Tra i numerosi scritti pubblicati in occasione del bicentenario marxiano, il volumetto Marx Eretico (il Mulino, 164 pp., € 13), di Carlo Galli, ha il pregio di separare le riflessioni del rivoluzionario comunista dal marxismo economicistico del Novecento.
Il testo è diviso in cinque capitoli – Spettri, Certezze, Scienza, Politica, Speranza –, ma l’obiettivo di Galli non è quello di indicare cosa abbia detto il “vero Marx” in proposito. Piuttosto, egli offre utili suggerimenti interpretativi in merito alle teorie più rilevanti – e, per molti versi, ancora indispensabili per comprendere il presente – dell’autore del Capitale. Tra queste vi è la capacità di aver inteso il carattere ambivalente del capitalismo e, dunque, la possibilità di adoperare le trasformazioni produttive da esso generate, una volta eliminata la logica di sfruttamento che le contraddistingue. La classe lavoratrice non deve temere la tecnologia, ma il suo uso capitalistico. Il dominio del capitale è assoluto, ma anche insostenibile.
La ricchezza dell’analisi di Marx si manifesta anche rispetto alla critica della politica, tanto più se paragonata alle teorie oggi ritornate in voga a sinistra. Diversamente da quanti si appellano all’indistinta sofferenza degli ultimi, o utilizzano il confuso concetto di “popolo” (incluso lo slogan “noi siamo il 99%”), Marx ritenne imprescindibile esaminare a fondo le contraddizioni di classe. La questione nazionale fu per lui rivoluzionaria solo quando fu anche questione sociale. Individuò nel proletariato il soggetto principale dell’emancipazione collettiva perché comprese la posizione centrale che aveva nel capitalismo del suo tempo.
Marcello
Musto