Stefania Miccolis, Rassegna Sindacale

Review of Prima Internazionale. Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!

Un anniversario che oggi, con la crisi economica e l’attacco ai diritti del lavoro, vale davvero la pena ricordare. Parliamo del centocinquantesimo della Prima Internazionale – l’Associazione Internazionale dei lavoratori -, fondata a Londra, nella sala del St. Martin’s Hall, il 28 settembre 1864. Ce lo rammenta offrendo molti spunti di riflessione Marcello Musto, professore di teoria politica presso la York University di Toronto, riunendo in un volume edito da Donzelli (e contemporaneamente in Inghilterra da Bloomsbury), Lavoratori di tutto il mondo, unitevi! (pp. XVI-256, euro 25,00), ottanta testi ufficiali, ventisei dei quali inediti in lingua italiana, che riassumono il dibattito politico-teorico attraverso “indirizzi, risoluzioni, discorsi, documenti” di un’esperienza che, come disse Marx nel 1871, aveva apportato una novita decisiva: quella di un’associazione costituita per la prima volta “dagli operai per se stessi” (vedi il box a fianco, ndr).

Trenta i testi del filosofo di Treviri, sua la frase “Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!” (che, abbiamo visto, da il titolo al volume), diventata simbolo della lotta contro il capitalismo, della presa di coscienza della classe operaia, dell’emancipazione come conquista delle “classi lavoratrici stesse”, della realizzazione dei diritti sociali. La troviamo nell’Indirizzo inaugurale dell’Associazione, nel 1864, testo in cui sono indicati i principi costitutivi della lotta per la liberazione dal dominio del capitale. “La conquista del potere e divenuto il grande dovere della classe operaia” scriveva Marx – che, ricorda Musto, fu dalla fondazione al 1872 la mente dell’Ail -. Era indispensabile che il lavoratore cominciasse a comprendere “i misteri della politica internazionale”, che vegliasse sugli atti dei rispettivi governi, per poi opporsi ad essi: era necessario “coalizzarsi e denunciarli simultaneamente, e rivendicare le semplici leggi della morale e della giustizia (…). La lotta per una tale politica estera fa parte della lotta generale per l’emancipazione della classe operaia”.

Il volume offre un’accurata scelta di testi va dalla fondazione alla frattura del 1872 sino allo scioglimento dell’Ail “centralista” nel 1876. Si toccano quindi i punti salienti: la nascita e il primo congresso a Ginevra (1866), in cui si discussero i fondamenti teorici; la rapida espansione nei paesi europei, innanzitutto Francia e Svizzera; la carica rivoluzionaria e la debacle della Comune di Parigi (1871); la crisi e la scissione con lo scontro prima fra collettivisti e mutualisti e poi tra centralisti e autonomisti, ovvero tra marxisti e anarchici.

Dei due momenti di questo scontro Marx fu protagonista. Nel primo, i mutualisti di Proudhon si dovettero arrendere alla rabbia di lavoratori e lavoratrici che conquistavano diritti e giustizia sociale con quello che sarebbe diventato lo strumento di lotta per eccellenza: lo sciopero, “la risposta immediata e necessaria per l’’emancipazione della classe operaia.
Importante fu la discussione sulle macchine e la loro funzione nella trasformazione delle relazioni capitalistiche. Marx la spiegava in L’utilizzo dei macchinari nelle mani dei capitalisti (1868) in una seduta del Consiglio generale: contrariamente a quanto si pensava, le macchine avevano aggravato la miseria dei lavoratori; invece di diminuire, le ore di lavoro erano infatti aumentate mentre si erano abbassati i salari.
“Le macchine dovranno cessare di essere monopolio esclusivo del capitale e dovranno passare nelle mani degli operai che si organizzeranno in associazioni”.
Cosi i padroni avrebbero avuto meno potere sui dipendenti. E poi ancora, interessantissimi, i dibattiti sulla difesa dell’istruzione, della salute, e la contestazione delle diseguaglianze di genere.
E appassionante, insomma, la storia della Prima Internazionale; una storia che “acquista oggi una grande rilevanza”, proprio in ragione dell’apatia, della rassegnazione, e della dilagante sfiducia nel futuro. Questo clima di “subalternita ideologica”, questa “barbarie della realta attuale” devono essere contrastati. Per farlo, scrive Musto, “bisogna conoscere le lotte del passato”, “le battaglie vinte fino ad oggi”.
L’antologia e pensata quindi come una guida, per “mostrare a una nuova e poco esperta generazione” la conquista della dignita e della coscienza sociale. L’obiettivo e che “l’eredita dell’Internazionale possa rivivere nella critica dell’oggi”.

Published in:

Rassegna Sindacale

Date Published

15 October, 2014

Author:

Stefania Miccolis