Lidia Cirillo, Erre

Review of Sulle tracce di un fantasma. L'opera di Karl Marx tra filologia e filosofia

Per una nuova esplorazione di Marx

Vi ricordate la “crisi del marxismo”? Dalle nostre parti politiche si reagì con rituali esorcistici ( o con quelli che allora potevano apparire tali) sull’attualità ontologica di Marx, a testimonianza più dell’irriducibilità della nostra passione che della nostra lucidità intellettuale.

Eppure la crisi c’è stata, sconvolgente e profonda. Ora che con evidenza appare che il morto non è morto, anche per persone più di noi esposte al disinganno, se ne potrebbe misurare senza angoscia la profondità.

Non che gli avversari ideologici di Marx abbiano detto cose di chissà quale disarmante acutezza. Popper, Bertrand-Levy, Fukuyama o Furet, malgrado le notevoli differenze di valore tra l’uno e l’altro, hanno avuto in comune l’arroganza e la misconoscenza delle idee che sottoponevano a critica. Unica eccezione (o quasi) Lucio Colletti che conosceva bene le cose di cui scriveva e che meritatamente ha rappresentato un punto di riferimento per la cultura italiana tra gli anni Cinquanta e Settanta. Ma anche di Colletti si può legittimamente dubitare che sia diventato l’antesignano dell’ondata liberale antimarxista solo a causa del fallimento del suo tentativo di piegare l’opera di Marx a un progetto scientista.

La crisi del marxismo ha avuto origine da una serie di fatti e di eventi, di verifiche e di confronti con il mondo reale, che hanno avuto l’effetto di deprestiger il complesso contraddittorio dei discorsi che hanno fatto riferimento a Marx e a Engels. C’è stato un momento della storia recente in cui è sembrato che l’opera di Marx e i marxismi del Novecento, nella migliore delle ipotesi, spiegassero poco. Come e quando la “crisi del marxismo” è stata superata ? In realtà non è stata superata affatto, soprattutto dal punto di vista che più conta, cioè quello del rapporto tra marxismo e politica. E se è vero, come sostiene Maria Turchetto nella serie delle interviste al Manifesto, pubblicate negli ultimi giorni di marzo, che c’è qualcosa di simile a una Marx-renaissance , è anche vero che per ora resta a livello accademico, al margine della sinistra e fuori dalle preoccupazioni reali della sinistra. Si può dire però che non solo il punto più basso della crisi è superato, ma che correnti ascensionali della storia riportano su rapidamente Karl Marx e il suo prestigio. Sollecitano discussioni su Marx, a partire da Marx o nel solco del pensiero di Marx.

Anche nel caso della ripresa, come in quello della crisi e del crollo, determinanti sono state le verifiche storiche. Prima di tutto una ripresa delle lotte nell’Europa occidentale della durata di ormai dieci anni, dalle mobilitazioni in Francia nell’autunno-inverno 1995 alle recenti lotte contro il contratto di primo impiego, ancora una volta in Francia. In secondo luogo la prova di sé del liberalismo con le sue illusioni di benessere, superamento dei conflitti e laicità, che ha consentito di decostruire i decostruttori. O, per dirla in altri termini, di vedere il re nudo.

Il Libro Di Marcello Musto

La ripresa della discussione ha potuto usufruire in Italia di un utile testo ( Sulle tracce di un fantasma. L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia, a cura di Marcello Musto, manifestolibri,2005 ) ristampato e di nuovo nelle librerie dal mese di giugno.

Nel volume sono raccolte le relazioni presentate alla Conferenza Internazionale che ha avuto luogo a Napoli dal 1 al 3 aprile 2004. Promossi dall’Università degli Studi di Napoli Federico II, dall’Università degli Studi di Napoli l’Orientale, dall’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, dall’Università degli Studi di Bari e patrocinati dalla Regione Campania e dal Comune e dalla Provincia di Napoli, i lavori sono stati articolati in cinque sessioni. Il testo contiene le relazioni proposte in quattro di esse, a ciascuna delle quali ha dedicata una sezione. Obiettivo della conferenza contribuire al risveglio di interesse per l’opera di Marx, offrendo una sede di confronto alle più recenti interpretazioni dei suoi scrittie illustrando la ripresa della pubblicazione di MEGA, la Marx Engels Gesamtausgabe.

La prima sezione – MEGA: la nuova edizione storico critica delle opere complete – mi sembra la più interessante, perché dell’incompiutezza e della frammentarietà del lavoro di ricerca di Marx offre una più adeguata misura, apre uno scorcio di visuale sul rapporto tra teoria e vicende drammatiche del Novecento e spiega i criteri editoriali con cui Marx viene restituito a se stesso. Non a caso proprio su questa sezione è giunta fino a noi l’eco di qualche lontana polemica.

Nell’introduzione Marcello Musto ricorda che i lavori pubblicati da Marx furono davvero pochi, se comparati all’imponente mole delle ricerche svolte, caratterizzate spesso dall’incompiutezza. “Il metodo oltremodo rigoroso – scrive Musto – e l’autocritica più spietata, che determinano l’impossibilità di condurre a termine molti dei lavori intrapresi; le condizioni di profonda miseria e il permanente stato di cattiva salute, che lo attanagliarono per tutta la vita; l’inestinguibile passione conoscitiva, che restò inalterata nel tempo spingendolo sempre verso nuovi studi; e infine la gravosa consapevolezza acquisita con la piena maturità delle difficoltà di rinchiudere la complessità della storia in un progetto teorico, fecero proprio dell’incompiutezza la fedele compagna e la dannazione dell’intera produzione di Marx e della sua stessa esistenza. Il colossale piano della sua opera non fu portato a termine che per un’esigua parte, risolvendo in un fallimento letterario le sue incessanti fatiche intellettuali, che non per questo si mostrarono meno geniali e feconde di straordinarie conseguenze.”

Dopo la morte dell’amico Engels si dedicò a un’impresa di pubblicazione difficilissima per la dispersività dei materiali, l’astrusità del linguaggio e l’illeggibilità della grafia con l’obiettivo di realizzare un’opera organica e il più possibile compiuta. In un saggio della prima sezione “Classici incompiuti. Costellazioni filologico-editoriali in Marx e altri classici delle scienze sociali” Gerald Hubmann spiega che tra la fine del diciannovesimo e gli inizi del ventesimo secolo ai classici letterari e filosofici si rendeva omaggio con edizioni monumentali, che spesso gli editori assemblavano, ultimavano, riscrivevano. Alcune delle opere di Hegel sono collages di testi dello stesso Hegel, appunti di studenti diversi in periodi diversi e interventi personali dell’editore. L’opus magnum di Max Weber, Economia e società fu pubblicato dalla moglie Marianna, che prese decisioni che l’illustre consorte non aveva voluto prendere. Più tardi Johannes Winkelmann provvide alla stesura di nuovi capitoli, inserì titoli e paragrafi e aggiunse materiali risalenti ad almeno tre diverse fasi di intervento. E’ poi noto l’intervento sull’opera di Nietzsche della sorella Elisabeth; meno noto l’ultimo esempio citato, quello dell’opera principale di Burckhardt “Considerazioni sulla storia universale”, che è un collage delle sue lezioni creato dal nipote Jacob Oeri. Gli intervanti di Engels facevano quindi parte di uno stile, superato solo dai progressi fatti nel Novecento dalla teoria e dalla prassi editoriali.

E’ accaduto così – continua Musto nell’introduzione – che testi parziali e provvisori, composti in molte parti da pensieri scritti in statu nascendi siano passati da appunti preliminari a parvenze di teorie sistematiche e concluse. Forse, come afferma Hubmann, negli ultimi 110 anni ci sarebbe stato qualche problema in meno, se il Capitale fosse stato concepito non come un opus magnum compiuto, ma come il brillante compendio di una problematica dal grande potenziale analitico.

Più tardi il bisogno di ideologia del movimento operaio fece del marxismo una dottrina politica con le sue sintesi, i compendi, le strumentalizzazioni, le censure e le ortodossie. Il patrimonio originario fu quindi impoverito e volgarizzato e la Kritik si fece Weltanschaung. Musto delinea poi brevemente il percorso di snaturamento del pensiero di Marx fino al cosiddetto marxismo-leninismo, che è la formula con cui si indica l’ideologia della casta al potere in Unione Sovietica.

Non nega naturalmente che l’impoverimento è legato anche a legittime esigenze di divulgazione, ma ritiene prima di tutto che non solo di questo si tratti. In secondo luogo che la constatazione di un’esigenza obiettiva non esime comunque dal compito di liberare Marx dal suo destino di autore misconosciuto, vittima di una profonda e reiterata incomprensione.

Restituire Marx a se Stesso

Come e perché la Marx Engels Gesamtausgabe restituisca Marx a se stesso è chiarito nel primo saggio della prima sezione “Classico tra i classici. Basi filologico-editoriali, strutture e ultimi sviluppi della MEGA”di Manfred Neuhaus. Cominciata da Rjazanov la prima MEGA si basa già su criteri molto più rigorosi e su una anticipazione dell’analisi genetica che rappresenterà poi il principio di base della seconda. Accanto alla pubblicazione completa di una stesura, di norma secondo il principio della prima mano, vengono registrate anche varianti significative; i testi sono proposti in lingua originale e con le loro interpunzioni e sono eliminati gli interventi esterni; un gran lavoro viene fatto per la determinazione dei testi pubblicati anonimi e per la datazione più precisa di lettere, manoscritti ed estratti. Il nazismo e il terrore staliniano, di cui Rjazanov fu vittima, interruppero la MEGA. Il progetto venne ripreso dopo la morte di Stalin, ma ci vollero due decenni perché si potesse affermare l’idea di una seconda MEGA. Una discussione complessa e gravata dalla ragion di Stato ha ostacolato ancora a lungo l’iniziative. Materia del contendere proprio il criterio dell’analisi genetica, per cui l’obiettivo non è più di generare un testo il più possibile vicino all’intenzione dell’autore, ma documentarlo nella sua genesi dalla prima bozza all’ultima edizione.

Il complesso dei criteri esplicitati nel 1972 in un volume di prova si scontrò con il rifiuto di un certo numero di collaboratori e con l’obiezione che un’edizione storico-critica non poteva avere il compito di documentare la genesi. E fin qui si trattava di un’obiezione legittima. Meno legittimo invece il fatto che sia diventata poi decisiva l’opinione di alcuni studiosi sovietici che rivolsero al progetto l’accusa di formalismo, accademismo e pedanteria. Malgrado i riconoscimenti ricevuti dall’innovazione della logica testuale, i conflitti si sono risolti solo a partire dal 1989. Dopo qualche ulteriore peripezia, la MEGA è stata sottratta definitivamente alle preoccupazioni ideologiche e la prosecuzione dei lavori legata agli auspici di depoliticizzazione, accademizzazione e internazionalizzazione.

Non so quanto un commento sia davvero superfluo, come dovrebbe essere. Qualcosa delle vecchie polemiche si è avvertita nell’aria sotto la forma di ironia sull’illusione di poter riscoprire il Marx autentico, con una confusione tra filologia e filosofia, che l’impostazione della conferenza e l’introduzione di Musto non autorizzano. Prima di tutto l’analisi genetica, che la seconda MEGA perfeziona e articola, è un criterio consolidato nella pubblicazione di classici, in modo particolare con le caratteristiche di cantiere dai lavori sempre in corso della ricerca di Karl Marx. Tutta una storia di sistematizzazioni arbitrarie, volgarizzazioni e censure rende poi preziosi gli auspici di depoliticizzazione e accademizzazione, che sottraggono il Libro alle cernite sia di ciò che resta del clero, sia delle sette eretiche.

Restituito a se stesso dalla filologia, Marx si apre di nuovo a tutte le interpretazioni della filosofia, a ogni tentativo di risolvere problemi da lui posti e non risolti, di continuare le ricerche cominciate e non portate a termine o di “coerentizzare” le incoerenze. Anche la filologia naturalmente ha margini di interpretazione, di natura però diversa, perché non solo parte da tracce ma lascia sul terreno le tracce del lavoro di investigazione. L’introduzione del giovane Musto per altro esemplifica bene lo stato d’animo con cui nuove generazioni di intellettuali potrebbero avvicinarsi alla MEGA, con la sensazione cioè che un vasto territorio inesplorato si è aperto e che l’esplorazione rappresenta davvero una bella avventura.

La ripresa della MEGA assume le caratteristiche dell’evento nel clima attuale di riscoperta di Marx o di evidente bisogno di Marx anche da parte di chi non lo conosce, lo disconosce o lo misconosce.

Suggerisco in proposito un’attenzione particolare al saggio della quarta sezione “Rinnovamento dell’economia: dove Marx resta insostituibile.”. Michael R. Kratke accenna qui alla crisi attuale dell’economia politica e alla tendenza di molti economisti, soprattutto giovani, a voltare le spalle all’ortodossia neoclassica. Alcune iniziative testimoniano l’inquietudine e la ricerca.

Nel 2000 per esempio un gruppo di studenti di economia parigini ha dato vita a un movimento fautore di un’economia “post-autistica”. Dal settembre 2000 esiste un forum Internet chiamato Post-Autistic Economics Newsletter e gruppi di economisti post-autistici esistono oggi in diversi paesi del mondo. Costoro cercano una critica dell’economia politica dappertutto, ma non in Marx che considerano un neoricardiano. Come tutti i neoclassici egli considererebbe gli individui parti di un meccanismo, crederebbe a “leggi di natura” dell’economia che si farebbero strada con “ineluttabile necessità”. Ne deriva, secondo i nuovi critici-critici, che ogni critica radicale dell’economia politica è sempre e contemporaneamente una critica del marxismo. Kratke spiega chiaramente le ragioni dell’equivoco, non legato solo a limiti di conoscenza, ma anche alla complessità e all’incompiutezza della teoria di Marx, oltre che al gran numero di problemi da lui individuati e non risolti. E spiega poi, appunto, in che cosa Marx è ancora oggi insostituibile.

Di notevole interesse poi la seconda sezione su Marx e la critica della politica, in modo particolare i saggi dello stesso Musto, di Gianfranco Borrelli e di Stathis Kouvélakis. Non saprei dire se l’interesse personale è poi anche obiettivo. Devo ammettere che ho vissuto con una certa irritazione il ritorno nell’attuale dibattito del Marx metapolitico, postpolitico o semplicemente non politico. E non per intolleranza o mancanza di rispetto per le opinioni altrui, ma perché mi sembra che il superamento reale della crisi del marxismo abbia nella relazione tra marxismo e politica una chiave,senza la quale la porta principale per uscirne è destinata a restare comunque chiusa.

La questione dei soggetti della trasformazione come costruzioni sociopolitiche e culturali, i modi in cui nascono-agiscono-declinano dovrebbe essere al centro dell’attenzione di chi ancora desidera continuare a fare politica da marxista. Kouvélakis per esempio ripropone la sequenza delle riflessioni e delle rettifiche di Marx sulla teoria politica nei trent’anni che separano i testi pubblicati negli Annali franco-tedeschi dalla Guerra civile in Francia. Il saggio è utile a chi si trovi ancora alle prese con l’imbarazzante polemica con il brutto libro di Holloway , che sembra ignorare la svolta rappresentata per Marx dalla Comune a proposito dello Stato. Ed è utile anche al confronto con chi pensa che la trasformazione secondo Karl Marx sia, soprattutto se non esclusivamente, l’effetto di una dinamica immanente al modo di produzione capitalistico. Le riflessioni sulla Comune propongono invece un’altra logica: l’autoorganizzazione operaia deve agire come leva politica per estirpare le basi economiche si cui si fonda l’esistenza delle classi.

Naturalmente i due Marx esistono e sono entrambi veri. Il problema è quello dei limiti di dialogo tra l’uno e l’altro, in larga misura obiettivi perché fondati sulla diversità delle dimensioni di tempo e di presupposti.

Infine, il saggio che apre la terza sezione, di Roberto Finelli “La scienza del Capitale come circolo del presupposto-posto. Un confronto con il decostruzionismo”, se letto per primo (o magari solo dopo la sezione sulla MEGA) servirà come lente per vedere meglio quel che precede e che segue.

Published in:

Erre

Date Published

1 January, 2006

Author:

Lidia Cirillo