“Tornare a Marx per capire le nuove crisi e i gilet gialli”
Di nuovo Marx. Il suo pensiero ci fornisce strumenti per comprendere il mondo o per trasformarlo? Insomma, può essere ancora progetto politico?
Dopo lo scoppio della crisi economica del 2008, si riscoprì Marx per comprendere le contraddizioni distruttive dell’economia. Adesso, invece, ci si rivolge a Marx con una domanda più politica. In molte parti del mondo, il rapido declino dei partiti politici tradizionali è stato accompagnato dall’affermazione di nuove forze politiche che, seppure in forme diverse, contestano la globalizzazione neoliberista e l’ordine esistente. Il “libero mercato” non è più considerato sinonimo di sviluppo e democrazia, come erroneamente avvenuto dopo la caduta del Muro di Berlino, e il dibattito sulle alternative al capitalismo è ritornato a suscitare interesse. Anche il socialismo è ritornato di moda e Marx rappresenta un riferimento imprescindibile.
Ma oggi ben altri spettri si aggirano per l’Europa. Altro che comunismo. Prendiamo anche i “gilet gialli” francesi: esprimono ribellione, ma nulla a che vedere con prospettive di reale mutamento sociale…
È vero, ma sarei stupito del contrario. Come si può credere che, d’improvviso, nelle condizioni presenti, possano nascere dei movimenti sociali che abbiano una ben definita e più complessiva piattaforma programmatica? La necessaria critica dei limiti dell’esistente non può esimere, però, le forze della sinistra dall’essere presenti nelle lotte che prendono corpo contro le politiche di austerità messe in atto dai governi europei degli ultimi anni.
Lei in questo libro “racconta” il Marx della maturità, attento alla “centralità della libertà individuale nella sfera economica e politica”. Che cosa intende?
Intendo dire che il progetto politico di Marx – quel comunismo che egli definì come “associazione di liberi esseri umani che lavorano con mezzi di produzione comuni” – è sideralmente distante da molti dei regimi illibertari sorti in suo nome nel Novecento.
Marx affermò nel Capitale che il comunismo sarebbe diventato una forma superiore di società se avesse avuto come principio fondamentale il “pieno e libero sviluppo di ogni individuo”. La questione della libertà individuale è indispensabile per comprendere gli errori e gli orrori del cosiddetto “socialismo reale” e in Marx ci sono preziosi elementi per ripensare una teoria politica in base alla quale è possibile sostituire il capitalismo con una società non solo più giusta, ma anche più democratica. I suoi scritti sono molto utili per individuare le ragioni dei fallimenti delle esperienze socialiste fin qui compiute.
Poi c’è un Marx che guarda oltre l’Europa, al resto del mondo. Oggi può aiutarci a comprendere i processi legati alla globalizzazione?
Certamente. Per molto tempo si è a torto creduto che Marx si fosse occupato esclusivamente del conflitto tra capitale e lavoro. In realtà, egli è stato un attento osservatore di numerose altre contraddizioni della società borghese e sempre su scala globale. Molte di queste tematiche sono state sottovalutate perché da lui sviluppate in manoscritti di ricerche che non riuscì a completare. Marx prestò grande attenzione alla questione ecologica, al ruolo distruttivo del colonialismo nelle periferie del mondo, così come al pericolo dei nazionalismi – parola oggi astutamente sostituita dalle forze della destra con quella di sovranismo. Egli analizzò anche i processi migratori, evidenziando quanto essi fossero generati dal capitalismo. Inoltre, mise in risalto che la contrapposizione tra i proletari autoctoni e quelli stranieri (terribilmente discriminati) fosse un elemento essenziale del dominio politico della borghesia. Sono tutte questioni fondamentali dei nostri tempi.
Marcello
Musto