1. Le misure del governo Monti disegnano un quadro da “ultimi giorni di Pompei” del capitalismo europeo e italiano?
Per “ristabilire la fiducia dei mercati” occorre procedere spediti sulla strada delle “riforme strutturali”. È questa la litania che da mesi ci viene riproposta. Ma negli ultimi anni l’espressione “riforme strutturali” ha subito una radicale trasformazione semantica.
È divenuta sinonimo di scempio sociale: riduzione salariale, revisione dei diritti dei lavoratori circa le norme che regolano l’assunzione e il licenziamento, aumento dell’età pensionabile e privatizzazioni su larga scala. Non riforme (termine che appartiene al lessico socialista), dunque, ma nient’altro che la realizzazione dei diktat della Banca Centrale Europea. Ritorno al capitalismo selvaggio dell’Ottocento. Un’altra impostura terminologica si nasconde dietro le parole “governo tecnico”. Dietro la maschera ideologica dell’apoliticità si nasconde, al contrario, un progetto eminentemente politico e dal contenuto assolutamente reazionario. Il trasferimento del potere decisionale dalla sfera politica a quella economica; la trasformazione di possibili decisioni politiche in incontestabili imperativi economici. La ridislocazione di una parte della sfera politica nell’economia, come ambito separato e immodificabile, il passaggio di potere dai parlamenti (già svuotati del loro valore rappresentativo da sistemi elettorali maggioritari e da revisioni autoritarie del rapporto tra il potere governativo e quello legislativo) al mercato e alle sue istituzioni e oligarchie, costituisce il più grave impedimento democratico del nostro tempo. I governi non discutono più quali indirizzi economici adottare, ma sono gli indirizzi economici a generare la nascita dei governi.
2. Quale potrebbe essere lo scenario economico del Sud nei prossimi anni? Da area depressa a sottosviluppo?
I piani di rilancio economico annunciati nell’ultimo ventennio per il Mezzogiorno sono tutti tragicamente falliti. Disoccupazione strutturale, potere delle mafie, distruzione ambientale: è uno scenario di guerra sociale che, purtroppo, è destinato a durare. E nell’agenda politica (tantomeno del governo Monti) non vi è alcun progetto credibile per tentare di invertire questa rotta. Il destino del Sud Italia appare sempre più comune a quello degli altri paesi del Mediterraneo. È uno scenario di povertà, precarietà e sfruttamento.
3. Il 30% in Italia è senza lavoro, il 50% al Sud. In questo contesto quale prospettiva può dare una rilettura di Marx?
Sono dati drammatici e il Meridione non è un’eccezione. Le statistiche fornite dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro parlano chiaro: il numero dei disoccupati nel mondo ha raggiunto i 200 milioni, 27 milioni in più di quelli esistenti prima dello scoppio della crisi nel 2008. Marx, frettolosamente considerato “morto” dopo la caduta del muro di Berlino, è ritornato oggi di grande attualità e la sua analisi critica del capitalismo è stata magnificata da giornalisti e analisti finanziari di tutti i principali quotidiani e settimanali del mondo, progressisti e conservatori. Vi è un abisso tra la sua elaborazione e quella degli economisti che, ai nostri giorni come al suo tempo, individuano le cause della crisi nella speculazione e in un’eccessiva avidità per il profitto. Marx li paragonava a quei filosofi della natura che consideravano la febbre come la causa di tutte le malattie. Le crisi sono, invece, una parte essenziale del capitalismo, non incidenti di percorso. Ma il Marx di cui c’è oggi più bisogno è quello politico. La realtà in cui viviamo parla di un fallimento senza appelli del capitalismo. E davanti a noi c’è il pericolo di una spirale della guerra e della xenofobia. È necessario ripensare un’alternativa e il pensiero di Marx offre ancora le basi per farlo. Un cambiamento di progresso ed emancipazione sociale non avverrà, però, grazie agli Obama (che – va ricordato – in questa tornata elettorale ha perso oltre 3 milioni e mezzo di voti rispetto a quattro anni fa) o ad altri leader carismatici, ma soltanto attraverso una nuova stagione di amplia e radicale partecipazione democratica.
Marcello
Musto