La locomotiva del progresso e le altre storie possibili
La gravità della crisi attuale ha ravvivato l’interesse per Marx; nel settembre 2008 la Frankfurter Allgemeine Zeitung scriveva: “La storia del capitalismo è la storia delle sue crisi.
Qui Marx aveva completamente ragione”. Vladimiro Giacché, che nel 2009 ha raccolto l’antologia di scritti marxiani Il capitalismo e la crisi (DeriveApprodi, pp. 176, € 15), al convegno “Marx e la crisi” (Università di Bergamo, 23 aprile 2010; cfr. http://wwwdata.unibg.it/dati/persone/46/3907) diceva:“Molte delle certezze su cui erano state edificate la visione del mondo e la filosofia della storia diffuse a livello di massa negli ultimi decenni sembrano oggi – se non proprio in frantumi – quantomeno incrinate. Per capire i motivi del rinnovato interesse nei confronti di Marx bisogna partire da qui”.
Diversi economisti si cimentano nella lettura della crisi con gli strumenti marxiani. Tra questi Riccardo Bellofiore in La crisi capitalistica, la barbarie che avanza, Asterios, Trieste 2012, pp. 82, € 7, una riconsiderazione delle teorie marxiane della crisi in rapporto alla teoria del lavoro astratto e del valore. Nessuno si aspetta dalla crisi generale la rivoluzione proletaria, come sperava Marx, ma molti concorderebbero con la conclusione di Bellofiore: “Le questioni di un diverso modo di lavorare e di un diverso modo di organizzare la riproduzione come condizioni dell’uscita da questo mulinello sempre più infernale tornano per questo più attuali che mai” (p. 71).
Altri libri tracciano bilanci di vasto respiro su Marx e il marxismo. Ne indichiamo alcuni. Innanzitutto la raccolta di sedici scritti sull’argomento scritti a partire dal 1956, nel corso della sua lunga attività di studioso, da Eric Hobsbawm (Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l’eredità del marxismo, Rizzoli, Milano 2011, pp. 482, € 22; ora riproposto nella BUR), che oltre ai saggi già editi – in gran parte tratti dalla Storia del marxismo Einaudi – ne contiene di nuovi. La prima parte è dedicata a Marx e Engels, la seconda ai vari marxismi, tra i quali lo storico inglese mostra una particolare predilezione per Gramsci. Sono fallite le esperienze storiche del comunismo e della socialdemocrazia, e “l’integralismo del mercato” ci spinge in una crisi disastrosa. Hobsbawm conclude il primo saggio, su Marx oggi, affermando: “Non possiamo prevedere le soluzioni ai problemi che il mondo deve affrontare nel XXI secolo, ma se si vuole avere una chance di successo bisogna porre le stesse domande che si pose Marx, rifiutando al contempo le risposte dei suoi vari discepoli”.
Dal decano degli storici marxisti a un giovane studioso professore di Teoria politica a Toronto: Marcello Musto, Ripensare Marx e i marxismi. Studi e saggi (Carocci, Roma 2011, pp. 373, € 33), che raccoglie scritti pubblicati tra il 2005 e il 2010. La prima parte ricostruisce la biografia intellettuale di Marx fino al 1860; la seconda analizza la diffusione e la ricezione dell’opera di Marx, mettendo in rilievo le recenti acquisizioni filologiche dovute alla pubblicazione in corso della nuova edizione critica delle opere complete di Marx ed Engels, la MEGA2, della quale sono usciti 58 volumi sui 114 previsti (ognuno dei quali in tomi comprendenti il testo e accuratissimi apparati critici ad opera di una équipe internazionale). L’importanza della MEGA2 è bene illustrata nel capitolo L’odissea della pubblicazione degli scritti di Marx (pp. 189-224). Marx – tra i tormenti quotidiani della miseria e dei debiti, della morte di figli in tenera età, di malattie sue e della moglie – era un divoratore insaziabile e sempre insoddisfatto di libri, soprattutto di storia e di economia politica, ma anche di discipline che spaziano dall’antropologia alla chimica, da cui traeva montagne di estratti, riassunti, commenti a margine, quaderni di abbozzi incompiuti, sempre promettendo a Engels e agli editori di concludere un’opera che vedrà parzialmente la luce solo nel 1859 (Per la critica dell’economia politica) e nel 1867 (il primo libro del Capitale).L’operazione di chiudere questo “gigantesco cantiere di teoria critica” (p. 15) in una dottrina sistematica e conclusa fu perseguita già a partire dalla pubblicazione da parte di Engels dei libri secondo e terzo del Capitale, rielaborando manoscritti di diverse epoche. Kautsky curò poi il cosiddetto libro quarto sulle teorie del plusvalore; seguirono la ricomposizione con dubbi criteri ad opera dell’Istituto Marx-Engels di Mosca de L’ideologia tedesca e il montaggio, nel 1932, in due versioni differenti (Landshut e Mayer, molto scorretta, e Adoratskij, filologicamente più accurata ma insoddisfacente), dei celebri Manoscritti economico-filosofici del 1844, che finirono di essere separati dagli altri quaderni di estratti e commenti parigini, e di essere considerati un’opera alla pari di quelle pubblicate dal pensatore di Treviri. Essa mostrerebbe il vero e originario Marx secondo una schiera numerosa di interpreti occidentali, un pericoloso Marx umanista da confinare in edizioni per specialisti secondo i custodi dell’ortodossia sovietica, la preistoria ideologica della scienza della storia inaugurata dalla coupure del 1845 secondo Althusser e la sua scuola. Per Musto i Manoscritti, pur indispensabili “per poter comprendere meglio l’evoluzione e le differenti tappe del pensiero marxiano”, sono uno “schizzo incompleto di un giovane e inesperto studioso di economia politica” (p. 237), che indebitamente ha alimentato il “mito del giovane Marx” ed è servito a “creare la fuorviante immagine di un ‘Marx filosofo’” (p. 243): un giudizio che sarebbe assai riduttivo se non volesse forse dire semplicemente che le pagine dei Manoscritti sull’alienazione non vanno isolate ma inserite come prima elaborazione di temi che si svolgono con revisioni e arricchimenti successivi in molte pagine dei Grundisse, del VI Capitolo inedito, del primo e terzo libro del Capitale e in altri testi (come suggerisce l’antologia curata dallo stesso Musto: K. Marx, L’alienazione, Donzelli, Roma 2010, pp. 125, € 7). Oltre alla rassegna critica sulla fortuna dei Manoscritti, il libro contiene – tra l’altro – interessanti notizie sulla diffusione dei Grundrisse e l’analisi della celebre Introduzione del 1857, testo metodologico imprescindibile per la critica dell’economia politica (Musto ne ha curato una nuova edizione da Quodlibet, Macerata 2010, pp. 142, € 12).
Tra i numerosi interpreti commentati da Musto dispiace notare l’assenza di Lucio Colletti, che pure ha detto cose di rilievo su alienazione e feticismo. Ne approfittiamo per segnalare la pubblicazione delle sue lezioni degli inizi degli anni Settanta sul Capitale (Il paradosso del Capitale. Marx e il primo libro in tredici lezioni inedite, a cura di Luciano Albanese, Liberal edizioni, Roma 2011, pp. 207, €13).
Un libro appassionato, ispirato a Ernst Bloch e soprattutto a Walter Benjamin, è Strati di tempo. Karl Marx materialista storico (Jaca Book, Milano 2011, pp. 290, € 29) di Massimiliano Tomba, docente all’Università di Padova, studioso di Bruno Bauer e dei suoi rapporti con il giovane Marx. Tomba mette in rilievo e valorizza tutti gli aspetti del pensatore di Treviri che contrastano con una teoria storicistica della successione unilineare dei modi di produzione e su una filosofia della storia del progresso dialettico. In Marx c’è anche questo, ma non c’è solo questo, e Tomba, facendo anche riferimento a una vastissima letteratura secondaria, ripercorre gli anni in cui Marx elabora il modello del proletariato come classe con compiti universali e prospetta una rivoluzione sociale in grado di interrompere il processo storico di rafforzamento dello Stato moderno. Ma i risultati della ricerca sono particolarmente interessanti nella seconda parte del libro, dove Tomba documenta come e in che misura Marx abbandona la visione eurocentrica della missione civilizzatrice del capitale, ancora presente nei Grundrisse, e si orienta di più sui caratteri distruttivi dello sviluppo capitalistico, sia nelle periferie colonizzate che nel cuore della produzione industriale. Ora Marx studia la produzione di plusvalore al livello della concorrenza dei capitali sul mercato mondiale, dove il plusvalore relativo, ottenuto con l’innovazione tecnologica in alcuni punti, si intreccia all’estorsione di plusvalore assoluto, con l’allungamento della giornata lavorativa, in altri e anche a forme di sfruttamento schiavistico “che non sono residui di epoche passate, ma un genuino prodotto della modernità capitalistica” (p. 245). La composizione dei diversi strati di tempo nel sistema capitalistico globale porta Marx a ristudiare le forme non e pre-capitalistiche, a scrivere quaderni di appunti sugli antropologi e a discutere con i populisti russi la possibilità di far leva su forme comunitarie apparentemente arcaiche. Invece di accelerare la locomotiva del “progresso”, il materialista storico si ricollega alle possibilità di altre storie che a tratti sono balenate nelle lotte degli oppressi e a forme di vita negate e distrutte dalla modernità. “In qualsiasi momento il suo corso poteva essere interrotto. Da questa prospettiva non c’è nel capitalismo alcun elemento progressivo” (p. 20).
Alcune tesi sul metodo marxiano – letto attraverso il filtro di Benjamin – ci sembrano però una forzatura: “Lo storiografo materialista non è alla ricerca di una descrizione oggettiva. Egli sa bene che non solo le tradizioni sono sempre costruzioni, ma anche che gli stessi fatti sono interpretazioni. Lo storiografo materialista mette in luce il soggettivo dell’oggetto, la forza costituente di una pratica di classe all’interno di un fenomeno storico. […] Prende parte in quel conflitto politicizzando la storiografia” (p. 112). Sicché la verità della storiografia materialistica “si misura non in termini di oggettività, ma in forza della sua capacità di produrre l’immagine dell’ingiustizia” (p. 82).
Da segnalare infine A lezione da Marx. Nuove interpretazioni di Stefano Petrucciani (Manifestolibri, Roma 2012, pp. 173, € 20), che discute nella prima parte Marx oggi; nella seconda alcuni temi fondamentali, tra cui Marx teorico della libertà; nella terza alcune interpretazioni del pensiero di Marx in autori contemporanei come Rawls, Habermas e il “marxismo analitico” dei teorici anglosassoni che hanno ripreso il pensiero marxiano in rapporto ai temi rawlsiani e postrawlsiani della giustizia e della libertà. Petrucciani apprezza soprattutto e discute a fondo le tesi di Jacques Bidet (del quale ha presentato insieme a Michela Russo “Il Capitale”. Spiegazione e ricostruzione, Manifestolibri, Roma 2010, pp. 286, € 32). Non si tratta solo di ricostruire il pensiero di Marx in modo più corretto e libero, ma di metterlo a confronto con quanto di meglio offre il pensiero socio-politico contemporaneo, “senza timore di mettere in risalto tutte le aporie e i nodi irrisolti del suo pensiero” (p. 7), come Petrucciani ribadisce anche nella introduzione alla raccolta di contributi di vari autori che hanno partecipato a un convegno da lui promosso insieme a Corrado Ocone: Leggere Marx oggi, a cura di Paolo Granata e Roberto Pierri (Rubbettino, Soveria Manneli 2012, pp. 198, € 18).
Marcello
Musto