I 150 anni della Prima Internazionale
Cadono il 28 settembre e un volume riunisce discorsi e documenti
Centocinquanta anni fa, il 28 settembre 1864, alla St. Martin’s Hall di Londra, gremita da oltre duemila lavoratori, si teneva la sessione inaugurale dell’Associazione internazionale dei lavoratori: l’atto fondativo della prima organizzazione internazionale del movimento operaio.
Ciò che oggi colpisce è il carattere profondamente radicale e libertario di quella esperienza, di cui ora, in occasione della ricorrenza, lo studioso di Marx e docente di Sociologia teorica alla York University di Toronto pubblica un volume che raccoglie indirizzi, risoluzioni, discorsi e documenti, con note esplicative e un finale indice dei nomi.
”Il mondo del lavoro oggi è ridotto a una profonda subalternità ideologica rispetto al sistema dominante”, per cui, scrive Musto, la ragione del libro è nella necessità ”di ricostruire pazientemente, dalle macerie, la conoscenza diretta delle elaborazioni originali del movimento operaio, che può costituire un contributo importante per invertire questa tendenza”. Le discussioni, anche accese, che animarono quella riunione oggi ci paiono ancora di una certa attualità, spaziando dal diritto al lavoro alla critica delle ingiustizie sociali, dalla contestazione del modo di produzione capitalistico alla denuncia delle sue contraddizioni, dalla difesa della salute, dell’istruzione, del welfare all’aspra contestazione delle diseguaglianze di genere, dalla polemica contro i nazionalismi e le discriminazioni razziali al progetto di una nuova dimensione internazionale per le classi lavoratrici, in vista della loro emancipazione. Senza negare l’imprescindibile contributo apportato da Karl Marx, autore o coautore di trenta degli ottanta documenti raccolti nel libro (26 dei quali tradotti per la prima volta in italiano) e che concluse il suo indirizzo inaugurale con l’esortazione ”Proletari di tutti i paesi unitevi”, l’elaborazione di tutti questi temi, ricorda il curatore, fu un processo collettivo. Il programma politico, la richiesta del lavoro ridotto a otto ore quotidiane, la protezione dei diritti dei fanciulli e il loro diritto alla scuola, intende, usando parole sempre di Marx, ”far recuperare l’energia e la salute alla classe lavoratrice, che costituisce la gran massa di ogni nazione” e, non meno necessario, ”fornire a essa la possibilità di sviluppo intellettuale, di reazioni sociali e di attività sociale e politica”. Si parla così di proprietà, di lavoro, di sindacato, di sciopero, di movimenti cooperativi, Quindi si aprono focus sulla Comune di Parigi, sulla Questione irlandese, sugli Stati Uniti.
L’ideologia iniziale era improntata comunque più a generici richiami etico-umanitari, come la fratellanza tra i popoli e la pace, che alla lotta di classe e a precisi obiettivi politici, e gli organizzatori non si immaginavano quel che da quella riunione sarebbe nato, suscitando reazioni e passioni tutta Europa: una vera e propria organizzazione internazionale capace di coordinare le iniziative sindacali e politiche della classe operaia, come ricostruisce Musto in un articolato saggio introduttivo sulle vicende dell’Internazionale, sino al suo ultimo congresso a Verviers nel settembre 1877, cui parteciparono però delegati tutti di provenienza anarchica, mentre tutti gli altri si riunirono a Gand in occasione del Congresso Socialista Universale, avvertendo ormai l’importanza di partecipare con organizzazioni partitiche alla lotta politica. ”Questo pugno che sale / questo canto che va / è l’Internazionale, un’altra umanità./ Questa lotta che eguale / l’uomo all’uomo farà / è l’Internazionale, fu vinta e vincerà”, come canta l’Internazionale di Eugene Potier, pubblicata in chiusura del volume, nella traduzione di Franco Fortini. (ANSA).
Marcello
Musto