I. Il rabbino mancato
Karl Marx nacque il 5 maggio del 1818 a Treviri, la più antica città tedesca. Di origine romana, fondata nel 16 a. c. con il nome di Augusta Treverorum, Treviri rappresentò uno dei centri più importanti dell’Impero d’occidente. Sede della prefettura gallica, quartiere generale di un rilevante bastione dell’esercito e residenza di molti imperatori, essa contava 80.000 abitanti già nel 300 d. c. Durante il Medioevo, fu a lungo capitale arcivescovile e conservò, in seguito, lo splendore del suo intenso passato religioso. Johann Wolfgang von Goethe, che la visitò nel 1793, la descrisse nel modo seguente: “la città ha un carattere singolare, […] essa è piena, anzi ingombra, di chiese, cappelle, chiostri, conventi, seminari, case di cavalieri e di monaci; mentre all’esterno è circondata, anzi assediata, da abbazie, monasteri e certose” [1]. Tuttavia, dal XVIII secolo in poi, Treviri si avviò alla decadenza e quando diede i natali a Marx il numero dei suoi abitanti si era ridotto a 11.400 persone [2].
La posizione di confine tra la Germania e la Francia, cui la città appartenne dal 1795 al 1814, permise alla popolazione di Treviri di beneficiare delle riforme economiche e politiche del Codice civile napoleonico e del clima culturale dell’Illuminismo. I contadini furono liberati dalle servitù feudali, gli intellettuali dalla coercizione della chiesa e la borghesia riuscì a far approvare leggi liberali necessarie al suo sviluppo. Treviri, però, situata nella parte meridionale della Renania, del tutto diversa da quella settentrionale, che era industrialmente sviluppata per la presenza di centri metallurgici e cotonieri, rimase un borgo essenzialmente agricolo, caratterizzato dalla piccola proprietà contadina e quasi del tutto privo di proletariato [3]. Ciò nonostante, le condizioni di diffusa miseria ne fecero una delle prime città tedesche dove, introdotte da Ludwig Gall, comparvero le teorie del socialismo utopistico francese.
Marx discendeva da un’antica famiglia ebraica e prendere in esame il suo albero genealogico significa smarrirsi nella sfilza di rabbini, in essa succedutisi, nel corso dei secoli [4]. Lo zio paterno, Samuel, era stato rabbino di Treviri sino al 1827. Suo padre, Levi Mordechai, che abbreviò il suo cognome da Mordechai a Marx, ricoprì la stessa carica fino alla morte ed annoverava molti rabbini tra i suoi progenitori.
Molto illustri erano, inoltre, quelli presenti tra gli avi di sua moglie, Eva Lwów, figlia di Moses Lwów, anch’egli rabbino di Treviri, come, d’altronde, già suo padre Josua Heschel Lwów, figura di primissimo piano della comunità giudaica del suo tempo, ed il nonno Aron Lwów, proveniente dalla città polacca di Leopoli (Lwów), dalla quale aveva derivato il nome. Prima di emigrare in Polonia, questa famiglia aveva vissuto nell’Assia e, anteriormente, verso la metà del XV secolo, in Italia. A causa delle persecuzioni contro gli ebrei, infatti, Abraham Ha-Levi Minz era stato costretto a lasciare la Germania, emigrando a Padova, città nella quale fu rabbino e dove il marito di sua figlia, Mayer Katzenellenbogen, divenne rettore dell’università talmudica [5].
In quanto a discendenze rabbiniche, la stirpe materna non fu da meno di quella paterna. Seppure le notizie in proposito sono scarse, è noto che la madre di Marx, Henriette, era figlia di Isaac Pressburg, rabbino a Nijmegen, in Olanda. Il vecchio casato da cui essa discendeva, composto da ebrei ungheresi costretti a trasferirsi nei Paesi Bassi in seguito alle vessazioni antisemitiche, aveva assunto il nome della città di provenienza: Bratislava (Pressburg) [6]. Nel corso dei loro spostamenti, i Pressburg soggiornarono anche in Italia, dove visse Jehuda ben Eliezer ha Levy Minz, professore all’università di Pavia, e di certo, anche in questa famiglia, come scrisse l’ultima figlia di Marx, Eleanor, “i figli maschi erano stati rabbini per centinaia di anni” [7].
Con queste discendenze, ed essendo l’unico figlio maschio sopravvissuto, si può affermare che la stessa sorte sarebbe potuta toccare anche a Marx e che egli fu un rabbino mancato. Altre circostanze, infatti, determinarono per lui un destino diverso. Suo padre Hirschel fece parte di quella generazione di giovani ebraici (durante gli stessi anni compirono medesima scelta Heinrich Heine e Eduard Gans) che decise di emanciparsi dagli angusti confini del mondo giudaico, rinchiuso, a causa della propria cultura e per l’ostilità dei cristiani, in comunità isolate dal resto del mondo e dalle trasformazioni che lo attraversavano[8]. Del resto, a quel tempo, l’abbandono della fede ebraica costituiva per gli ebrei non solo un’imposizione cui doversi piegare per non perdere il lavoro, ma anche, come riteneva Heine, il biglietto d’ingresso da pagare, dal punto di vista intellettuale, per entrare nella civiltà europea [9].
Dopo aver trascorso una complicata giovinezza, stante la difficile situazione familiare, Hirschel Marx riuscì, diventando consigliere di giustizia presso la Corte d’appello di Treviri, a crearsi una buona posizione e ad occupare un posto rispettabile in città. Tuttavia, nel 1815, dopo la riannessione della Renania alla Prussia, gli ebrei furono banditi da tutti gli uffici pubblici. Così, obbligato a scegliere tra la perdita della professione e la rinuncia alla religione degli avi, egli si fece battezzare e mutò il proprio nome in Heinrich. Nonostante Treviri fosse a maggioranza cattolica, decise di entrare nella piccola comunità protestante, della quale facevano parte soltanto 300 membri, che si contraddistingueva per il maggiore liberalismo. La sua conversione fu seguita prima da quella dei figli – tra i quali il piccolo Karl –, avvenuta nell’agosto del 1824, e poi da quella della moglie, giunta l’anno seguente [10]. Nonostante il cambiamento di religione e l’atmosfera illuministica che sempre si respirò in casa, nella famiglia di Marx perdurarono molti comportamenti ed abitudini ebraici, le cui influenze non vanno trascurate per comprendere la sua infanzia e adolescenza.
Dei primi anni di vita di Marx non si conoscono che pochi particolari. Verosimilmente, essi trascorsero felici nell’ambiente sereno e colto di una famiglia borghese, che scorgeva in lui un figlio particolarmente dotato nel quale riporre grandi speranze per il futuro. Educato in famiglia fino a dodici anni, egli derivò il primo orientamento spirituale dal razionalismo del padre, che esercitò una profonda influenza sulla sua formazione. Spirito molto colto, Heinrich Marx era seguace delle teorie dell’Illuminismo e conosceva molto bene Voltaire, Jean-Jacques Rousseau e Gotthold Ephraim Lessing [11]. Libero da pregiudizi religiosi e sostenitore di tendenze liberali in politica, educò il figlio con moderni principi pedagogici e Marx conservò sempre un profondo affetto per il padre, del quale “non si stancava mai di parlare e portava sempre con sé un vecchio dagherrotipo con il suo ritratto” [12].
Al contrario, la madre Henriette Pressburg, nata a Nijmegen in Olanda e trasferitasi a Treviri dopo le nozze, fu una donna priva di istruzione al punto di non riuscire neanche a padroneggiare la lingua tedesca. Completamente dedita alla casa ed alla famiglia, apprensiva e di mentalità angusta, non ebbe alcun ruolo nello sviluppo intellettuale del figlio e non ne comprese mai le aspirazioni. I rapporti che madre e figlio ebbero per tutta la vita furono sporadici, conflittuali e, da un certo periodo in poi, quasi esclusivamente relativi a contrasti di carattere economico legati all’eredità familiare. Molto saltuarie e fredde furono anche le relazioni di Marx con le tre sorelle, che non ebbero alcuna importanza nella sua esistenza. Terzo di nove figli, a causa della morte per tubercolosi di cinque fratelli, egli rimase, sin da piccolo, solo con esse. Le scarsissime testimonianze tramandate lo dipingono nelle vesti di “terribile tiranno” che costringeva le sorelle a “galoppare come fossero suoi cavalli giù per il monte Markus a Treviri” ed a mangiare “le focacce che egli impastava con le mani sudicie e con una pasta ancora più sudicia”. D’altronde, esse acconsentivano, perché ricompensate dalle “storie meravigliose”[13] che il fratello sapeva raccontare loro.
II. Al liceo di Treviri
Dal 1830 al 1835, Marx frequentò il Friedrich-Wilhelm-Gymnasium di Treviri. L’istituto, fondato dai gesuiti nel XVI secolo ed al tempo, dopo l’annessione della Renania alla Prussia, riorganizzato didatticamente, vantava ottimi professori e si caratterizzava per un insegnamento razionalistico e liberale. Questa educazione, accanto a quella di analogo stampo ricevuta dal padre, improntò la prima forma mentis di Marx.
Il clima che regnava allora in Prussia, viceversa, era caratterizzato dalla repressione delle libertà civili e dalla censura. Nel 1832, infatti, si svolse ad Hambach una partecipata manifestazione in favore della libertà di parola, in seguito alla quale il governo prussiano ordinò di soffocare qualsiasi espressione di dissenso. Una commissione per la soppressione dei gruppi politicamente pericolosi, appositamente costituita, volse la sua attenzione su Treviri e, dopo un’ispezione nel liceo frequentato da Marx, alcuni insegnanti furono accusati di esercitare una cattiva influenza sui giovani allievi. Il preside Hugo Wyttenbach, fervente illuminista, venne incriminato e fu affiancato da un vicepreside di nome Vitus Loers, un professore reazionario al quale il giovane Marx non mancò di manifestare la sua avversione, rifiutandosi di prestargli l’allora consuetudinaria visita d’addio al termine della scuola.
La commissione governativa prese di mira anche la Società letteraria del casino, luogo di ritrovo dei cittadini progressisti di Treviri e cuore dell’opposizione liberale in città. Così, nel 1834, in seguito a un banchetto organizzato in onore dei deputati locali di tendenza liberale della Dieta renana, durante il quale Heinrich Marx aveva pronunciato un discorso in favore di un regime costituzionale moderato, e dopo un incontro in cui venne cantata la Marsigliese e fu sventolato il tricolore francese, l’edificio venne posto sotto la sorveglianza della polizia [14].
Questo periodo della vita di Marx trascorse avendo come sfondo questi avvenimenti. Egli era uno dei più giovani alunni della sua classe e tra i pochi scolari dell’intera scuola a non professare la religione cattolica. Questi due fattori, probabilmente, non gli permisero di stringere particolari amicizie con i compagni di scuola, i quali, però, a quanto risulta dalle testimonianze pervenute, lo rispettavano “per la facilità con cui componeva versi satirici contro i suoi nemici” [15].
I suoi studi furono di buon livello, ma non particolarmente brillanti. Negli elogi di fine d’anno, rivolti agli alunni più meritevoli, nel corso del lustro in cui frequentò la scuola, egli fu menzionato in due sole occasioni: una volta per la conoscenza delle lingue antiche ed un’altra per i suoi componimenti in tedesco. Anche la promozione finale, seppure soddisfacente, non si distinse per meriti particolari. Leggendo il diploma di maturità di Marx, si apprende che le sue conoscenze grammaticali di tedesco ed il suo modo di scrivere furono valutati “molto buoni”.
In latino e greco egli traduceva e spiegava con facilità ed avvedutezza, componeva con ricchezza di pensieri e profonda penetrazione dell’argomento e, inoltre, aveva acquisito una certa speditezza nel parlare. “In generale abbastanza versato” per la storia e la geografia; in francese leggeva con qualche aiuto anche le cose più difficili; mentre della matematica aveva “buone conoscenze” e con la fisica una familiarità mediocre. Lo studente Marx aveva “abbastanza chiara e ben fondata” anche la conoscenza della dottrina religiosa, della morale cristiana ed “in certa misura la storia della chiesa romana”. La commissione di esami lo congedò, dunque, “con la speranza che egli corrisponderà alle buone aspettative che le sue attitudini giustificano” [16].
Marx sostenne l’esame di maturità nell’agosto del 1835 ed i suoi componimenti di religione, latino e tedesco costituiscono le prime fonti dirette attraverso cui interpretare l’inizio della sua formazione intellettuale [17]. L’ultimo di essi, [Considerazioni di un giovane in occasione della scelta di una professione], è particolarmente interessante. Nonostante lo scritto fosse una tipica manifestazione delle concezioni umanistiche dell’Illuminismo tedesco allora predominanti [18], esso ha suscitato l’attenzione di diversi studiosi perché racchiudeva le riflessioni di Marx relative alla responsabilità, di ogni singolo individuo, all’atto di assumere la difficile scelta circa l’attività lavorativa. Egli sostenne, infatti, che nel prendere questa decisione occorreva avere come guida principale il bene dell’umanità e che la storia considerava veramente grandi gli uomini che operavano per l’universale:
“quando abbiamo scelto la professione nella quale possiamo maggiormente operare per l’umanità, allora gli oneri non possono più schiacciarci, perché essi sono soltanto un sacrificio per il bene di tutti; allora non gustiamo una gioia povera, limitata ed egoistica, ma la nostra felicità appartiene a milioni, le nostre imprese vivono silenziose, ma eternamente operanti, e le nostre ceneri saranno bagnate dalle lacrime ardenti di uomini nobili” [19].
Il tema di tedesco per la licenza liceale contiene anche un’altra frase che ha suscitato il dibattito tra gli interpreti di Marx: “non sempre possiamo abbracciare la professione per la quale ci sentiamo chiamati; la nostra posizione entro la società è in certa misura già delineata prima che siamo in grado di determinarla”[20]. Diversi marxisti, rappresentando il pensiero di Marx come già formato ancor prima dei suoi lunghi e approfonditi studi, giunsero a considerare questa affermazione come la prima osservazione nella quale si trovava esposta la concezione materialistica della storia. Al contrario, più semplicemente, il diplomando, appena diciassettenne, voleva sostenere che la scelta della professione da intraprendere era sempre legata alle circostanze oggettive presenti nell’esistenza di ogni essere umano [21].
III. Lo Studiosus Juris a Bonn
Completato il liceo, il giovane diciassettenne assecondò il desiderio del padre, che avrebbe voluto indirizzarlo alla sua stessa professione di avvocato, e, nonostante non avesse alcuna particolare predilezione per il diritto, s’iscrisse, nel 1835, alla facoltà di giurisprudenza. Così, per proseguire gli studi, nel mese di ottobre si trasferì a Bonn, la sede universitaria più vicina a Treviri e il principale centro intellettuale della Renania.
Con i suoi 40.000 abitanti, Bonn era poco più grande di Treviri, ma molto più vivace di quest’ultima ed esercitò un’indubbia attrazione su Marx. Molte attività erano concentrate intorno all’università, che contava una sessantina di professori e circa settecento studenti. I primi, tra i quali figurava anche l’autorevole filosofo August W. Schlegel, determinavano il clima culturale dell’intera città, al tempo dominato dal Romanticismo ispirato alla dottrina di Friedrich W. J. von Schelling; mentre i secondi, che godevano di ampia libertà, costituivano la parte più viva della società ed avevano promosso svariate iniziative politiche.
Poco prima dell’arrivo di Marx, però, questa condizione era profondamente mutata. Nell’aprile del 1833, infatti, un gruppo di studenti aveva tentato di sciogliere la Dieta federale e di insediare un governo renano indipendente. A questo colpo di mano, facilmente represso, era seguita una stagione di persecuzione nei confronti delle associazioni studentesche. Una in particolare, l’Associazione liberale studentesca, venne soppressa ed i suoi membri furono espulsi o arrestati. Quando Marx giunse a Bonn la repressione era ancora in pieno dispiegamento, per opera della polizia e di una rete di spionaggio intenti a denunciare, arrestare o allontanare tutti i sospettati. Il timore delle sanzioni spinse gran parte degli studenti ad astenersi dall’attività politica ed a preferire ad essa riunioni goliardiche nelle osterie, sbornie e duelli. Le uniche associazioni tollerate furono le corporazioni, formate dai figli della nobiltà, ed i circoli, nei quali gli studenti si aggregavano in base alla città d’origine. Marx entrò, così, nell’associazione degli studenti originari di Treviri, che contava una trentina di affiliati, della quale divenne membro assiduo e, presto, uno dei cinque presidenti [22].
Poiché le lettere che Marx scrisse ai suoi genitori da Bonn sono andate smarrite, quelle a lui indirizzate da suo padre rappresentano l’unica fonte diretta di questo periodo e costituiscono uno strumento fondamentale per la sua ricostruzione. Allo “studiosus juris” [23] Karl, Heinrich Marx rivolse in questa fase premurose raccomandazioni e grandi speranze: “non ho proprio nessun dubbio sulla tua buona volontà e la tua diligenza, neppure in rapporto al tuo fermo proposito di fare qualcosa di grande”.
Al suo arrivo a Bonn, Marx cominciò gli studi con grande impegno ed entusiasmo. La sua voglia di apprendere era tale che, durante il primo semestre invernale, s’iscrisse a ben nove corsi. Tuttavia, dopo un ammonimento del padre – “nove corsi mi sembrano un po’ troppi, e non vorrei che tu facessi più di quanto il corpo e lo spirito possano sopportare” [24] –, egli si convinse a ridurne il numero a sei, rinunciando a quelli inerenti la fisica e la chimica. Tutte le lezioni furono seguite con assiduità ed attenzione ed accanto alle discipline che competevano al suo indirizzo, Enciclopedia della scienza giuridica, Istituzioni e Storia del diritto romano, egli scelse di partecipare anche ai corsi di Mitologia greca e romana, Storia dell’arte moderna e Questioni su Omero, questo ultimo impartito proprio da Schlegel. Questa scelta mostra la poliedricità d’interessi del giovane scolaro e palesa la grande passione da lui nutrita per la poesia. Proprio allora, infatti, cominciò a scrivere alcuni dei componimenti [25] e divenne membro del Club dei poeti.
Come si evince dalle missive del padre, con il denaro che questi gli inviava, Marx acquistò subito molti libri, specialmente grandi opere di storia [26]. Lo studio fu intensissimo e, nonostante i consigli paterni – “se dai al tuo spirito un forte e sano nutrimento, non dimenticare che su questa misera terra il corpo lo accompagna sempre e condiziona il buon funzionamento dell’intera macchina. […] Perciò non studiare più di quanto possa sopportare la tua salute» [27] –, Marx si ammalò a causa dell’eccessivo lavoro dopo soli pochi mesi dal suo arrivo.
Le lettere del padre lo ammonirono ancora in proposito: “spero almeno che la triste esperienza ti abbia mostrato la necessità di stare un po’ più attento alla salute. […] Anche l’eccessivo studio in questo caso è una pazzia. […] Non c’è essere più miserevole di un dotto malaticcio» [28]. Così, vinto dalle circostanze, durante il semestre estivo, limitò il numero dei corsi universitari a quattro: Storia del diritto tedesco, Diritto internazionale europeo, Diritto naturale ed Elegie di Propezio, anche questo tenuto da Schlegel. Al minore impegno concorsero, oltre l’affaticamento accumulato, anche le esuberanze tipiche della vita studentesca, dalle quali era stato, nel frattempo, conquistato. Durante questo periodo, Marx spese molti soldi, contrasse debiti ed il padre fu costretto a inviargli sovente altro denaro. Inoltre, egli comprò una pistola e, scoperto dalla polizia, subì un’inchiesta per detenzione di armi vietate; fu arrestato per “schiamazzi notturni ed ubriachezza” [29] e punito con la pena di un giorno di carcere; e, infine, prese parte ad un duello con un altro studente, nel quale fu leggermente ferito sopra l’occhio sinistro.
Nel complesso, dunque, l’anno trascorso a Bonn deluse le aspettative del padre che, pertanto, decise di trasferire il figlio all’università di Berlino. Prima di partire per la capitale prussiana, Marx trascorse le vacanze estive a Treviri e, durante questo periodo, si fidanzò segretamente con colei che diverrà la compagna di una vita intera: Jenny von Westphalen, una ragazza ambitissima per bellezza e posizione sociale. Tuttavia, temendo che la famiglia von Westphalen avesse potuto rifiutare il consenso alla loro unione, a causa del divario di posizione sociale tra i due – Marx non era che un semplice borghese, di origine ebraica ed appena diciottenne, ovvero di quattro anni più piccolo della sua amata, circostanza per i tempi piuttosto insolita –, la notizia fu inizialmente nascosta alla famiglia di Jenny.
Jenny von Westphalen apparteneva ad un mondo completamente diverso da quello di Marx. Era, infatti, figlia del barone Ludwig von Westphalen, eminente funzionario del governo e tipico rappresentante della classe tedesca più colta e liberale. Il padre di Jenny era un uomo affascinante e dalla mente aperta, che parlava perfettamente l’inglese, leggeva il latino, il greco antico, l’italiano, il francese e lo spagnolo, e stabilì in seguito un ottimo rapporto col giovane Marx, del quale apprezzava la spiccata vivacità intellettuale. Differentemente dal padre di Marx, le sue preferenze letterarie non erano rivolte ai razionalisti ed ai classici francesi, ma alla scuola romantica. Così: “mentre il padre gli leggeva Voltaire e Racine, il barone gli declamava Omero e Shakespeare, e questi rimasero sempre i suoi autori preferiti” [30]. Inoltre, von Westphalen era anche molto attento alla questione sociale e fu lui a suscitare il primo interesse di Marx per Saint-Simon [31]. Egli esercitò grande influenza su di lui, fornendogli stimoli che le sue due altre fonti educative, l’ambiente familiare e la scuola, non avevano potuto offrirgli e Marx gli rimase per sempre legato da un sentimento di gratitudine e ammirazione, come dimostra la dedica della sua tesi di laurea, che rivolse proprio a lui, pochi anni dopo.
IV. Tra le braccia del nemico
Con i suoi 320.000 abitanti, nel 1836 Berlino era il luogo più popoloso dei territori di lingua tedesca dopo Vienna. La città raccoglieva la burocrazia prussiana, esprimeva un’intensa vita intellettuale e fu la prima grande metropoli conosciuta da Marx. La Friedrich-Wilhelms-Universität [32], fondata nel 1810, contava all’epoca 2100 studenti, annoverava molti tra i più celebri insegnanti del tempo – lo stesso Georg W. F. Hegel vi aveva insegnato dal 1818 al 1831, anno della sua morte – e rappresentava l’ambiente più serio e propizio dove condurre gli studi. Ludwig Feuerbach, che durante quel periodo era stato anch’egli studente della medesima università, si era infatti così espresso rispetto alla sua qualità: «in confronto a questo tempio del lavoro, le altre università sembrano delle bettole” [33].
In questo nuovo contesto e con le nuove responsabilità che gli derivavano dal suo fidanzamento, Marx abbandonò la spensieratezza della seconda parte del periodo trascorso a Bonn e si dedicò, con rinnovata passione e diligenza, allo studio. Tuttavia, rispetto all’anno precedente, il suo atteggiamento verso l’università era mutato. Egli si preoccupò molto meno delle lezioni accademiche e, durante i nove semestri trascorsi a Berlino, si iscrisse solamente a 13 corsi e restò due semestri senza frequentarne alcuno. Nel semestre invernale 1836-37, egli seguì i corsi sulle Pandette [34], di Diritto criminale e di Antropologia. I primi due, cui si dedicò con assiduità e zelo, erano impartiti dai maggiori giuristi del tempo: Friedrich C. von Savigny e Gans. Il primo, fondatore e principale teorico della Scuola storica del diritto, propugnava un’esaltazione del passato, aveva vedute romantiche ed era fautore di un conservatorismo politico. Il secondo, discepolo di Hegel e saint-simoniano, era, al contrario, il paladino di tutta la Berlino progressista, il più avanzato liberale in campo politico, e contribuì allo sviluppo di tali tendenze in Marx, nonché al suo interesse per l’hegelismo.
Ad ogni modo, la partecipazione alle attività dell’università fornisce un’idea molto parziale della sua operosità intellettuale. In quegli anni, infatti, Marx si limitò a seguire i corsi obbligatori per potere sostenere gli esami di Diritto ecclesiastico, Procedura civile, Procedura civile prussiana, Procedura penale, Diritto civile prussiano, Diritto ereditario [35]; più quattro altre materie: Logica, Geografia, Isaia ed Euripide. Al contrario, rinchiusosi fin dall’arrivo in città in una stanza, egli avviò, con un impegno prodigioso, uno studio indipendente che gli permise d’impadronirsi, in poco tempo, di molte più cognizioni di quante non avrebbe potuto assimilare se avesse seguito i soli corsi accademici.
Il percorso di apprendimento di Marx, relativo a questa fase, può essere ricostruito grazie alla lettera scritta al padre nel novembre del 1837, l’unica pervenutaci di tutto il periodo universitario, che rappresenta un preziosissimo documento biografico circa il primo anno da lui trascorso a Berlino. Infervorato dall’amore per la fidanzata e turbato dal carattere molto incerto di questa unione non ancora ufficiale, egli si dedicò innanzitutto alla poesia. Dall’ottobre al dicembre del 1836, compose tre quaderni di versi successivamente inviati alla “mia cara, eternamente amata Jenny v. Westphalen”[36]: il [Libro dell’amore], diviso in due parti, e il [Libro dei canti]. I versi in essi contenuti, caratterizzati dal soggetto convenzionale dell’amore tragico e da una forma lirica pesante e impacciata, non lasciavano trasparire nessuna speciale dote poetica [37].
Per Marx, comunque, “la poesia poteva e doveva essere solo un accompagnamento”. Egli si sentiva sempre più “spinto a lottare con la filosofia” e aveva il compito di studiare giurisprudenza. Avviò, infatti, la lettura dei giuristi tedeschi Johann G. Heineccius e Anton F. J. Thibaut, tradusse i primi due libri delle Pandette e cercò, al contempo, “di realizzare una filosofia del diritto che abbracciasse l’intero ambito del diritto stesso” [38]. Guidato dalla volontà di costruire una relazione tra i temi affrontati, egli passò dallo studio degli aspetti empirici del diritto alla giurisprudenza e da questa alla filosofia in generale [39]. Così facendo, redasse “un lavoro di quasi 300 fogli”, rimasto incompiuto e poi andato disperso, che sviluppò in due parti: una “metafisica del diritto” e una “filosofia del diritto”. Anche se non riuscì a portare a termine questo manoscritto, la sua redazione gli permise di appassionarsi “alla materia e di acquistarne una visione complessiva”. Egli si accorse “dell’erroneità dell’insieme, che nello schema fondamentale si accosta a quello kantiano” e si convinse “che senza filosofia non si poteva venire a capo di nulla”. Scrisse, quindi, “un nuovo sistema metafisico di base”, alla cui conclusione, però, dovette “riconoscere l’assurdità di esso e di tutte le […] fatiche precedenti”.
A poco a poco, la filosofia prevalse sempre più sugli studi di diritto e la prospettiva di una carriera accademica prevalse su quella giuridica voluta dal padre. Inoltre, accanto alla filosofia, Marx espanse i suoi interessi in molte altre direzioni. Egli assunse “l’abitudine di fare estratti da tutti i libri che leggev[a] […] e di buttare giù, di tanto in tanto, le sue riflessioni” [40] al riguardo di alcuni di essi. Questo modo di prendere appunti, con una grafia minuta e quasi illeggibile, fu da lui conservato per tutta la vita. Marx inaugurò i suoi quaderni di estratti con dei compendi dal Laocoonte di Gotthold E. Lessing, dall’Erwin di Karl W. F. Solger, dalla Storia dell’arte nell’antichità di Johann J. Winckelmann e dalla Storia del popolo tedesco di Heinrich Luden [41]. In questo stesso periodo, egli tradusse anche due classici latini: la Germania di Tacito e i Libri della tristezza di Ovidio; cominciò a studiare la grammatica inglese e italiana; lesse i Principi fondamentali di diritto penale tedesco e osservazioni sulle leggi prussiane di Ernst F. Klein e, sommariamente, tutte le principali novità letterarie.
Nonostante i continui ammonimenti del padre, che lo pregò ripetutamente di non esagerare con lo studio e “di risparmiare la tua salute mentre arricchisci lo spirito”[42], Marx lavorò in modo forsennato. Egli riprese nuovamente a comporre poesie e scrisse un altro quaderno di versi, che dedicò al padre in occasione dei suoi sessant’anni. Al suo interno, accanto a diversi altri componimenti, incluse il primo atto di [Oulanem], un dramma fantastico in versi, e alcuni capitoli del romanzo umoristico [Scorpione e Felice], un tentativo mal riuscito di deridere la Berlino filistea. Sono interessanti, invece, alcuni brevi [Epigrammi], contenuti nello stesso quaderno, che documentano il suo atteggiamento critico del tempo verso Hegel. Infine, tra i principali interessi di Marx di questo periodo vi furono anche il teatro e le questioni letterarie, poiché, fin dal 1837, nonostante fosse appena diciannovenne, egli aveva progettato di fondare una rivista di critica letteraria [43].
Fu così che, dopo una fase di intensissimo studio, dedicato a diritto, filosofia, arte, letteratura, lingue e poesia, ed a causa del coinvolgimento emotivo che accompagnò le sue ricerche [44], egli si ammalò e su indicazione di un medico, che gli consigliò di riposarsi in campagna [45], lasciò Berlino per Stralow[46], un villaggio di pescatori negli immediati dintorni della capitale prussiana, a circa un’ora di cammino dall’università.
Questo soggiorno, anziché rappresentare un periodo di pausa, costituì un’importante tappa della evoluzione intellettuale di Marx: “un sipario era caduto, il mio sacrario era spezzato e nuovi dèi dovevano essere insediati”. Infatti, dopo un profondo conflitto interiore, egli si congedò definitivamente dal Romanticismo, si allontanò dall’idealismo kantiano e fichtiano, che erano stati per lui “modello e alimento”, per “cercare l’idea nella realtà stessa”. Fino a quel momento, Marx aveva letto soltanto “frammenti della filosofia di Hegel, la cui grottesca melodia rocciosa non gli era piaciuta”. A Stralow, invece, lesse “dal principio alla fine Hegel e la maggior parte dei suoi discepoli”. La sua conversione allo hegelismo, però, fu tutt’altro che immediata. Per meglio precisare la concezione che andava acquisendo, egli compose un dialogo di 24 fogli dal titolo [Cleante, o del punto di partenza e del necessario svolgimento della filosofia], anch’esso andato disperso, attraverso il quale tentò di unire “l’arte e la scienza”. La sua redazione, frutto di studi storici, di scienza della natura e di testi di Schelling, costò a Marx “una fatica infinita”. Inoltre, l’esito di tale lavoro lo sconfortò perché “questa mia creatura prediletta, nutrita al chiaro di luna, mi porta come una sirena ingannatrice tra le braccia del nemico”, ovvero ad aderire alla filosofia di Hegel.
Preso dalla rabbia per l’approdo che avevano avuto le sue riflessioni, Marx fu, “per alcuni giorni, del tutto incapace di pensare” [47]. In seguito, egli abbandonò per un po’ di tempo la filosofia, per immergersi in nuovi studi di diritto, attraverso i quali si dedicò al Diritto del possesso di Savigny, al Manuale del diritto penale di Anselm R. Feuerbach, ai Principi fondamentali della scienza di diritto penale di Karl von Grolman, al Significato delle parole del titolo delle pandette di Andreas G. Cramer, al Manuale di diritto civile generale di Johann N. von Wenning-Ingenheim, alla Scienza delle pandette di Christian F. Mühlenbruch, alla Concordanza dei canoni discordanti di Graziano, e alle Istituzioni di diritto canonico di Giovan Paolo Lancellotti. Inoltre, egli lesse il libro Dignità e progresso delle scienze di Francis Bacone, il volume Sugli istinti artistici degli animali di Hermann S. Reimarus e tradusse parzialmente la Retorica di Aristotele [48].
Alla fine di questo periodo, a causa degli “inutili, falliti, lavori intellettuali” e per la “rabbia bruciante di dover prendere come riferimento una concezione a me invisa” – quella hegeliana –, Marx ebbe un esaurimento e, una volta ristabilitosi, “bruci[ò] tutte le poesie e gli abbozzi di novelle” [49] composti fino ad allora. La sua ricerca aveva ancora tanto cammino da percorrere.
V. Un giovane hegeliano a Berlino
Introdottovi da Adolf Rutenberg, il suo più intimo amico del tempo, dal 1837, Marx prese a frequentare il Club dei dottori, un circolo di scrittori, docenti e studenti della sinistra hegeliana di Berlino, sorto quello stesso anno, del quale facevano parte, tra gli altri, Bruno Bauer, Carl Friedrich Köppen, Heinrich Bernhard Oppenheim e Ludwig Buhl [50]. Fu proprio grazie ad essi che Marx si “leg[ò], sempre più saldamente, all’attuale filosofia del mondo, alla quale avev[a] pensato di sfuggire”: l’hegelismo. Anche in questa fase, egli continuò a studiare ed a scrivere intensamente e, in novembre, comunicò al padre: “non potetti aver pace fin quando non raggiunsi la modernità e il punto di vista dell’attuale concezione scientifica, tramite alcune brutte opere come [La visita]” [51].
Alle scelte del figlio, però, questi reagì severamente, manifestando la sua grande preoccupazione per il metodo di lavoro assunto ed il suo dissenso per gli ambiti di interesse divenuti per lui prevalenti:
“Ahime! Disordine, cupo vagare in tutti i campi del sapere, cupo rimuginare presso la tetra lampada ad olio […]. E qui, in questa fucina di erudizione insensata e senza scopo, dovrebbero maturare i frutti che confortino te ed i tuoi cari? Qui dovrebbe essere accumulato il raccolto che possa servire ad adempiere ai sacri doveri? [… Ciò] indica soltanto come tu sperperi le tue doti e vegli le tue notti per partorire mostri; che tu segui le tracce dei nuovi geni maligni che rigirano le loro parole finché essi stessi non le capiscono più” [52].
Poco tempo dopo questo ammonimento, Heinrich Marx si ammalò, per poi morire di tubercolosi nel maggio del 1838. Con la sua scomparsa, i vincoli che legavano Marx alla sua famiglia si allentarono molto e, privo del confronto critico col padre, che col tempo sarebbe probabilmente sfociato in un conflitto tra i due[53], egli poté seguire la sua strada ancora più speditamente [54].
In questa fase, il Club dei dottori divenne il centro della formazione di Marx e fu di stimolo ed impulso per tutta la sua attività. Dopo la scissione tra destra e sinistra hegeliana, prodottasi proprio durante quegli anni, nel circolo di Berlino si erano riunite alcune delle menti più progressiste della Prussia del tempo, le stesse che presero parte alla lotta tra conservatorismo e liberismo in favore di quest’ultimo. Sebbene al momento delle sue prime visite alla sede del Club dei dottori Marx avesse appena 20 anni, grazie alla sua brillante personalità, non solo fu trattato alla pari da tutti i suoi membri, mediamente più anziani di lui di dieci anni, ma riuscì a esercitare su di loro anche una grande influenza e ad orientarne spesso le discussioni [55].
Dall’inizio del 1839, Marx si legò sempre più a Bauer, che lo aveva incitato ripetutamente a concludere in fretta l’università. Egli si dedicò, così, a uno studio approfondito della filosofia di Epicuro e, fino al principio del 1840, redasse sette quaderni di appunti [56], in vista di una dissertazione di laurea sulla filosofia greca, intitolata, poi, [Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro]. Essa costituì l’unico scritto strettamente filosofico di tutta la sua esistenza [57]. La dissertazione, probabilmente parte di un progetto più generale sulla filosofia antica, venne redatta tra la seconda metà del 1840 e il marzo del 1841 e fu composta da una prefazione, da due sezioni di cinque capitoli ciascuna – il quarto e il quinto capitolo della prima parte, però, sono andati perduti – e da un’appendice dedicata alla critica di Plutarco a Epicuro, anche essa smarrita eccetto alcune annotazioni [58].
La grande quantità di tempo impiegata da Marx per completare il suo lavoro fu dovuta all’estrema scrupolosità con cui era solito procedere negli studi e alla rigorosa autocritica alla quale sottoponeva ogni sua riflessione [59]. Il desiderio di partecipare alla lotta politica in cui era impegnata la Sinistra hegeliana era in lui molto forte, ma la consapevolezza di dover più utilmente impiegare il proprio tempo in ulteriori ricerche, per ampliare le proprie conoscenze e meglio precisare la sua concezione del mondo, fu ancora maggiore. Oltre a Epicuro, infatti, egli intraprese lo studio di molti altri autori. Durante la prima metà del 1840, cominciò a leggere e fare estratti dal De anima di Aristotele e programmò di scrivere una critica delle Ricerche di logica di Friedrich Adolf Trendelenburg. Inoltre, era sua intenzione realizzare un libro contro il teologo Georg Hermes e un pamphlet polemico in merito al testo L’idea della divinità di Karl Ph. Fischer [60], tutti progetti che, però, non furono mai portati a termine.
Tra il gennaio e l’aprile del 1841, ovvero durante e dopo la redazione dell’ultima parte della sua tesi di laurea, a testimonianza della volontà di spendere le sue energie in uno studio rigoroso anziché nella redazione di articoli estemporanei [61], Marx compilò, coadiuvato da un copista calligrafo, sei quaderni di estratti, in cui raccolse citazioni dalla corrispondenza e da diverse opere di Gottfried Leibniz, dal Trattato sulla natura umana di David Hume, dal Trattato teologico-politico di Baruch Spinoza e dalla Storia della filosofia kantiana di Karl Rosenkranz [62]. Questi estratti riguardavano filosofi moderni e, dunque, furono studi indipendenti rispetto al lavoro preparatorio per la dissertazione. Essi avevano come obiettivo l’ampliamento delle sue conoscenze, nella speranza di ottenere un posto come professore di filosofia all’università [63].
Tuttavia, quando nell’aprile del 1841, dopo aver presentato la sua tesi all’università di Jena [64], più liberale di quella di Berlino, ed essere stato nominato dottore in filosofia, il nuovo contesto politico precluse a Marx questa possibilità. In seguito all’avvento al trono di Federico Guglielmo IV, si sviluppò una forte reazione romantico-cristiana in tutta la Prussia e la filosofia hegeliana, che aveva goduto sino ad allora dell’appoggio dello Stato, fu bandita dall’accademia.
Marx, nel frattempo, aveva già messo da parte le sue ambizioni letterarie, nonostante fosse riuscito, al principio del 1841, a pubblicare due poesie sulla rivista Athenäum [65]. Così, si decise a partire per Bonn ed a raggiungere l’amico Bauer, col quale aveva progettato di dare vita ad una rivista, che avrebbe dovuto chiamarsi Archiv des Atheismus, attraverso la quale fornire ai lettori un punto di vista critico, soprattutto in materia religiosa. Durante questo periodo, Marx redasse un nuovo gruppo di estratti, in particolare dal testo Sul culto degli dèi feticci di Charles de Brosses, dalla Storia critica generale delle religioni di Christoph Meiners e dal libro Della religione Benjamin Constant [66], ma il progetto di far nascere la nuova rivista fallì ed egli, allontanatosi da Bauer per dissidi di carattere politico [67], abbandonò questo tipo di studi.
Dopo avere svolto, durante gli anni dell’università, intensissime ricerche giuridiche, storiche, letterarie e filosofiche; in seguito all’abbandono della strada, tracciata dal padre, per diventare avvocato; ed impossibilitato, al conseguimento della laurea, ad intraprendere la carriera accademica, Marx decise di dedicarsi al giornalismo. Nel maggio del 1842 scrisse il suo primo articolo per il quotidiano Rheinische Zeitung di Colonia e, dall’ottobre dello stesso anno al marzo del 1843, ne divenne giovanissimo redattore capo.
La necessità di misurarsi con l’economia politica, disciplina a quel tempo appena agli albori in Prussia, e la scelta di impegnarsi politicamente in modo più diretto sarebbero in lui prevalse poco dopo. Per portare a maturazione queste decisioni furono cruciali l’incontro con Friedrich Engels, che aveva già compiuto studi di economia politica in Inghilterra; l’influsso di alcuni scritti di Moses Hess [68]; e, soprattutto, un soggiorno di oltre un anno a Parigi, luogo di costante agitazione sociale.
In poco più di un lustro, dunque, lo studente proveniente da una famiglia ebraica della provincia meridionale tedesca sarebbe divenuto un giovane rivoluzionario in contatto con i gruppi più radicali della capitale francese. Il suo cammino era stato rapido e di vasta portata, ma ancora più significativo sarebbe stato quello che avrebbe dovuto percorrere in futuro.
References
1. Johann Wolfgang von Goethe, Kampagne in Frankreich, in Goethe Sämtliche Werke, vol. 28, Cotta’sche, Stuttgart 1911, p. 129.
2. Cfr. Trierischen Kronik, Gennaio 1818, p. 85.
3. Dettagliate informazioni sulla città di Treviri durante questo periodo si trovano in Emil Zenz, Geschichte der Stadt Trier im 19 Jahrhundert, Spee, Trier 1979; mentre per una descrizione dell’influsso che la città di Treviri ebbe su Marx si veda Heinz Monz, Karl Marx. Grundlagen der Entwicklung zu Leben und Werk, NCO, Trier 1973.
4. David McLellan, Marx prima del marxismo, Einaudi, Torino 1974, p. 32.
5. Informazioni sulla famiglia Lwów sono contenute in H. Horowitz, Die Familie Lwów, in Monatsschrift für Geschichte und Wissenschaft des Judentums, 1928, vol. 5, pp. 487-99; mentre per maggiori notizie sulla famiglia Marx si rimanda al volume Manfred Schöncke (a cura di), Karl und Heinrich Marx und ihre Geschwister, Pahl-Rugenstean Nachfolger, Bonn 1993.
6. In proposito, si veda la lettera di Eleanor Marx a Henri Polak, del 31 ottobre 1893, pubblicata in Werner Blumenberg, Ein unbekanntes Kapitel aus Marx’ Leben, in International Review of Social History, vol. I, 1956, (part I), p. 56.
7. Questa affermazione di Eleanor Marx è inclusa nel volume Wilhelm Liebknecht, Karl Marx zum Gedächtnis, Wörlein & Comp, Nurnberg 1896, p. 92.
8. Cfr. Isaiah Berlin, Karl Marx, La Nuova Italia, Firenze 1994, p. 34.
9. Cfr. Auguste Cornu, Marx e Engels, Feltrinelli, Milano 1962, p. 71.
10. In proposito cfr. David McLellan, Karl Marx, Rizzoli, Milano 1976, p. 14 e Auguste Cornu, op. cit., pp. 67-75.
11. Cfr. Boris Nikolaevskij – Otto Maenchen-Helfen, Karl Marx, Einaudi, Torino 1969, p. 21 e Auguste Cornu, op. cit., p. 69.
12. Eleanor Marx in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, Einaudi, Torino 1977, p. 219.
13. Ivi, p. 3.
14. Cfr. Auguste Cornu, op. cit., pp. 72-3.
15. Eleanor Marx, in David Rjazanov, Karl Marx als denker, Makol, Frankfurt 1971, p. 27.
16. Diploma di maturità per l’alunno del ginnasio di Treviri Karl Marx , in Opere, vol. I, Editori Riuniti, Roma 1980, p. 741.
17. Sui componimenti liceali di Marx cfr. Carl Grünberg, Marx als Abiturient, in Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung, 1925, vol. XI, pp. 424-33; Aa. Vv., Der unbekannte junge Marx , Institut für staatsbürgerliche Bildung in Rheinland-Pfalz, Mainz 1973, pp. 9-146 e Marco Duichin, Il primo Marx, Cadmo, Roma 1982, pp. 45-67.
18. Cfr. David McLellan, Marx prima del marxismo, op. cit., p. 42.
19. Karl Marx, Considerazioni di un giovane in occasione della scelta di una professione, in Opere, vol. I, op. cit., p. 7.
20. Ivi, p. 4
21. Tra i più autorevoli autori che hanno commesso quest’errore vi sono Franz Mehring: “nell’adolescenza si annunciava il primo balenare di quel pensiero il cui pieno approfondimento doveva poi essere immortale merito dell’uomo” in Franz Mehring, Karl Marx, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 7; ed Auguste Cornu, il quale, nonostante avesse messo in guardia il lettore a non “esagerare l’importanza di questa frase”, scrisse: “in essa Marx sottolinea per la prima volta la funzione dei rapporti sociali nella determinazione della vita degli uomini”, in Auguste Cornu, op. cit, p. 79.
22. Sul soggiorno di Marx a Bonn cfr. Auguste Cornu, op. cit., pp. 82-7.
23. Heinrich Marx a Karl Marx, 19 marzo 1836, in Opere, vol. I, op. cit., p. 750.
24. Heinrich Marx a Karl Marx, 18-29 novembre 1835, in Opere, vol. I, op. cit., p. 743.
25. Sin dal periodo liceale, Marx compose alcuni brevi poesie che furono trascritte in bella copia e conservate da sua sorella Sophie. Una di queste [A Carlo Magno], datata 1833, mostra l’influenza che le idee del preside Wyttenbach ebbero al tempo su Marx e costituisce il suo più antico scritto conservato. Cfr. Karl Marx, Gedichte. Aus einem Notizbuch von Sophie Marx, in MEGA² I/1, Dietz, Berlin 1975, pp. 760-3.
26. Cfr. Heinrich Marx a Karl Marx, febbraio – primi di marzo del 1836, in Opere, vol. I, op. cit., p. 747.
27. Heinrich Marx a Karl Marx, 18-29 novembre 1835, in Opere, vol. I, op. cit., p. 745.
28. Heinrich Marx a Karl Marx, febbraio – primi di marzo del 1836, in Opere, vol. I, op. cit., pp. 747 e 749.
29. Cfr. il Certificato di congedo dell’università di Bonn, in Opere, vol. I, op. cit., p. 755.
30. Eleanor Marx, Erinnerungen von Eleanor Marx, in Die Neue Zeit, 1883, vol. I, nr. 5, p. 441.
31. Cfr. La testimonianza di Maxim Kovalevsky, in Aa. Vv., Mohr und General. Erinnerungen an Marx und Engels, Dietz, Berlin 1965, p. 394. In proposito si veda anche Auguste Cornu, op. cit., p. 82.
32. Dal 1948 questa università assunse il nome di Humboldt Universität.
33. Ludwig Feuerbach al padre, 6 luglio 1824, in Karl Grün (a cura di), Ludwig Feuerbach, Sein Briefwechsel und Nachlass, Leipzig 1874, p. 183.
34. Le Pandette sono la più importante delle quattro parti del Corpus iuris civilis, redatto, tra il 528 e il 534, per ordine dell’imperatore Giustiniano I. In esse furono raccolti gli scritti e i pareri dei più insigni giuristi romani, con l’intento di fornire una sintesi di tutta la giurisprudenza imperiale dei secoli precedenti.
35. Cfr. Sepp Miller – Bruno Sawadzki, Karl Marx in Berlin, Das Neue Berlin, Berlin 1956, p. 113 e Boris Nikolaevskij – Otto Maenchen-Helfen, op. cit., pp. 51-2.
36. Karl Marx, Buch der Liebe, MEGA², vol. I/1, Dietz, Berlin 1975, p. 479.
37. Cfr. Auguste Cornu, op. cit., pp. 89-90 e Franz Mehring, Einleitung, in Franz Mehring (a cura di) Aus dem literarischen Nachlass von Karl Marx, Friedrich Engels und Ferdinand Lassalle, vol. 1, Dietz, Stuttgart 1902, pp. 25-6, dove viene riportata una testimonianza della seconda figlia di Marx, Laura, rispetto a queste poesie: “debbo dirvi che mio padre trattava questi versi con molta irriverenza; tutte le volte che i miei genitori ne parlavano, ridevano di cuore di quelle follie di gioventù”. Insomma, come ha osservato Franz Mehring: “tra le molteplici doti che le muse gli avevano posto nella culla, non si trovava la dote dell’eloquio poetico”, in Franz Mehring, Vita di Marx, op. cit., p. 14. Lo stesso Marx, nella lettera indirizzata al padre nel novembre del 1837, dunque soltanto un anno dopo la composizione dei suoi versi, li giudicò molto severamente: “attacchi al presente, sentimento espresso prolissamente e senza forme, un’assoluta mancanza di naturalezza, costruzioni del tutto chimeriche, il più completo contrasto tra ciò che è e ciò che deve essere, riflessioni retoriche invece di idee poetiche, ma forse anche un certo calore di sentimenti e un’aspirazione allo slancio poetico, caratterizzano tutte le poesie dei primi tre fascicoli che Jenny ricevette da me”, in Karl Marx, Lettera al padre a Treviri, op. cit., p. 9. Marx inviò i suoi versi anche al Deutscher Musenalmanach, ma la rivista non li giudicò pubblicabili.
38. Ivi , pp. 9-10.
39. Cfr. Istvan Mészáros, Marx filosofo, in Eric Hobsbawm (a cura di) Storia del marxismo, vol. 1, Einaudi, Torino 1978, pp. 122-3.
40. Karl Marx, Lettera al padre a Treviri, op. cit., pp. 10 e 13.
41. Questi estratti sono andati purtroppo dispersi.
42. Heinrich Marx a Karl Marx, 9 novembre 1836, in Opere, op. cit., p. 757, che continuava: “lo voglia Dio, hai ancora molto tempo da vivere per il tuo bene, per quello della tua famiglia e, se i miei presentimenti non mi traggono in errore, per il bene dell’umanità”.
43. Le tracce di questo progetto sono contenute in una lettera di suo padre, cfr. Heinrich Marx a Karl Marx, 16 settembre 1837, in Opere, vol. I, op. cit., p. 777.
44. Cfr. Karl Marx, Lettera al padre a Treviri, op. cit., p. 9: “vedo la vita in generale come espressione di un’attività intellettuale che si sviluppa in tutte le direzioni, nella scienza, nell’arte e nei rapporti privati”.
45. Cfr. Ivi, p. 14: “durante il primo semestre, per queste molteplici occupazioni, avevo dovuto vegliare molte notti, sostenere molte lotte, sopportare parecchie sollecitazioni interne ed esterne, senza tuttavia trarne, alla fine, un grande arricchimento; inoltre avevo trascurato la natura, l’arte, il mondo, e allontanato gli amici: queste erano le riflessioni che parve fare il mio corpo; un medico mi consigliò la campagna”.
46. Oggi questo villaggio corrisponde al quartiere Stralau della città di Berlino.
47. Karl Marx, Lettera al padre a Treviri, op. cit., pp. 14-15.
48. Cfr. Ivi, p. 15.
49. Ibidem .
50. Cfr. Sepp Miller – Bruno Sawadzki, op. cit., pp. 68-75.
51. Karl Marx, Lettera al padre a Treviri, op. cit., p. 16.
52. Heinrich Marx a Karl Marx, 9 dicembre 1837, in Opere, vol. I, op. cit., pp. 788-9.
53. Cfr. Auguste Cornu, op. cit., p. 126.
54. Con la morte di Heinrich Marx s’interruppe anche quel prezioso carteggio attraverso il quale è possibile acquisire notizie sulla vita di Marx durante quegli anni. Secondo l’ultima figlia di Marx, Eleanor, queste lettere: “mostrano il giovane Marx in maturazione, nell’adolescente l’adulto futuro. Si vede già l’eccezionale capacità di lavoro e la passione di lavoro che ha segnato Marx durante tutta la sua vita; nessun compito era per lui troppo faticoso e mai i suoi scritti hanno portato tracce di rilassamento o negligenza. […] Vedere chiaro in se stesso era il suo obiettivo e anche qui lo osserviamo autocriticarsi e criticare la sua opera con estrema severità. […] E lo vediamo, così come più tardi, anche già lettore che non si ferma ad una sola disciplina, ma che legge, abbraccia e divora tutto: scienza giuridica, storia, poesia, arte. Non c’è niente che non porti acqua al suo mulino; e tutto ciò che faceva, lo faceva dedicandovisi in modo completo”, in Eleanor Marx, Marx’ Briefe an seinen Vater, in Die Neue Zeit, 1898, vol. 16, nr. I, pp. 4-12.
55. Cfr. Auguste Cornu, op. cit., p. 151.
56. Molto probabilmente, questi sette quaderni sono solo una parte di un più ampio lavoro preparatorio per la sua tesi di laurea. Cfr. Maximilien Rubel, Philosophie Épicurienne. Notice, in Karl Marx, Œuvres III. Philosophie (a cura di Maximilien Rubel), Gallimard, Paris 1982, p. 786. I cosiddetti [Quaderni sulla filosofia epicurea] sono stati pubblicati in traduzione italiana in Opere, vol. I, op. cit., pp. 423-567.
57. Cfr. Maximilien Rubel, Différence de la philosophie naturelle chez Démocrite et chez Épicure, avec un appendice. Notice, in Karl Marx, Œuvres III. Philosophie (a cura di Maximilien Rubel), op. cit., p. 6.
58. In proposito cfr. Mario Cingoli, Il primo Marx (1835-1841), Unicopli, Milano 2001 e Roberto Finelli, Un parricidio mancato. Hegel e il giovane Marx, Bollati Boringhieri, Torino 2004, pp. 40-74.
59. Cfr. Auguste Cornu, op. cit., p. 225.
60. Cfr. Ivi, pp. 194-7.
61. Cfr. Mario Rossi, Da Hegel a Marx. III La scuola hegeliana. Il giovane Marx, Feltrinelli, Milano 1977, p. 164.
62. Questi estratti, insieme a quelli dal De anima di Aristotele, si trovano nel volume Karl Marx – Friedrich Engels, Exzerpte und Notizen bis 1842, Dietz, Berlin 1976, MEGA² IV/1, pp. 153-288. I compendi realizzati dal testo di Spinoza sono stati pubblicati in traduzione italiana nel volume Karl Marx, Quaderno Spinoza (1841) (a cura di Bruno Bongiovanni), Bollati Boringhieri, Torino 1987.
63. Cfr. Bruno Bongiovanni, Introduzione a Karl Marx, Quaderno Spinoza (1841), op. cit., pp. 36-8.
64. Cfr. Karl Marx a Carl Friedrich Bachmann, 6 aprile 1841, e Karl Marx a Oskar Ludwig Bernhard Wolff, 7 aprile 1841, in Opere, vol. I, op. cit., pp. 397-8.
65. I versi dati alle stampe si intitolavano Amore notturno e Il suonatore, in Opere, vol. I, op. cit., pp. 597-8 e 678-9, ed apparvero il 23 gennaio del 1841, nel quarto numero di questo periodico tedesco.
66. Gli estratti del periodo di Bonn si trovano nel volume MEGA² IV/1, op. cit., pp. 289-381.
67. Sulla relazione tra Marx e Bauer cfr. Zvi Rosen, Bruno Bauer and Karl Marx, Martinus Nijhoff, The Hague 1977; sul conflitto tra i due si vedano in particolare le pp. 223-40.
68. Cfr. Zwi Rosen, Moses Hess und Karl Marx, Christians, Hamburg 1983 e il recente Stathis Kouvelakis, Philosophy and revolution, Verso, London 2003, pp. 121-66.
Marcello
Musto