Ripensare Marx ai tempi della crisi

Marcello Musto, classe 1976, napoletano doc del centro antico, insegna Teoria Politica presso la York University di Toronto. Autore di numerosi saggi e testi relativi a Marx tradotti in varie lingue, è uno degli esperti più accreditati del pensiero marxista.

Ha in programma, fra le ultime iniziative, una serie di conferenze nelle Università dell’America Latina e sta collaborando alla pubblicazione di “Mega 2”, la prima edizione critica tedesca delle opere di Marx, edite e inedite, prevista in 114 volumi. Redattore di più testate di livello internazionale, contribuisce con il suo lavoro e con la pubblicazione di testi “agili di divulgazione” alla riflessione e all’informazione sul pensiero di Marx. Con il testo “Ripensare Marx e i marxismi” pubblicato da Carocci affronta solo la prima parte della biografia intellettuale del pensatore di Treviri. Il testo si inserisce nel rinnovato dibattito che pone di nuovo alla ribalta il Capitale e un Marx troppo frettolosamente gettato alle ortiche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. In Giappone riscuote successo la versione manga del Capitale, in Cina sono in corso di traduzione le sue opere complete, in Germania il Capitale è divenuto nuovamente un best seller e dal 5 al 9 luglio si è svolto a Londra il festival “Marxism 2012 – idee per cambiare il mondo”. È un Marx diverso quello proposto da Musto, per nulla accademico, ostile al socialismo di stato, creatore di un metodo aperto ad alleanze politiche e analitiche, legato più alla verità storica dei “fatti” che a una riduzione ideologica. Come in una nuova prospettiva democratica. E qui risiede l’attualità del suo pensiero e il ritornare a parlare di Marx in tempi di “crisi”.

Quando ha iniziato ad interessarsi a Marx?

Da quando ero studente all’Università; desideravo approfondire il suo pensiero, riscoprirlo, “ripulirlo” da ogni pregiudizio, liberarlo dalle ingiustizie compiute nei suoi confronti, senza osannarlo – errore compiuto da molti autori dogmatici – ma cercando di analizzare criticamente il suo percorso teorico.

Cosa avvicina di più Marx alla contemporaneità?

Sono tanti i punti di contatto. Quello di più stringente attualità riguarda il capitalismo e la sua crisi. Dopo la caduta del muro di Berlino, interrotti gli studi sul suo pensiero, si ritorna a riflettere su di lui durante la crisi finanziaria del 2008. Non a caso i maggiori quotidiani conservatori in Germania hanno pubblicato, proprio a partire dalla fine del 2007, gli articoli di Marx del 1857, per le innumerevoli convergenze e similitudini con l’attualità del momento. Poche biografie infatti ricordano che Marx è stato giornalista per un ventennio e per 12 anni il corrispondente dall’Europa del più diffuso quotidiano americano, il New Tribune, che vendeva più di 200mila copie al giorno. Testimone di tanti avvenimenti importanti, lo fu anche della prima grande crisi finanziaria, quella del 1857 appunto. Questa esperienza confermò al nostro autore il carattere ciclico e strutturale delle crisi, ma anche l’inconsistenza dell’idea di un mercato pensato come sistema razionale. Il mercato è “anarchico”.

Cosa vuol dire mercato anarchico?

Marx dice: “ Gli economisti che spiegano la crisi come l’eccesso di forme del capitalismo, assomigliano a quei filosofi -oggi scomparsi- che dicevano che la febbre è la causa di ogni malattia”. Non esiste il mito del mercato sempre autoregolato, non si legge questo dato neppure negli economisti classici, come Smith e Ricardo. In tempi di crisi il mercato non si autoregola, come nei tempi di espansione, anzi nella crisi il capitalismo distrugge e attraverso la distruzione cancella le forme di conquiste sociali che il mondo del lavoro compie.

Se volessimo tradurre in pratica i suoi insegnamenti, quale sarebbe la chiave di volta per superare la crisi?

Marx scrive il Capitale nel ’77 e dopo 5 anni nell’edizione francese già modifica alcune cose. Voglio dire che occorre apprendere il “metodo” marxiano. Il tema più importante è il “rapporto fra la sfera politica e la sfera economica”, non abbastanza al centro dei dibattiti politici perché se lo fosse sarebbero consequenziali interventi incisivi e modificanti. C’è molto in Marx sul rapporto economia/politica, della politica svuotata del suo peso, del meccanismo che trasferisce alla sfera economica la responsabilità delle decisioni. Pagine che possono descrivere l’oggi, il predominio non democratico dell’economia, della Banca Europea, delle scelte tecniche che poi non sono solo economiche ma politiche.

La sua rilettura di Marx come è stata accolta dai teorici vecchio stampo e dai giovani?.

Nell’ultimo libro che ho pubblicato mi confronto con colleghi di vari Paesi sulla “ricezione” di Marx. L’accoglienza è diversa. In America e nel mondo anglosassone, per esempio, esiste un interesse di carattere intellettuale: non essendoci un movimento operaio in senso classico non c’è cittadinanza politica di alcune idee. I giovani poi sono confusi e i movimenti come gli indignados o gli occupied street sono deboli teoricamente, vivono i fenomeni e Marx lo conoscono poco, di rimando. Il libriccino che ho pubblicato sull’alienazione semplice e veloce nella lettura ha questo scopo: divulgare, parlare del metodo di Marx.

E chi è più a destra, come ha reagito al suo lavoro?

Ho avuto diversi riscontri. Anche da Hobsbawm – 94 anni – un grande storico, autore di Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l’eredità del marxismo. Spesso mi hanno invitato in ambienti conservatori e il libro è stato tradotto anche in giapponese; penso che chi è dell’altra sponda abbia meno pregiudizi e abbia fatta sua di più l’idea di un Marx incompiuto, critico e autocrito.

A quale progetto sta lavorando?

Marx ha scritto: “Non voglio scrivere ricette per l’osteria dell’avvenire come i positivisti o gli utopisti, voglio spiegare al capitalismo che sarà poi l’emancipazione dei lavoratori a cambiare le cose”. E nei Manoscritti dà indicazioni di come non doveva essere la società, il Post-modernismo. Sto cercando di sistemare in maniera rigorosa le sue indicazioni sul socialismo, sul post capitalismo e dimostrare come la sua critica ai socialismi esistenti al suo tempo si può in parallelo riportare per i movimenti presenti oggi. Proudhon è la banca equa e solidale, il socialismo di Stato è la Cina di oggi e la Russia di ieri. Sto studiando poi i manoscritti preparatori del Capitale, la seconda parte della sua vita, quando guarda all’India, alla Cina e fa distinguo importanti della varie società. Temi di grande attualità.

Published in:

Il Denaro

Pub date:

12 July 2012

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