Un Pensiero Ricorrente: La (ri)scoperta dell’opera di Marx
Risultato della conferenza internazionale omonima, svoltasi a Napoli dall’1 al 3 aprile 2004 e organizzata dallo stesso curatore del volume Marcello Musto, Sulle tracce di un fantasma.
L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia (Manifestolibri 2005, pp. 392 € 30), raccoglie gli interventi di alcuni tra i più rilevanti nomi della riflessione contemporanea sull’opera marxiana. Benché il sottotitolo evidenzi lo sdoppiamento tra ricostruzione filologica e pensiero filosofico, il lavoro si muove parallelamente ed organicamente su entrambi i vettori, laddove essi non si presentano come linee di ricerca disgiunte bensì reciprocamente implicate e funzionali.
È infatti in occasione della presentazione della nuova edizione storico-critica della Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA²) che l’intera opera marxiana trova un tardivo quanto essenziale lavoro di sistematizzazione che, in maniera solo apparentemente contraddittoria, la riconsegna all’originaria incompiutezza. È sotto questa cifra che gli scritti di Marx aprono da un lato ad una «scoperta» dell’opera marxiana in quanto tale, ovvero alleggerita del pesante nonché deformante fardello del marxismo e delle esperienze storico-politiche ad esso ispirate, e dall’altro ad inedite e feconde possibilità interpretative. Far luce sulla genesi del testo, principio guida dei lavori della Mega², si rivela strumento essenziale per una lettura critica dell’opera marxiana e per una sua «riconsegna ai liberi campi del sapere», come sottolinea il curatore.
La prima sezione del libro apre con l’intervento di Manfred Neuhaus (direttore del progetto della MEGA²) che ne ripercorre il tortuoso percorso filologico-editoriale dal prologo russo di David Rjazanov, interrotto e penalizzato dalla congiuntura storica della presa del potere hitleriana e dal terrore staliniano, attraverso la lenta e problematica ripresa della monumentale opera a Mosca e a Berlino negli anni del disgelo, sino al definitivo avvio del decennio Sessanta-Settanta con il progetto riveduto e corretto che prese il nome di «seconda MEGA». Neuhaus evidenzia i cruciali aspetti teorici e metodologici della ricostruzione filologica dei testi centrando il punto d’arrivo del «principio della genesi del testo», il cui imperativo della ricostruzione per elaborazioni successive – dalla bozza alla stesura finale – sostituisce il vecchio paradigma della verosimiglianza alle intenzioni dell’autore.
Ancora dal lato storico si collocano i contributi di Izumi Omura (Università di Sendai), responsabile dei lavori della sezione giapponese della MEGA², di considerevole ampiezza e ad alto tasso di informatizzazione; di Malcom Sylvers (Università di Venezia), le cui ricerche si focalizzano sulla ricostruzione dell’epistolario marx-engelsiano; di Gian Mario Bravo (Università di Torino) che attraversa approfonditamente la storia del marxismo teorico italiano evidenziandone la marginalità all’interno del quadro internazionale, colmata solo alla fine degli anni Cinquanta – con le uniche eccezioni di Labriola e Gramsci – e rintracciandone le cause non solo nella situazione politica del paese dominato dal fascismo, ma nella contraddizione interna tra una teoria marxista, mai realmente approfondita dunque compresa, e la prassi politica di un «socialismo locale» da essa enormemente distante.
Sempre al vettore storico-filolgico appartiene la seconda sezione di studi dedicata alla critica filosofica e politica nell’opera giovanile di Marx: dal rapporto con il materialismo, approfondito da Mario Cingoli (Università di Milano – Bicocca) all’idea di democrazia nel giovane Marx, attraversata da Giuseppe Cacciatore (Università di Napoli – Federico II). Quest’ultimo ne estrapola soprattutto il ripensamento marxiano del dispositivo liberale moderno di stampo giuridico-politico, non pensato unicamente nei termini di un rovesciamento rivoluzionario, ma di un traghettamento verso una concretezza contenutistica che veicoli istanze popolari non mediate ma auto-rappresentate. Ancora in questa sessione, la comparazione filologica dei Manoscritti economico-filosofici con i quaderni di estratti raccolti da Marx durante il soggiorno parigino del 1844, attraverso la quale Musto (Università di Napoli – L’Orientale) evidenzia una nuova possibile chiave interpretativa del celebre lavoro giovanile marxiano. La riflessione di Gianfranco Borrelli (Università di Napoli – Federico II), infine, si concentra sugli scritti prettamente politici degli anni 1843-1852. Da essi emerge un discorso sulla politica profondamente controverso: dalla problematica coestensività tra il breve ed il lungo periodo ed i relativi dispostivi politici (l’utilizzo temporaneo dello strumento repubblicano e la necessità assoluta del suo oltrepassamento), Borrelli prende spunto per aprire ad una serie di interrogativi sulle opzioni possibili di mediazione politica e per una riflessione sulle nuove forme di legittimazione tramite governance.
La terza sezione, dedicata a Il Capitale, sposta il proprio baricentro analitico su una riflessione più marcatamente economico-filosofica. Dal vertice ottico del «circolo del presupposto-posto» come sintesi del percorso dell’idealismo tedesco, proponendo una visione continuista tra il sistema hegeliano e quello marxiano, Roberto Finelli (Università di Bari) giunge ad un articolato confronto tra la scienza de Il Capitale e l’imperativo post-moderno del decostruzionismo. Notevole inoltre, all’interno del nucleo di lavori su Il Capitale, la duplice re-interpretazione della critica dell’economia politica da parte di Enrique Dussel (Università di Città del Messico) il quale evidenzia, con puntuale sistematicità, da un lato una sottovalutata contiguità categoriale tra la Logica hegeliana e Il Capitale, attraverso l’individuazione di coppie concettuali bivalenti, dall’altro un’ancor più inedita eredità schellinghiana stante nella mutuazione della «Fonte creativa» all’interno della teoria del plusvalore, da cui emerge il «lavoro vivo quale Fonte creativa del plusvalore». Infine, molto rilevante per interesse ed originalità è la «trasformazione»di Jacques Bidet (Università di Parigi) della teoria filosofica de Il Capitale attraverso la categoria di «Metastruttura» – intesa come contrattualità, insieme interindividuale e sociale – quale elemento di una «bifaccialità» al cui polo opposto si trova la struttura economica del capitalismo. Da questo «complesso metastrutturale», che costituisce la cifra propria della modernità, si apre una profonda riflessione sulle contraddizioni del post o tardo moderno, che trovano tragici iceberg nelle categorie/realtà di centro-periferia e di guerra.
Nell’attualità – la sezione «Un oggi per Marx» – si distingue la suggestiva proposta di André Tosel (Università di Nizza) di un «comunismo della finitudine» concepita non come «astuzia retorica», ma quale risposta ad un’esigenza storica: l’inversione del capitalismo liquido, la cui stessa ontologia ne denota il potere pervasivo di produzione distruttrice e desimbolizzante, e la sua sostituzione con un irrinunciabile «referente simbolico» che, contro ogni reductio ad unum (omogeneità, partito, Stato), è imperativamente declinato al plurale. Sullo stesso piano concettuale si muove la riflessione di Domenico Jervolino (Università di Napoli – Federico II), che specifica la pluralità del «comunismo della finitudine» attraversoil «linguaggio», strumento privilegiato del molteplice ma anche dell’unità. Esso infatti se da un lato «esiste solo nella pluralità delle lingue storiche» dall’altro è strumento universale di comunicabilità. Il linguaggio come metafora del politico, per una società comunista che sostituisca dunque il «discorso alla violenza», e in grado di interpretare e «tradurre» la pluralità delle istanze che l’attraversano. Originale anche la rivisitazione «letteraria» dei testi marxiani ad opera di Domenico Losurdo (Università di Urbino), che scorrendoli cronologicamente li ordina su una precisa linea evolutiva. Dalla letteratura utopica dell’Ideologia tedesca, secondo cui una grande rivoluzione avrebbe dato vita ad una nuova società, quella comunista, abitata da una nuova umanità liberata ed emancipata da ogni costrizione, compreso il lavoro, al genere storico-politico del Manifesto del partito comunista e della Critica del programma di Gotha, laddove però un limen essenziale li separa: il primo inserisce la grande rivoluzione che avrebbe definitivamente cambiato il mondo all’interno di quella che è la longue durée dello sviluppo dell’umanità, la seconda fornisce al proletariato che abbia conquistato il potere gli strumenti concreti per la sua gestione. Chiudono i 25 contributi che compongono il volume Alex Callinicos, (Università York – UK) con un attraversamento storico del marxismo teorico anglosassone – rivisto alla luce di una subalternità, tardivamente colmata, rispetto a quello continentale, ma anche dell’alterità del suo portato concettuale –, e Wei Xiaoping (Accademia Cinese delle Scienze Sociali) con la presentazione della ricerca attuale su Marx in Cina.
Le riflessioni contemporanee del marxismo teorico risultano in definitiva, dall’efficace specchio di questo volume, frastagliate per gli angoli di visuale e le proposte delineate, ma proprio in quanto tali irrinunciabilmente plurali. L’orizzonte di senso di tale molteplicità, attingendo alla riscoperta di una fonte propulsiva quale l’opera marxiana, apre dunque alla concretezza della possibilità. Teorica e pratica.
Marcello
Musto