einem ersten Teil wurden zwei bedeutende wissenschaftliche Publikationsprojekte dem internationalen Fachpublikum präsentiert: Das „Historisch-kritische Wörterbuch des Marxismus“, das bereits beim sechsten der vorgesehenen fünfzehn Bände an- gelangt ist und der erste Band des von der Internationalen Marx-Engels-Stiftung neu herausgegebenen „Marx-Engels-Jahrbuchs“, der ausschließlich einer Neuedition von wichtigen Teilen der „Deutschen Ideologie“ gewidmet ist. Der zweite Teil der Sektion war als Runder Tisch organisiert und der Diskussion und dem Erfahrungsaustausch einiger wichtiger internationaler („Actuel Marx“, „Historical Materialism“, „International Socialism Journal“) und italienischer („Critica marxista“, „Alternative“, „Rivista del manifesto“) Magazine gewidmet, die in den vergangenen Jahren Reflexionen zu Marx nicht aus ihrem Interessensbereich gestrichen und Überlegungen zur möglichen Anknüpfung an sein Denken in den verschiedenen Bereichen der gegenwärtigen Welt angestellt haben.

Die fünfte und letzte Sektion „Ein Heute für Marx“ wurde unter Reflexion auf die gegenwärtige internationale Situation eröffnet, die ein neues Marx-Studium ohne Behinderung durch politische Einflüsse erlaubt, die in der Vergangenheit so maßgeblich und irreführend waren. Erst jetzt sind seine Person, seine Werke und sein Denken in vollem Umfang der Erforschung und kritischen Diskussion zugänglich geworden. Abgesehen von den marxistischen Perspektiven verschiedener nationaler Entwicklungen – Wei Xiaoping (Peking) sprach über die Marxforschung in China, Alex Callinicos (York/GB) beschrieb den angelsächsischen Marxismus in den letzten Jahrzehnten – berührte der internationale Vergleich aktueller Perspektiven politische, philosophische und ökonomische Themen. Domenico Losurdo (Urbino) beschäftigte sich zunächst mit den verschiedenen Literaturgenres in den Marxschen Schriften, denen er unterschiedliche politische Intentionen zuordnete, um von dort aus Linien zu möglichen aktuellen Optionen, insbesondere zum Utopismus, zu ziehen. Andre ́ Tosel (Nizza) und Domenico Jervolino (Neapel) brachten gegen das Paradigma der Selbsterzeugung des Menschen ihre Konzeption eines „Communisme de la finitude“ zur Sprache, die schon früher Gegenstand ihrer Arbeiten gewesen war. Michael Krätke (Amsterdam) betonte im abschließenden Beitrag die un- verminderte Aktualität der Marxschen Kritik der Politischen Ökonomie in der gegenwärtigen Krise der Hegemonie des neoliberalen Denkens. Allerdings sei diese Chance nur zu nutzen, wenn sich die Marxisten an die Bearbeitung der ungelösten Probleme machten, die in Marx’ unvollendetem Werk nach wie vor zu finden seien. Indem Krätke auf die Unabgeschlossenheit des Marxschen „Kapital“-Entwurfes explizit noch einmal hinwies und dazu ermunterte, sich besser auf die Manuskriptlage zu konzentrieren, statt sich mit Interpretationen zur Marxschen dialektischen Methode zu befassen, schlug er den Bogen zu- rück zur Marx-Philologie, fokussierte zugleich aber auch noch einmal die bis heute nicht entschiedenen Kontroversen der Forschung zum Marxschen Werk.

Die Konferenz zeigte somit, dass die fachwissenschaftlichen Debatten um Marx in vollem Gange sind. Parallel dazu ist der seit 1998 in einem veränderten Rahmen erscheinenden Marx-Engels-Gesamtausgabe eine beträchtliche internationale Aufmerksamkeit zuteil geworden, und das mit Recht: Denn mit der MEGA werden die Textgrundlagen bereitgestellt, auf die jede wissenschaftliche Lektüre rekurrieren muss, und es wird durch die historisch-kritische Edition zugleich eine der Haupteigenschaften des Marxschen Werkes sichtbar: seine Unvollendetheit. Diese mindert den Wert seines Denkens in keiner Weise, sondern es zeigt sich vielmehr ein vielseitiges und polymorphes Vermächtnis, das uns Gelegenheit zur Kritik der Theorie, vielleicht aber auch Möglichkeiten der Anknüpfung bietet.

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Odissea e nuove prospettive dell’opera di Marx

I. Incompiutezza versus sistematizzazione
Pochi uomini hanno scosso il mondo come Karl Marx.
Alla sua scomparsa, passata pressoché inosservata, fece immediatamente seguito, con una rapidità che nella storia ha rari esempi ai quali poter essere confrontata, l’eco della fama. Ben presto, il nome di Marx fu sulle bocche dei lavoratori di Chicago e Detroit, così come su quelle dei primi socialisti indiani a Calcutta.
La sua immagine fece da sfondo al congresso dei bolscevichi a Mosca dopo la rivoluzione. Il suo pensiero ispirò programmi e statuti di tutte le organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio, dall’intera Europa sino a Shanghai.
Le sue idee hanno irreversibilmente stravolto la filosofia, la storia, l’economia.
Eppure, nonostante l’affermazione delle sue teorie, trasformate nel XX secolo in ideologia dominante e dottrina di Stato per una gran parte del genere umano e l’enorme diffusione dei suoi scritti, egli rimane, ancora oggi, privo di un’edizione integrale e scientifica delle proprie opere. Tra i più grandi autori, questa sorte è toccata esclusivamente a lui.
Ragione primaria di questa particolarissima condizione risiede nel carattere largamente incompleto della sua opera. Se si escludono, infatti, gli articoli giornalistici editi nel quindicennio 1848-1862, gran parte dei quali destinati al «New-York Tribune», all’epoca uno dei più importanti quotidiani del mondo, i lavori pubblicati furono relativamente pochi, se comparati ai tanti realizzati solo parzialmente ed all’imponente mole di ricerche svolte. Emblematicamente, quando nel 1881, in uno dei suoi ultimi anni di vita, Marx fu interrogato da Karl Kautsky, circa l’opportunità di un’edizione completa delle sue opere, egli rispose: «queste dovrebbero prima di tutto essere scritte» [3].
Marx lasciò, dunque, molti più manoscritti di quanti non ne diede invece alle stampe. Contrariamente a come in genere si ritiene, la sua opera fu frammentaria e talvolta contraddittoria, aspetti che ne evidenziano una delle caratteristiche peculiari: l’incompiutezza. Il metodo oltremodo rigoroso e l’autocritica più spietata, che determinarono l’impossibilità di condurre a termine molti dei lavori intrapresi; le condizioni di profonda miseria ed il permanente stato di cattiva salute, che lo attanagliarono per tutta la vita; l’inestinguibile passione conoscitiva, che restò inalterata nel tempo spingendolo sempre verso nuovi studi; ed infine, la gravosa consapevolezza acquisita con la piena maturità della difficoltà di rinchiudere la complessità della storia in un progetto teorico, fecero proprio dell’incompiutezza la fedele compagna e la dannazione dell’intera produzione di Marx e della sua stessa esistenza. Il colossale piano della sua opera non fu portato a termine che per un’esigua parte, risolvendo in un fallimento letterario le sue incessanti fatiche intellettuali, che non per questo si mostrarono meno geniali e feconde di straordinarie conseguenze.
Tuttavia, nonostante la frammentarietà del Nachlass [lascito] di Marx e la sua ferma contrarietà ad erigere un’ulteriore dottrina sociale, l’opera incompiuta fu sovvertita e un nuovo sistema, il «marxismo», poté sorgere.
Dopo la morte di Marx, avvenuta nel 1883, fu Friedrich Engels a dedicarsi per primo alla difficilissima impresa, stante la dispersività dei materiali, l’astrusità del linguaggio e l’illeggibilità della grafia, di dare alle stampe l’eredità letteraria dell’amico. Il lavoro si concentrò sulla ricostruzione e selezione degli originali, sulla pubblicazione dei testi inediti o incompleti e, contemporaneamente, sulle riedizioni e traduzioni degli scritti già noti.
Anche se vi furono delle eccezioni, come nel caso delle Tesi su Feurbach, edite nel 1888 in appendice al suo Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, e della Critica al programma di Gotha, uscita nel 1891, Engels privilegiò quasi esclusivamente il lavoro editoriale per il completamento de Il capitale, del quale era stato portato a termine soltanto il libro primo. Questo impegno, durato oltre un decennio, fu perseguito con il preciso intento di realizzare «un’opera organica e il più possibile compiuta». Tale scelta, seppur rispondente ad esigenze comprensibili, produsse il passaggio da un testo parziale e provvisorio, composto in molte parti da «pensieri scritti in statu nascendi» e da appunti preliminari che Marx era solito riservarsi per ulteriori elaborazioni dei temi trattati, ad un altro unitario, dal quale originava la parvenza di una teoria economica sistematica e conclusa. Così, nel corso della sua attività redazionale, basata sulla cernita di quei testi che si presentavano non come versioni finali quanto, invece, come vere e proprie varianti e sulla esigenza di uniformarne l’insieme, Engels più che ricostruire la genesi e lo sviluppo del secondo e del terzo libro de Il capitale, ben lontani dalla loro definitiva stesura, consegnò alle stampe dei volumi finiti [4].
D’altronde, in precedenza, egli aveva contribuito a generare un processo di sistematizzazione teorica già direttamente con i suoi scritti. L’Anti-Dühring, apparso nel 1878, da lui definito l’«esposizione più o meno unitaria del metodo dialettico e della visione comunista del mondo rappresentati da Marx e da me» [5], divenne il riferimento cruciale nella formazione del «marxismo» come sistema e nella differenziazione di questo dal socialismo eclettico, in quel periodo prevalente. Ancora maggiore incidenza ebbe L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza, rielaborazione, a fini divulgativi, di tre capitoli dello scritto precedente che, pubblicata per la prima volta nel 1880, conobbe fortuna analoga a quella del Manifesto del partito comunista. Seppur vi fu una netta distinzione tra questo tipo di volgarizzazione, compiuta in aperta polemica con le scorciatoie semplicistiche delle sintesi enciclopediche, e quello di cui si rese invece protagonista la successiva generazione della socialdemocrazia tedesca, il ricorso di Engels alle scienze naturali aprì la strada alla concezione evoluzionistica che, di lì a poco, si sarebbe affermata anche nel movimento operaio.
Il pensiero di Marx, pur se a volte attraversato da tentazioni deterministiche, indiscutibilmente critico ed aperto, cadde sotto i colpi del clima culturale dell’Europa di fine Ottocento, pervaso, come non mai, da concezioni sistematiche, prima tra tutte il darwinismo. Per rispondere ad esse ed al bisogno di ideologia che avanzava anche tra le file del movimento dei lavoratori, il neonato «marxismo», che andava sempre più estendendosi da teoria scientifica a dottrina politica – divenuto precocemente ortodossia sulle pagine della rivista «Die Neue Zeit» diretta da Kautsky – assunse rapidamente medesima conformazione sistemica. In questo contesto, la diffusa ignoranza ed avversione all’interno del partito tedesco nei riguardi di Hegel, vero e proprio arcano impenetrabile, e della sua dialettica, ritenuta finanche «l’elemento infido della dottrina marxista, l’insidia che intralcia ogni considerazione coerente delle cose» [6], giocarono un ruolo decisivo.
Ulteriori fattori che contribuirono a consolidare definitivamente la trasformazione dell’opera di Marx in sistema, sono rintracciabili nelle modalità che ne accompagnarono la diffusione. Com’è dimostrato dalla tiratura ridotta delle edizioni dell’epoca dei suoi testi, ne furono privilegiati opuscoli di sintesi e compendi molto parziali. Alcune delle sue opere, inoltre, recavano gli effetti delle strumentalizzazioni politiche. Comparvero, infatti, le prime edizioni rimaneggiate dai curatori, pratica che, favorita dall’incertezza del lascito marxiano, andò, in seguito, sempre più imponendosi insieme con la censura di alcuni scritti. La forma manualistica, notevole veicolo di esportazione del pensiero di Marx nel mondo, rappresentò sicuramente uno strumento molto efficace di propaganda, ma anche l’alterazione fatale della concezione iniziale. La divulgazione della sua opera, dal carattere complesso ed incompiuto, nell’incontro col positivismo e per meglio rispondere alle esigenze pratiche del partito proletario, si tradusse, infine, in impoverimento e volgarizzazione del patrimonio originario [7], fino a renderlo irriconoscibile trasfigurandolo da Kritik a Weltanschauung.
Dallo sviluppo di questi processi, prese corpo una dottrina dalla schematica ed elementare interpretazione evoluzionistica, intrisa di determinismo economico: il «marxismo» del periodo della Seconda Internazionale (1889-1914). Guidata da una ferma quanto ingenua convinzione del procedere automatico della storia, e dunque dell’ineluttabile successione del socialismo al capitalismo, essa si mostrò incapace di comprendere l’andamento reale del presente e, rompendo il necessario legame con la prassi rivoluzionaria, produsse una sorta di quietismo fatalistico che si tramutò in fattore di stabilità per l’ordine esistente. Si palesava in questo modo la profonda lontananza da Marx, che già nella sua prima opera aveva dichiarato: «la storia non fa niente (…) non è la ‘storia’ che si serve dell’uomo come mezzo per attuare i propri fini, come se essa fosse una persona particolare; essa non è altro che l’attività dell’uomo che persegue i suoi fini» [8].
La «teoria del crollo», ovvero la tesi della fine incombente della società capitalistico-borghese, che ebbe nella crisi economica della Grande Depressione, dispiegatasi lungo il ventennio successivo al 1873, il contesto più favorevole per esprimersi, fu proclamata come l’essenza più intima del socialismo scientifico. Le affermazioni di Marx, volte a delineare i principi dinamici del capitalismo e, più in generale, a descriverne una tendenza di sviluppo, furono trasformate in leggi storiche universalmente valide dalle quali far discendere, sin nei particolari, il corso degli eventi.
L’idea di un capitalismo agonizzante, autonomamente destinato al tramonto, fu presente anche nell’impianto teorico della prima piattaforma interamente «marxista» di un partito politico, Il programma di Erfurt del 1891, e nel commento che ne fece Kautsky che enunciava come «l’inarrestabile sviluppo economico porta alla bancarotta del modo di produzione capitalistico con necessità di legge naturale. La creazione di una nuova forma di società al posto di quella attuale non è più solo qualcosa di desiderabile ma è diventata inevitabile» [9]. Esso fu la rappresentazione, più significativa ed evidente, dei limiti intrinseci all’elaborazione dell’epoca, nonché dell’abissale distanza prodottasi da colui che ne era stato l’ispiratore.
Lo stesso Eduard Bernstein, che concependo il socialismo come possibilità e non come ineluttabilità aveva segnato una discontinuità con le interpretazioni in quel periodo dominanti, operò una lettura di Marx altrettanto artefatta che non si discostava minimamente da quelle del tempo e contribuì a diffonderne, mediante la vasta risonanza che ebbe il Bernstein-Debatte, un’immagine egualmente alterata e strumentale.
Il «marxismo» russo, che nel corso del Novecento svolse un ruolo fondamentale nella divulgazione del pensiero di Marx, seguì questa traiettoria di sistematizzazione e volgarizzazione con un irrigidimento persino maggiore.
Per il suo più importante pioniere, Gheorghi Plekhanov, infatti, «il marxismo è una completa concezione del mondo» [10], improntata ad un semplicistico monismo in base al quale le trasformazioni sovrastrutturali della società procedono in maniera simultanea alle modificazioni economiche. In Materialismo ed empiriocriticismo del 1909, Lenin definisce il materialismo come «il riconoscimento della legge obiettiva della natura, e del riflesso approssimativamente fedele di questa legge nella testa dell’uomo». La volontà e la coscienza del genere umano devono «inevitabilmente e necessariamente»[11] adeguarsi alla necessità della natura. Ancora una volta a prevalere è l’impostazione positivistica.
Dunque, a dispetto dell’aspro scontro ideologico apertosi durante quegli anni, molti degli elementi teorici caratteristici della deformazione operata dalla Seconda Internazionale trapassarono in quelli che avrebbero contrassegnato la matrice culturale della Terza Internazionale. Questa continuità si manifestò, con ancora più evidenza, in Teoria del materialismo storico, pubblicato nel 1921 da Nikolaj Bucharin, secondo il quale «sia nella natura che nella società, i fenomeni sono regolati da determinate leggi. Il primo compito della scienza è scoprire questa regolarità». L’esito di questo determinismo sociale, interamente incentrato sullo sviluppo delle forze produttive, generò una dottrina secondo la quale «la molteplicità delle cause che fanno sentire la loro azione nella società non contraddice affatto l’esistenza di una legge unica dell’evoluzione sociale» [12].
La critica di Antonio Gramsci, che si oppose a siffatta concezione, per la quale la «posizione del problema come una ricerca di leggi, di linee costanti, regolari, uniformi è legata a una esigenza, concepita in modo un po’ puerile e ingenuo, di risolvere perentoriamente il problema pratico della prevedibilità degli accadimenti storici», riveste particolare interesse. Il suo netto rifiuto a restringere la filosofia della praxis marxiana a grossolana sociologia, a «ridurre una concezione del mondo a un formulario meccanico che dà l’impressione di avere tutta la storia in tasca» [13], fu tanto più importante poiché si spingeva oltre lo scritto di Bucharin e mirava a condannare quell’orientamento assai più generale che sarebbe poi prevalso, in maniera incontrastata, in Unione Sovietica.
Con l’affermazione del «marxismo-leninismo», il processo di snaturamento del pensiero di Marx conobbe la sua definitiva manifestazione. La teoria fu estromessa dalla funzione di guida dell’agire, divenendone, viceversa, giustificazione a posteriori. Il punto di non ritorno fu raggiunto con il «Diamat» (Dialekticeskij materialzm), «la concezione del mondo del partito marxista-leninista». L’opuscolo di Stalin del 1938, Del materialismo dialettico e del materialismo storico, che ebbe una straordinaria diffusione, ne fissava i tratti essenziali: i fenomeni della vita collettiva sono regolati da «leggi necessarie dello sviluppo sociale», «perfettamente conoscibili»; «la storia della società si presenta come uno sviluppo necessario della società, e lo studio della storia della società diventa una scienza». Ciò «vuol dire che la scienza della storia della società, nonostante tutta la complessità dei fenomeni della vita sociale, può diventare una scienza altrettanto esatta quanto, ad esempio, la biologia, capace di utilizzare le leggi di sviluppo della società per servirsene nella pratica» [14] e che, di conseguenza, compito del partito del proletariato è fondare la propria attività in base a queste leggi. È evidente come il fraintendimento intorno ai concetti di «scientifico» e «scienza» fosse giunto al suo culmine. La scientificità del metodo marxiano, fondata su criteri teorici scrupolosi e coerenti, fu sostituita con il modo di procedere delle scienze naturali che non contemperava contraddizione alcuna.
Accanto a questo catechismo ideologico, trovò terreno fertile il più rigido ed intransigente dogmatismo. Completamente estraneo ed avulso dalla complessità sociale, esso si sosteneva, come sempre accade quando si propone, con un’arrogante quanto infondata cognizione della realtà. Circa l’inesistente legame con Marx, basta ricordare il suo motto preferito: de omnibus dubitandum.
L’ortodossia «marxista-leninista» impose un’inflessibile monismo che non mancò di produrre effetti perversi anche sugli scritti di Marx. Inconfutabilmente, con la Rivoluzione Sovietica il «marxismo» visse un significativo momento di espansione e circolazione in ambiti geografici e classi sociali dai quali era, sino ad allora, stato escluso. Tuttavia, ancora una volta, la diffusione dei testi, più che riguardare direttamente quelli di Marx, concerneva manuali di partito, vademecum, antologie «marxiste» su svariati argomenti. Inoltre, invalse sempre più la censura di alcune opere, lo smembramento e la manipolazione di altre, così come la pratica dell’estrapolazione e dell’astuto montaggio delle citazioni. A queste, il cui ricorso rispondeva a fini preordinati, venne destinato lo stesso trattamento che il brigante Procuste riservava alle sue vittime: se troppo lunghe venivano amputate, se troppo corte allungate.
In conclusione, il rapporto tra la divulgazione e la non schematizzazione di un pensiero, a maggior ragione per quello critico e volutamente non sistemico di Marx, tra la sua popolarizzazione e l’esigenza di non impoverirlo, è senz’altro impresa difficile da realizzare. In ogni caso a Marx non poté capitare di peggio.
Piegato da più parti in funzione di contingenze e necessità politiche, venne a queste assimilato e nel loro nome vituperato. La sua teoria, da critica quale era, fu utilizzata a mo’ di esegesi di versetti biblici. Nacquero così i più impensabili paradossi. Contrario a «prescrivere ricette (…) per l’osteria dell’avvenire» [15], fu trasformato, invece, nel padre illegittimo di un nuovo sistema sociale. Critico rigorosissimo e mai pago di punti d’approdo, divenne la fonte del più ostinato dottrinarismo. Strenuo sostenitore della concezione materialistica della storia, è stato sottratto al suo contesto storico più d’ogni altro autore. Certo «che l’emancipazione della classe operaia dev’essere opera dei lavoratori stessi» [16], venne ingabbiato, al contrario, in una ideologia che vide prevalere il primato delle avanguardie politiche e del partito nel ruolo di propulsori della coscienza di classe e di guida della rivoluzione. Convinto assertore dell’abolizione dello Stato, si ritrovò ad esserne identificato come suo baluardo. Interessato come pochi altri pensatori al libero sviluppo delle individualità degli uomini, affermando, contro il diritto borghese che cela le disparità sociali dietro una mera uguaglianza legale, che «il diritto, invece di essere uguale, dovrebbe essere diseguale» [17], è stato accomunato ad una concezione che ha neutralizzato la ricchezza della dimensione collettiva nell’indistinto dell’omologazione.
L’incompiutezza originaria del grande lavoro critico di Marx soggiacque alle spinte della sistematizzazione degli epigoni che produssero, inesorabilmente, lo snaturamento del suo pensiero sino ad obliterarlo ed a divenirne sua manifesta negazione.

II. Un autore misconosciuto
«Gli scritti di Marx ed Engels (…) furon essi mai letti per intero da nessuno, il quale si trovasse fuori dalla schiera dei prossimi amici ed adepti, e quindi, dei seguaci e degl’interpreti diretti degli autori stessi?» Così Antonio Labriola andava interrogandosi, nel 1897, su quanto fosse sino ad allora conosciuto delle loro opere. Le sue conclusioni furono inequivocabili: «il leggere tutti gli scritti dei fondatori del socialismo scientifico è parso fino ad ora come un privilegio da iniziati»; il «materialismo storico» era giunto fra i popoli di lingue neolatine «attraverso una infinità di equivoci, di malintesi di alterazioni grottesche, di strani travestimenti e di gratuite invenzioni» [18]. Un «marxismo» immaginario. In effetti, come poi dimostrato dalla successiva ricerca storiografica, la convinzione che Marx ed Engels fossero stati veramente letti è stata il frutto di una leggenda agiografica. Al contrario, molti dei loro testi erano rari o irreperibili anche in lingua originale e, dunque, l’invito dello studioso italiano: dare vita ad «una edizione completa e critica di tutti gli scritti di Marx ed Engels», indicava un’ineludibile necessità generale. Per Labriola, non bisognava compilare antologie, bensì «tutta la operosità scientifica e politica, tutta la produzione letteraria, sia pur essa occasionale, dei due fondatori del socialismo critico, deve essere messa alla portata dei lettori (…) perché essi parlino direttamente a chiunque abbia voglia di leggerli» [19]. Oltre un secolo dopo il suo auspicio, questo progetto non è stato ancora realizzato.
Accanto a queste valutazioni prevalentemente filologiche, Labriola ne avanzava altre di carattere teorico, di sorprendente lungimiranza in relazione all’epoca nella quale visse. Egli considerava tutti gli scritti ed i lavori di circostanza di Marx ed Engels non portati a termine come «i frammenti di una scienza e di una politica, che è in continuo divenire». Per evitare di cercare al loro interno «ciò che non c’è, e non ci ha da essere», ovvero «una specie di volgata o di precettistica per la interpretazione della storia di qualunque tempo e luogo», essi potevano essere pienamente compresi solo se ricollegati al momento ed al contesto della loro genesi. Diversamente, coloro i quali «non intendono il pensare ed il sapere come operosità che sono in fieri», ossia «i dottrinari e i presuntuosi d’ogni genere, che han bisogno degl’idoli della mente, i facitori di sistemi classici buoni per l’eternità, i compilatori di manuali e di enciclopedie, cercheranno per torto e per rovescio nel marxismo ciò che esso non ha mai inteso di offrire a nessuno» [20]: una soluzione sommaria e fideistica ai quesiti della storia.
Naturale esecutore della realizzazione dell’opera omnia non avrebbe potuto essere che la Spd, detentrice del Nachlass e delle maggiori competenze linguistiche e teoriche. Tuttavia, i conflitti politici in seno alla Socialdemocrazia, non solo impedirono la pubblicazione dell’imponente e rilevante massa dei lavori inediti di Marx, ma produssero anche la dispersione dei suoi manoscritti, compromettendo ogni ipotesi di edizione sistematica. Incredibilmente il partito tedesco non ne curò alcuna, trattando l’eredità letteraria di Marx ed Engels con la massima negligenza. Nessuno tra i suoi teorici si occupò di stilare un elenco del lascito intellettuale dei due fondatori, composto da molti manoscritti incompleti e progetti incompiuti. Tanto meno vi fu chi si dedicò a raccogliere la corrispondenza, voluminosissima ma estremamente disseminata, pur essendo utilissima come fonte di chiarimento, quando non addirittura continuazione, dei loro scritti. La biblioteca, infine, contenente i libri da loro posseduti recanti gli interessanti marginalia e sottolineature, fu ignorata, dispersa e solo in seguito parzialmente ricostruita e catalogata.
La prima pubblicazione delle opere complete, la Marx Engels Gesamtausgabe (MEGA), prese avvio solamente negli anni Venti, per iniziativa di David Borisovič Rjazanov, principale conoscitore di Marx nel Novecento e direttore dell’Istituto Marx-Engels di Mosca. Anche quest’impresa, però, naufragò a causa delle tempestose vicende del movimento operaio internazionale che troppo spesso ostacolarono anziché favorire l’edizione dei loro testi. Le epurazioni dello stalinismo in Unione Sovietica, che s’abbatterono anche sugli studiosi che guidavano il progetto, e l’avvento del nazismo in Germania, portarono alla precoce interruzione dell’edizione, vanificando anche questo tentativo. Si produsse così la contraddizione assoluta della nascita di un’ideologia inflessibile che s’ispirava ad un autore la cui gigantesca opera era in parte ancora inesplorata. L’affermazione del «marxismo» e la sua cristallizzazione in corpus dogmatico precedettero la conoscenza di testi la cui lettura era indispensabile per comprendere la formazione e l’evoluzione del pensiero di Marx [21]. I principali lavori giovanili, infatti, furono dati alle stampe solo con la MEGA: Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico nel 1927, i Manoscritti economico-filosofici del 1844 e L’ideologia tedesca nel 1932. Ancora successivamente, in tirature che riuscirono ad assicurare soltanto una scarsissima diffusione, furono pubblicati alcuni importanti lavori preparatori de Il capitale: nel 1933 il Capitolo VI inedito e tra il 1939 ed il 1941 i Grundrisse. Questi inediti, inoltre, come gli altri che seguirono, quando non celati nel timore che potessero erodere il cànone ideologico dominante, furono accompagnati da un’interpretazione funzionale alle esigenze politiche che, nella migliore delle ipotesi, apportava scontati aggiustamenti a quella già predeterminata e che mai si tradusse in seria ridiscussione complessiva dell’opera.
Il tortuoso processo della diffusione degli scritti di Marx e l’assenza di una loro edizione integrale, insieme con la primaria incompiutezza, il lavoro scellerato degli epigoni, le letture tendenziose e le più numerose non letture, sono le cause principali del grande paradosso: Karl Marx è un autore misconosciuto[22], vittima di una profonda e reiterata incomprensione. Lo è stato nel periodo durante il quale il «marxismo» era politicamente e culturalmente egemone, tale rimane ancora oggi[23].

III. Un’opera per l’oggi
Liberata dall’odiosa funzione di instrumentum regni, cui in passato è stata destinata, e dalla fallacia del «marxismo», dal quale viene definitivamente separata, l’opera di Marx, in parte ancora inedita, riemerge nella sua originale incompiutezza ed è riconsegnata ai liberi campi del sapere. Sottratta a sedicenti proprietari ed a costrittivi modi d’impiego, il pieno dispiegarsi della sua preziosa ed immensa eredità teorica è reso finalmente possibile.
Con l’ausilio della filologia trovano risposta l’esigenza non più eludibile di ricognizione delle fonti, per tanto tempo avvolte e mistificate dalla propaganda apologetica, ed il bisogno di disporre di un indice certo e definitivo di tutti i manoscritti di Marx. Essa si offre come imprescindibile mezzo per far luce sul suo testo, ristabilendone l’originario orizzonte problematico e polimorfo ed evidenziandone l’enorme divario con molte delle interpretazioni e delle esperienze politiche che, pur essendosi a lui richiamate, ne hanno trasmesso una percezione oltremodo sminuente. Leggere Marx con l’intento di ricostruirne la genesi degli scritti e il quadro storico nel quale nacquero, di evidenziarne l’importanza del debito intellettuale dell’elaborazione, di considerarne il carattere costantemente multidisciplinare [24]: è l’impegnativo compito che la nuova Marx Forschung [la ricerca su Marx] ha innanzi a sé e che necessita, per essere perseguito, di un orientamento permanentemente critico e lontano dal fuorviante condizionamento dell’ideologia.
Tuttavia, quella di Marx non è soltanto un’opera priva di un’adeguata interpretazione critica in grado di rendere giustizia al suo genio, ma è anche un’opera in costante ricerca d’autore.
Le riflessioni di Marx sono attraversate da una differenza irriducibile, da un carattere del tutto particolare rispetto a quelle della maggior parte degli altri pensatori. Esse racchiudono un inscindibile legame tra teoria e prassi e sono persistentemente rivolte ad un soggetto privilegiato e concreto: «il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente», al quale viene affidato il «rovesciamento pratico dei rapporti sociali esistenti» [25]. Credere di poter relegare il patrimonio teorico e politico di Marx ad un passato che non avrebbe più niente da dire ai conflitti odierni, di circoscriverlo alla funzione di classico mummificato con un interesse inoffensivo per l’oggi o di rinchiuderlo in specialismi meramente speculativi, si rivelerebbe impresa errata al pari di quella che lo ha trasformato nella sfinge del grigio socialismo reale del Novecento.
La sua opera conserva confini e pretese ben più vasti degli àmbiti delle discipline accademiche. Senza il pensiero di Marx mancherebbero i concetti per comprendere e descrivere il mondo contemporaneo, così come gli strumenti critici per invertire la subalternità al credo imperante che presume di poter raffigurare il presente con le sembianze antistoriche della naturalità e dell’immutabilità. Senza Marx saremmo condannati ad una vera e propria afasia critica.
Non tragga in inganno l’apparente inattualità, l’assoluto ed unanime dogma che ne decreta con certezza l’oblio. Le sue idee potranno invece suscitare nuovi entusiasmi e stimolare ulteriori feconde riflessioni. La causa dell’emancipazione umana dovrà ancora servirsi di lui.
Critico ineguagliato del sistema di produzione capitalistico, Karl Marx sarà fondamentale fino al suo superamento. Il suo «spettro» è destinato ad aggirarsi per il mondo ed a far agitare l’umanità ancora per molto.

References
1. Il testo è un estratto dell’Introduzione al volume collettaneo Sulle tracce di un fantasma. L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia, a cura di Marcello Musto, Manifestolibri, Roma 2005.
2. Boris Nikolaevskij– Otto Maenchen-Helfen, Karl Marx. La vita e l’opera, Einaudi, Torino 1969, p. 7.
3. Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx e Engels, Einaudi, Torino 1977, p. 438.
4. Le più recenti acquisizioni filologiche valutano che gli interventi eseguiti da Engels, durante il suo lavoro di curatore, sui manoscritti del secondo e del terzo libro de Il capitale, ammontano a circa cinquemila: una quantità di gran lunga superiore a quella sino ad oggi presunta.
5. Friedrich Engels, Anti-Dühring, Marx Engels Opere, vol. XXV, Editori Riuniti, Roma 1974, p. 6.
6. Eduard Bernstein, I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia, Laterza, Bari 1968, p. 58.
7. Cfr. Franco Andreucci, La diffusione e la volgarizzazione del marxismo, in Aa. Vv., Storia del marxismo, vol. secondo, Einaudi, Torino 1979, p. 15.
8. Friedrich Engels-Karl Marx, La sacra famiglia, Marx Engels Opere, vol. IV, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 103.
9. Karl Kautsky, Il programma di Erfurt, Samonà e Savelli, Roma 1971, p. 123.
10. Gheorghi Plekhanov, Le questioni fondamentali del marxismo, in Gheorghi Plekhanov, Opere Scelte, Edizioni Progress, Mosca 1985, p. 366.
11. Vladimir Ilic Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, in Vladimir Ilic Lenin, Opere complete, vol. XIV, Editori Riuniti, Roma 1963, pp. 152 e 185.
12. Nikolaj I. Bucharin, Teoria del materialismo storico, La Nuova Italia, Firenze 1977, pp. 16 e 252.
13. Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, Einaudi, Torino 1975, pp. 1403 e 1428.
14. Josef Stalin, Del materialismo dialettico e del materialismo storico, Edizioni Movimento Studentesco, Milano 1973, pp. 919 e 926-927.
15. Karl Marx, Poscritto alla seconda edizione de Il capitale, Libro primo, Editori Riuniti, Roma 1964, p. 42.
16. Karl Marx, Statuti provvisori dell’Associazione internazionale degli operai, Marx Engels Opere, vol. XX, Editori Riuniti, Roma 1987, p. 14.
17. Karl Marx, Critica al programma di Gotha, Editori Riuniti, Roma 1990 (1976), p. 17.
18. Antonio Labriola, Discorrendo di socialismo e filosofia. Scritti filosofici e politici, Einaudi, Torino 1973, pp. 667-669.
19. Ivi , pp. 671-672.
20. Ivi , pp. 673-677.
21. Cfr. Maximilien Rubel, Marx critico del marxismo, Cappelli, Bologna, 1981, p. 88.
22. Sull’argomento è intervenuto di recente Lucien Sève, Penser avec Marx aujourd’hui, La Dispute, Paris 2004. Peccato che l’autore francese, nel suo tardo ravvedimento dal «marxismo» ufficiale, si sia guardato bene dal riconoscere i meriti – pur avendone plagiato molte argomentazioni – di colui che più di ogni altro ha denunciato questa realtà: Maximilien Rubel.
23. Accanto al misconoscimento «marxista», che si è voluto sin qui tratteggiare, andrebbe considerato anche quello «antimarxista» di parte liberale e conservatrice, ben più grave perché carico di prevenuta ostilità. Questo tema sarà oggetto di successivi approfondimenti.
24. In proposito si veda Bruno Bongiovanni, Leggere Marx dopo il marxismo, «Belfagor», n. 5 (1995), p. 590.
25. Friedrich Engels-Karl Marx, L’ideologia tedesca, Marx Engels Opere, vol. V, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 34 e 39.

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Internationale Marx-Konferenz in Neapel

Nach Jahren des Schweigens über das Werk von Karl Marx in Italien beginnt man hierüber wieder ernsthaft zu reden. Eine Gelegenheit hierfür war die internationale Konferenz „Auf den Spuren eines Gespenstes. Das Werk von Karl Marx zwischen Philologie und Philosophie.“ Dreizehn Marx-Spezialist Innen aus mehreren europäischen Ländern, Japan, China und Mexiko sind dafür vom 1. bis 3. April 2004 in Neapel zusammengekommen.

Das erste Ziel der Organisation bestand darin, einem italienischen Publikum zum ersten Mal die Ergebnisse der Neukonzipierung und Fortsetzung der neuen Ausgabe der Werke von Marx und Engels in den jeweiligen Originalsprachen vorzustellen. Es gibt bislang keine vollständige und wissenschaftliche Ausgabe ihrer Werke, darunter eines bedeutenden Teils ihrer Manuskripte und der beträchtlichen Menge von Auszügen und Notizen zu ihrer Lektüre, die sie bei ihren Studien gewöhnlich anfertigten, sowie ihrer beeindruckenden Korrespondenz.

Die historisch-kritische Ausgabe sämtlicher Werke von Marx und Engels, der Marx Engels Gesamtausgabe (MEGA), deren erste Bände 1975 erschienen waren, wurde infolge der Ereignisse von 1989 unterbrochen. 1990 führte eine Initiative des Amsterdamer „Internationaal Instituut voor Sociale Geschiedenis“ (IISG) zur Gründung der Internationalen Marx Engels Stiftung (IMES), deren Ziel darin besteht, dieses Unternehmen zum Abschluss zu bringen (bislang liegen erst 49 von den 114 Bänden vor). Neben dem IISG gehören die Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften (BBAW), das Historische Forschungszentrum der Friedrich-Ebert-Stiftung und das Moskauer „Rossijskij gosudarstvennyj archiv so- cial‘no-politiieskoj istorii“ (RGASPI) der IMES an. Zur Zeit beteiligen sich Fachleute, die in Deutschland, Frankreich, den Niederlanden, Japan, den USA, Dänemark und Italien arbeiten, an ihrer Tätigkeit.

Ausgehend von den editorischen Leistungen der Marx Engels Gesamtausgabe (MEGA) ist mit dem Kolloquium in Neapel versucht worden, ein genaues Marx-Studium wieder aufzunehmen, wobei das Unabgeschlossene seines Werks als eines der Hauptmerkmale betrachtet wird. Dieser Aspekt, der dessen Wert durchaus nicht mindert, weist auf ein vielförmiges und vielfältiges Erbe hin und eröffnet neue Perspektiven für die Weiterarbeit an der kritischen Theorie. Einige neuere Interpretationen von Marx’ Schriften haben die Art und die Bedeutung der neuen Marx-Forschung hervortreten lassen, die für jedes kritische Denken notwendig und für das Verständnis der Gegenwart unabdingbar ist.

Übersetzung: Friedrich Dorn

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Vicissitudini e nuovi studi de «L’ideologia tedesca»

In occasione della pubblicazione del primo volume della nuova serie del «Marx-Engels Jahrbuch», la storia e le più recenti acquisizioni filologiche del famoso manoscritto marxiano e delle sue edizioni. Dai lavori della nuova edizione storico-critica emerge un autore misconosciuto.
I molteplici tentativi di pubblicazione delle opere complete di Marx ed Engels hanno visto fiorire, contestualmente alle loro edizioni, alcuni periodici che avevano lo scopo di accompagnarne e promuoverne i lavori, nonché offrire un contributo alla ricerca.

I. Riviste di studi marxiani
Anche questo capitolo della Marx Forschung (la ricerca su Marx), si apre, come molti altri, con le imprese di David Borisovič Rjazanov, curatore della prima edizione storico-critica dell’opera completa di Marx ed Engels, la Marx Engels Gesamtausgabe e, senza dubbio, il più importante Marx-Forscher del Novecento. Grazie alla sua iniziativa ed a cura dell’Istituto Marx Engels di Mosca, da lui stesso diretto, apparvero infatti, nel biennio 1926/27, i due volumi del «Marx Engels Archiv». L’intento di questo progetto, dal quale era escluso in via di principio ogni riferimento al dibattito politico del tempo, mirava a fornire anticipazioni sui manoscritti dei due pensatori per renderli accessibili alla critica, ancor prima dell’edizione dell’opera completa. Com’è noto, sulla Mega s’abbatté la mannaia dello stalinismo, responsabile, oltre ai tanti e atroci crimini commessi, anche di aver interrotto la pubblicazione dell’opera di Marx.
Durante i quarant’anni trascorsi dall’interruzione del primo tentativo di Gesamtausgabe, datata 1935, e l’inizio della stampa della seconda, il primo volume risale al 1975, nonostante dal 1956 al 1968 fosse apparsa la Marx Engels Werke (MEW) e tra il 1955 ed il 1966, in Unione Sovietica, la seconda K. Marks i F. Èngel’sa Sočinenija, in campo socialista non vi furono serie analoghe iniziative editoriali. L’unica rivista di questo ciclo, fu il del tutto dottrinale «Naučno-informacionnyj bjulleten’ sektora proizvedenij K. Marksa i F. Èngel’sa» che sorse nel 1958, presso l’Istituto per il marxismo-leninismo di Mosca, e proseguì, in 47 numeri, fino al 1989. Al contrario, nello stesso periodo, ad occidente sono da annoverare numerosi e qualificati strumenti di ricerca su Marx e ad almeno due di essi, è obbligatorio fare riferimento. In Francia, sotto la direzione del grande marxologo Maximilien Rubel, nacque la rivista «Etudes de marxologie». I 31 numeri di questi quaderni, alcuni dei quali doppi, apparsi in modo discontinuo dal 1959 al 1994, grazie alle analisi critiche, gli studi storici, le bibliografie e le traduzione d’inediti in essi ospitati, rappresentano un insostituibile tentativo di documentazione dell’opera di Marx e di critica del marxismo. Essi, ancora oggi, risultano essere uno strumento indispensabile per chi voglia cimentarsi, in maniera rigorosa, con questi temi. A Treviri, nella Repubblica Federale Tedesca, invece, comparvero, negli anni dal 1969 al 2000, in 49 numeri, gli «Schriften aus dem Karl Marx Haus». Anche questa collana, con le sue monografie sulle edizioni dell’opera di Marx ed Engels e sulla ricezione che essa ebbe nel mondo, sui rapporti che essi intrattennero con terzi, nonché con la presentazione di saggi sulla storia del movimento operaio, rappresenta una delle più specializzate fonti di ricerca del campo.
Dopo la nascita della MEGA², gli istituti per il marxismo-leninismo di Mosca e Berlino, diedero vita al «Marx-Engels-Jahrbuch». Questo annuario, edito dalla Dietz Verlag in tredici numeri, nel periodo tra il 1978 ed il 1991, seppur concepito per contribuire alla divulgazione del marxismo ed al suo trionfo ideologico e dunque, privo di quel carattere scientifico che Rjazanov aveva fortemente voluto cinquant’anni prima, accompagnò la stampa dei primi volumi della MEGA², annoverando al proprio interno importanti contributi di studio. All’incirca nello stesso tempo, nella Repubblica Democratica tedesca, sorsero diverse altre riviste per documentare il lavoro editoriale in corso sull’opera di Marx. Dal 1976 al 1988, editi dalla Martin-Luther Universität di Halle-Wittenberg, per un insieme di 23 numeri, uscirono gli «Arbeitsblätter zur Marx-Engels-Forschung»; dal 1978 al 1989 in 29 numeri e per iniziativa dell’Istituto per il marxismo-leninismo di Berlino, apparvero i «Beiträge zur Marx-Engels-Forschung» (la nuova serie è ripresa, con cadenza annuale, nel 1991); infine, editi dalla Karl-Marx-Universität di Lipsia, vennero stampati, in maniera irregolare dal 1981 al 1990, i 6 numeri della «Marx-Engels-Forschungsberichte».
In seguito agli avvenimenti dell’autunno del 1989, per iniziativa dell’Internationaal Instituut voor Sociale Geschiedenis di Amsterdam e della Karl Marx Haus di Treviri, nacque nel 1990 l’Internazionale Marx Engels Stiftung (IMES). Questa fondazione, sorta con il gravoso compito di completare la MEGA², assunse l’impegno di pubblicare ad Amsterdam i «MEGA-Studien», usciti in 11 numeri tra il 1994 ed il 1999. Questa rivista, esclusivamente incentrata sui lavori di edizione della MEGA, affermò, in questo modo, il ritorno ad una rinnovata obiettività nella ricerca scientifica.

II. «Marx-Engels Jahrbuch»
La recente edizione del primo volume del «Marx-Engels Jahrbuch», anch’esso a cura dell’IMES, ma stavolta con redazione presso la Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften, segna un nuovo inizio nella storia delle riviste della Marx-Forschung. In seguito al consolidamento della MEGA², conseguito attraverso la pubblicazione, dal 1998 ad oggi, di ben nove nuovi volumi accompagnati da grande risonanza internazionale, questa nuova impresa, tenta di spingersi oltre l’esperienza dei «MEGA-Studien», dedicati unicamente alle questioni editoriali, e mira a dar vita ad un vero e proprio forum scientifico sull’opera di Marx ed Engels.
Con l’ausilio di saggi, atti di convegni e recensioni della letteratura specializzata, l’annuario ambisce definire lo stato attuale della ricerca su Marx, ospitando sulle sue pagine i contributi utili a ricostruire il quadro storico di elaborazione delle sue opere, documentandone contesto e fonti. I volumi conterranno appendici, errata corrige, documenti integrativi e materiali d’archivio – anche relativi alla storia della MEGA – nonché apporti inerenti le problematiche legate ai lavori dell’edizione. L’auspicio è di realizzare un rapporto di stimolo reciproco tra lavoro editoriale e ricerca scientifica grazie al quale, in mutua reciprocità, le nuove acquisizioni filologiche possano fornire nuovi impulsi al dibattito sulla teoria marxiana e questo, a sua volta, influire produttivamente sulla preparazione dei volumi.
Ulteriore intenzione del progetto è di dare alle stampe, proprio come avvenne con la «Marx Engels Archiv», stralci delle opere più significative dei due autori, come anticipazione dell’opera completa. Il primo numero, che qui si presenta – Marx-Engels Jahrbuch 2003, 2 voll., pp. 400, € 59.80, Akademie Verlag, Berlin 2004 -, infatti, è interamente dedicato a L’ideologia tedesca. A tal riguardo, questa recensione intende ripercorrere le tappe della storia editoriale, tralasciando volutamente le questioni teoriche.

III. La rodente critica dei topi
Nel febbraio del 1845, in seguito all’ordine di espulsione, emanato contro di lui dalle autorità francesi, Marx è costretto a lasciare Parigi. Dopo aver cominciato gli studi di economia politica, sintetizzati nei quaderni di estratti e annotazioni dai testi letti e nei celebri Manoscritti economico-filosofici, e dopo la firma con l’editore Leske di Darmstadt di un contratto per un’opera in due volumi, da intitolarsi Critica della politica e dell’economia politica, egli parte per una nuova destinazione. Teatro del nuovo esilio, fino allo scoppio della rivoluzione nel marzo 1848, è, questa volta, la città di Bruxelles.
I progetti di Marx, proseguire le ricerche per dare alla luce il libro che si era impegnato a realizzare, così come pubblicare, offrendone la traduzione tedesca, una «Biblioteca dei più eccellenti scrittori socialisti stranieri», vennero alterati dall’uscita, nell’ottobre del 1844, del testo di Stirner, L’unico e la sua proprietà. La prima opera comune di Engels e Marx, La sacra famiglia, critica della filosofia speculativa di Bauer e consorti, non poté darne conto, essendo stata redatta all’incirca nello stesso periodo. Era allora necessario combattere anche questa ultima manifestazione del neohegelismo. Inoltre, Marx riteneva importante preparare il pubblico al punto di vista della sua «Economia», attraverso uno scritto polemico contro le più recenti concezioni della scienza tedesca.
Con questo intendimento, dunque, il piano dell’opera andò ad ingrandirsi sino a comprendere ben due volumi. Marx ed Engels vi lavorarono a lungo insieme a Moses Hess. Nel maggio del 1846, la parte principale del manoscritto del primo volume, fu inviata in Vestfalia a Joseph Weydemeyer che doveva predisporne l’edizione. Tuttavia, diverse circostanze ne impedirono la pubblicazione. Negli anni 1846-1847, Marx ed Engels tentarono altre volte, e sempre senza successo, di trovare un editore. Il titolo dell’opera e dei due volumi che avrebbero dovuta comporla non sono riportati nel manoscritto. Gli editori postumi le hanno aggiunte in base ad una dichiarazione di Marx contro Grün, pubblicata nell’aprile del 1847, nella quale egli riferisce di uno «scritto, redatto in comune con Fr. Engels, L’ideologia tedesca (Critica della più recente filosofia tedesca nei suoi rappresentanti Feuerbach, Bruno Bauer e Stirner, e del socialismo tedesco nei suoi vari profeti)». Di questo, solamente pochissime parti furono stampate con gli autori in vita e, tutte, nel 1847. Di Marx, la rivista mensile tedesca «Das Westphälische Dampfboot» ospitò l’articolo La storiografia del vero socialismo (contro Karl Grün). Di Hess uscì, presso la «Deutsche-Brüsseler-Zeitung», un testo, scritto con la collaborazione di Marx: il Dottore Graziano’s Werke, come critica, destinata anch’essa al lavoro comune, al libro di Arnold Ruge Due anni a Parigi. Di Engels, la stessa rivista, diede alle stampe K. Beck: “Canti del pover’uomo”, o la poesia del vero socialismo. Tuttavia questo fallimento non costituì per Marx un grande problema; nel rapido schizzo di autobiografia intellettuale, utilizzato come prefazione alla Critica dell’economia politica del 1859, infatti, riassunse così l’accaduto: «Abbandonammo tanto più volentieri il manoscritto alla rodente critica dei topi, in quanto avevamo già raggiunto il nostro scopo principale, che era di veder chiaro in noi stessi».

IV. Le edizioni postume
Le vicende della pubblicazione postuma non sono meno intricate di quelle della loro preparazione e stesura. Anzi.
Sulle edizioni di Marx ed Engels hanno sempre pesato i conflitti delle varie correnti, teoriche e politiche, del movimento operaio. Relativamente a L’ideologia tedesca, Eduard Bernstein, che dopo la morte di Engels era entrato in possesso di gran parte del lascito dei due autori, ha enormi responsabilità. Nel 1899 si limitò a ristampare su «Die Neue Zeit» l’invettiva contro Grün che Marx aveva già pubblicato nel 1847. Solo più tardi, negli anni 1903-1904, si decise a consegnare alle stampe, nei «Dokumente des Sozialismus», rivista da lui diretta, la parte inedita riguardante Stirner. Nell’introduzione che l’accompagnava, non veniva però fornita una chiara presentazione dello stato dell’originale. Soltanto molti anni dopo e ad opera del primo e più prestigioso biografo di Engels, Gustav Mayer, ne fu elaborata una valida descrizione; questi, infatti, durante la fase di documentazione del suo lavoro, aveva convinto Bernstein a consentirgli di consultare alcune parti del manoscritto. Risalgono, dunque, al 1920, anno della prima edizione del Friedrich Engels, le prime attendibili notizie a riguardo.
Nel 1923, Rjazanov si mise in viaggio per Berlino e, al suo ritorno in Unione Sovietica, presentò all’Accademia Socialista di Mosca una comunicazione sull’eredità letteraria di Marx ed Engels. In quella circostanza, si poté finalmente apprendere la reale situazione del testo divenuto così controverso. Le colpe e le lacune scientifiche di Bernstein si rivelarono molteplici. Si scoprì infatti, che aveva pubblicato meno della metà della critica di Stirner, attribuendo falsamente alla «rodente critica dei topi», quelli che invece erano stati suoi tagli arbitrari; inoltre, si poté constatare che aveva creduto a torto che le parti su Feuerbach e Bauer appartenessero ad un unico capitolo, al quale aveva attribuito poca importanza, decidendo di non pubblicarlo! Solo utilizzando la sua straordinaria erudizione, che gli consentì di risalire ad ogni parte dell’originale, e con la sua grande abilità diplomatica, Rjazanov riuscì a procurarsi da Bernstein, con enorme fatica, ma soltanto in quattro settimane, tutte le parti del testo. Fotografato il tutto, fece ritorno a Mosca. La prima parte de L’ideologia tedesca, incompiuta, verosimilmente tutta di Marx e senz’altro, la più importante dell’intero lavoro, venne pubblicata per la prima volta a cura dello stesso Rjazanov nel 1926, nel primo volume del «Marx Engels Archiv». Questa, intitolata «Feuerbach», ma dedicata soprattutto alla sua concezione della storia, contiene la prima esposizione della teoria che Marx aveva elaborato nel corso di anni di studi filosofici, storici ed economici, quella che in seguito definirà il «filo conduttore» delle proprie ricerche.
Nell’introduzione che ne accompagnò l’edizione, Rjazanov riassunse le tante vicissitudini del manoscritto del quale sia Engels, pur se comprensibilmente alle prese con i libri II e III de Il capitale, che Mehring avevano sottostimato il valore. La sua importanza, al contrario, era fondamentale poiché consentiva di colmare il vuoto tra La sacra famiglia e le Tesi su Feuerbach e la successiva Miseria della filosofia. Esso venne pubblicato per intero soltanto nel 1932, nel volume I/5 della prima MEGA. Come per i Manoscritti economico-filosofici del 1844, tra la data della stesura e quella della pubblicazione, trascorse quasi un secolo. Se così non fosse stato, alla «concezione materialistica della storia», la celebre espressione fu coniata e utilizzata da Engels, sarebbero stati evitati parecchi malintesi e confusioni.
Nel 1962, infine, dopo che il testo era già uscito nell’edizione MEW, apparvero in un articolo di Siegfried Bahne sull’«International Review of Sociali History», altre tre pagine dell’originale, anche queste erroneamente addebitate all’appetito dei topi, ma in realtà conservate sotto una falsa intestazione.
Il testo compreso nel primo numero del «Marx-Engels Jahrbuch», è un’anticipazione del volume I/5 della MEGA²: Karl Marx, Friedrich Engels, Moses Heβ: Die duetsche Ideologie. Manuskripte und Drucke (November 1845 bis Juni 1846), la cui uscita è prevista nel 2008. Questa edizione offrirà, tra le altre novità, per la prima volta alcune parti del manoscritto correttamente attribuite ad Hess. Quelle incluse nell’annuario corrispondono ai capitoli: I. «Feuerbach» e II. «Sankt Bruno». Differentemente dai sei diversi tentativi di ricostruzione del famoso capitolo «I. Feuerbach. Antitesi fra concezione materialistica e concezione idealistica» effettuati sino ad oggi, questa nuova versione pubblica i manoscritti di Marx ed Engels così come sono stati da loro lasciati. Essi sono raccolti come sette testi indipendenti e ordinati cronologicamente. Da questa edizione si evince, con chiarezza, il carattere frammentario dello scritto e che, in particolare, il capitolo su Feuerbach è tutt’altro che compiuto. Nuove e definitive basi, dunque, vengono fornite all’indagine scientifica per risalire, con esattezza, al pensiero di Marx. Del tutto inedito, invece, è un brano di Joseph Weydemeyer, redatto con la collaborazione di Marx, incluso in appendice. Infine accanto all’opera, così come per i volumi della MEGA², vi è un imponente tomo di apparato, contenente la descrizione del testo, i suoi chiarimenti, l’elenco delle varianti e delle correzioni, gli indici.
Questi ultimi risultati della ricerca e le conseguenti possibili nuove interpretazioni critiche, possono bastare a far sorgere qualche dubbio a quanti, siano essi sedicenti seguaci o avversari, credono di conoscere Karl Marx in maniera definitiva?
Dai lavori della nuova edizione storico-critica emerge sempre più un autore misconosciuto. Il divario che lo separa dalle realizzazioni e dalle concezioni delle esperienze politiche, che a lui si sono richiamate, è troppo grande per non far sorgere il sospetto che il suo spettro, prima o poi, tornerà ancora ad agitarsi. Per il momento, le ricerche filologiche, lontane dal retaggio esercitato per il passato dal fuorviante condizionamento ideologico, contribuiscono a far luce sulla sua opera e sul suo pensiero. L’ideologia tedesca, considerata a volte finanche come l’esposizione esaustiva della concezione materialistica di Marx, è restituita nella sua originaria incompiutezza che la rende indisponibile ad ogni ipotesi di sistematizzazione. La fallacia dei marxismi dominanti del Novecento e le tante carenze e strumentalizzazioni delle diverse edizioni e letture di Marx susseguitesi, fanno risuonare una sua frase, contenuta in questo testo, non solo e ancora una volta contro la critica tedesca a lui contemporanea, ma anche come sarcastico monito per il futuro: «Non solo nelle risposte, ma già negli stessi problemi c’era una mistificazione».

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La «Nuova MEGA» e il carteggio Marx-Engels del 1858-1859

Le vicende della pubblicazione delle opere complete di Marx ed Engels e lo stato attuale della «MEGA²». L’ultimo volume edito presenta la corrispondenza del 1858-1859.
Sono gli anni dei Grundrisse, di Per la critica dell’economia politica e della collaborazione con la «New-York Tribune», tra crisi economica e indicibili ristrettezze personali.

I. Da Rjazanov alla MEGA²
A dispetto dell’enorme diffusione dei loro scritti, Marx ed Engels rimangono ancora privi di un’edizione integrale e scientifica delle proprie opere. La prima ragione di questo paradosso risiede senz’altro nell’incompiutezza e nella frammentarietà dell’opera di Marx. Durante gli ultimi anni di vita, infatti, interrogato da Kautsky a proposito di un’eventuale pubblicazione delle proprie opere complete, egli risponde: «queste opere dovrebbero innanzitutto essere scritte!» In secondo luogo, sulla pubblicazione dei lavori dei due autori hanno influito le vicende del movimento operaio, che troppo spesso hanno ostacolato anziché favorito l’edizione dei loro testi.
Il primo tentativo di pubblicare tutti gli scritti di Marx ed Engels risale agli anni Venti quando, David Borisovič Rjazanov, formidabile studioso e conoscitore di Marx, direttore nella neonata repubblica dei Soviet dell’Istituto Marx-Engels, avviò la pubblicazione in lingua originale dell’opera completa, la Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA). Le epurazioni dello stalinismo però s’abbatterono anche sugli studiosi dell’istituto, lo stesso Rjazanov fu destituito e condannato alla deportazione nel 1931, ed il progetto venne interrotto nel 1935. Dei 42 volumi inizialmente previsti, soltanto 12 furono dati alle stampe. Ancora in Unione Sovietica, dal 1928 al 1946, fu pubblicata la prima edizione in russo delle opere complete, la Sočinenija, che ad onta del nome riproduceva un numero parziale di scritti, ma che con i suoi 28 volumi (in 33 tomi) fu comunque, per l’epoca, la raccolta quantitativamente più considerevole.
Dal 1956 al 1968 nella Repubblica democratica tedesca, per iniziativa del Comitato Centrale della Sed, furono stampati 41 volumi (in 43 tomi) della Marx Engels Werke (MEW). Tale edizione, però, era tutt’altro che completa ed era appesantita dalle introduzioni e dalle note che, concepite sul modello dell’edizione sovietica, ne orientavano la lettura secondo la concezione del marxismo-leninismo. Ciò nonostante, essa costituì la base di numerose edizioni analoghe in altre lingue tra cui anche le Opere italiane, le quali in realtà non sono mai state completate e sono apparse solo in 32 dei 50 volumi previsti.
Il progetto di una “seconda” MEGA, che si prefiggeva di riprodurre in maniera fedele e con un ampio apparato critico, tutti gli scritti dei due pensatori, rinacque durante gli anni Sessanta. Le pubblicazioni, avviate nel 1975, furono tuttavia anch’esse interrotte, stavolta in seguito al crollo del blocco dei paesi socialisti.
Nel 1990, con lo scopo di completare l’edizione storico critica delle opere di Marx ed Engels, diversi istituti in Olanda, Germania e Russia hanno costituito la Fondazione Internazionale Marx Engels (Imes). Dopo un’impegnativa fase di riorganizzazione, nella quale sono stati approntati nuovi principi editoriali, e dopo il passaggio di casa editrice, dalla Dietz Verlag all’Akademie Verlag, dal 1998 è ripresa la pubblicazione della Marx-Engels-Gesamtausgabe, la cosiddetta MEGA². Questa impresa è tanto più importante se si considera che una parte notevole dei manoscritti, dell’imponente corrispondenza e dell’immensa mole di estratti e annotazioni che Marx era solito compilare dai testi che leggeva, è ancora inedita. Il progetto complessivo, al quale partecipano studiosi che operano in Germania, Russia, Olanda, Francia, Stati Uniti, Giappone, Danimarca ed Italia, si divide in quattro sezioni: la prima comprende tutte le opere, gli articoli e le bozze escluso Il capitale; la seconda Il capitale e tutti i suoi lavori preparatori a partire dal 1857; la terza l’epistolario; la quarta gli estratti, le annotazioni e i marginalia. Fino ad oggi dei 114 volumi previsti ne sono stati pubblicati 49, ognuno dei quali consta di due tomi: il testo più l’apparato che contiene gli indici ed ogni tipo di informazione aggiuntiva.

II. Carteggio
Il volume che qui si vuole presentare – Marx-Engels, Gesamtausgabe (MEGA²), Dritte Abteilung, Band 9: Briefwechsel Januar 1858 bis August 1859, Berlin, Akademie Verlag, 2003, 2 voll., pp. 1301, euro 188 – è l’ultimo edito. Esso include una parte del carteggio che per tutta la vita si è svolto tra Marx ed Engels e tra loro e tantissimi altri corrispondenti. L’ammontare complessivo del numero delle lettere è enorme. Ne sono state ritrovate oltre 4.000 scritte da Marx ed Engels, di cui 2.500 sono quelle che si sono scambiate tra di loro, e 10.000 quelle ricevute da terzi. Altre 6.000, inoltre, pur non essendoci pervenute, hanno lasciato testimonianza certa della loro esistenza. In seguito alle nuove linee editoriali, tutte le lettere seguono rigorosamente il criterio della successione cronologica e non sono più divise, come una volta, in due parti distinte, l’una con le lettere scritte da Marx ed Engels e l’altra con quelle da essi ricevute.
Il testo in questione, presenta la corrispondenza intercorsa tra il gennaio del 1858 e l’agosto del 1859. Questo periodo racchiude uno snodo importante nell’elaborazione dell’opera di Marx che si dedica febbrilmente ai suoi studi affrontando al contempo una vita di stenti. Delle 311 lettere conservate 115 sono di Marx e 45 di Engels, 127 di queste sono quelle che si sono indirizzate reciprocamente, mentre quelle a loro inviate da terzi sono 151 di cui ben 92 inedite.
Nel 1858, Marx ha quarant’anni. La crisi economica sviluppatasi nel ’57 riaccende in lui la speranza di una ripresa del movimento rivoluzionario dopo il decennio di riflusso seguito alla sconfitta del 1848. Pervaso da una nuova produttività intellettuale, ritorna alla stesura della sua «Economia», della quale espone per la prima volta il progetto in una lettera a Lassalle, a cui chiede di trovargli un editore. Definisce il suo lavoro una «critica delle categorie economiche» ovvero uno studio che è «contemporaneamente descrizione del sistema e, attraverso la descrizione, critica del medesimo». Poco oltre è contenuta la celebre suddivisione del piano della sua opera in 6 libri in cui Marx si propone di trattare in successione: il capitale, la proprietà fondiaria, il lavoro salariato, lo Stato, il commercio internazionale ed il mercato mondiale. Infine, nella stessa lettera, Marx accenna a due ulteriori lavori: la critica e la storia dell’economia politica e del socialismo ed un breve schizzo storico sullo sviluppo delle categorie e delle relazioni economiche.
Proprio in vista di questo progetto, Marx redige durante i primi mesi del 1858, quattro degli otto quaderni che costituiscono i famosi Grundrisse, i lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica. Non destinati alla stampa, ma concepiti al fine di meglio chiarire il proprio pensiero, i Grundrisse sono un osservatorio privilegiato attraverso cui seguire il formarsi delle concezioni del loro autore. Pur interamente dedicati al «capitolo del capitale», in essi il discorso si allarga continuamente ai temi degli altri sei libri originariamente previsti. L’impeto della scrittura è tale che Marx, dopo una pausa dovuta all’aggravarsi delle sue condizioni di salute, quando rilegge il testo, vi rileva problemi sia rispetto all’ordine e l’equilibrio delle parti che rispetto alla chiarezza dell’esposizione. Questi manoscritti, sconosciuti allo stesso Engels e così decisivi per l’interpretazione di Marx, saranno pubblicati per la prima volta a Mosca, all’insaputa di tutti e svincolati da ogni riferimento alla MEGA, tra il 1939 ed il 1941. Soltanto la ristampa del 1953 permetterà la conoscenza di quella che possiamo considerare la prima redazione de Il capitale, a ben cento anni di distanza dalla sua stesura. Ancora di più si dovrà attendere per le traduzioni: la versione francese uscirà nel 1967-68, quella italiana nel 1968-70, mentre quella spagnola e quella inglese giungeranno solo nel 1973.
Attanagliato dai problemi materiali durante il giorno, Marx intraprende il suo lavoro ai «principles economici» soprattutto di notte, sostenendosi soltanto con limonate e con una quantità enorme di tabacco. Dalle lettere ad Engels, emergono tutte le difficoltà della sua condizione: «Non augurerei ai miei peggiori nemici di passare attraverso il pantano in cui mi trovo da otto settimane, con la rabbia per giunta che il mio cervello va in malora e la mia capacità di lavoro se ne va in pezzi con tutte queste schifezze»; «sono completamente incapace di lavorare, perché in parte perdo il meglio del tempo correndo di qua e di là e facendo inutili tentativi per scovare denaro, in parte la mia capacità di concentrazione, forse in seguito al mio maggiore esaurimento fisico, non resiste più ai guai domestici». Proprio alla vita domestica egli riserva un’amara considerazione: «privatamente, penso, vivo la più tormentata vita che si possa immaginare… Per gente che abbia delle aspirazioni più vaste non c’è peggior stupidaggine che sposarsi e consegnarsi così alle petites misères de la vie domestique et privée». Assillato dai creditori e dalla «miseria incancrenita», in assenza di carbone giunge una volta ad affermare: «se questa situazione dura, preferirei stare 100 tese sotto terra piuttosto che seguitare a vegetare così».
Eppure, Marx non si lascia sopraffare dalla precarietà della propria condizione ed in una lettera all’amico Weydemeyer, riferendosi all’intento di portare a termine la sua opera, dichiara: «io devo perseguire il mio scopo a tutti i costi e non permettere alla società borghese di trasformarmi in una money-making machine». Dunque si applica con tenacia agli studi di economia politica e comunica ad Engels i suoi passi in avanti: «tutta la teoria del profitto, qual è stata finora, l’ho mandata a gambe all’aria». Inoltre si dedica all’apprendimento dell’algebra per superare le difficoltà incontrate nei calcoli aritmetici. A dare ulteriore impulso al suo lavoro è un dono che riceve da Ferdinand Freiligrath, il più importante poeta tedesco della rivoluzione del 1848: dei vecchi libri di Hegel che erano appartenuti a Bakunin. Tra questi, Marx rilegge la Logica che renderà «un grandissimo servizio» al suo metodo espositivo. Ed a tal proposito nella medesima lettera ad Engels afferma: «Se tornerà mai il tempo per lavori del genere, avrei una gran voglia di rendere accessibile all’intelletto dell’uomo comune in poche pagine, quanto vi è di razionale nel metodo che Hegel ha scoperto ma nello stesso tempo mistificato».
Nel frattempo riesce a stipulare l’accordo con l’editore di Berlino Franz Duncker per pubblicare la sua opera in fascicoli, il primo dei quali si intitolerà Per la critica dell’economia politica. Alle gravi ristrettezze finanziarie, però, si uniscono le complicazioni dovute ai ripetuti attacchi di mal di fegato che gli impediscono finanche di tenere in mano la penna. La consegna del testo viene così continuamente rinviata anche perché a rallentarne la stesura, oltre alla malattia e ai lavori a cui è costretto per sostentarsi, contribuisce sia la meticolosità di un metodo di lavoro che impone la ricerca di prove sempre più scrupolose per le proprie tesi, sia l’esigenza di migliorare lo stile della propria scrittura. Su quest’ultimo punto, Marx, riferendosi alla sua opera, scrive a Lassalle: «Essa è il risultato di quindici anni di ricerche, dunque del periodo migliore della mia vita. Essa rappresenta per la prima volta in modo scientifico una importante concezione dei rapporti sociali. È dunque mio dovere di fronte al partito impedire che la cosa venga deformata da quella maniera di scrivere pesante e legnosa che è tipica di un fegato malato». Quando finalmente termina il «povero manoscritto», tarda a spedirlo perché non ha i soldi per effettuare l’invio! Rivolgendosi al solito Engels, trova un po’ di conforto nell’autoironia «Non credo che mai nessuno abbia scritto su “il denaro” con una tale mancanza di denaro».

III. Giornalismo
Spinto soprattutto da queste difficoltà materiali, Marx continua la sua collaborazione con il «New-York Tribune», il più importante quotidiano americano che contava all’epoca circa 200.000 abbonati. Anche di questa esperienza vi sono tracce nella corrispondenza attraverso cui si comprende, a volte con maggiore chiarezza che nei loro articoli, con quale attenzione Marx ed Engels seguano gli avvenimenti politici contemporanei. In seguito alla crisi del 1857 ed ai problemi finanziari del giornale, Marx è uno dei due soli corrispondenti europei a non essere licenziato. I molti articoli redatti durante questo periodo trattano ogni avvenimento di rilievo: il fallito attentato di Felice Orsini contro Napoleone III; il commercio estero ed il pauperismo industriale in Inghilterra; la rivolta in India; la crisi della circolazione monetaria; l’ultimo manifesto di Mazzini; le sorti della Compagnia delle Indie; l’emancipazione dei servi in Russia. Nello stesso periodo Charles Dana, direttore del giornale, invita Marx a collaborare al progetto della «New American Cyclopædia», pubblicata a New York tra il 1858 ed il 1863. Egli vi partecipa con l’incarico di compilare alcuni lemmi biografici e storici. Ma è Engels a scrivere la maggior parte degli articoli, come spesso accadeva anche per gli articoli del «New-York Tribune», in modo da permettere a Marx di avanzare nei suoi studi economici.
Nel carteggio, troviamo anche tutte le informazioni relative alla nascita dell’opuscolo di Engels Po e Reno. Progettato dal «generale» nel febbraio 1859 con l’esigenza di valutare il quadro internazionale in cui si poneva il problema dell’unificazione dell’Italia e della Germania e per esporre il punto di vista del «partito» sulla guerra che si preparava tra la Francia, alleata del Piemonte, e l’Austria, compare anonimo in mille copie a Berlino nell’aprile 1859. Questa è la prima pubblicazione di Engels in tedesco dopo quasi dieci anni e non manca di avere il successo previsto da Marx, influendo notevolmente sull’opinione pubblica in Germania. La paternità dell’opuscolo è in seguito rivelata per evitare confusione dopo la diffusione anonima dello scritto di Lassalle La guerra italiana e il compito della Prussia, in cui si auspica l’alleanza dei tedeschi con Napoleone III e con i Savoia contro l’Austria ritenuta vero impedimento all’unificazione tedesca. Marx qualifica questa iniziativa come una violazione della «disciplina di partito» augurandosi, al contrario, una partecipazione prussiana nel conflitto a fianco dell’Austria per la sconfitta dello zarismo di cui Napoleone III era il giullare.
Il rapporto con Lassalle, autore di 16 lettere nel volume, può essere ben osservato nella corrispondenza di questo periodo anche attraverso un’altra vicenda. Proprio in questi anni, infatti, egli dà alle stampe due opere: La filosofia di Eraclito, l’Oscuro di Efeso ed il dramma Franz von Sickingen. Una tragedia storica. Marx ed Engels, nelle lettere che indirizzano direttamente all’autore, esprimono su questi testi il proprio commento che, seppur critico, è sempre accompagnato da grande riguardo. Nel carteggio che collega Londra e Manchester, invece, i giudizi sono caustici e nei confronti di Lassalle il sentimento che prevale, ora come in seguito, è la diffidenza.
Ultimo tema di rilievo è l’impegno col quale i due sostengono il giornale «Das Volk», organo dell’Associazione di cultura degli operai tedeschi di Londra, redigendo articoli relativi alla guerra italiana, raccogliendo sussidi, promuovendo la diffusione del settimanale ed assumendone infine la direzione. Nel giro di pochi numeri, però, la pubblicazione cessa per mancanza di fondi ed i due devono rinunciare ad esprimere il proprio parere su un giornale di Londra.
Nel giugno del 1859, compare presso l’editore di Berlino Franz Duncker in una tiratura di mille copie, Per la critica dell’economia politica. Primo fascicolo. Marx è convinto che, con l’uscita del suo libro, il proudhonismo allora di moda in Francia sarà «stroncato alla radice», ma nonostante le sue attese e le sue speranze, le recensioni sono molto scarse e nessuna risonanza viene data all’impresa. Sebbene si dedichi alla stesura del secondo fascicolo, questo non vedrà mai la luce. Il lavoro va avanti, ma subisce molte altre interruzioni e per il primo volume di Das Kapital, il primo libro del piano della sua opera, bisognerà attendere il 1867. La restante parte del suo immenso progetto, contrariamente al carattere di sistematicità che spesso gli è stato attribuito, resterà un colossale, geniale e fecondissimo fallimento letterario costituito da manoscritti abbandonati, abbozzi provvisori e progetti incompiuti. Tuttavia questo materiale, per la complessità della sua natura frammentaria, è di enorme interesse e conserva, ancora oggi, tutta la sua efficacia come strumento per la critica del mondo contemporaneo.

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MEGA², Rieditare Marx ed Engels

La sorte delle differenti edizioni delle opere di Marx ed Engels è stata sempre in strettissima relazione con le vicende del movimento operaio. Il primo tentativo di pubblicare tutti gli scritti dei due autori risale agli anni ’20 quando il pioniere degli studi su Marx, David Borisovič Rjazanov, direttore in Unione Sovietica dell’Istituto Marx-Engels, diede inizio alla pubblicazione dell’opera completa, Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA). Negli anni ‘30 però le epurazioni dello stalinismo s’abbatterono anche sugli studiosi dell’Istituto (Rjazanov fu destituito e condannato alla deportazione nel ’31) e nel 1935 il progetto venne interrotto. Dei 42 volumi previsti dal progetto iniziale, soltanto 12 furono dati alle stampe.
Dal 1956 al 1968, per iniziativa del Comitato Centrale della SED, furono pubblicati i 41 volumi della Marx Engels Werke (MEW) che costituirono la base di numerose edizioni analoghe in altre lingue. Tale edizione però non solo non era completa ma era segnata dalle introduzioni e dalle note che, concepite sul modello dell’edizione sovietica dei Sočinenija, ne orientavano la lettura secondo la concezione del marxismo-leninismo.
Negli anni ’60 nasce il progetto di una “seconda” MEGA per portare alla luce, in maniera rigorosamente fedele e con un ampio apparato critico, tutta la produzione dei due pensatori. Le pubblicazioni, che cominceranno nel 1975, saranno tuttavia anch’esse interrotte, stavolta in seguito agli avvenimenti del 1989.
Nel 1990, con lo scopo di completare la pubblicazione dell’edizione storico critica delle opere di Marx ed Engels, diversi istituti e gruppi di lavoro – in Olanda, Germania e Russia – hanno costituito la Fondazione Internazionale Marx Engels (IMES). Dopo un’impegnativa fase di riorganizzazione, dal 1998 è ripresa la pubblicazione. Il progetto complessivo si divide in quattro sezioni: la prima comprende tutte le opere, gli articoli e le bozze escluso Il capitale; la seconda contiene Il capitale e tutti i suoi lavori preparatori a partire dal 1857; la terza l’epistolario; la quarta è costituita da estratti, annotazioni e marginalia. Fino ad oggi dei 114 volumi previsti ne sono stati pubblicati 47 in 54 tomi.
L’ultimo volume edito, che consta come tutti gli altri che lo hanno preceduto di due tomi (il testo più l’apparato, che contiene indici e molte informazioni aggiuntive), costituisce una parte del carteggio che per tutta la vita si è svolto tra “il moro ed il generale” e tra loro e tantissimi filosofi, scienziati, associazioni e organizzazioni, giornali, familiari e naturalmente centinaia di militanti del movimento operaio. La loro corrispondenza complessiva è imponente. Sono state ritrovate oltre 4.000 lettere scritte da Marx ed Engels (di cui 2.500 scambiate tra loro stessi) e 10.000 ricevute da terzi. Inoltre, di altre 6.000 non ritrovate, si hanno indicazioni certe della loro esistenza. In seguito alle nuove linee editoriali il testo non è più, come una volta, diviso in due parti distinte, l’una con le lettere scritte da Marx ed Engels e l’altra con quelle da essi ricevute, ma segue rigorosamente il criterio della successione cronologica.
La presente pubblicazione comprende la corrispondenza tra l’Ottobre del ’64 ed il Dicembre del ’65. Periodo durante il quale furono scritte più di 460 lettere. Delle 354 conservate, 120 sono di Marx ed Engels (76 sono state scambiate tra di loro e 44 sono state scritte ad altri) e 234 sono a loro indirizzate (di queste ben 153 sono inedite).
L’oggetto principale di questo volume è l’attività politica di Marx in seno all’International Working Men’s Association (passata alla storia come Prima Internazionale) costituitasi a Londra il 28 Settembre del 1864. Tale impegno rappresentò una svolta rispetto all’isolamento che aveva caratterizzato buona parte del primo quindicennio dell’esilio londinese. Infatti, come egli ebbe modo di scrivere, “sebbene per anni interi abbia rifiutato sistematicamente qualsiasi partecipazione a tutte le organizzazioni, questa volta ho accettato perché si trattava di una faccenda nella quale è possibile operare con effetti notevoli”. Nel libro viene soprattutto documentato, con l’aggiunta di molti particolari e chiarimenti finora sconosciuti, il periodo iniziale della vita dell’organizzazione durante il quale Marx acquisì rapidamente il ruolo di maggior prestigio. Ciò avverrà anche attraverso la stesura dell’Indirizzo inaugurale, degli Statuti provvisori dell’associazione e delle dichiarazioni, a nome del Consiglio Centrale dell’Internazionale, ai presidenti degli Stati Uniti Lincoln e Johnson. In questa fase Marx si sforzò di portare avanti il tentativo di combinare l’attività pubblica, che lo vedeva dopo 16 anni di nuovo in prima linea, ed il lavoro scientifico. Ciò lo costrinse a sacrificare molto tempo e lavoro alla preparazione de Il capitale per il quale, proprio nel marzo del ‘65, aveva ricevuto la disponibilità alla pubblicazione da parte dell’editore Meissner di Amburgo.
Diverse le questioni che lo vedranno impegnato e delle quali si ha traccia nella corrispondenza. Marx sottolinea più volte l’importanza del movimento sindacale, “strumento dell’organizzazione della classe operaia per la lotta contro la borghesia”, ma si schiera nettamente contro la proposta di Lassalle, scomparso proprio nel ’64, di formare cooperative operaie finanziate dallo Stato prussiano: “la classe operaia è rivoluzionaria o non è niente”. Quello delle organizzazioni sindacali sarà un tema centrale anche in relazione alle rivendicazioni salariali ed all’ondata di scioperi del ’65. In seguito alla presa di posizione di John Weston, un owenista membro del consiglio centrale, il quale sosteneva che l’iniziativa delle Trade Unions non avrebbe recato alcun miglioramento alle condizioni reali degli operai poichè un aumento dei salari avrebbe portato soltanto un aumento del costo delle merci, Marx fu costretto ad intervenire in merito. Ciò avvenne attraverso due sedute che egli tenne presso il consiglio centrale. In queste conferenze, che saranno pubblicate postume nel 1898 con il nome di Salario, prezzo e profitto, egli confutò gli evidenti limiti di Weston ed espose pubblicamente, pur senza dilungarsi, importanti concetti della sua critica dell’economia politica quali forza-lavoro, plusvalore e valore-lavoro.
Altri temi di rilievo posti all’attenzione del lettore sono: le valutazioni di Marx, Engels e del loro intimo amico Joseph Weydemeyer (che emigrato negli USA era divenuto colonnello dell’esercito nordista) sulla guerra civile negli Stati Uniti; le controversie tra i membri della sezione parigina dell’Internazionale; i contatti col movimento operaio in Germania (in particolare con Wilhelm Liebknecht, autore (nel testo ?) di 46 lettere) al fine di contrastare la persistente egemonia lassalliana. Ed ancora la morte di Proudhon (Gennaio ’65), in occasione della quale Marx scriverà su «Der Social-Demokrat» alcune note intitolate Su P.-J. Proudhon; il reincontro dopo 16 anni tra Marx e Bakunin; lo scritto di Engels La questione militare prussiana e il partito operaio tedesco, che costituì la presa di posizione della classe operaia tedesca sulla crisi degli anni ’60 in Germania.
Dunque con la ripresa della pubblicazione della MEGA² (che nei propositi dell’IMES dovrebbe avvenire con la frequenza di 2 volumi l’anno) si riapre la possibilità di dare alla luce finalmente un’edizione integrale e scientifica dell’opus di Marx ed Engels in grado di ampliare le conoscenze sull’evoluzione dei testi e dei manoscritti e sul contesto storico della loro genesi. Tocca a noi adesso saper utilizzare questo strumento essenziale per tornare nuovamente sulle tracce di Marx.