I. Parigi: Capitale del mondo nuovo
Parigi è una «mostruosa meraviglia, stupefacente insieme di movimenti, macchine e pensieri, la città dai centomila romanzi, la testa del mondo» [1]. Così Balzac descriveva, in uno dei suoi racconti, l’effetto che la capitale francese produceva su quanti non la conoscevano a fondo.
Durante gli anni precedenti la rivoluzione del 1848, la città era abitata da artigiani ed operai in continua agitazione politica; da colonie di esuli, rivoluzionari, scrittori ed artisti di più paesi ed il fermento sociale che la attraversava, aveva raggiunto un’intensità riscontrabile in pochi altri periodi storici[2]. Donne ed uomini, dalle doti intellettuali più svariate pubblicarono libri, riviste e giornali; scrissero poesie; presero parola nelle assemblee; si dedicarono ad interminabili discussioni nei caffè, per le strade, nei banchetti pubblici. Vissero nello stesso luogo esercitando, tra di loro, reciproca influenza[3].
Bakunin aveva deciso di andare al di là del Reno, per trovarsi «di colpo in mezzo a quei nuovi elementi, che in Germania non sono ancora neppure nati. [Primo tra questi] la diffusione del pensiero politico in tutti gli strati della società» [4]. Von Stein sostenne che «nel popolo stesso era cominciata una vita propria che creava nuove associazioni, che pensava nuove rivoluzioni» [5]. Ruge affermò: «a Parigi vivremo le nostre vittorie e le nostre sconfitte» [6].
Era, insomma, il luogo dove farsi trovare in quel preciso momento storico.Sempre Balzac asseriva che «le vie di Parigi hanno qualità umane, ed imprimono in noi con la loro fisionomia certe idee da cui non possiamo difenderci» [7]. Molte di queste idee colpirono anche Karl Marx, che, venticinquenne, vi si era recato nell’ottobre del 1843 [8]; esse segnarono profondamente la sua evoluzione intellettuale che, proprio nel corso del soggiorno parigino, compì una decisiva maturazione.
La disponibilità teorica con la quale vi giunse [9], in seguito all’esperienza giornalistica presso la «Rheinische Zeitung» [10] e all’abbandono dell’orizzonte concettuale dello Stato razionale hegeliano e del radicalismo democratico al quale era approdato, fu scossa dalla visione concreta del proletariato. L’incertezza generata dall’atmosfera problematica dell’epoca, che vedeva consolidarsi rapidamente una nuova realtà economico-sociale, si dissolse al contatto, sul piano teorico quanto su quello dell’esperienza vissuta, con la classe lavoratrice parigina e le sue condizioni di lavoro e di vita.
La scoperta del proletariato e, per suo tramite, della rivoluzione; l’adesione, seppur ancora in forma indeterminata e semiutopistica, al comunismo; la critica alla filosofia speculativa di Hegel e alla Sinistra hegeliana; il primo abbozzo della concezione materialistica della storia e l’avvio della critica dell’economia politica, sono l’insieme dei temi fondamentali che Marx andò maturando durante questo periodo. Le note che seguono, tralasciando volutamente l’interpretazione critica del suo celebre scritto giovanile, i cosiddetti [Manoscritti economico-filosofici] [11], redatto proprio nel corso della permanenza a Parigi, privilegiano il merito delle questioni filologiche ad esso relative.
II. L’approdo all’economia politica
Durante il rapporto di collaborazione con la «Rheinische Zeitung», Marx si era già misurato con singole questioni economiche, seppure sempre dal punto di vista giuridico e politico [12]. Successivamente, nelle riflessioni sviluppate a Kreuznach nel 1843, dalle quali scaturì il manoscritto[Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto] [13], avendo concepito la società civile come base reale dello Stato politico, giunse alla prima formulazione della rilevanza del fattore economico nei rapporti sociali [14]. Tuttavia, soltanto a Parigi, spinto dalle contraddittorietà del diritto e della politica, insolubili nel loro stesso ambito, ovvero dalla incapacità che entrambe avevano mostrato di dare soluzione ai problemi sociali, e colpito in maniera decisiva dalle considerazioni contenute nei Lineamenti di una critica dell’economia politica [15], uno dei due articoli di Engels pubblicati nel primo e unico volume dei «Deutsch-französische Jahrbücher» [16], diede inizio ad uno «studio critico scrupoloso dell’economia politica» [17]. Da quel momento, le sue indagini, di carattere preminentemente filosofico, politico e storico, si indirizzarono verso questa nuova disciplina che divenne il fulcro delle sue ricerche e preoccupazioni scientifiche, delimitando un nuovo orizzonte che mai più sarà abbandonato [18].
Sotto l’influsso de L’essenza del denaro [19] di Hess e della trasposizione, da lui operata, del concetto di alienazione dal piano speculativo a quello economico-sociale, il primo stadio di queste analisi si concentrò nella critica alla mediazione economica del denaro, ostacolo alla realizzazione dell’essenza dell’uomo. Nella polemica contro Bruno Bauer Sulla questione ebraica [20], Marx considera quest’ultima come un problema sociale che rappresenta il presupposto filosofico e storico-sociale dell’intera civiltà capitalistica [21]. L’ebreo è la metafora e l’avanguardia storica dei rapporti che questa produce, la sua figura mondana diviene sinonimo di capitalista tout court [22].
Subito dopo, Marx inaugura il nuovo campo di studi con una grande mole di letture e note critiche che alternava, come meglio si illustrerà in seguito, nei manoscritti e nei quaderni di estratti e annotazioni che era solito compilare dai testi che leggeva. Il filo conduttore del suo lavoro è il bisogno di disvelare e contrastare la maggiore mistificazione dell’economia politica: la tesi secondo la quale le sue categorie fossero valide in ogni tempo ed in ogni luogo. Marx fu profondamente colpito da questa cecità e mancanza di senso storico degli economisti che, in realtà, tentavano così di dissimulare e giustificare l’inumanità delle condizioni economiche del tempo in nome del loro carattere naturale. Nel commentare un testo di Say, egli nota che «la proprietà privata è un fatto la cui costituzione non attiene all’economia politica, ma che ne costituisce il fondamento. (…) L’intera economia politica si fonda dunque su un fatto privo di necessità» [23]. Analoghe osservazioni sono svolte nei [Manoscritti economico-filosofici] nei quali Marx sottolinea che «l’economia politica parte dal fatto della proprietà privata. Ma non ce la spiega» [24], «presuppone in forma di fatto, di accadimento, ciò che deve dedurre» [25].
L’economia politica considera, cioè, il regime della proprietà privata, il modo di produzione ad esso congiunto e le categorie economiche corrispondenti, come immutabili e durevoli per l’eternità. L’uomo membro della società borghese appare come l’uomo naturale. Insomma, «quando si parla della proprietà privata, si crede di avere a che fare con una cosa fuori dell’uomo» [26], commenta Marx, il cui rifiuto per questa ontologia dello scambio non avrebbe potuto essere più netto.
Al contrario, sorretto da diversi ed approfonditi studi storici, che gli avevano fornito una prima chiave di lettura dell’evoluzione temporale delle strutture sociali[27], e recependo quelle che riteneva le migliori intuizioni di Proudhon, ovvero la sua critica contro l’idea di proprietà come diritto naturale [28], Marx aveva già colto la centrale cognizione della provvisorietà storica. Gli economisti borghesi avevano presentato le leggi del modo di produzione capitalistico come leggi eterne della società umana. Marx, viceversa, ponendo come esclusivo e distinto oggetto d’indagine la natura specifica dei rapporti del suo tempo, «la realtà lacerata dell’industria» [29], ne sottolinea la transitorietà, il carattere di stadio storicamente prodotto e intraprende la ricerca delle contraddizioni che il capitalismo produce e che portano al suo superamento.
Questo differente modo di intendere i rapporti sociali avrebbe determinato importanti ricadute, la più significativa delle quali è, senz’altro, quella relativa al concetto di lavoro alienato. Contrariamente agli economisti, così come allo stesso Hegel [30], che lo concepivano come una condizione naturale ed immutabile della società, Marx avviò quel percorso che lo avrebbe portato a respingere la dimensione antropologica dell’alienazione in favore di una concezione su base storico-sociale che riconduceva il fenomeno ad una determinata struttura di rapporti produttivi e sociali [31]: l’estraneazione umana entro le condizioni del lavoro industriale.
Le note che accompagnano gli estratti da James Mill, evidenziano «come l’economia politica stabilisca la forma estraniata delle relazioni sociali come la forma essenziale e originaria e corrispondente alla destinazione umana» [32]. Lungi dall’essere una condizione costante dell’oggettivazione, della produzione dell’operaio, il lavoro alienato è per Marx, al contrario, l’espressione della socialità del lavoro entro i limiti dell’ordinamento attuale, della divisione del lavoro, che considera l’uomo come «un tornio (…) e lo trasforma in un aborto spirituale e fisico» [33].
Nell’attività lavorativa si afferma la peculiarità dell’individuo, l’attuazione di un suo bisogno necessario; tuttavia, «questa realizzazione del lavoro appare nello stadio dell’economia privata come un annullamento dell’operaio» [34]. Il lavoro sarebbe affermazione umana, libera azione creatrice, «ma nelle condizioni della proprietà privata la mia individualità è alienata al punto che questa attività mi è odiosa, è per me un tormento e solo la parvenza di un’attività, ed è pertanto anche soltanto una attività estorta ed impostami soltanto da un accidentale bisogno esteriore» [35].
Marx pervenne a queste conclusioni raccogliendo le teorie valide della scienza economica, criticandone gli elementi costitutivi ed invertendone gli esiti [36]. Ciò avvenne attraverso un impegno intensissimo e senza tregua. Quello di Parigi è un Marx famelico di letture [37], alle quali dedica giorno e notte. È un Marx pieno di entusiasmi e progetti, che traccia piani di lavoro talmente grandi da non poterli mai condurre a termine, che studia ogni documento relativo alla questione in esame, per poi essere assorbito dal rapidissimo progredire della sua conoscenza e dai mutamenti d’interesse che lo traghettano, puntualmente, verso nuovi orizzonti, ulteriori proponimenti ed ancora altre ricerche [38].
Sur la rive gauche de la Seine, pianifica la stesura di una critica della filosofia del diritto di Hegel, conduce studi sulla rivoluzione francese per scrivere una storia della Convenzione, progetta una critica delle dottrine socialiste e comuniste esistenti [39]. Si getta poi in uno studio forsennato dell’economia politica che, d’improvviso, preso dalla priorità di sgomberare definitivamente il terreno tedesco [40] dalla critica trascendente di Bauer e soci, interrompe, per scrivere la sua prima opera: La sacra famiglia [41]. E poi, ancora, altri cento propositi: se c’era da fare una critica, questa passava per la sua testa e per la sua penna. Eppure, il giovane più prolifico del movimento della sinistra hegeliana era anche quello che aveva pubblicato meno di tanti altri.
L’incompiutezza, che caratterizzerà tutta la sua opera, è già presente nei lavori del suo anno parigino. La sua scrupolosità aveva dell’incredibile: si rifiutava di scrivere una frase se non riusciva a dimostrarla in dieci modi diversi [42]. Il convincimento dell’insufficienza delle informazioni e dell’immaturità delle sue valutazioni, gli impediva di pubblicare gran parte dei lavori a cui si era dedicato che rimanevano, perciò, abbozzati e frammentari [43]. I suoi appunti, dunque, sono preziosissimi. Misurano l’ampiezza delle sue ricerche, contengono alcune delle sue riflessioni e vanno valutati parte integrante della sua opera. Ciò vale anche per il periodo parigino durante il quale, manoscritti e note di lettura, testimoniano lo stretto ed inscindibile legame tra scritti ed appunti[44].
III. Manoscritti e quaderni di estratti: le carte del 1844
Nonostante l’incompiutezza e la forma frammentaria che li contraddistingue, i [Manoscritti economico-filosofici] del 1844, sono stati quasi sempre letti prestando scarsa attenzione ai problemi filologici insiti, ignorati o ritenuti poco importanti [45]. Essi furono pubblicati, interamente, per la prima volta, soltanto nel 1932 e per giunta in due diverse edizioni [46]. Nella raccolta a cura degli studiosi socialdemocratici Landshut e Mayer, intitolata Der historische Materialismus, comparvero sotto il titolo « Nationalökonomie und Philosophie» [47]; mentre nella Marx Engels Gesamtausgabe come «Ökonomisch-philosophische Manuskripte aus dem Jahre 1844» [48]. Oltre che per il nome, le due pubblicazioni si distinguevano anche per il contenuto e per l’ordine delle varie parti che evidenziavano grandi differenze. La prima, che brulicava di errori dovuti alla cattiva decifrazione dell’originale, mancò di pubblicare il primo gruppo di fogli, il cosiddetto primo manoscritto, ed attribuiva in modo erroneo direttamente a Marx un quarto manoscritto che invece era un riassunto del capitolo finale della Fenomenologia dello Spirito di Hegel [49]. Tuttavia, troppo poco si è tenuto da conto che anche gli editori della prima MEGA, nell’assegnargli un nome, nel collocare la prefazione al principio – in realtà si trova nel terzo manoscritto – e nel riorganizzarne l’insieme, finirono col far credere che Marx avesse avuto, sin dal principio, l’idea di scrivere una critica dell’economia politica e che il tutto fosse stato originariamente diviso in capitoli [50].
Inoltre, fu generalmente assunta la tesi, inesatta, secondo la quale Marx, avesse redatto questi testi solo dopo aver letto e compendiato le opere di economia politica[51]; quando, in realtà, il processo di scrittura si svolse alternato tra gruppi di manoscritti ed estratti [52] ed anzi, questi ultimi intervallarono tutta la produzione parigina, dai saggi per i «Deutsch-französische Jahrbücher» a La sacra famiglia.
Malgrado la loro evidente forma problematica, la confusione seguita alle diverse versioni date alle stampe e, soprattutto, la consapevolezza dell’assenza della gran parte del secondo manoscritto, il più importante e purtroppo andato disperso, nessuno, tra interpreti critici e curatori di nuove edizioni, si dedicò al riesame degli originali che pure, per quel testo che tanto pesava nel dibattito tra le differenti interpretazioni critiche di Marx, risultava così necessario.
Scritti tra maggio ed agosto, i [Manoscritti economico-filosofici] non possono essere considerati un’opera, un testo coerente steso in maniera sistematica e preordinata. Le tante interpretazioni che hanno voluto attribuirvi il carattere di un orientamento concluso, tanto quelle che vi rivelavano la piena completezza del pensiero marxiano, quanto quelle che li indicavano come una concezione definita e opposta a quella della maturità scientifica [53], sono confutate dall’esame filologico. Disomogenei e ben lungi dal presentare una stretta connessione tra le parti, sono, piuttosto, evidente espressione di una posizione in movimento[54]. Il modo di assimilare ed utilizzare le letture di cui esso si nutriva è mostrato dalla disamina dei nove quaderni pervenutici, con oltre 200 pagine di estratti e commenti [55].
Nei quaderni parigini sono raccolte le tracce dell’incontro di Marx con l’economia politica e del processo di formazione delle sue primissime elaborazioni di teoria economica. Dal confronto di questi quaderni con gli scritti del periodo, editi e non, si evince decisamente l’importanza delle letture nello sviluppo delle sue idee [56]. Circoscrivendo l’elenco ai soli autori di economia politica, Marx redige estratti dai testi di Say, Schüz, List, Osiander, Smith, Skarbek, Ricardo, James Mill, MacCulloch, Prevost, Destutt de Tracy, Buret, de Boisguillebert, Law e Lauderdale[57]. Inoltre, nei [Manoscritti economico-filosofici], negli articoli e nella corrispondenza del tempo, appaiono riferimenti a Proudhon, Schulz, Pecquer, Loudon, Sismondi, Ganihl, Chevalier, Malthus, de Pompery e Bentham [58].
Marx stese i primi estratti dal Traité d’économie politique di Say [59], del quale trascrisse intere parti, nel mentre andava assimilando conoscenze elementari di economia. L’unica annotazione è posteriore e si concentra sul lato destro del foglio destinato, come era solito fare, a questa funzione. Anche i compendi da Smith [60], cronologicamente successivi, perseguirono l’analoga finalità di acquisizione basilare delle nozioni economiche. Infatti, sebbene siano i più estesi, non presentano quasi alcun commento. Ciò nonostante, il pensiero di Marx risulta chiaro dallo stesso montaggio dei passaggi e, come spesso avviene altrove, dal suo modo di mettere in contrapposizione tesi divergenti di diversi economisti. Mutato carattere, mostrano invece, quelli da Ricardo [61], nei quali compaiono le sue prime osservazioni. Esse si concentrarono sui concetti di valore e prezzo, concepiti ancora come perfettamente identici. Questa uguaglianza tra valore delle merci e prezzi risiede nell’iniziale concezione di Marx che conferiva realtà al solo valore di scambio prodotto dalla concorrenza, relegando il prezzo naturale nel regno dell’astrazione, quale pura chimera. Col procedere degli studi, queste note critiche non sono più sporadiche, ma intervallano i riassunti delle opere, aumentando, con l’avanzare della conoscenza, di autore in autore. Singole frasi, poi considerazioni più estese fino a che, concentratosi, attraverso gli Élémens d’économie politique di James Mill, sulla critica dell’intermediazione del denaro quale completo dominio della cosa estraniata sull’uomo, il rapporto si capovolge e non sono più i suoi testi ad intervallare gli estratti, ma avviene esattamente l’opposto [62].
Infine, per evidenziare ancora una volta l’importanza degli estratti, si ritiene utile segnalare l’utilizzo di queste note, sia quando vennero redatte che successivamente. Parte di esse, furono pubblicate, nel 1844, sul «Vorwärts!», il bisettimanale degli emigrati tedeschi a Parigi, per contribuire alla formazione intellettuale dei lettori [63]. Soprattutto, essendo così esaurienti, furono in seguito utilizzate da Marx, che aveva l’abitudine di rileggere i suoi appunti a distanza di tempo [64], nei manoscritti economici del 1857-58, meglio conosciuti come i [Grundrisse], in quelli del 1861-63 e nel primo libro de Il capitale [65].
In conclusione, Marx sviluppò i suoi pensieri tanto nei [Manoscritti economico-filosofici] quanto nei quaderni di estratti dalle letture. I manoscritti sono pieni di citazioni, il primo ne è quasi una raccolta, ed i quaderni di compendi, pur se maggiormente incentrati sui testi che leggeva, sono corredati dai suoi commenti. Il contenuto di entrambi, così come la modalità della scrittura – caratterizzata dalla divisione dei fogli in colonne –, la numerazione delle pagine ed il momento della stesura, confermano che i [Manoscritti economico-filosofici] non sono un’opera a se stante [66], ma una parte della sua produzione critica che in questo periodo si compone di estratti dai testi che studiava, di riflessioni critiche in merito a questi ed elaborazioni che, di getto o in forma più ragionata, metteva su carta. Separare questi manoscritti dal resto, estrapolarli dal loro contesto, può pertanto indurre ad errore interpretativo [67]. Il solo complesso di queste note, insieme con la ricostruzione storica della loro maturazione, mostrano realmente l’itinerario e la complessità del suo pensiero critico durante l’intensissimo anno di lavoro parigino [68].
IV. Critica della filosofia e critica della politica
L’ambiente che circondò il progredire delle idee di Marx e l’influenza che esercitò, sul piano teorico e pratico, merita un’ulteriore breve riflessione. Esso si caratterizzava per una profonda trasformazione economico-sociale e, in primo luogo, per la grande espansione proletaria. Con la scoperta del proletariato, Marx poté scomporre, in termini di classe, la nozione hegeliana di società civile. Inoltre, assunse la consapevolezza che il proletariato era una classe nuova, diversa dai poveri, giacché la propria miseria derivava dalle sue condizioni di lavoro. Si trattava della dimostrazione di una delle principali contraddizioni della società borghese: «l’operaio diventa tanto più povero quanto maggiore è la ricchezza che produce, quanto più la sua produzione cresce di potenza e di estensione» [69].
La rivolta dei tessitori slesiani, avvenuta in luglio, offrì a Marx un’ulteriore occasione per lo sviluppo del suo orientamento. Nelle Glosse critiche [70] pubblicate sul «Vorwärts!», attraverso la critica a Ruge e ad un suo precedente articolo che addebitava a quella lotta mancanza di spirito politico, egli prese le distanze dalla concezione hegeliana che identificava nello Stato il solo rappresentante dell’interesse generale e relegava ogni movimento della società civile nell’ambito della parzialità e della sfera privata [71]. Al contrario, per Marx, «una rivoluzione sociale si trova dal punto di vista della totalità» [72] e sulla spinta di questa vicenda dal considerevole ed esplicito carattere rivoluzionario, egli sottolineò l’abbaglio di quanti cercavano il fondamento dei problemi sociali «non già nell’essenza dello Stato ma in una determinata forma di Stato» [73].
Più in generale, la riforma della società, obiettivo delle dottrine socialiste, l’uguaglianza del salario e una nuova organizzazione del lavoro nel quadro del regime capitalistico, furono da lui reputate come proposte di chi era ancora prigioniero dei presupposti che combatte (Proudhon) e di chi, soprattutto, non comprendeva il vero rapporto tra proprietà privata e lavoro alienato. Infatti «anche se la proprietà privata appare come il fondamento, la causa del lavoro alienato, essa ne è piuttosto la conseguenza» [74], «la proprietà privata è il prodotto, il risultato, la conseguenza necessaria del lavoro alienato» [75]. Alle teorie socialiste, Marx oppose un disegno di trasformazione radicale del sistema economico per il quale era «il capitale, che deve essere soppresso “come tale”» [76].
Quanto più avvertita sarà la vicinanza di queste dottrine al suo pensiero, tanto più la critica ad esse, rafforzata dal bisogno di fare chiarezza, andrà accentuandosi[77]. L’elaborazione della sua concezione lo spinse ad un continuo raffronto tra le idee che lo circondavano e i diversi risultati che nascevano dal procedere degli studi. E’ il percorso fulmineo della sua maturazione ad imporglielo. Stessa sorte tocca alla Sinistra hegeliana. Anzi, i giudizi nei confronti dei suoi esponenti furono i più severi, poiché rappresentano anche l’autocritica verso il proprio passato [78].
L’«Allgemeine Literatur-Zeitung», il mensile diretto da Bruno Bauer, affermava perentoriamente dalle sue pagine: «il critico si astenga dal prender parte ai dolori o alle gioie della società (…) segga maestosamente nella solitudine» [79]. Per Marx, invece, «la critica non è una passione del cervello, (…) un coltello anatomico, è un’arma. Il suo oggetto è il suo nemico, che essa non vuole confutare bensì annientare. (…) Essa non si pone più come fine a se stessa, ma ormai soltanto come mezzo» [80]. Contro il solipsismo della «critica critica» [81], che muoveva dall’astratta convinzione secondo la quale riconoscere un’estraneazione voleva dire averla già superata, gli era apparso, in modo chiaro, che «la forza materiale non può essere abbattuta che dalla forza materiale» [82] e che l’essere sociale poteva essere cambiato soltanto ad opera della prassi umana. Scoprire la condizione alienata dell’uomo, prenderne coscienza, doveva significare, nello stesso tempo, operare per la sua effettiva soppressione. Tra la filosofia chiusa nell’isolamento speculativo, che produceva soltanto sterili battaglie di concetti [83], e la sua critica, «che sta in mezzo alla mischia» [84], non poteva esservi divario maggiore. Era quanto separava la ricerca della libertà dell’autocoscienza da quella della libertà del lavoro.
V. Conclusioni
Il pensiero di Marx compie durante questo anno cruciale, una decisiva evoluzione. Egli è ormai certo che la trasformazione del mondo è questione di prassi «che la filosofia non poteva adempiere, proprio perché essa intendeva questo compito soltanto come un compito teoretico» [85]. Dalla filosofia che non ha raggiunto questa consapevolezza e che non ha compiuto la necessaria modifica in filosofia della praxis, si congeda in maniera definitiva. La sua analisi, d’ora in poi, non trae più origine dalla categoria di lavoro alienato, ma dalla realtà della miseria operaia. Le sue conclusioni non sono speculative, ma indirizzate all’azione rivoluzionaria [86].
La sua stessa concezione politica muta profondamente. Senza adottare nessuna delle anguste dottrine socialiste e comuniste esistenti, anzi prendendone distanza, matura la piena consapevolezza che sono i rapporti economici ad intessere la rete connettiva della società e che «la religione, la famiglia, lo Stato, il diritto, la morale, la scienza, l’arte ecc. non sono che modi particolari della produzione e cadono sotto la sua legge universale» [87]. Lo Stato ha perso così la posizione prioritaria che deteneva nella filosofia politica hegeliana e, assorbito nella società, è concepito come sfera determinata e non determinante dei rapporti tra gli uomini. Secondo Marx, «solo la superstizione politica immagina ancora oggi che la vita civile debba di necessità essere tenuta unita dallo Stato, mentre, al contrario, nella realtà, lo Stato è tenuto unito dalla società civile» [88].
Il suo impianto concettuale cambia radicalmente anche rispetto al soggetto rivoluzionario. Dal riferimento iniziale all’«umanità che soffre» [89], Marx approda all’individuazione del proletariato. Esso è considerato, dapprima, come nozione astratta fondata su antitesi dialettiche, «elemento passivo» [90] della teoria, per poi divenire, sulla base di una prima analisi economico-sociale, l’elemento attivo della sua stessa liberazione, l’unica classe dotata di potenzialità rivoluzionaria nell’ordinamento sociale capitalistico.
Infine, alla critica, alquanto vaga, della mediazione politica dello Stato e di quella economica del denaro, ostacoli alla realizzazione dell’essenza in comune dell’uomo di matrice feuerbachiana, subentra quella di un rapporto storico che comincia a delineare nella produzione materiale la base per ogni analisi e trasformazione del presente: «Nel rapporto dell’operaio con la produzione è incluso tutto l’asservimento dell’uomo, e tutti i rapporti di servaggio altro non sono che modificazioni e conseguenze del primo rapporto» [91]. Dunque, Marx non avanza più una generica rivendicazione di emancipazione, ma la trasformazione radicale del processo reale di produzione.
Nel mentre giunge a queste conclusioni, pianifica ancora altri lavori: dopo La sacra famiglia continua gli studi e gli estratti di economia politica, delinea una critica di Stirner, abbozza il «Piano di uno scritto sullo Stato» [92], stende appunti su Hegel[93], programma di scrivere una critica dell’economista tedesco List che realizzerà poco dopo [94]. E’ inarrestabile. Engels lo prega di lanciare il suo materiale per il mondo perché «il tempo stringe maledettamente» [95] e Marx prima di essere espulso da Parigi [96], firma con l’editore Leske un contratto per la pubblicazione di un’opera in due volumi da intitolarsi «Critica della politica e dell’economia politica» [97]. Eppure, bisognerà attendere 15 anni, il 1859, affinché una prima parte della sua opera, Per la critica dell’economia politica, sia data alle stampe.
I [Manoscritti economico-filosofici] ed i quaderni di estratti ed annotazioni rendono il senso dei primi passi di questa impresa. I suoi scritti sono pieni di elementi teorici derivati da predecessori e contemporanei. Nessuno degli abbozzi o delle opere di questo periodo può essere classificato in una specifica disciplina. Non vi sono scritti puramente filosofici, né essenzialmente economici né solamente politici. Ciò che ne deriva non è un nuovo sistema, un insieme omogeneo, ma una teoria critica.
Il Marx del 1844 è contemporaneamente la capacità di combinare le esperienze delle proletarie e dei proletari di Parigi con gli studi sulla Rivoluzione francese, la lettura di Smith con le intuizioni di Proudhon, la rivolta dei tessitori slesiani con la critica alla concezione hegeliana dello Stato, le analisi della miseria di Buret [98] con il comunismo. E’ un Marx che sa cogliere queste differenti conoscenze ed esperienze e, che tessendone il legame, dà vita ad una teoria rivoluzionaria.
Il suo pensiero, in particolare le osservazioni economiche che cominciano a svilupparsi durante il soggiorno parigino, non sono il frutto di un’improvvisa fulminazione, ma l’esito di un processo. L’agiografia marxista-leninista, per tanto tempo dominante nel passato, presentandolo con improponibile immediatezza e preordinando un risultato finale strumentale, ne ha stravolto il cammino conoscitivo, raffigurandone la riflessione più povera. La Marx Forschung, invece, ricostruendo genesi, debiti e conquiste dei lavori di Marx, ne evidenzia la complessità dell’elaborazione, consente nuove interpretazioni e soprattutto restituisce un metodo ed un’opera che parlano ancora ad ogni pensiero critico del presente.
Riferimenti
1. Honoré de Balzac, La commedia umana, (a cura di Mariolina Bongiovanni Bertini), Mondadori, Milano 1994, p. 1189.
2. Cfr. il «Rapporto informativo della polizia tedesca da Magonza» in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, Einaudi, Torino 1977, p. 30.
3. Cfr. Isaiah Berlin, Karl Marx, La Nuova Italia, Firenze 1994, p. 90.
4. Michail Bakunin, Ein Briefwechsel von 1843, MEGA², Dietz Verlag, Berlin 1982, I/2, p. 482; tr. it. in Gian Mario Bravo (a cura di), Un carteggio del 1843, Annali franco-tedeschi, Edizioni del Gallo, Milano 1965, p. 72.
5. Lorenz von Stein, Der Socialismus und Communismus des heutigen Frankreichs. Ein Beitrag zur Zeitgeschichte, Otto Wigand Verlag, Leipzig 1848, p. 509.
6. Arnold Ruge, Zwei Jahre in Paris. Etudien und erinnerungen, Zentralantiquariat der Ddr, Leipzig 1975, p. 59.
7. Honoré de Balzac, La commedia umana, op. cit., p. 1187.
8. Per la biografia intellettuale del soggiorno parigino di Marx si vedano, tra i diversi studi disponibili, Auguste Cornu,Karl Marx et Friedrich Engels. III. Marx a Paris, PUF, Paris 1962; Jacques Grandjonc, Studien zu Marx erstem Paris-Aufenthalt und zur Entstehung der „Deutschen Ideologie“, Schriften aus dem Karl Marx Haus, n. 43, Trier 1990, pp. 163-212 ed il più recente Jean-Louis Lacascade, Les métamorphoses de jeune Marx, PUF, Paris 2002, pp. 129-162.
9. «Ciascuno dovrà confessare a se stesso non soltanto che si è manifestata una anarchia generale tra i riformatori, ma che egli stesso non ha una visione esatta di ciò che si deve fare» in Karl Marx, Ein Briefwechsel von 1843, MEGA² I/2, op. cit., p. 486; tr. it. Lettere dai Deutsch-Französisce Jahrbücher, Marx Engels Opere, vol. III, Editori Riuniti, Roma 1976, p. 154.
10. La «Rheinische Zeitung für Politik, Handel und Gewerbe» apparve come quotidiano, a Colonia, dal 1° gennaio 1842 al 31 marzo 1843. Marx vi scrisse il suo primo articolo il 5 maggio del 1842 e dal 15 ottobre 1842 al 17 marzo del 1843 ne fu redattore capo.
11. Nel presente saggio i manoscritti incompleti di Marx, pubblicati da editori successivi, sono inseriti tra parentesi quadre. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., pp. 323-438; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino 1968.
12. Cfr. Karl Marx, Verhandlungen des 6. Rheinischen Landtags. Dritter Artikel: Debatten über das Holzdiebstahlsgesetz e Rechtfertigung des ††-Korrespondenten von der Mosel, MEGA² I/1, Dietz Verlag, Berlin 1975, pp. 199-236 e 296-323; tr. it. Le discussioni alla sesta dieta renana. Terzo articolo: Dibattiti sulla legge contro i furti di legna e Giustificazione di ††, corrispondente dalla Mosella, Marx Engels Opere, vol. I, Editori Riuniti, Roma 1980, pp. 222-264 e pp. 344-375. Su questo punto cfr. Louis Althusser, Per Marx, Editori Riuniti, Roma 1970 (1967), p. 135; Walter Tuchscheerer, Prima del «Capitale», La Nuova Italia, Firenze 1980, p. 30.
13. Karl Marx, Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie, MEGA² I/2, op. cit., pp. 3-137; tr. it. Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto, Marx Engels Opere, vol. III, Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 3-143.
14. «Lo Stato politico non può essere senza la base naturale della famiglia e la base artificiale della società civile, che sono la sua conditio sine qua non», ivi, p. 9; tr. it ivi p. 9; «Famiglia e società civile sono i presupposti dello Stato, sono essi propriamente gli attivi. Ma nella speculazione diventa il contrario», ivi, p. 8; tr. it. ivi, p. 8,. Proprio qui, dunque, risiede l’errore di Hegel che vuole che «lo Stato politico, non sia determinato dalla società civile, ma, all’inverso, la determini », ivi, p. 100; tr. it. ivi, p. 102. In proposito cfr. Walter Tuchscheerer, op. cit., p. 49.
15. Cfr. Friedrich Engels, Umrisse zu einer Kritik der Nationalökonomie, MEGA², I/3, Dietz Verlag, Berlin 1985, pp. 467-494; tr. it. Lineamenti di una critica dell’economia politica, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 454-481. Del saggio, Marx ricopia brevi parti in uno dei suoi quaderni di estratti.
16. Il numero, in realtà doppio, degli «Annali franco tedeschi», diretti da A. Ruge e K. Marx, apparve alla fine del febbraio 1844.
17. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 325; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 4.
18. Cfr. Maximilien Rubel, Introduction a Karl Marx Œuvres. Economie II, Gallimard, Paris 1968, pp. LIV-LV che data in questo preciso momento l’origine del lungo incubo di tutta la vita di Marx, l’ossessione teorica che non abbandonerà mai più: la critica dell’economia politica.
19. Moses Hess, L’essenza del denaro, Filosofia e socialismo. Scritti 1841-1845, (a cura di GiovamBattista Vaccaro), Milella, Lecce 1988, pp. 203-227. Questo articolo, in un primo tempo destinato ai «Deutsch-franzosische Jahrbücher», viene pubblicato solo in seguito nei «Rheinische Jahrbücher zur Gesellschaftlichen Reform».
20. Karl Marx Zur Judenfrage, MEGA² I/2, op. cit., pp. 141-169; tr. it. Sulla questione ebraica, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., pp. 158-189. Cfr. anche Bruno Bauer-Karl Marx, La questione ebraica, (a cura di Massimiliano Tomba), Manifestolibri, Roma 2004 che raccoglie insieme gli scritti di Bauer ed il testo di Marx.
21. In proposito cfr. Bruno Bongiovanni, Figure della mediazione: l’ebreo e il denaro, Le repliche della storia, Bollati Boringhieri, Torino 1989, pp. 90-100, che considera questo momento come l’inizio, generalmente misconosciuto, della critica economica di Marx.
22. Cfr. Walter Tuchscheerer, op. cit., p. 56.
23. Karl Marx, Exzerpte aus Jean Baptiste Say: Traité d’economie politique, MEGA² IV/2, Dietz Verlag, Berlin 1981, p. 316; tr. it. parz. La scoperta dell’economia, Editori Riuniti, Roma 1990, p. 3.
24. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 363; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 69.
25. Ivi , p. 364; tr. it. ivi, pp. 70-71.
26. Ivi , p. 374; tr. it. ivi, p. 85.
27. Cfr. Maximilien Rubel, Karl Marx, Colibrì, Milano 2001, p. 78.
28. Pierre-Joseph Proudhon, Che cos’è la proprietà, Zero in Condotta, Milano 2000, p. 51 ss.
29. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA I/2, op. cit., p. 384; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 103.
30. Cfr. György Lukács, Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, Einaudi, Torino 1975 (1960), pp. 748 ss. e Jean Hyppolite, Saggi su Marx e Hegel, Bompiani, Milano 1965, pp. 97 ss.
31. Cfr. Ernest Mandel, La formazione del pensiero economico di Karl Marx, Laterza, Bari 1970, pp. 180-181.
32. Karl Marx, Exzerpte aus James Mill: Élémens d’économie politique, MEGA² IV/2, op. cit., p 453; tr. it. parz. Estratti dal libro di James Mill «Élémens d’économie politique», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 236.
33. Ivi , p. 456; tr. it. ivi, p. 239.
34. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA I/2, op. cit., p. 365; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 71.
35. Karl Marx, Exzerpte aus James Mill: Élémens d’économie politique, MEGA² IV/2, op. cit., p 466; tr. it. parz. Estratti dal libro di James Mill «Élémens d’économie politique», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 248.
36. Cfr. Walter Tuchscheerer, op. cit., pp. 142, 154-155.
37. Cfr. Maximilien Rubel, Elogio del giovane Marx, «Vis-à-vis», n. 3 (1995), p. 32.
38. A riguardo, si rimanda alle testimonianze di Arnold Ruge: «Legge molto, lavora con intensità non comune (…) ma non porta mai niente alla fine, lascia tutto a mezzo per tuffarsi ogni volta da capo in uno sterminato mare di libri», lavora «sin quasi a star male, senza andare a letto per tre o quattro notti di fila», lettera di A. Ruge a L. Feuerbach del 15 maggio 1844, in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, op. cit., p. 22; «Se Marx non si ammazza da solo con la sregolatezza, la superbia e il lavoro disperatissimo, e se la stravaganza comunista non cancella in lui ogni sensibilità per la semplicità e la nobiltà della forma, dalle sue sterminate letture e perfino dalla sua dialettica senza coscienza c’è pur da aspettarsi qualcosa (…) Vuole sempre scrivere sulle cose che ha appena finito di leggere, ma poi ricomincia sempre a leggere e a prendere appunti. Eppure penso che, prima o poi, riuscirà a portare a termine un’opera lunghissima e astrusissima, in cui riverserà alla rinfusa tutto il materiale che ha ammucchiato» in A. Ruge a M. Duncker, 29 agosto 1844, ivi, p. 28. In proposito cfr. Mario Rossi, Da Hegel a Marx. III. La scuola hegeliana. Il giovane Marx, Feltrinelli, Milano 1974 (1963), pp. 152 e 211.
39. Cfr. lettera di A. Ruge a M. Duncker del 29 agosto 1844, in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), op. cit., p. 28.
40. Cfr. Maximilien Rubel, Karl Marx, op. cit., p. 133.
41. Friedrich Engels-Karl Marx, Die heilige Familie, Marx Engels Werke, Band 2, Dietz Verlag, Berlin 1962, pp. 3-223; tr. it. La sacra famiglia, Marx Engels Opere, vol. IV, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 3-234. In realtà Engels contribuisce allo scritto soltanto per una decina di pagine.
42. Cfr. la testimonianza di Paul Lafargue che riporta i racconti di Engels sull’autunno del 1844: «Engels e Marx presero l’abitudine di lavorare insieme. Engels, che pure era di una precisione estrema, perse la pazienza più di una volta davanti alla scrupolosità di Marx, che si rifiutava di scrivere una frase se non era in grado di provarla in dieci modi diversi» in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, op. cit., p. 29.
43. Cfr. la testimonianza di Heinrich Bürgers: «In quel periodo la severa autocritica che era abituato ad esercitare verso se stesso gli impedì di realizzare l’opera maggiore», ivi, p. 41.
44. Su questo complicato rapportocfr. David Rjazanov, Einleitung a MEGA I/1.2, Marx-Engels-Verlag, Berlin 1929, p. XIX, che per primo ha segnalato la grande difficoltà relativa alla definizione di una precisa linea di confine tra i semplici quaderni di estratti e quelli che, invece, vanno considerati veri e propri lavori preparatori.
45] Cfr. Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», «Passato e presente», n. 3 (1983), p. 42.
46. Per una descrizione degli originali, si rimanda a Jürgen Rojahn, Il caso dei cosidetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», op. cit., pp. 47-52; Bert Andréas, Karl Marx/Friedrich Engels, Das Ende der klassischen deutschen Philosophie. Bibliographie, Schriften aus dem Karl Marx Haus, n. 28, Trier 1983, pp. 64-66.
47. Karl Marx, Der historische Materialismus. Die Frühschriften, (a cura di Siegfried Landshut e Jacob Peter Mayer), Alfred Kröner Verlag, Leipzig 1932, pp. 283-375. Una nuova edizione, stavolta a cura del solo Landshut, comparve nel 1953: per l’ultima ristampa cfr. Karl Marx, Die Frühschriften, Alfred Kröner Verlag, Stuttgart 2004.
48. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte aus dem Jahre 1844, MEGA I/3, Marx-Engels-Verlag, Berlin 1932, pp. 29-172.
49. Queste pagine, a testimonianza della difficoltà di operare una classificazione, appaiono nella MEGA² sia nella prima sezione, che contiene le opere e gli abbozzi, sia nella quarta, che raccoglie gli estratti. Cfr. Karl Marx, MEGA², I/2, op. cit., pp. 439-444; Karl Marx, MEGA², IV/2, op. cit., pp. 493-500.
50. Cfr. Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», op. cit., p. 43; Jürgen Rojahn, The emergence of a theory: the importance of Marx’s notebooks exemplified by those from 1844, «Rethinking Marxism», vol. 14, n. 4 (2002), p. 33.
51. Cfr. David McLellan, Marx prima del marxismo, Einaudi, Torino 1974, p. 189.
52. Cfr. Nikolai Lapin, Der junge Marx, Dietz Verlag, Berlin, 1974, p. 304 ss.
53. Senza voler in alcun modo presentare l’infinito dibattito su questo scritto di Marx, si circostanzia il riferimento a due tra i più importanti lavori che avanzano queste posizioni. Al primo orientamento appartengono Landshut e Meyer che, per primi, vi hanno letto «in un certo senso l’opera più centrale di Marx (…) [che] forma il punto nodale del suo intero sviluppo concettuale» e «nel nocciolo anticipa già Il capitale». Cfr. Karl Marx, Der historische Materialismus. Die Frühschriften, op. cit., pp. XIII e V. Al secondo, invece, va ascritta la celebre tesi di coupure épistémologique di Althusser cfr. Louis Althusser, Per Marx, op. cit., pp. 15 ss.
54. Cfr. Emile Bottigelli, Présentation a Karl Marx, Manuscrits de 1844, Editions Sociales, Paris 1962, pp. XXXVII-XL; Ernest Mandel, La formazione del pensiero economico di Karl Marx, Laterza, Bari 1970 (1969), p. 175.
55. Essi sono contenuti in Karl Marx, MEGA², IV/2, op. cit., pp. 279-579 e Karl Marx, MEGA², IV/3, Akademie Verlag, Berlin 1998, pp. 31-110.
56. «I suoi manoscritti del 1844 nacquero letteralmente dagli estratti di quel periodo» in Jürgen Rojahn, The emergence of a theory: the importance of Marx’s notebooks exemplified by those from 1844, op. cit., p. 33.
57. In quel periodo, gli economisti inglesi sono letti da Marx ancora in traduzione francese. Per una descrizione degli originali dei quaderni cfr. Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», op. cit., pp. 52-56.
58. Sui testi posseduti da Marx nella biblioteca personale e su quelli che aveva intenzione di procurarsi si veda Karl Marx, «Notizbuch aus den Jahren 1844-1847», MEGA² IV/3, op. cit., pp. 5-10, 12-13, 483-487.
59. Cfr. Karl Marx, Exzerpte aus Jean Baptiste Say : Traité d’économie politique, MEGA² IV/2, op. cit., pp. 301-327.
60. Ivi , pp. 332-386.
61. Cfr. Karl Marx, Exzerpte aus David Ricardo: Des principes de l’économie politique et de l’impôt, MEGA² IV/2, op. cit., pp. 392-427; tr. it. parz. in La scoperta dell’economia, op. cit., pp. 5-19.
62. Karl Marx, Exzerpte aus James Mill: Élémens d’économie politique, MEGA² IV/2, op. cit., pp. 428-470; tr. it. parz. Estratti dal libro di James Mill «Élémens d’économie politique», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., pp. 229-248. Cfr. Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», op. cit., p. 71.
63. Cfr. Jacques Grandjonc, Marx et les communistes allemands à Paris 1844, Maspero, Paris 1974, pp. 61-62 e si veda la lettera di K. Marx a H. Börnstein, scritta al più tardi nel novembre 1844, MEGA² III/I, Dietz Verlag, Berlin 1975, p. 248; tr. it. Marx Engels Opere, vol. XXXVIII, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 431.
64. Cfr. le memorie di Paul Lafargue nelle quali si ricorda come Marx «aveva l’abitudine di rileggere dopo parecchi anni i suoi taccuini e i passi segnati nei suoi libri» in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, op. cit., p. 244.
65. Cfr. Friedrich Engels, Zur vierten Auflage, MEGA² II/10, Dietz Verlag, Berlin 1991, p. 23;tr. it. Per la quarta edizione in Karl Marx, Il capitale, Editori Riuniti, Roma 1964 (V ed.), pp. 59-60. A riguardo cfr. anche Karl Marx, MEGA² IV/3, op. cit., pp. 613-640 e Maximilien Rubel, Les premières lectures économiques de Karl Marx (II), «Etudes de marxologie», n. 2 (1959), pp. 67 ss.
66. «Non esiste nessun appiglio a cui appoggiarsi per stabilire che i manoscritti formano un complesso a sé», in Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti «manoscritti economico-filosofici dell’anno 1844», op. cit., p. 57.
67. Ivi, p. 79.
68. Cfr. Jürgen Rojahn, The emergence of a theory: the importance of Marx’s notebooks exemplified by those from 1844, op. cit., p. 45.
69. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 364; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 71.
70. Karl Marx, Kritische Randglossen zu dem Artikel “Der König von Preußen und die Sozialreform. Von einem Preußen“, MEGA² I/2, op. cit., pp. 445-463; tr. it. Glosse critiche in margine all’articolo «Il re di Prussia e la riforma sociale. Di un prussiano», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., pp. 206-224.
71. Cfr. Michael Löwy, Il giovane Marx, Massari Editore, Bolsena (VT) 2001, p. 57.
72. Karl Marx, Kritische Randglossen zu dem Artikel “Der König von Preußen und die Sozialreform. Von einem Preußen“, MEGA² I/2, op. cit., p. 462; tr. it. Glosse critiche in margine all’articolo «Il re di Prussia e la riforma sociale. Di un prussiano», Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 223.
73. Ivi , p. 455; tr. it. ivi, p. 215.
74. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., pp. 372-373; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 83.
75. Ivi , p. 372; tr. it. ivi, pp. 82-83.
76. Ivi , p. 387; tr. It. ivi, p. 107.
77. Cfr. Mario Rossi, op. cit., p. 591.
78. Ivi , pp. 148-149 e 599.
79. Bruno Bauer (a cura di), «Allgemeine Literatur-Zeitung», Heft 6., Verlag von Egbert Bauer, Charlottenburg 1844, p. 32. Cfr. lettera di K. Marx a L. Feuerbach dell’11 agosto 1844, MEGA² III/1, Dietz Verlag, Berlin 1975, p. 65; tr. it. Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 386.
80] Karl Marx, Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie. Einleitung, MEGA ² I/2, op. cit., p. 172; tr. it. Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 192.
81. L’epiteto è utilizzato da Marx ne La sacra famiglia per indicare e deridere Bruno Bauer e gli altri giovani hegeliani che collaboravano all’«Allgemeine Literatur-Zeitung».
82. Ivi , p. 177; tr. it. ivi, p. 197.
83. Cfr. Mario Rossi, op. cit., p. 585.
84. Karl Marx, Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie. Einleitung, MEGA² I/2, op. cit., p. 173; tr. it. Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 193.
85. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 395; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 120.
86. Cfr. Ernest Mandel, op. cit., p. 175.
87. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 390; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 112.
88. Friedrich Engels-Karl Marx, Die heilige Familie, op. cit., p. 128; tr. it. La sacra famiglia, op. cit., p. 135.
89. Karl Marx, Ein Briefwechsel von 1843, MEGA² I/2, op. cit., p. 479; tr. it. Lettere dai Deutsch-Französisce Jahrbücher, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 153.
90. Karl Marx, Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie. Einleitung, MEGA² I/2, op. cit., p. 178; tr. it., Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, Marx Engels Opere, vol. III, op. cit., p. 198.
91. Karl Marx, Ökonomisch-philosophische Manuskripte, MEGA² I/2, op. cit., p. 374; tr. it. Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 84.
92. Karl Marx, Die Entstehungsgeschichte des modernen Staats oder die französische Revolution, MEGA² IV/3, op. cit., p. 11; tr. it. Piano di uno scritto sullo Stato, Marx Engels Opere, vol. IV, op. cit., p. 658.
93. Karl Marx, Hegel’sche Construction der Phänomenologie, ibidem; tr. it. Costruzione hegeliana della fenomenologia, ivi, p. 657.
94. Karl Marx, Über Friedrich Lists Buch “Das nationale System der politischen Ökonomie“, «Beiträge zur Geschichte der Arbeiterbewegung», Jg. 14. H. 3. (1972), pp. 425-446; tr. it. A proposito del libro di Friedrich List «Das nationale System der politischen Ökonomie», ivi, pp. 584-614.
95. Lettera di F. Engels a K. Marx dei primi di ottobre 1844, MEGA² III/I, Dietz Verlag, Berlin 1975, p. 245; tr. it. Marx Engels Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 8; cfr. inoltre F. Engels a K. Marx, 20 gennaio 1845: «Guarda di portare a termine il tuo libro di economia politica; anche se tu stesso dovessi rimanere scontento di molte cose, non fa niente, gli animi sono maturi, e dobbiamo battere il ferro finché è caldo», ivi, p. 260; trad. it., ivi, p. 17. Scrivendo così, Engels dimostra di non conoscere ancora Marx quanto lo conosceva A. Ruge che, nella lettera a K. M. Fleischer del 9 luglio 1844, al contrario, affermava: «sarebbe un gran peccato se non scrivesse dei libri. Ma dobbiamo rassegnarci ad aspettare» in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), op. cit., p. 26.
96. Su pressione del governo prussiano, le autorità francesi spiccano un ordine di espulsione contro diversi collaboratori del «Vorwärts!». Marx è costretto a lasciare Parigi il 1 febbraio 1845.
97. Marx Engels Werke, Band 27, Dietz Verlag, Berlin 1963, p. 669; tr. it. in Marx Engels Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 666.
98. Cfr. Eugène Buret, De la misère des classes laborieuses en Angleterre et en France, EDHIS, Paris 1979.
Marcello
Musto