Il Necronomicon di Karl Marx
Marcello Musto, Karl Marx. Biografia intellettuale e politica 1857-1883, Einaudi, 2018, pp. 344, € 30,00.
È impossibile non notare alcuni elementi tragici e a tratti orrifici nella vita di Karl Marx. La biografia di questo filosofo è una lunga lotta prometeica per completare Il capitale, il «più terribile proiettile che sia mai stato scagliato contro i borghesi», il libro magico che a detta del suo autore avrebbe inflitto «alla borghesia, sul piano teorico, un colpo dal quale non si riprenderà più». Il rapporto tra Marx e Il capitale è paragonabile a quello tra l’«arabo pazzo» Abdul Alhazred e il Necronomicon, lo pseudobiblion inventato dallo scrittore statunitense Howard Phillips Lovecraft. L’autore di quel grimorio immaginario muore divorato in pieno giorno da una creatura invisibile, così come tutta la vita del filosofo di Treviri è fagocitata da un progetto incompletabile: «il mio tempo di lavoro appartiene interamente alla mia opera» confessa Marx, evidenziando il paradossale processo di alienazione nei confronti del suo libro.
La scrittura del Capitale è un viaggio eroico, portato avanti con passione cristologica tra i tormenti di un corpo mutante afflitto da insonnia, da emicrania, da un fegato duro e ingrossato, dal continuo insorgere di dolorosissimi favi e di lesioni pustolose sui genitali. Marx è un immigrato apolide, senza mai un soldo in tasca, inseguito da droghieri, macellai e lancinanti sensi di colpa nei confronti della famiglia. È costretto a interrompere continuamente la scrittura della sua opera per guadagnare qualche sterlina e per non venir meno a una militanza politica senza la quale niente avrebbe più senso. Riempendo con una grafia maledetta decine di quaderni, bozza dopo bozza, include maniacalmente nella sua opera sempre nuovi aspetti della realtà sociale: «una mia caratteristica: quando ho davanti una cosa scritta daccapo quattro settimane prima, la trovo insufficiente e la riscrivo completamente». Marx si paragona così al pittore Frenhofer descritto da Honoré de Balzac: ossessionato dal desiderio di realizzare un dipinto nel modo più preciso possibile, il protagonista del racconto Il capolavoro sconosciuto, ritocca all’infinito il suo quadro senza mai completarlo.
La nuova biografia di Marcello Musto, Karl Marx. Biografia intellettuale e politica 1857-1883, ha il grande pregio di restituire il profilo malinconicamente tragico di questo filosofo militante, liberandolo definitivamente dalle granitiche apologie del marxismo-leninismo. Tale operazione è condotta utilizzando gli apporti della Mega2, la nuova edizione storico-critica delle opere complete di Marx ed Engels, che permette di valorizzare molti spunti postcoloniali, antropologici e antieconomicisti presenti nella riflessione matura del filosofo tedesco. Grazie a una attenta analisi della corrispondenza inviata e ricevuta e ai quaderni di appunti nei quali Marx riassumeva meticolosamente le proprie letture di economia politica, algebra, antropologia, geologia, mineralogia e chimica agraria, emerge un pensiero flessibile che sfugge a ogni asfittica sistematicità. Per esempio circa il rapporto tra struttura e sovrastruttura, a dispetto della famosa e problematica metafora architettonica presente in Per la critica dell’economia politica, Marx, grazie ai suoi studi più tardi, affermò che «per l’arte è noto che determinati suoi periodi di fioritura non stanno assolutamente in rapporto con lo sviluppo generale della società, né quindi con la base materiale, con l’ossatura […] della sua organizzazione». Musto sostiene di conseguenza che il filosofo di Treviri «ebbe un approccio antidogmatico rispetto alle relazioni tra le forme della produzione materiale da una parte e le creazioni e i comportamenti intellettuali dall’altra. La consapevolezza dello “sviluppo ineguale”, tra loro esistente, implicava il rifiuto di ogni procedimento schematico che prospettasse un rapporto uniforme tra i diversi ambiti della totalità sociale».
Molto attuali, anche alla luce del dibattito contemporaneo sull’opportunità o meno di sganciarsi dall’Unione europea, sono le riflessioni sull’indipendenza dell’Irlanda nei confronti dell’Inghilterra. Marx la sostiene pragmaticamente perché la ritiene capace di acuire le contraddizioni della maggior potenza capitalistica del tempo e non per un astratto diritto all’autodeterminazione. Riguardo alla gestione delle differenze in chiave di comando della forza lavoro il filosofo affermava inoltre: «L’operaio comune inglese odia l’operaio irlandese come un concorrente che comprime i salari e il suo tenore di vita. Egli prova per lui antipatie nazionali e religiose. Lo considera all’incirca come i bianchi poveri considerano gli schiavi neri negli stati meridionali dell’America del Nord. Questo antagonismo tra i proletari in Inghilterra viene nutrito e viene tenuto desto ad arte dalla borghesia. Essa sa che questa divisione è il vero segreto del mantenimento del suo potere». Per questi motivi in età matura Marx condannò senza esitazione il colonialismo e affermò che «Il lavoro di pelle bianca non può emanciparsi in un paese dove viene marchiato se ha la pelle nera».
La biografia intellettuale di Marcello Musto è divisa in quattro parti: la prima si occupa della scrittura del Capitale, la seconda della militanza politica nell’Internazionale e poi dei rapporti con i nascenti partiti socialisti europei, la terza analizza la corrispondenza e i manoscritti, alcuni dei quali ancora inediti, mentre la quarta è dedicata alla teoria politica e al profilo che avrebbe assunto la futura società comunista. A tale formazione sociale Marx non si riferì mai con intenti prescrittivi e non fornì di conseguenza descrizioni di come dovesse essere organizzata, limitandosi ad abbozzare alcune caratteristiche generali desunte dalla dinamica del modo di produzione capitalistico e dallo studio delle società precapitaliste.
Nell’ultimo anno di vita Marx si recò a Ventnor, sperando che il clima “mediterraneo” dell’Isola di Wight potesse migliorare le sue precarie condizioni di salute. Proviamo a immaginarlo mentre cammina lungo la spiaggia, lento, con la mascherina del respiratore sul volto. Ascolta il rombo del mare invernale e ripensa alle rivoluzioni delle quali è stato testimone, agli entusiasmi, alle successive delusioni, all’esilio, ai lutti, ai nuovi entusiasmi. E al suo libro. Il capitale non è più un Necronomicon che gli divora la vita: ormai sa che non lo terminerà mai e forse si è convinto che la realtà infinita può esser contenuta solo in un’opera altrettanto infinita. Proprio come quella che ci ha lasciato Marx, consegnandoci un intero cantiere teorico utile a capire il mondo per cambiarlo.
Marcello
Musto