Il ritorno a Marx, verificatosi dopo la crisi economica del 2008, è stato contraddistinto dalla riscoperta della sua critica dell’economia.
Da allora in poi, in numerosi quotidiani, riviste, libri e volumi universitari, è stato da più parti osservato quanto l’analisi di Marx risultasse ancora indispensabile per comprendere le contraddizioni del capitalismo e i suoi meccanismi distruttivi.
Negli ultimi anni, però, sta emergendo un nuovo fenomeno: la riesplorazione del Marx politico. La stampa, nell’edizione tedesca MEGA², di manoscritti precedentemente sconosciuti e la pubblicazione di innovative interpretazioni della sua opera hanno aperto nuovi orizzonti di ricerca. Testi inediti e nuovi studi teorici pongono in risalto, con maggiore evidenza rispetto al passato, quanto Marx sia stato un autore capace di esaminare le contraddizioni della società capitalista su scala globale e ben oltre il conflitto tra capitale e lavoro. Non è azzardato affermare che, tra i grandi classici del pensiero politico, economico e filosofico, Marx sia quello il cui profilo è maggiormente mutato nel volgere del XXI secolo.
Ripensare l’alternativa con Marx
Smentendo quanti hanno assimilato la concezione marxiana della società comunista al mero sviluppo delle forze produttive, le ricerche intraprese hanno evidenziato la rilevanza che Marx assegnò alla questione ecologica. Egli denunciò, ripetutamente, che l’espansione del modo di produzione capitalistico avrebbe causato non solo un aumento della rapina del lavoro degli operai, ma anche delle risorse naturali. Marx si interessò diffusamente anche di migrazione. Dimostrò come le migrazioni forzate, generate dal capitalismo, costituissero un elemento rilevante dello sfruttamento della borghesia e che soltanto la solidarietà di classe tra proletari, indipendentemente dalla loro provenienza, senza alcuna distinzione tra la mano d’opera locale e quella importata, fosse la chiave per combatterlo.
Marx si occupò in modo approfondito di molte altre tematiche, sottovalutate, quando non ignorate, da molti dei suoi studiosi e che rivestono cruciale importanza per l’agenda politica dei nostri giorni. Tra queste figurano la libertà individuale nella sfera economica e politica, l’emancipazione di genere, la critica dei nazionalismi, le forme di proprietà collettive non controllate dallo Stato.
Inoltre, Marx intraprese accurate indagini sulle società extra-europee e si espresse con nettezza contro il ruolo distruttivo del colonialismo. È in errore chi scrive il contrario. Marx criticò i pensatori che, sebbene biasimassero le nefaste conseguenze generate dal colonialismo, nelle loro analisi sulle periferie del mondo utilizzarono le categorie interpretative proprie del contesto europeo. Mise più volte in guardia contro quanti omologavano fenomeni tra loro distinti e manifestò una forte diffidenza, soprattutto in seguito agli avanzamenti teorici conseguiti negli anni Settanta, verso la traslazione di medesime categorie interpretative in ambiti storici e geografici del tutto differenti. Tutto ciò è stato ormai comprovato, nonostante lo scetticismo ancora in voga in alcuni ambienti accademici.
A 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, oggi diventa, dunque, possibile leggere un Marx molto diverso da quello dogmatico, economicista ed eurocentrico a lungo sbandierato. Certo, nell’imponente lascito di Marx è possibile rinvenire affermazioni nelle quali si legge che lo sviluppo delle forze produttive conduce alla dissoluzione del modo di produzione capitalistico. Tuttavia, sarebbe errato attribuirgli la tesi che il socialismo si sarebbe realizzato come fatalità storica. Per Marx, al contrario, la possibilità della trasformazione sociale dipendeva dalla classe lavoratrice e dalla sua capacità di determinare, attraverso la lotta, rivolgimenti sociali e la nascita di un sistema economico-politico alternativo.
Comunismo come libera associazione
In discontinuità con l’assimilazione tra comunismo e “dittatura del proletariato”, propagandata da molti “socialismi reali”, andrebbero reindagate anche le riflessioni di Marx sulla società comunista. Questa fu da lui definita come “un’associazione di liberi esseri umani”. Se il comunismo ambisce a essere una forma superiore di società, deve rendere possibili le condizioni per il “pieno e libero sviluppo di ogni individuo”.
Nel Capitale, Marx disvelò la menzogna dell’ideologia borghese. Il capitalismo non è l’organizzazione sociale nella quale gli esseri umani, protetti da norme giuridiche imparziali, in grado di garantire loro giustizia ed equità, godono di vera libertà e vivono in una compiuta democrazia. In realtà, essi sono degradati a meri oggetti, aventi la funzione primaria di produrre merci e il profitto altrui.
Per ribaltare questo stato di cose non basta modificare la redistribuzione dei beni di consumo. Occorre mutare alla radice gli assetti produttivi della società: “i produttori possono essere liberi solo quando sono in possesso dei mezzi di produzione”. Pertanto, secondo Marx, l’obiettivo della lotta del proletariato deve essere la restituzione di questi alla comunità. Ciò consentirebbe, anche grazie alle potenzialità emancipatrici della tecnologia, la realizzazione di uno scopo fondamentale del comunismo: la diminuzione dei tempi di lavoro e il conseguente innalzamento delle capacità, delle doti creative e del godimento degli individui. Il modello socialista al quale guardava Marx non contemperava uno stato di miseria generalizzata, ma il conseguimento di maggiore ricchezza collettiva e soddisfacimento dei bisogni.
Marx osservò anche che, nel modo di produzione comunista, “la proprietà privata del globo terrestre da parte di singoli individui sarebbe apparsa così assurda quanto quella di un essere umano da parte di un altro”. Egli espresse la sua critica più radicale verso l’idea di possesso distruttivo insita nel capitalismo, ricordando che la società non è proprietaria dell’ambiente. Essa ha “il dovere di tramandare il mondo in condizioni migliori alle generazioni successive”.
Oggi la sinistra non potrebbe, naturalmente, ridefinire la sua politica in funzione di quanto scritto, oltre un secolo fa, da Marx. Non deve, però, commettere l’errore di dimenticare la chiarezza delle sue analisi e non utilizzare le armi critiche che esse ci offrono per ripensare, in modo rinnovato, a come costruire una società alternativa al capitalismo.
Marcello
Musto