I. I Grundrisse e l’appuntamento con la rivoluzione
Il 1857 fu segnato dallo scoppio della prima crisi finanziaria internazionale della storia. Negli anni che avevano preceduto questo episodio, Marx aveva costantemente seguito tutti i principali avvenimenti economici e si era convinto cha l’avvento di una crisi avrebbe determinato le condizioni per una nuova stagione di rivolgimenti sociali in tutta l’Europa.
Dopo la sconfitta delle insurrezioni popolari del 1848, egli aveva atteso a lungo quel momento e non volle farsi cogliere impreparato quando esso finalmente giunse. A suo giudizio, infatti, il suo primo compito avrebbe dovuto essere quello di scrivere e pubblicare, il più in fretta possibile, l’opera di economia politica da tempo programmata. Le notizie della crisi, che dagli Stati Uniti d’America raggiunse rapidamente tutti i centri del mercato mondiale in Europa, Sudamerica ed Oriente, generarono grande euforia in Marx, alimentando in lui una straordinaria produttività intellettuale. Egli riprese, dunque, gli studi di economia, iniziati alla fine del 1843 e condotti, con risultati altalenanti, per un quindicennio, e tentò di dare loro forma compiuta.
Per dedicarsi alla sua opera, Marx avrebbe avuto bisogno di un po’ di tranquillità, ma la precarietà della sua situazione personale non gli concesse alcuna tregua. Infatti, le sue uniche entrate, oltre il costante aiuto garantitogli da Friedrich Engels, consistevano soltanto nei compensi derivanti dai suoi articoli per la New-York Tribune, il quotidiano in lingua inglese più diffuso dell’epoca, e per The New American Cyclopædia, un progetto editoriale, avviato proprio nel 1857, dal direttore della New-York Tribune Charles Dana. La povertà non era il solo spettro ad assillare Marx. Come per gran parte della sua travagliata esistenza, egli fu affetto, anche durante questo periodo, da diversi malanni e colpito dai drammi familiari, ultimo dei quali la morte del suo ultimo figlio subito dopo il parto.
Miseria, problemi di salute e stenti di ogni tipo: i Grundrisse furono scritti in questo tragico contesto. Essi non furono il prodotto dello studio di un pensatore protetto dalle agiatezze della vita borghese, ma, l’opera di un autore costretto a scrivere in condizioni molto difficili e, sorretto unicamente dalla convinzione che il suo lavoro, stante l’incedere della crisi economica, fosse divenuto una necessità dell’epoca, trovò le forze per portarlo avanti.
Il periodo compreso tra l’estate del 1857 e la primavera del 1858 fu uno dei più prolifici dell’esistenza di Marx poiché, in pochi mesi, riuscì a scrivere di economia politica più di quanto non avesse fatto negli anni precedenti. Nel dicembre del 1857, comunicò infatti ad Engels: “lavoro come un pazzo le notti intere al riepilogo dei miei studi economici, per metterne in chiaro almeno le grandi linee (Grundrisse) prima del diluvio” .
Il lavoro realizzato fu notevole e ramificato. Dall’agosto del 1857 al maggio 1858, Marx riempì gli otto corposi quaderni che divennero poi i Grundrisse. Nello stesso periodo, tra le corrispondenze realizzate per il New-York Tribune su argomenti vari, scrisse una dozzina di articoli sull’andamento della crisi in Europa. Infine, dall’ottobre del 1857 al febbraio del 1858, redasse anche tre quaderni di estratti, denominati I quaderni della crisi. Questi quaderni, ad oggi ancora inediti, forniscono nuova luce sulla genesi dei Grundrisse. Grazie ad essi, è possibile mutare l’immagine convenzionale di un Marx che studia la Scienza della logica di Hegel per cercare ispirazione durante la stesura dei manoscritti del 1857-58. A quel tempo, infatti, egli era molto più preoccupato degli eventi empirici legati a quella grande crisi a lungo prevista ed auspicata. In questi taccuini Marx, diversamente dagli altri suoi estratti realizzati in precedenza, non eseguì i compendi dalle opere degli economisti, ma raccolse una grande quantità di notizie, desunte da svariati quotidiani, sui principali avvenimenti della crisi, sulle variazioni delle quotazioni in borsa, sui mutamenti intervenuti negli scambi commerciali e sui più grandi fallimenti verificatisi in Europa, negli Stati Uniti d’America e nel resto del mondo. Insomma, come dimostra una lettera del dicembre del 1857 indirizzata ad Engels, la sua attività fu intensissima:
“lavoro moltissimo quasi sempre fino alle quattro del mattino. Perché si tratta di un doppio lavoro: 1) elaborazione delle linee fondamentali dell’economia. (È assolutamente necessario andare al fondo della questione per il pubblico e per me, personalmente, liberarmi da questo incubo); 2) La crisi attuale. Su di essa, oltre agli articoli per il New-York Tribune, mi limito a prendere appunti, cosa che però richiede un tempo notevole. Penso che in primavera potremo scrivere insieme un pamphlet sulla faccenda, a mo’ di riapparizione davanti al pubblico tedesco, per dire che siamo di nuovo e ancora qui, sempre gli stessi”.
Per quel che concerne i Grundrisse, dopo aver abbozzato durante l’ultima settimana di agosto, in un quaderno denominato «M», un testo che sarebbe dovuto servire come Introduzione alla sua opera, alla metà di ottobre, Marx proseguì il lavoro con altri sette quaderni (I – VII). Nel primo e in una parte del secondo di essi, egli scrisse il cosiddetto Capitolo sul denaro, primissima bozza in cui espose le sue teorie su denaro e valore; mentre negli altri redasse il cosiddetto Capitolo sul capitale, in cui dedicò centinaia di pagine al processo di produzione e di circolazione del capitale e trattò alcune delle tematiche più rilevanti dell’intero manoscritto, quali l’elaborazione del concetto di plusvalore e le riflessioni sulle formazioni economiche che avevano preceduto il modo di produzione capitalistico. Questo straordinario impegno non gli consentì, comunque, di completare la sua opera e alla fine del febbraio del 1858 scrisse a Ferdinand Lassalle:
“in effetti da alcuni mesi sto lavorando alla elaborazione finale. La cosa procede però molto lentamente, perché argomenti dei quali si è fatto l’oggetto principale dei propri studi da molti anni, mostrano continuamente aspetti nuovi e suscitano nuovi dubbi non appena si deve venire a una resa dei conti finale. […] Il lavoro di cui si tratta in primo luogo è la Critica delle categorie economiche ovvero, se preferisci, la descrizione critica del sistema dell’economia borghese. È contemporaneamente descrizione del sistema e, attraverso la descrizione, critica del medesimo. […] Dopo tutto, ho il vago presentimento che proprio ora, nel momento in cui dopo 15 anni di studio sono arrivato al punto di por mano alla cosa, movimenti tempestosi dall’esterno probabilmente sopravverranno a interrompermi”.
In realtà, però, del tanto atteso movimento rivoluzionario, che egli riteneva sarebbe dovuto nascere in seguito alla crisi, non vi fu alcun segnale e la ragione del mancato completamento dello scritto fu, invece, la consapevolezza, sopraggiunta in Marx, di essere ancora lontano dalla piena padronanza critica degli argomenti affrontati. I Grundrisse rimasero, pertanto, solo una bozza dalla quale, dopo un’accurata rielaborazione del Capitolo sul denaro, avvenuta tra l’agosto e l’ottobre del 1858 durante la stesura del manoscritto Per la critica dell’economia politica. Testo originale (Urtext), egli pubblicò, nel 1859, un piccolo libro che non ebbe alcuna risonanza intitolato Per la critica dell’economia politica. Da quella data trascorsero altri otto anni di studi febbrili e di enormi fatiche intellettuali, prima della pubblicazione, nel 1867, del libro primo de Il capitale.
II. 1858-1953: Cent’anni di solitudine
Tralasciati nel maggio del 1858 per fare posto alla stesura di Per la critica dell’economia politica, dopo essere stati adoperati per la redazione di questo testo, i Grundrisse non furono quasi più riutilizzati da Marx. Nonostante fosse sua consuetudine richiamarsi agli studi precedentemente svolti, trascrivendone talvolta interi passaggi, ad eccezione di quelli del 1861-63, nessun manoscritto preparatorio de Il capitale contiene, infatti, alcun riferimento ad essi. I Grundrisse giacquero tra le tante bozze provvisorie di Marx che, dopo averli redatti, sempre più assorbito dalla soluzione di questioni più specifiche di quelle che essi racchiudevano, non ebbe dunque più modo di servirsene.
Sebbene non vi sia alcuna certezza in proposito, è probabile che i Grundrisse non siano stati letti dallo stesso Friedrich Engels. Com’è noto, al momento della sua morte, Marx era riuscito a completare soltanto il libro primo de Il capitale, ed i manoscritti incompiuti dei libri secondo e terzo furono ricostruiti, selezionati e dati alle stampe da Engels. Nel corso della sua attività editoriale, quest’ultimo dovette prendere in esame decine di quaderni contenenti abbozzi de Il capitale ed è plausibile ipotizzare che quando, in fase di sistemazione della montagna di carte ereditate, sfogliò i Grundrisse, dovette ritenerli una versione troppo prematura dell’opera dell’amico – precedente persino alla pubblicazione di Per la critica dell’economia politica del 1859 – e, a ragione, inutilizzabile per il suo proposito. D’altronde, Engels non menzionò mai i Grundrisse, né nelle prefazioni ai due volumi de Il capitale dati alle stampe, né in alcuna lettera del suo vasto carteggio.
Dopo la sua scomparsa, gran parte degli originali di Marx venne custodita nell’archivio del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD) di Berlino, ma fu trattata con la massima negligenza. I conflitti politici in seno alla Socialdemocrazia impedirono la pubblicazione dei rilevanti e voluminosi inediti di Marx e produssero anche la dispersione dei suoi manoscritti, così da compromettere, per lungo tempo, la possibilità di un’edizione completa delle sue opere. Nessuno, inoltre, si occupò di stilare un elenco del lascito intellettuale di Marx ed i Grundrisse restarono sepolti assieme alle altre sue carte.
L’unico brano dato alle stampe durante quel periodo fu l’Introduzione. Essa fu pubblicata nel 1903, sulla rivista Die Neue Zeit, da Karl Kautsky, il quale nella breve nota che accompagnò il testo, la presentò come un “abbozzo frammentario” datato 23 agosto 1857. Kautsky sostenne che si trattava dell’introduzione dell’opera principale di Marx e, per questo motivo, le diede il titolo di Introduzione a una critica dell’economia politica. Aggiunse inoltre che: “nonostante il suo carattere frammentario, anche il presente lavoro offre una grande quantità di nuovi punti di vista”. Intorno a essa, infatti, si manifestò un notevole interesse. Tradotta, inizialmente, in francese (1903) ed inglese (1904), prese a circolare rapidamente dopo che Kautsky l’ebbe pubblicata, nel 1907, in appendice a Per la critica dell’economia politica e apparve anche in russo (1922), giapponese (1926), greco (1927), cinese (1930), fino a divenire poi uno degli scritti più commentati dell’intera produzione teorica di Marx.
Nonostante la fortuna dell’Introduzione, i Grundrisse rimasero ancora a lungo sconosciuti. È difficile credere che, insieme con l’Introduzione, Kautsky non abbia ritrovato anche l’intero manoscritto. Egli, comunque, non vi fece mai riferimento e, quando poco dopo decise di pubblicare alcuni inediti di Marx, si concentrò solo su quelli del 1861-63, che diede alle stampe parzialmente, dal 1905 al 1910, con il titolo di Teorie sul plusvalore.
La scoperta “ufficiale” dei Grundrisse avvenne, invece, nel 1923 grazie a David Rjazanov, direttore dell’Istituto Marx-Engels (IME) di Mosca e promotore della Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA), l’edizione delle opere complete di Marx ed Engels. Dopo aver esaminato il Nachlaß di Berlino, egli rese pubblica l’esistenza dei Grundrisse in una comunicazione sul lascito letterario di Marx ed Engels, tenuta all’Accademia Socialista di Mosca:
“ho ritrovato tra le carte di Marx altri otto quaderni di studi di economia. (…) Il manoscritto è databile alla metà degli anni Cinquanta e contiene la prima stesura dell’opera di Marx [Il capitale], della quale, al tempo, egli non aveva ancora stabilito il titolo, e che rappresenta [anche] la prima elaborazione del suo scritto Per la critica dell’economia politica” .
In quella stessa sede affermò inoltre: “in uno di questi quaderni (…) Kautsky ha trovato l’Introduzione a Per la critica dell’economia politica” e riconobbe al complesso dei manoscritti preparatori de Il capitale “straordinario interesse per conoscere la storia dello sviluppo intellettuale di Marx, così come la peculiarità del suo metodo di lavoro e di ricerca”.
Grazie all’accordo di collaborazione per la pubblicazione della MEGA, stipulato tra l’IME, l’Istituto per la Ricerca Sociale di Francoforte e lo SPD, detentore del Nachlaß di Marx ed Engels, i Grundrisse furono fotografati assieme a molti altri inediti e gli specialisti di Mosca cominciarono a studiarli su esemplari in copia. Tra il 1925 e il 1927, Pavel Veller, collaboratore dell’IME, catalogò tutti i manoscritti preparatori de Il capitale, il primo dei quali erano proprio i Grundrisse. Sino al 1931, essi furono completamente decifrati e dattilografati e nel 1933 ne fu dato alle stampe, in lingua russa, il Capitolo sul denaro, cui fece seguito, due anni dopo, l’edizione tedesca. Nel 1936, infine, l’Istituto Marx-Engels-Lenin (IMEL), subentrato all’IME, riuscì ad acquistare sei degli otto quaderni dei Grundrisse, circostanza che rese possibile la soluzione dei problemi editoriali ancora irrisolti.
Poco dopo, dunque, i Grundrisse poterono essere finalmente pubblicati: furono l’ultimo importante manoscritto di Marx, per giunta molto esteso e risalente a una delle fasi più feconde della sua elaborazione, ad essere reso noto al pubblico. Essi apparvero a Mosca nel 1939, a cura di Veller, che ne scelse il titolo: Grundrisse der Kritik der politischen Ökonomie (Rohentwurf) 1857–1858. Due anni dopo, seguì la stampa di un’appendice (Anhang), che comprese gli appunti di Marx del 1850-51 dai Principi di economia politica e dell’imposta di David Ricardo, le note su Bastiat e Carey, gli indici sul contenuto dei Grundrisse da lui stesso redatti e, infine, il materiale preparatorio (Urtext) a Per la critica dell’economia politica del 1859. La prefazione al libro del 1939, siglata dall’IMEL, evidenziò decisamente il valore del testo: “il manoscritto del 1857-1858, pubblicato per la prima volta ed integralmente in questo volume, costituisce una tappa decisiva dell’opera economica di Marx”.
Tuttavia, seppure principi editoriali e formato fossero analoghi, i Grundrisse non furono inclusi tra i volumi della MEGA, ma uscirono, invece, in edizione singola. Inoltre, la loro pubblicazione a ridosso della Seconda Guerra Mondiale fece sì che l’opera restasse praticamente sconosciuta. Le 3.000 copie realizzate divennero ben presto molto rare e solo pochissime di esse riuscirono a oltrepassare i confini sovietici. Successivamente, i Grundrisse non furono inseriti nella Sočinenija (Opere Complete) (1928-47), la prima edizione russa degli scritti di Marx ed Engels e per la loro ristampa in tedesco si dovette attendere sino al 1953. Se desta grande stupore che un testo come i Grunrisse, sicuramente eretico rispetto agli allora indiscutibili cànoni del Diamat (Dialekticeskij Materializm), sia stato pubblicato durante l’era staliniana, bisogna altresì considerare che essi costituivano lo scritto più rilevante di Marx non ancora diffuso in Germania. Così, in occasione della celebrazione del Karl-Marx-Jahr (Anno di Karl Marx), che coincideva con il settantesimo anniversario della sua morte e il centotrentacinquesimo della nascita, i Grundrisse furono dati alle stampe a Berlino in 30.000 copie. Redatti nel 1857-58, essi cominciarono a essere letti e scoperti in tutto il mondo soltanto nel 1953. Dopo cent’anni di solitudine.
III. La diffusione dei Grundrisse
Nonostante la risonanza suscitata dalla pubblicazione di un nuovo e consistente manoscritto preparatorio de Il capitale e il valore teorico che ad essi fu attribuito, i Grundrisse furono tradotti molto lentamente.
Come già accaduto con l’Introduzione, fu un altro estratto dei Grundrisse a generare interesse prima dell’intero manoscritto: le Forme che precedono la produzione capitalistica. Esso fu infatti tradotto nel 1939 in russo e, nel 1947-48, dal russo in giapponese. Successivamente, l’edizione singola tedesca e la traduzione inglese ne favorirono un’ampia diffusione. Dalla prima, stampata nel 1952 nella serie “Piccola biblioteca del marxismo-leninismo” furono eseguite la traduzione in ungherese (1953) ed in italiano (1954). La seconda, pubblicata nel 1964, ne permise la circolazione nel mondo anglosassone e, tradotta in Argentina (1966) e Spagna (1967), in quello di lingua spagnola. La prefazione del curatore di questa edizione, Eric Hobsbawm, contribuì a evidenziare l’importanza del loro contenuto: le Forme che precedono la produzione capitalistica costituiscono “il tentativo più sistematico di affrontare la questione dell’evoluzione storica” mai realizzato da Marx e “si può affermare, senza esitazione, che qualsiasi discussione storica marxista che non tenga conto di quest’opera (…) deve essere riesaminata alla luce di essa” . Infatti, sempre più studiosi internazionali si occuparono di questo testo, che seguì ad essere pubblicato in tanti altri paesi ed a stimolare ovunque significative discussioni storiografiche.
Le traduzioni dei Grundrisse nel loro insieme cominciarono alla fine degli anni Cinquanta. La diffusione dello scritto di Marx fu un processo lento ma inesorabile e, quando ultimato, rese possibile una più completa e, per alcuni aspetti, differente percezione dell’intera sua opera. I maggiori interpreti dei Grundrisse vi si cimentarono in lingua originale, ma la loro lettura estesa, quella compiuta dagli studiosi che non erano in grado di leggerli in tedesco, e, soprattutto, quella dei militanti politici e degli studenti, avvenne solo in seguito alle traduzioni nelle varie lingue.
Le prime di esse avvennero in oriente, dove i Grundrisse apparvero prima in Giappone (1958-65) e poi in Cina (1962-78). In Unione Sovietica uscirono in lingua russa soltanto nel 1968-69, quando dopo essere stati esclusi anche dalla seconda ed ampliata edizione della Sočinenija (1955-66), vi furono incorporati quali volumi aggiuntivi. L’estromissione dalla Sočinenija fu tanto più grave perché determinò, a sua volta, quella dalla Marx Engels Werke (MEW) (1956-68), che riprodusse la selezione sovietica. La MEW, ovvero l’edizione più utilizzata delle opere di Marx ed Engels, nonché la fonte delle loro traduzioni nella maggior parte delle lingue, fu dunque privata dei Grundrisse che vennero pubblicati come volume supplementare soltanto nel 1983.
Alla fine degli anni Sessanta, i Grundrisse cominciarono a circolare anche in Europa. La prima traduzione fu quella francese (1967-68), ma la sua qualità era scadente ed una versione fedele dello scritto uscì solo nel 1980. Quella italiana apparve tra il 1968 e il 1970 e, così come quella francese, circostanza molto singolare, essa fu realizzata per iniziativa di una casa editrice indipendente dal Partito Comunista.
In lingua spagnola, il testo fu pubblicato negli anni Settanta. Se si esclude la versione stampata a Cuba nel 1970-71, di scarso pregio perché tradotta da quella francese e la cui circolazione rimase circoscritta nell’ambito di quel paese, la prima vera traduzione fu compiuta in Argentina tra il 1971 e il 1976. A essa seguirono ancora altre tre, effettuate tra Spagna, Argentina e Messico, che fecero dello spagnolo la lingua con il maggior numero di versioni dei Grundrisse.
La traduzione in lingua inglese fu anticipata, nel 1971, dalla pubblicazione di una scelta di alcuni suoi brani. L’introduzione del curatore di questo volume, David McLellan, aumentò le aspettative nei confronti dello scritto: “i Grundrisse sono molto più di una grezza stesura de Il capitale” e, anzi, più di ogni altro suo testo, “contengono una sintesi dei vari lidi del pensiero di Marx. (…) In un certo senso, nessuna tra le opere di Marx è completa, ma tra loro la più completa sono i Grundrisse” . La traduzione integrale giunse nel 1973, ovvero soltanto venti anni dopo l’edizione stampata in Germania. Essa fu eseguita da Martin Nicolaus, che nella premessa al libro scrisse: “oltre al loro grande valore biografico e storico, essi (…) sono il solo abbozzo dell’intero progetto economico-politico di Marx. (…) I Grundrisse mettono in discussione e alla prova ogni seria interpretazione di Marx finora concepita”.
Gli anni Settanta furono il decennio decisivo anche per le traduzioni nell’Europa dell’est. Dopo l’edizione russa, infatti, non vi era più alcun ostacolo affinché il testo potesse circolare anche nei paesi ‘satelliti’ dell’Unione Sovietica e, così, esso comparve in Ungheria (1972), Cecoslovacchia (in ceco tra il 1971 e il 1977 e in slovacco tra il 1974 e il 1975), Romania (1972-74) e Jugoslavia (1979).
Nello stesso periodo, i Grundrisse giunsero anche in Danimarca, pubblicati contemporaneamente in due traduzioni tra loro contrastanti: una a cura della casa editrice legata al partito comunista (1974-78) e l’altra, invece, di una vicina alla nuova sinistra (1975-77).
Negli anni Ottanta, i Grundrisse furono tradotti anche in Iran (1985-87), ove rappresentarono la prima traduzione rigorosa di un’opera economica di Marx in persiano, e in altre lingue europee: l’edizione slovena è del 1985 e dell’anno successivo sono la polacca e quella finlandese, quest’ultima effettuata grazie al sostegno sovietico.
Col dissolversi dell’Unione Sovietica e la fine del cosiddetto ‘socialismo reale’, la stampa degli scritti di Marx subì una battuta d’arresto. Ciò nonostante, anche negli anni nei quali il silenzio intorno al loro autore fu interrotto soltanto da quanti ne andavano decretando con assoluta certezza l’oblio, i Grundrisse hanno continuato ad essere tradotti in altre lingue. Pubblicati in Grecia (1989-92), Turchia (1999-2003), Corea del sud (2000) ed in uscita nel 2011, in Brasile, in lingua portoghese, essi sono stati l’opera di Marx che ha ricevuto il maggior numero di nuove traduzioni negli ultimi venti anni.
Complessivamente, i Grundrisse sono stati pubblicati integralmente in 22 lingue e tradotti in 32 differenti versioni. Senza fare riferimento alle tante traduzioni parziali, essi sono stati stampati in oltre 500.000 copie : un numero che sorprenderebbe molto colui che li redasse col solo fine di riepilogare, per giunta in tutta fretta, gli studi di economia svolti fino al momento della loro stesura.
IV. Lettori ed interpreti
La storia della recezione dei Grundrisse, così come quella della loro diffusione, è stata caratterizzata da un avvio alquanto tardivo. Alle vicissitudini legate al ritrovamento del manoscritto, si aggiunse, e fu di certo determinante, la complessità del testo frammentario ed appena abbozzato, tanto problematico da rendere in altre lingue quanto difficile da interpretare. In proposito, Roman Rosdolsky, autorevole studioso dei Grundrisse, affermò che:
“quando, nel 1948, (…) ebbe la fortuna di esaminar[ne] uno degli allora rarissimi esemplari (…), intuì subito che si trattava di un’opera fondamentale per la comprensione della teoria marxiana, che però a causa della sua forma particolare e del suo linguaggio spesso difficile, poco si addiceva ad un’ampia cerchia di lettori”.
Queste motivazioni lo indussero a tentare di illustrarne meglio il testo e ad esaminarne criticamente il contenuto. Il risultato di tale impresa fu l’opera Genesi e struttura del ‘Capitale’ di Marx che, pubblicata nel 1968, fu la prima, ed anche la principale mai scritta, monografia dedicata ai Grundrisse. Tradotta in molti paesi, favorì la loro divulgazione e circolazione ed ebbe un notevole influsso su tutti i successivi interpreti.
Il 1968 fu un anno significativo per i Grundrisse. Oltre al libro di Rosdolsky, infatti, apparve sulla New Left Review il primo saggio in lingua inglese interamente dedicato ad essi: Il Marx sconosciuto, di Martin Nicolaus, che ebbe il merito di attirare l’attenzione sui Grundrisse anche nel mondo anglosassone e di segnalare la necessità di una loro traduzione. Intanto, in Germania ed in Italia, i Grundrisse conquistarono i protagonisti delle rivolte studentesche, che cominciarono a leggerli entusiasmati dalla dirompente radicalità delle loro pagine. Per lo più, essi esercitarono un irresistibile fascino tra quanti, soprattutto nelle file della nuova sinistra, erano impegnati a rovesciare l’interpretazione di Marx fornita dal marxismo-leninismo.
D’altronde, i tempi erano mutati anche a est. Dopo una prima fase nella quale i Grundrisse erano stati quasi del tutto ignorati o guardati con diffidenza, il libro di Vitalij Vygodskij, Introduzione ai Grundrisse di Marx, pubblicato in Unione Sovietica nel 1965 e nella Repubblica Democratica Tedesca nel 1967, impresse una svolta di segno opposto. I Grundrisse furono definiti infatti un’opera “geniale”, che “ci guidano nel laboratorio creativo di Marx e ci danno l’occasione di seguire passo dopo passo il processo di elaborazione della sua teoria economica” .
In pochi anni, i Grundrisse diventarono un testo fondamentale per tanti influenti marxisti. Accanto agli autori già menzionati, vi si dedicarono con particolare attenzione: Walter Tuchscheerer nella Repubblica Democratica Tedesca, Alfred Schmidt nella Repubblica Federale Tedesca, gli studiosi della Scuola di Budapest in Ungheria, Lucien Sève in Francia, Kiyoaki Hirata in Giappone, Gajo Petrovic in Jugoslavia, Antonio Negri in Italia, Adam Schaff in Polonia, Allen Oakley in Australia e divennero, in generale, uno scritto col quale ogni serio studioso dell’opera di Marx doveva misurarsi.
Pur se con diverse sfumature, i vari interpreti si divisero tra quanti considerarono i Grundrisse un testo autonomo cui potere attribuire piena compiutezza concettuale e coloro che li giudicarono, invece, come un manoscritto prematuro e meramente preparatorio de Il capitale. Il retroterra ideologico delle discussioni sui Grundrisse – cuore della contesa era la fondatezza o meno della stessa interpretazione di Marx, con le conseguenti ed enormi ricadute politiche – favorì lo sviluppo di tesi interpretative inadeguate ed oggi risibili. Tra i commentatori più entusiasti di questo scritto, vi fu, infatti, chi ne sostenne la superiorità teorica rispetto a Il capitale, nonostante questo comprendesse i risultati di un ulteriore decennio di intensissimi studi. Allo stesso modo, tra i principali detrattori dei Grundrisse, non mancarono quanti affermarono che, nonostante le parti utili per ricostruire il rapporto con Georg W. F. Hegel ed i significativi brani sull’alienazione, essi non aggiungevano nulla a quanto già noto di Marx.
Accanto alle contrastanti letture dei Grundrisse, risaltano anche le non letture, il cui caso più eclatante è rappresentato da Louis Althusser. Impegnato finanche nel tentativo di far parlare i presunti silenzi di Marx e di leggere Il capitale “in modo da rendere visibile ciò che ancora in esso poteva sussistere di invisibile” , egli si concesse però il lusso di trascurare la cospicua mole delle centinaia di pagine già scritte dei Gundrisse e realizzò la suddivisione del pensiero di Marx in opere giovanili e opere della maturità, poi così tanto dibattuta, senza aver mai conosciuto il contenuto e la portata dei manoscritti del 1857-58 .
Comunque, a partire dalla metà degli anni Settanta, i Grundrisse conquistarono un numero sempre maggiore di lettori e interpreti. Accanto alla pubblicazione di due commentari, uno in giapponese del 1974 e l’altro in tedesco del 1978 , molti autori scrissero di questo testo. Diversi studiosi videro nei Grundrisse il luogo privilegiato per approfondire una delle questioni più dibattute del pensiero di Marx: il suo debito intellettuale nei confronti di Hegel. Altri, ancora, furono affascinati dalle enunciazioni quasi profetiche racchiuse nei frammenti dedicati alle macchine e alla loro automazione e, anche in Giappone, i Grundrisse furono letti come un testo di grande attualità per comprendere la modernità. Negli anni Ottanta, inoltre, primi particolareggiati studi apparvero anche in Cina, ove i Grundrisse divennero oggetto di studio per meglio intendere la genesi de Il capitale, ed in Unione Sovietica, dove fu pubblicato un volume collettivo esclusivamente dedicato ad essi.
Nel corso degli ultimi anni, ed in particolare in seguito ad un’altra crisi finanziaria, quella esplosa nel 2008, la persistente capacità esplicativa e critica del modo di produzione capitalistico, contenuta nelle opere di Marx, ha originato un ritorno d’interesse nei suoi riguardi in quasi ogni parte del pianeta. Da questo punto di vista, i Grundrisse rientrano certamente tra i suoi testi più densi e stimolanti. In essi, infatti, l’importante ruolo storico riconosciuto al capitalismo, ovvero la funzione che esso svolge per lo sviluppo delle forze produttive, per la socializzazione della produzione e per la creazione di una società cosmopolita, è perspicacemente delineato assieme alla critica radicale delle sue caratteristiche intrinseche, che costituiscono ostacoli insormontabili per una più compiuta emancipazione umana. Inoltre, i Grundrisse hanno un valore straordinario perché racchiudono numerose osservazioni su tematiche che il loro autore non ebbe più modo di sviluppare in nessuna altra parte della sua opera incompiuta. Tra queste sono particolarmente rilevanti quelle relative alla descrizione dei rapporti produttivi e sociali della società comunista, che egli riteneva avrebbe seguito quella capitalistica.
Se la riscoperta di Marx continuerà ad avere un serio seguito tra quanti hanno cominciato o ripreso a leggerlo, e, anche dal versante politico, avanzerà l’esigenza di confrontarsi nuovamente con il suo pensiero, i Grundrisse, anche se frammentari e, per tanti versi, ancora molto carenti rispetto ad Il capitale, potrebbero riproporsi come uno degli scritti di Marx in grado di attirare l’attenzione maggiore di studiosi e militanti.
Marcello
Musto