“Scritti sull’alienazione” di Karl Marx
Esattamente duecento anni or sono, in una non enorme casa nel centro di Treviri, una non grande città nell’allora non esteso Regno di Prussia, nasceva Karl Marx.
Non eccessivamente ricca la sua famiglia, non troppo noto il suo cognome, non incredibilmente colti i suoi genitori. Tutte le caratteristiche per descrivere l’inizio di una vita nella media, si direbbe. Invece, come tutti sanno ancora oggi, infinita sarebbe stata la sua fortuna. Di Marx appena ventiquattrenne si diceva: “Immaginati Rousseau, Voltaire, d’Holbach, Lessing, Heine e Hegel fusi in una sola persona. Ecco il dottor Marx.” Questo ragazzo di Treviri avrebbe ridisegnato i confini del mondo e dell’analisi di esso.
Ma forse, ancora più dell’Ottocento, è il Novecento il secolo di Marx. Dopo quel secolo (breve o lungo che sia stato), cosa possiamo farcene di Marx? Perché continuiamo a parlare di lui? Come è possibile che molti, leggendo le sue pagine oggi, rimangano ancora folgorati dalla realtà di cui parla, che essi percepiscono come la loro realtà, la nostra realtà? In fondo, spesso lo si sente dire, Marx è morto nel 1883. Tutto quello di cui parla non è forse (ammesso che fosse vero il suo dire) finito, terminato? Per andare avanti, non bisogna forse, dimenticare Marx?
È curioso come, al contrario di questi discorsi, lo spirito di Marx soffi più forte, oggi, nel 2018, che poco più di una decina di anni fa. Marx scorre potente nel pensiero contemporaneo, per alcuni non abbastanza, certo, ma ha di nuovo un peso. Chi non considera per nulla Marx parlando del mondo contemporaneo, oggi, non è impossibile venga criticato per questo. Forse, già il fatto che così tanti ancora oggi percepiscano l’esigenza di liquidare l’interezza della sua prestazione concettuale, è il sintomo di un permanere di Marx.
Non è possibile, qui, rispondere a tutte queste domande. Con quanto detto si può però provare a dare un prima contestualizzazione al fatto che, oggi, venga pubblicata una raccolta di scritti marxiani (peraltro in testi tutti già tradotti in italiano da molti decenni). È quello che ha fatto Marcello Musto, già noto in Italia e nel mondo per i suoi studi su Marx e sul marxismo. Scritti sull’alienazione. Per la critica della società capitalistica, può sembrare, a primissima vista, un libro utile solo per i testi di commento che Musto appone. Se però si leggono questi stessi testi, si capisce che non è così, e che riportare un percorso in Marx dal 1844 al 1875 (cioè dai Manoscritti economico filosofici al Terzo libro del Capitale) ha un significato intrinseco, legato alla comprensione del concetto di alienazione, uno dei più fortunati ma anche dei più discussi dell’opera marxiana.
Nello spazio di una recensione di un libro del genere, che ha l’ambizione di riportare i luoghi in cui direttamente Marx tratta del concetto, bisogna a questo punto fare una scelta. Come è noto, il pensiero di Marx è dibattutissimo e nel Novecento una vera e propria linea di demarcazione è stata tracciata tra i suoi interpreti intorno alla permanenza di questo concetto di alienazione nel pensiero di Marx, ed al suo statuto. La scelta che deve fare il recensore di un libro come quello curato da Musto è quindi questa: leggere il libro alla luce di tale dibattito, o provare a farne a meno? Non bisogna pensare di poter leggere Marx senza filtri. Si tratta di un autore troppo pregno della nostra storia per essere letto senza occhiali. Si tratta di scegliere quali adottare. Musto stesso sceglie di non discutere (se non per qualche riga) il tema dell’alienazione a partire dal dibattito interno al marxismo nel Novecento.
Conviene quindi seguire la sua pista, provando ad adottare le lenti del nostro presente e dei nostri problemi, più che quelle della discussione interna al marxismo. Sarebbe possibile seguire anche questa seconda pista: solo, non è quella che segue Musto. Forse anche in questo sta l’interesse del testo: cercare di comprendere il testo di Marx a partire da Marx, per dare gli strumenti adatti a pensare Marx oggi.
Marcello
Musto