Sul giovane Marx

Formazione intellettuale e scritti giovanili alla luce della MEGA²

1. Recenti acquisizioni filologiche della MEGA2
Contrariamente alle previsioni che ne avevano decretato in maniera definitiva l’oblio, Marx è ritornato, durante gli ultimi anni, all’attenzione degli studiosi internazionali. Il valore del suo pensiero viene riproposto da più parti e i suoi scritti sono rispolverati sempre più frequentemente.

Nel mondo accademico, uno degli esempi più significativi di questa riscoperta è costituito dal proseguimento della Marx-Engels-Gesamtausgabe, la MEGA2. Questa edizione si articola in quattro sezioni: la prima comprende tutte le opere, gli articoli e le bozze escluso Il capitale; la seconda Il capitale e tutti i suoi lavori preparatori a partire dal 1857; la terza l’epistolario; la quarta gli estratti, le annotazioni e i marginalia. Fino ad oggi, dei 114 volumi previsti ne sono stati pubblicati 56 (16 dalla ripresa del 1998)[1] e l’impresa riveste grande importanza, se si considera che una parte dei manoscritti di Marx, delle lettere a lui indirizzate e dell’immensa mole di estratti e annotazioni, che egli era solito compilare dai testi che leggeva, è stata pubblicata solo dopo il 1998 o è tuttora inedita.

Le acquisizioni editoriali della MEGA2 hanno prodotto risultati di rilievo in ognuna delle quattro sezioni. Nella prima, Werke, Artikel und Entwürfe, le ricerche hanno reso possibile aggiungere nuovi articoli giornalistici pubblicati da Marx sul «New-York Tribune», a lui precedentemente non attribuiti perché dati alle stampe in anonimato sul quotidiano americano. Di notevole interesse, inoltre, il primo numero del «Marx-Engels-Jahrbuch», la nuova serie edita dall’IMES, interamente dedicato a [L’ideologia tedesca] [2]. Questo libro, anticipazione del volume I/5 della MEGA2, include le pagine che corrispondono alle parti [I. Feuerbach] e [II. Sankt Bruno]. I sette manoscritti sopravvissuti alla «critica roditrice dei topi» [3] sono raccolti come testi indipendenti e ordinati cronologicamente. Da questa edizione si evince il carattere non unitario dello scritto. Nuove e definitive basi vengono fornite all’indagine scientifica per risalire, con attendibilità, all’elaborazione teorica di Marx e [L’ideologia tedesca], considerata in passato finanche come l’esposizione esaustiva della concezione materialistica di Marx, è restituita nella sua originaria frammentarietà[4].

Le ricerche della seconda sezione della MEGA2, “Das Kapital” und Vorarbeiten, si sono soffermate, negli ultimi anni, sul secondo e terzo libro de Il capitale e hanno dato alla luce nuovi manoscritti preparatori di Marx e bozze redazionali di Engels inerenti questi due volumi. Engels, infatti, non avendo ricevuto da Marx alcuna indicazione su come selezionare i testi da pubblicare, si ritrovò con del materiale dallo «stile trascurato, familiare, con frequenti espressioni e locuzioni ruvidamente umoristiche, definizioni tecniche inglesi e francesi, spesso intere frasi e anche pagine in inglese; pensieri buttati giù nella forma in cui man mano si sviluppavano nella mente dell’autore (…), chiusa dei capitoli con un paio di frasi tronche, come pietre miliari degli sviluppi lasciati incompiuti»[5] e dovette operare delle complicate scelte editoriali. Grazie alle più recenti acquisizioni filologiche si può calcolare che gli interventi eseguiti da Engels sui manoscritti del secondo libro de Il capitale ammontano a circa cinquemila: una quantità di gran lunga superiore a quella sino a oggi presunta. Le modifiche sono consistite in aggiunte e cancellazioni di passaggi di testo, modifiche della sua struttura, inserimento di titoli di paragrafi, sostituzioni di concetti, rielaborazioni di alcune formulazioni di Marx o traduzioni di parole adottate da altre lingue. Solo alla fine di questo lavoro emerse la copia da dare alle stampe. I nuovi volumi della MEGA2 consentono, dunque, di ricostruire l’intero processo di selezione, composizione e correzione dei manoscritti marxiani svolto da Engels.

Il terzo libro de Il capitale rimanda a vicende editoriali ancora più complesse. Nella sua prefazione, Engels sottolineò come di questo testo «esisteva solo un primo abbozzo, per di più estremamente lacunoso. Normalmente la parte iniziale di ogni singola sezione era elaborata con una certa cura e rifinita anche stilisticamente. Quanto più si procedeva, però, tanto più la stesura diventava lacunosa, frammentaria e conteneva digressioni su questioni collaterali emerse nel corso dell’indagine, per le quali la sistemazione definitiva veniva rimessa a un successivo riordinamento della materia». Così, l’intensa attività redazionale di Engels, nella quale egli profuse le migliori energie nel lungo arco di tempo compreso tra il 1885 e il 1894, produsse il passaggio da un testo molto provvisorio, composto di «pensieri scritti in statu nascendi»[6] e appunti preliminari, a un altro unitario, dal quale si originò la parvenza di una teoria economica sistematica e conclusa.

Il completamento della seconda sezione, ormai prossimo, consentirà finalmente la valutazione critica certa sullo stato degli originali lasciati da Marx e sul valore e sui limiti del lavoro svolto da Engels in qualità di editore. La terza sezione della MEGA2, Briefwechsel, comprende il carteggio intrattenuto tra Marx ed Engels nel corso delle loro vite, nonché quello intercorso tra loro e i tantissimi corrispondenti con i quali furono in contatto. Il numero complessivo delle lettere di questo epistolario è enorme. Ne sono state ritrovate, infatti, oltre 4.000 scritte da Marx ed Engels, di cui 2.500 sono quelle che essi si sono scambiati direttamente, e 10.000 indirizzate loro da terzi, gran parte delle quali inedite prima della MEGA2. Altre 6.000, inoltre, pur non essendo state tramandate, hanno lasciato testimonianze certe della loro esistenza. Ben quattro sono i nuovi volumi editi, che permettono ora di rileggere importanti fasi della biografia intellettuale di Marx, anche attraverso le missive di coloro con i quali egli fu in contatto[7].

Le novità dell’edizione storico-critica sono riscontrabili anche nella quarta sezione, Exzerpte, Notizen, Marginalien, relativa a quei numerosi compendi e appunti di studio di Marx, che costituiscono una significativa testimonianza del suo lavoro ciclopico. Fin dal periodo universitario, egli assunse l’abitudine, mantenuta poi per tutta la vita, di compilare quaderni di estratti dai libri che leggeva, intervallandoli, spesso, con le riflessioni che essi gli suggerivano. Il Nachlaß di Marx contiene circa duecento quaderni e taccuini di riassunti, essenziali per la conoscenza e la comprensione della genesi della sua teoria e delle parti di essa che non ebbe modo di sviluppare quanto avrebbe voluto. Gli estratti conservati, che coprono il lungo arco di tempo dal 1838 fino al 1882, sono scritti in 8 lingue – tedesco, greco antico, latino, francese, inglese, italiano, spagnolo e russo – e ineriscono alle più svariate discipline. Essi furono desunti da testi di filosofia, arte, religione, politica, diritto, letteratura, storia, economia politica, relazioni internazionali, tecnica, matematica, fisiologia, geologia, mineralogia, agronomia, etnologia, chimica e fisica; oltre che da articoli di quotidiani e riviste, resoconti parlamentari, statistiche, rapporti e pubblicazioni di uffici governativi – è il caso dei famosi Blue Books, in particolare i «Reports of the inspectors of factories», le cui indagini furono di grande importanza per i suoi studi. Questa sterminata miniera di sapere, in larga parte ancora inedita, fu il cantiere della teoria critica di Marx e la quarta sezione della MEGA², concepita in trentadue volumi, ne consente, per la prima volta, l’accesso.

Resta infine da chiedersi: quale Marx emerge dalla nuova edizione storico-critica MEGA2? Decisamente un Marx diverso da quello spacciato, per lungo tempo, da molti suoi seguaci e avversari. Al profilo granitico della statua che, in tante piazze dei regimi illibertari dell’Est europeo, lo raffigurava indicare l’avvenire con certezza dogmatica, si sostituisce, oggi, quello di un autore che ha lasciato incompleta gran parte dei suoi scritti per dedicarsi, fino alla morte, a ulteriori studi che verificassero la validità delle proprie tesi. Tuttavia, se Marx non è identificabile con la rappresentazione fornita dal grigio “socialismo reale”, credere di poter relegare il suo patrimonio teorico e politico a un passato che non avrebbe più niente da dire ai conflitti odierni, di circoscriverlo alla funzione di classico privo di interesse per l’oggi, o di rinchiuderlo in specialismi meramente accademici, sarebbe altrettanto sbagliato.

L’odierna importanza di Marx[8], come hanno sostenuto numerosi commentatori della recente crisi economica mondiale, si basa sulla sua persistente capacità esplicativa del mondo contemporaneo e la circostanza che la MEGA2 torni a essere pubblicata in una fase in cui Marx non viene più collegato all’ideologia sovietica ed è nuovamente interrogato per comprendere i fenomeni del presente, potrà creare nuovi percorsi di ricerca lungo i quali gli studi su Marx hanno ancora tanta strada da percorrere.

2. Infanzia, adolescenza e studi di formazione
Karl Marx nacque il 5 maggio del 1818 a Treviri, la città più antica della Germania. Egli discendeva da antiche famiglie ebraiche e studiare il suo albero genealogico significa smarrirsi nella sfilza di rabbini succedutisi, nel corso dei secoli, all’interno della sua famiglia [9].

Dei primi anni di vita di Marx non si conoscono che pochi particolari. Verosimilmente, essi trascorsero felici nell’ambiente sereno e colto di una famiglia borghese, che scorgeva in lui un figlio particolarmente dotato nel quale riporre grandi speranze per il futuro. Educato in famiglia fino a dodici anni, egli derivò il suo primo orientamento spirituale dal razionalismo del padre, che esercitò una profonda influenza sulla sua formazione. Spirito molto colto, Heinrich Marx era seguace delle teorie dell’Illuminismo e conosceva molto bene Voltaire e Jean-Jacques Rousseau [10]. Libero da pregiudizi religiosi e sostenitore di tendenze liberali in politica, educò il figlio con moderni principi pedagogici e Marx conservò sempre un profondo affetto per il padre.

Al contrario, la madre Henriette Pressburg era una donna priva di particolare istruzione, completamente dedita alla casa e alla famiglia, apprensiva e di mentalità angusta. Non ebbe alcun ruolo nello sviluppo intellettuale del figlio e non ne comprese mai le aspirazioni. Molto saltuarie e fredde furono anche le relazioni con le tre sorelle, che non ebbero alcuna importanza nella sua esistenza. Dal 1830 al 1835, Marx frequentò il liceo “Friedrich-Wilhelm” di Treviri. L’istituto vantava ottimi professori e si caratterizzava per un insegnamento razionalistico e liberale. Questa educazione, accanto a quella di analogo stampo ricevuta dal padre, improntò la prima importante forma mentis di Marx.

Egli era uno dei più giovani alunni della sua classe e tra i pochi scolari dell’intera scuola a non professare la religione cattolica. I suoi studi furono di buon livello, ma non particolarmente brillanti. Anche la promozione finale, seppure soddisfacente, non si distinse per particolari meriti. Leggendo il diploma di maturità di Marx si apprende che le sue conoscenze grammaticali di tedesco e il suo modo di scrivere furono valutati «molto buoni». In latino e greco egli traduceva e spiegava con facilità e avvedutezza, componeva con ricchezza di pensieri e profonda penetrazione dell’argomento e, inoltre, aveva acquisito una certa speditezza nel parlare. «In generale abbastanza versato» per la storia e la geografia; in francese leggeva con qualche aiuto anche le cose più difficili; mentre della matematica aveva «buone conoscenze» e con la fisica una familiarità mediocre. Lo studente Marx aveva «abbastanza chiara e ben fondata» anche la conoscenza della dottrina religiosa, della morale cristiana e «in certa misura la storia della chiesa romana». La commissione di esami lo congedò, dunque, «con la speranza che egli corrisponderà alle buone aspettative che le sue attitudini giustificano» [11].

3. Gli studi di diritto
Completato il liceo, il giovane diciassettenne assecondò il desiderio del padre, che avrebbe voluto indirizzarlo alla sua stessa professione di avvocato e, nonostante egli non avesse alcuna particolare predilezione per il diritto, nel 1835 s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza. Così, per proseguire gli studi, nel mese di ottobre si trasferì a Bonn, la sede universitaria più vicina a Treviri e principale centro intellettuale della Renania.

Poiché le lettere scritte da Marx ai propri genitori da Bonn sono andate smarrite, quelle a lui indirizzate da suo padre rappresentano l’unica fonte diretta di informazioni di questo periodo e costituiscono uno strumento fondamentale per la sua ricostruzione. Allo «studiosus juris» [12] Karl, Heinrich Marx rivolse in questa fase premurose raccomandazioni e grandi speranze: «non ho proprio nessun dubbio sulla tua buona volontà, la tua diligenza, neppure in rapporto al tuo fermo proposito di fare qualche cosa di grande».

Al suo arrivo a Bonn, Marx cominciò gli studi con grande impegno ed entusiasmo. Tale era la sua voglia di apprendere che, durante il primo semestre invernale, s’iscrisse a ben nove corsi. Tuttavia, dopo un ammonimento del padre – «nove corsi mi sembrano un po’ troppi, e non vorrei che tu facessi più di quanto il corpo e lo spirito possano sopportare» –, egli si convinse a ridurne il numero a sei, rinunciando a quelli inerenti la fisica e la chimica, condotti, tra l’altro, alquanto male. Tutte le lezioni furono seguite con assiduità e attenzione e accanto alle discipline che competevano al suo indirizzo, Enciclopedia della scienza giuridica, Istituzioni e Storia del diritto romano, egli scelse di partecipare anche ai corsi di Mitologia greca e romana, Storia dell’arte moderna e le Questioni su Omero, questo ultimo impartito proprio da Schlegel. Questa scelta mostra la poliedricità d’interessi del giovane scolaro e svela la grande passione da lui nutrita per la poesia.

Come si evince dalle missive del padre, con il denaro che questi gli inviava, Marx acquistò subito molti libri, specialmente grandi opere di storia. Lo studio fu intensissimo e, dopo soli pochi mesi dal suo arrivo, Marx si ammalò a causa dell’eccesso di lavoro. Le lettere del padre lo ammonirono ancora in proposito: «spero almeno che la triste esperienza ti abbia mostrato la necessità di stare un po’ più attento alla salute. (…) Anche l’eccessivo studio in questo caso è una pazzia. (…) Non c’è essere più miserevole di un dotto malaticcio» [13]. Così, vinto dalle circostanze, durante il semestre estivo, egli limitò il numero dei corsi universitari a quattro: Storia del diritto tedesco, Diritto internazionale europeo, Diritto naturale e le Elegie di Propezio, anche questo tenuto da Schlegel. Al minore impegno concorsero, oltre l’affaticamento accumulato, anche le esuberanze della vita studentesca, dalle quali era stato, nel frattempo, conquistato. Durante questo periodo, Marx contrasse debiti; fu arrestato per «schiamazzi notturni ed ubriachezza» [14] e punito con la pena di un giorno di carcere; e, infine, prese parte a un duello con un altro studente, nel quale fu leggermente ferito. Nel complesso, dunque, l’anno trascorso a Bonn deluse le aspettative del padre che, pertanto, decise di trasferire il figlio all’università di Berlino.

4. La filosofia ed Hegel
Con i suoi 320.000 abitanti, nel 1836 Berlino era il luogo più popoloso dei territori di lingua tedesca dopo Vienna. La città raccoglieva la considerevole burocrazia prussiana, esprimeva un’intensa vita intellettuale e fu la prima grande metropoli conosciuta da Marx. L’università “Friedrich-Wilhelms”[15], fondata nel 1810, contava all’epoca 2100 studenti, annoverava molti tra i più celebri insegnanti del tempo – lo stesso Georg F. W. Hegel vi aveva insegnato dal 1818 al 1831, anno della sua morte – e rappresentava l’ambiente più serio e propizio dove condurre gli studi. In questo nuovo contesto, Marx abbandonò la spensieratezza della seconda parte del periodo trascorso a Bonn e si dedicò, con rinnovata passione e diligenza, ai suoi doveri. Tuttavia, rispetto all’anno precedente, il suo atteggiamento verso l’università era mutato.

Egli si preoccupò molto meno delle lezioni accademiche e, durante i 9 semestri accademici trascorsi a Berlino, si iscrisse solamente a 13 corsi e restò due semestri senza seguirne alcuno. Nel semestre invernale 1836-37, egli seguì quelli sulle Pandette[16], di Diritto criminale e di Antropologia. I primi due, frequentati con assiduità e zelo, erano impartiti dai maggiori giuristi del tempo: Friedrich C. von Savigny e Gans. Il primo, fondatore e principale teorico della Scuola storica del diritto, propugnava un’esaltazione del passato, condivideva le idee romantiche ed era fautore di un conservatorismo politico. Il secondo, discepolo di Hegel e saint-simoniano, paladino di tutta la Berlino progressista, era, al contrario, il più avanzato liberale in campo politico e sociale e contribuì certamente allo sviluppo di tali tendenze in Marx, nonché al suo interesse per l’hegelismo.

Ad ogni modo, la partecipazione alle attività dell’università fornisce soltanto un’idea molto parziale della sua operosità intellettuale. In quegli anni, infatti, Marx si limitò a seguire i corsi obbligatori di diritto senza i quali non avrebbe potuto sostenere gli esami [17], in particolare quelli di Diritto ecclesiastico, Procedura civile, Procedura civile prussiana e Procedura penale impartiti da August W. Heffter o quello di Diritto civile prussiano tenuto da Gans e, inoltre, Diritto ereditario, «Logica», Geografia, Isaia ed Euripide. Al contrario, rinchiusosi fin dall’arrivo in città nella sua stanza da studio, egli avviò, con un impegno prodigioso, uno studio indipendente che gli permise d’impadronirsi rapidamente di molte più cognizioni di quante non avrebbe potuto assimilare se avesse seguito i soli corsi accademici.

Il percorso di apprendimento di Marx relativo a questa fase può essere ricostruito grazie alla lettera scritta al padre nel novembre del 1837, l’unica pervenutaci di tutto il periodo universitario, che costituisce un preziosissimo documento biografico circa il suo primo anno trascorso a Berlino. Infervorato dall’amore per la fidanzata Jenny e turbato per il carattere ancora molto incerto di una unione non ancora ufficiale, Marx si dedicò innanzitutto alla poesia. Dall’ottobre al dicembre del 1836, compose tre quaderni di versi dedicati, e successivamente inviati, alla «mia cara, eternamente amata Jenny v. Westphalen»[18]: il [Libro dell’amore], diviso in due parti, e il [Libro dei canti].

Per Marx, comunque, «la poesia poteva e doveva essere solo un accompagnamento». Egli aveva il compito di studiare giurisprudenza e, inoltre, si sentiva sempre più «spinto a lottare con la filosofia». Avviò, infatti, la lettura dei giuristi tedeschi Johann G. Heineccius e Anton F. J. Thibaut, tradusse i primi due libri delle Pandette e cercò, al contempo, «di realizzare una filosofia del diritto che abbracciasse l’intero ambito del diritto stesso» [19]. Guidato dalla volontà di costruire una relazione tra i temi affrontati, e grazie alla sua capacità di generalizzare, egli passò dallo studio degli aspetti empirici del diritto alla giurisprudenza e da questa alla filosofia in generale [20]. Così facendo, redasse «un lavoro di quasi 300 fogli», rimasto incompiuto e andato poi disperso, che sviluppò in due parti: una «metafisica del diritto» e una «filosofia del diritto». Anche se non riuscì a portare a termine questo manoscritto, la sua redazione gli permise di appassionarsi «alla materia e di acquistarne una visione complessiva». Egli si accorse «dell’erroneità dell’insieme, che nello schema fondamentale si accosta a quello kantiano» e si convinse «che senza filosofia non si poteva venire a capo di nulla». Scrisse, quindi, «un nuovo sistema metafisico di base», alla cui conclusione, però, dovette «riconoscere l’assurdità di esso e di tutte le (…) fatiche precedenti».

A poco a poco, la filosofia prevalse sempre più sugli studi di diritto e la prospettiva di una carriera accademica si impose su quella giuridica voluta dal padre. Inoltre, accanto alla filosofia, Marx espanse i suoi interessi in molte altre direzioni. Egli assunse «l’abitudine di fare estratti da tutti i libri che leggev[a] (…) e di buttare giù, di tanto in tanto, le sue riflessioni»[21] in proposito. Questo modo di prendere appunti, con una grafia minuta e quasi illeggibile, fu da lui conservato per tutta la vita. Marx inaugurò i suoi quaderni di estratti con dei compendi dal Laocoonte di Gotthold E. Lessing, dall’Erwin di Karl W. F. Solger, dalla Storia dell’arte nell’antichità di Johann J. Winckelmann e dalla Storia del popolo tedesco di Heinrich Luden[22]. In questo stesso periodo, Marx tradusse anche due classici latini: la Germania di Tacito e i Libri della tristezza di Ovidio; cominciò a studiare la grammatica inglese e italiana; lesse i Principi fondamentali di diritto penale tedesco e osservazioni sulle leggi prussiane di Ernst F. Klein e, sommariamente, tutte le principali novità letterarie.

Nonostante i continui ammonimenti del padre, che lo pregò ripetutamente di non esagerare con lo studio e «di risparmiare la tua salute mentre arricchisci lo spirito»[23], Marx lavorò in modo forsennato. Egli riprese nuovamente a comporre poesie e scrisse un altro quaderno di versi, che dedicò al padre in occasione dei suoi sessant’anni. Al suo interno, accanto a diversi altri componimenti, incluse il primo atto di [Oulanem], un dramma fantastico in versi, e alcuni capitoli del romanzo umoristico [Scorpione e Felice], un tentativo mal riuscito di deridere la Berlino filistea. Sono interessanti, invece, alcuni brevi [Epigrammi], contenuti nello stesso quaderno, che documentano il suo atteggiamento critico del tempo verso Hegel.

Infine, tra i principali interessi di Marx di questo periodo vi furono anche il teatro e le questioni letterarie, poiché, fin dal 1837, nonostante fosse appena diciannovenne, egli aveva progettato di fondare una rivista di critica letteraria[24]. Fu così che, dopo una fase di intensissimo studio, dedicato a diritto, filosofia, arte, letteratura, lingue e poesia e a causa del coinvolgimento emotivo che accompagnò le sue ricerche, egli si ammalò e su indicazione di un medico, che gli consigliò di riposarsi in campagna, dovette lasciare Berlino per Stralow [25], un villaggio di pescatori negli immediati dintorni della capitale prussiana a circa un’ora di cammino dall’università.

Questo soggiorno, anziché rappresentare un periodo di pausa, costituì un’importante tappa della evoluzione intellettuale di Marx: «un sipario era caduto, il mio sacrario era spezzato, e nuovi dèi dovevano essere insediati». Infatti, dopo un profondo conflitto interno, egli si congedò definitivamente dal Romanticismo e si allontanò dall’idealismo kantiano e fichtiano, che erano stati per lui «modello e alimento», per «cercare l’idea nella realtà stessa». Fino a quel momento, Marx aveva letto soltanto «frammenti della filosofia di Hegel, la cui grottesca melodia rocciosa non gli era piaciuta». A Stralow, invece, egli lesse «dal principio alla fine Hegel e la maggior parte dei suoi discepoli». La sua conversione allo hegelismo, però, fu tutt’altro che immediata. Per meglio precisare la concezione che andava acquisendo, Marx compose un dialogo di 24 fogli dal titolo [Cleante, o del punto di partenza e del necessario svolgimento della filosofia], anch’esso andato disperso, attraverso il quale tentò di unire «l’arte e la scienza». La sua redazione, frutto di studi storici, di scienza della natura e di testi di Schelling, costò a Marx «una fatica infinita». Inoltre, l’esito di tale lavoro lo sconfortò perché «questa mia creatura prediletta, nutrita al chiaro di luna, mi porta come una sirena ingannatrice tra le braccia del nemico», ovvero all’adesione alla filosofia di Hegel.

Preso dalla rabbia per l’approdo che avevano avuto le sue riflessioni, Marx fu, «per alcuni giorni, del tutto incapace di pensare». In seguito, abbandonò per un po’ di tempo la filosofia, per immergersi in nuovi studi di diritto, attraverso i quali si dedicò in particolare al Diritto del possesso di Savigny, al Manuale del diritto penale di Anselm R. Feuerbach, ai Principi fondamentali della scienza di diritto penale di Karl von Grolman, al Significato delle parole del titolo delle pandette di Andreas G. Cramer, al Manuale di diritto civile generale di Johann N. von Wenning-Ingenheim, alla Scienza delle pandette di Christian F. Mühlenbruch, alla Concordanza dei canoni discordanti di Graziano e alle Istituzioni di diritto canonico di Giovan Paolo Lancellotti. Inoltre, egli lesse il libro Dignità e progresso delle scienze di Francis Bacone, il volume Sugli istinti artistici degli animali di Hermann S. Reimarus e tradusse parzialmente la Retorica di Aristotele. Alla fine di questo periodo, a causa degli «inutili, falliti lavori intellettuali» e della «rabbia bruciante di dover prendere come riferimento una concezione a me invisa», Marx ebbe un esaurimento e, una volta ristabilitosi, «bruci[ò] tutte le poesie e gli abbozzi di novelle» [26] composti fino ad allora.

5. Un giovane hegeliano al Doktorclub di Berlino
Introdottovi da Adolf Rutenberg, il suo più intimo amico del tempo, dal 1837, Marx prese a frequentare il «Doktorclub», un circolo di scrittori, docenti e studenti della sinistra hegeliana di Berlino, sorto in quello stesso anno e del quale facevano parte, tra gli altri, Bruno Bauer, Carl Friedrich Köppen, Heinrich Bernhard Oppenheim e Ludwig Buhl[27]. Fu proprio grazie a essi che Marx si «leg[ò], sempre più saldamente, all’attuale filosofia del mondo, alla quale avev[a] pensato di sfuggire»: l’hegelismo. Inoltre, in questo periodo, egli continuò a studiare e a scrivere intensamente e, in novembre, comunicò al padre: «non potetti aver pace fin quando non mi fui messo al passo e non ebbi raggiunto il punto di vista dell’attuale concezione scientifica tramite alcune brutte opere come [La visita]»[28].

In questa fase, il Doktorclub divenne il centro della formazione di Marx e fu di stimolo e impulso per tutta la sua attività. Dopo la scissione tra destra e sinistra hegeliana, prodottasi proprio durante quegli anni, nel circolo di Berlino si erano riunite alcune delle menti più progressiste della Prussia del tempo che presero parte alla lotta tra conservatorismo e liberismo. Sebbene al momento delle sue prime visite alla sede del Club dei dottori Marx avesse appena 20 anni, grazie alla sua brillante personalità, non solo fu trattato alla pari da tutti i suoi membri, mediamente più anziani di lui di dieci anni, ma riuscì a esercitare su di loro anche una grande influenza e a orientarne spesso le discussioni[29].

Dall’inizio del 1839, Marx si legò sempre più a Bauer, che lo aveva incitato ripetutamente a concludere in fretta l’università. Egli si dedicò, così, a uno studio approfondito della filosofia di Epicuro e, fino al principio del 1840, redasse sette quaderni di appunti in vista di una dissertazione di laurea sulla filosofia greca, intitolata, poi, [Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro] e che costituì l’unico scritto strettamente filosofico di tutta la sua esistenza[30]. La dissertazione, probabilmente l’unica parte realizzata di un progetto più generale sulla filosofia antica, fu redatta tra la seconda metà del 1840 e il marzo del 1841 e fu composta da una prefazione, da due sezioni di cinque capitoli ciascuna – il quarto e il quinto capitolo della prima parte sono, però, andati perduti – e da un’appendice contenente la critica di Plutarco a Epicuro, anche essa smarrita tranne alcune annotazioni.

La quantità di tempo impiegata da Marx per completare il suo lavoro trova spiegazione nell’estrema scrupolosità con la quale egli era solito studiare e nella rigorosa autocritica alla quale sottoponeva le sue riflessioni[31]. Il desiderio irruente di partecipare alla lotta politica in cui era impegnata la Sinistra hegeliana fu in lui molto forte, ma ancora di più fu la consapevolezza della necessità di ampliare i propri studi per meglio precisare la sua concezione del mondo. Oltre a Epicuro, infatti, egli intraprese lo studio di molti altri autori. Durante la prima metà del 1840, cominciò a leggere e fare estratti dal De anima di Aristotele e programmò di scrivere una critica delle Ricerche di logica di Friedrich Adolf Trendelenburg, così come un libro contro il teologo Georg Hermes e un pamphlet polemico su L’idea della divinità di Karl Ph. Fischer[32], progetti che, però, non furono mai portati a termine.

Inoltre, tra il gennaio e l’aprile del 1841, ovvero durante e dopo la redazione dell’ultima parte della sua tesi di laurea, a testimonianza della volontà di impiegare il suo tempo in uno studio rigoroso anziché nella redazione di articoli estemporanei[33], Marx compilò, coadiuvato da un copista calligrafo, sei quaderni di estratti, in cui raccolse citazioni dalla corrispondenza e da diverse opere di Gottfried Leibniz, dal Trattato sulla natura umana di David Hume, dal Trattato teologico-politico di Baruch Spinoza e dalla Storia della filosofia kantiana di Karl Rosenkranz[34]. Questi estratti riguardarono filosofi moderni e, dunque, furono studi indipendenti rispetto al lavoro preparatorio per la sua dissertazione. Essi avevano come obiettivo l’ampliamento delle sue conoscenze, nella speranza di ottenere un posto di professore di filosofia all’università[35].

Tuttavia, quando nell’aprile del 1841, dopo aver presentato la sua tesi alla facoltà di filosofia dell’università di Jena [36], di indirizzo più liberale rispetto a quella di Berlino, ed essere stato nominato dottore in filosofia, il nuovo contesto politico precluse a Marx questa possibilità. Infatti, in seguito all’avvento al trono di Federico Guglielmo IV, in tutta la Prussia si sviluppò una forte reazione romantico cristiana e la filosofia hegeliana, che aveva goduto sino ad allora dell’appoggio dello Stato, fu messa al bando insieme alla possibilità di esercitare ogni pensiero all’interno dell’accademia.

Si decise così a partire per Bonn e a raggiungere l’amico Bauer, col quale aveva progettato di dare vita a una rivista, che avrebbe dovuto chiamarsi «Archiv des Atheismus», attraverso la quale fornire ai lettori il loro punto di vista critico soprattutto in materia religiosa. Durante questo periodo, Marx redasse un nuovo gruppo di estratti, in particolare dal testo Sul culto degli dei feticci di Charles de Brosses, dalla Storia critica generale delle religioni di Christoph Meiners e dal libro Della religione Benjamin Constant [37], ma anche il progetto della nascita della rivista fallì e a Marx, allontanatosi da Bauer per dissidi di carattere politico, lasciò gli studi dei testi di religione per dedicarsi al giornalismo.

6. L’incontro con l’economia politica e i [Manoscritti economico-filosofici del 1844]
Messa definitivamente da parte l’aspirazione di intraprendere la carriera universitaria, tra il 1842 e il 1843, Marx si diede all’attività pubblicistica e collaborò con il quotidiano di Colonia «Rheinische Zeitung», del quale divenne rapidamente giovanissimo redattore capo. Tuttavia, poco tempo dopo l’inizio della sua direzione e la pubblicazione di alcuni suoi articoli sulle discussioni della dieta renana inerenti la legge contro i furti di legna [38], nei quali, seppure soltanto dal punto di vista giuridico e politico, aveva iniziato a occuparsi di questioni economiche, la censura colpì il giornale ed egli decise di interrompere questa esperienza «per ritirar[s]i dalla scena pubblica alla stanza da studio»[39]. Si dedicò, così, agli studi sullo Stato e le relazioni giuridiche, rispetto ai quali Hegel era un’autorità, e in un manoscritto del 1843, pubblicato postumo con il titolo [Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto], avendo maturato la convinzione che la società civile fosse la base reale dello Stato politico, sviluppò le sue primissime formulazioni circa la rilevanza del fattore economico nell’insieme dei rapporti sociali.

Marx diede inizio a uno «scrupoloso studio critico dell’economia politica»[40] solo dopo il suo trasferimento a Parigi, dove, nel 1844, fondò e co-diresse la rivista «Deutsch-französische Jahrbücher». Egli si recò nella capitale francese nell’ottobre del 1843, all’età di 25 anni, e il soggiorno parigino segnò profondamente la sua evoluzione intellettuale. La disponibilità teorica con la quale Marx giunse a Parigi, in seguito all’esperienza giornalistica presso la «Rheinische Zeitung» e all’abbandono dell’orizzonte concettuale dello Stato razionale hegeliano e del radicalismo democratico, al quale era precedentemente approdato, fu scossa dalla visione concreta della classe lavoratrice. La scoperta del proletariato e, per suo tramite, della rivoluzione; l’adesione, seppur ancora in forma indeterminata e semiutopistica, al comunismo; la critica alla filosofia speculativa di Hegel e alla Sinistra hegeliana; il primo abbozzo della concezione materialistica della storia e l’avvio della critica dell’economia politica, furono l’insieme dei temi fondamentali che Marx andò maturando durante questo periodo.

Da questo momento in poi, le sue indagini, fino ad allora di carattere prevalentemente filosofico, storico e politico, si indirizzarono verso l’economia politica, disciplina che divenne il fulcro delle sue future ricerche. A Parigi, infatti, spinto dalle contraddittorietà del diritto e della politica, insolubili nel loro stesso ambito, ovvero dalla incapacità che entrambe avevano mostrato di dare soluzione ai problemi sociali, e colpito in maniera decisiva dalle considerazioni contenute nei Abbozzo di una critica dell’economia politica, uno dei due articoli di Engels pubblicati nel primo e unico volume dei «Deutsch-französische Jahrbücher»[41], si avvicinò a questa nuova materia. Sotto l’influsso de L’essenza del denaro di Hess e della trasposizione, da lui operata, del concetto di alienazione dal piano speculativo a quello economico-sociale, il primo stadio della sua analisi si concentrò nella critica alla mediazione economica del denaro, ostacolo alla realizzazione dell’essenza dell’uomo.

A partire dalla fine del 1843, Marx avviò una grande mole di letture e da esse ricavò nove quaderni di estratti e appunti. I cosiddetti [Quaderni di Parigi] sono particolarmente interessanti perché tra i libri maggiormente compendiati figurano il Trattato di economia politica di Jean-Baptiste Say e La ricchezza delle nazioni di Adam Smith[42], testi dai quali Marx assimilò le nozioni basilari di economia, così come i Principi di economia politica di David Ricardo e gli Elementi di economia politica di James Mill [43], che gli diedero, invece, la possibilità di sviluppare le prime valutazioni rispetto ai concetti di valore e prezzo e alla critica del denaro quale dominio della cosa estraniata sull’uomo.

Il filo conduttore degli studi di questo periodo fu il bisogno di disvelare e contrastare quella che, dal suo punto di vista, era la maggiore mistificazione dell’economia politica: la tesi secondo la quale le sue categorie fossero valide in ogni tempo e in ogni luogo. Parallelamente ad essi, Marx redasse altri tre quaderni, pubblicati postumi con il titolo di [Manoscritti economico-filosofici del 1844] [44], che contengono osservazioni analoghe. Marx sottolineò, infatti, che «l’economia politica parte dal fatto della proprietà privata. Ma non ce la spiega», «presuppone in forma di fatto, di accadimento, ciò che deve dedurre» [45]. L’economia politica considerava il regime della proprietà privata, il modo di produzione a esso congiunto e le categorie economiche corrispondenti, come immutabili e durevoli per l’eternità.

Gli economisti borghesi avevano presentato le leggi del modo di produzione capitalistico come leggi eterne della società umana. Marx, viceversa, ponendo come esclusivo e distinto oggetto d’indagine la natura specifica dei rapporti del suo tempo, «la realtà lacerata dell’industria» [46], ne sottolineò la transitorietà, il carattere di stadio storicamente prodotto e intraprese la ricerca delle contraddizioni che il capitalismo produceva e che portavano, a suo avviso, al suo superamento.

Questo differente modo di intendere i rapporti sociali avrebbe determinato importanti ricadute, la più significativa delle quali è, senz’altro, quella relativa al concetto di lavoro alienato. Contrariamente agli economisti, così come allo stesso Hegel, che concepivano il lavoro alienato come una condizione naturale e immutabile della società, Marx respinse la dimensione antropologica dell’alienazione in favore di una concezione su base storico-sociale, che riconduceva il fenomeno a una determinata struttura di rapporti produttivi e sociali: la moderna società borghese e il lavoro salariato.

L’intenso lavoro condotto da Marx durante questo periodo è comprovato dalle testimonianze di quanti lo frequentarono al tempo. Alla fine del 1844, il giornalista radicale Heinrich Bürgers sostenne, infatti, che: «Marx aveva avviato sin da allora approfondite ricerche nel campo dell’economia politica e accarezzava il progetto di scrivere un’opera critica in grado di formare una nuova costituzione della scienza economica» [47]. Anche Friedrich Engels, che aveva conosciuto Marx nell’estate del 1844 e stretto con lui un’amicizia e un sodalizio teorico e politico destinati a durare per il resto delle loro esistenze, nella speranza che una stagione di rivolgimenti sociali fosse alle porte, esortò Marx, sin dalla prima lettera di quel loro carteggio protrattosi per un quarantennio, a dare alla luce in fretta la sua opera: «fa ora in modo che il materiale che hai raccolto venga lanciato presto per il mondo. Il tempo stringe maledettamente» [48]. Tuttavia, la consapevolezza dell’insufficienza delle sue conoscenze impedì a Marx di completare e pubblicare i suoi manoscritti. Inoltre, nell’autunno del 1844, egli si dedicò, proprio assieme a Engels[49] , alla stesura de La sacra famiglia. Critica della critica critica contro Bruno Bauer e soci, uno scritto polemico, pubblicato nel 1845, nei confronti di Bauer e di altri esponenti della Sinistra Hegeliana, movimento dal quale Marx aveva preso le distanze già nel 1842, ritenendo che i suoi membri fossero dediti esclusivamente a sterili battaglie di concetti e rinchiusi nell’isolamento speculativo.

Dopo la pubblicazione di questo testo, Engels si rivolse nuovamente all’amico invitandolo a ultimare lo scritto di economia in preparazione: «guarda di portare a termine il tuo libro di economia politica; anche se tu dovessi rimanere scontento di molte cose, non fa niente, gli animi sono maturi, e dobbiamo battere il ferro finché è caldo»[50].

Queste sollecitazioni servirono però a ben poco. L’ancora stentata conoscenza dell’economia politica indusse Marx a proseguire gli studi, anziché tentare di dare forma compiuta ai suoi abbozzi. Ad ogni modo, sorretto dalla convinzione di poter dare alla luce il suo scritto in breve tempo, nel febbraio del 1845, dopo essere stato espulso dalla Francia, egli firmò un contratto con l’editore di Darmstadt Karl Wilhelm Leske, per la pubblicazione di un’opera in due volumi da intitolarsi «Critica della politica e dell’economia politica»[51].

7. Il proseguimento degli studi di economia
Dal febbraio del 1845, Marx si trasferì a Bruxelles, dove rimase fino al marzo del 1848. Durante questi tre anni, e in particolar modo nel 1845, egli proseguì produttivamente gli studi di economia politica. Nel marzo di quell’anno, infatti, lavorò a una critica, senza riuscire però a completarla, dell’opera Il sistema nazionale dell’economia politica dell’economista tedesco Friedrich List[52]. Inoltre, dal febbraio al luglio, redasse sei quaderni di estratti, i cosiddetti [Quaderni di Bruxelles], riguardanti soprattutto lo studio dei concetti basilari dell’economia politica, nei quali riservò particolare spazio agli Studi sull’economia politica di Sismonde de Sismondi, al Corso di economia politica di Henri Storch e al Corso di economia politica di Pellegrino Rossi. Contemporaneamente, Marx si dedicò anche alle questioni legate ai macchinari e alla grande industria e ricopiò diverse pagine dell’opera Sull’economia delle macchine e delle manifatture di Charles Babbage[53]. In questo periodo, egli progettò, insieme con Engels, di organizzare anche la traduzione in lingua tedesca di una «Biblioteca dei più eccellenti scrittori socialisti stranieri»[54]. Tuttavia, non avendo trovato il sostegno finanziario di nessun editore e non disponendo di molto tempo libero, essendo entrambi impegnati innanzitutto con i propri lavori, Marx ed Engels dovettero abbandonare questo proposito.

Nei mesi di luglio e agosto, Marx soggiornò a Manchester, al fine di prendere in esame la vasta letteratura economica inglese, la cui consultazione riteneva indispensabile per scrivere il libro che aveva in cantiere. Redasse così altri nove quaderni di estratti, i [Quaderni di Manchester], e, di nuovo, tra i testi maggiormente compendiati vi furono manuali di economia politica e libri di storia economica, tra i quali leLezioni sugli elementi di economia politica di Thomas Cooper, Una storia dei prezzi di Thomas Tooke, la Letteratura di economia politica di John Ramsay McCulloch e i Saggi su alcuni problemi insoluti di economia politica di John Stuart Mill [55]. Marx s’interessò molto anche alle questioni sociali e raccolse estratti da alcuni dei principali volumi della letteratura socialista anglosassone, in particolare da I mali del lavoro e il rimedio del lavoro di John Francis Bray e dal Saggio sulla formazione del carattere umano e Il libro del nuovo mondo morale di Robert Owen [56]. Dello stesso argomento trattava, inoltre, La sitazione della classe operaia in Inghilterra, la prima opera di Engels, apparsa proprio nel giugno del 1845.

Nella capitale belga, oltre a proseguire gli studi economici, Marx lavorò anche a un altro progetto, che ritenne necessario realizzare a causa delle circostanze politiche che erano nel frattempo maturate. Nel novembre del 1845, infatti, pensò di scrivere con Engels, Joseph Weydemeyer e Moses Heß, una «critica della più recente filosofia tedesca nei suoi rappresentanti Feuerbach, B. Bauer e Stirner, e del socialismo tedesco nei suoi vari profeti» [57]. Il testo, che fu dato alle stampe postumo col titolo di [L’ideologia tedesca], si prefiggeva, da una parte, di combattere le ultime forme di neohegelismo comparse in Germania (il libro L’unico e la sua proprietà di Max Stirner era stato dato alle stampe nell’ottobre del 1844) e, da un’altra, come Marx scrisse all’editore Leske, di «preparare il pubblico al punto di vista della [sua] Economia (Oekonomie), la quale si contrappone[va] risolutamente a tutta la scienza tedesca sviluppatasi fino a ora» [58]. Questo scritto, la cui lavorazione si protrasse fino al giugno del 1846, non fu però mai portato a termine, anche se servì a Marx per elaborare, con maggiore chiarezza rispetto al passato, seppure non in modo definitivo, quella che Engels definì, 40 anni dopo, «la concezione materialistica della storia»[59]. Risalgono a questo periodo, inoltre, anche le celebri [Tesi su Feuerbach].

Per avere notizie sul progresso della «Economia» durante l’anno 1846 occorre, ancora una volta, esaminare le lettere indirizzate a Leske. Nell’agosto di quell’anno, Marx aveva dichiarato all’editore che «il manoscritto quasi concluso del primo volume», ovvero quello che, secondo i suoi nuovi piani, avrebbe dovuto contenere la parte più teorica e politica, era già disponibile «da tanto tempo», ma che egli non l’avrebbe fatto «stampare senza sottoporlo ancora una volta a una revisione di contenuto e di stile. Si capisce che un autore, il quale continua a lavorare per sei mesi, non può lasciare stampare letteralmente ciò che ha scritto sei mesi prima». Ciò nonostante, egli s’impegnò a concludere presto il libro: «la revisione del primo volume sarà pronta per la stampa alla fine di novembre. Il secondo volume, che ha un carattere più storico, potrà seguire immediatamente» [60]. Le notizie fornite non rispondevano, però, al reale stato del suo lavoro, poiché nessuno dei suoi manoscritti del tempo poteva essere definito come «quasi concluso» e, infatti, quando l’editore non se ne vide consegnare nessuno neanche al principio del 1847, decise di rescindere il contratto.

Questi continui ritardi non vanno però attribuiti a uno scarso impegno da parte di Marx. In quegli anni, egli non rinunciò mai all’attività politica e, nella primavera del 1846, fu promotore di un «Comitato comunista di corrispondenza», nato per organizzare un collegamento tra le varie leghe operaie in Europa. Tuttavia, il lavoro teorico restò per lui sempre una priorità e a conferma di ciò vi sono le testimonianze di coloro che lo frequentarono. Il poeta tedesco Georg Weerth, ad esempio, scrisse nel novembre del 1846: «Marx lavora giorno e notte per snebbiare la testa degli operai d’America, Francia, Germania, etc. dai sistemi balzani che ora la offuscano (…). Lavora come un pazzo alla sua storia dell’economia politica. Quest’uomo dorme da molti anni non più di quattro ore per notte»[61]. Le prove del grande impegno di Marx sono documentate anche dagli appunti di studio e dagli scritti allora pubblicati. Dall’autunno del 1846 al settembre del 1847, egli riempì tre voluminosi quaderni di estratti, inerenti in gran parte la storia economica, dal testo Rappresentazione storica del commercio, dell’attività commerciale e dell’agricoltura dei più importanti Stati commerciali dei nostri tempi di Gustav von Gülich[62], uno dei principali economisti tedeschi del tempo.

Inoltre, nel dicembre del 1846, dopo aver letto il libro Sistema delle contraddizioni economiche, o filosofia della miseria di Pierre-Joseph Proudhon e averlo trovato «cattivo, anzi pessimo»[63], Marx decise di scriverne una critica. Redatta direttamente in francese, affinché il suo antagonista, che non parlava tedesco, potesse intenderla, l’opera fu terminata nell’aprile del 1847 e stampata in luglio con il titolo Miseria della filosofia. Risposta a Pierre-Joseph Proudhon. Si trattò del primo scritto di economia politica pubblicato da Marx e nelle sue pagine vi furono esposte le sue convinzioni del momento circa la teoria del valore, l’approccio metodologico più corretto da utilizzare per intendere la realtà sociale e la transitorietà storica dei modi di produzione.

Il motivo del mancato completamento dell’opera progettata – la critica dell’economia politica – non è attribuibile, dunque, alla mancanza di concentrazione da parte di Marx, bensì alla difficoltà del compito che egli si era assegnato. L’argomento che si era prefisso di sottoporre ad esame critico era molto vasto e affrontarlo con la serietà e la coscienza critica di cui egli era dotato avrebbe significato lavorare duramente ancora per molti anni. Anche se non ne era consapevole, infatti, alla fine degli anni Quaranta Marx era appena all’inizio delle sue fatiche e il primo libro de Il capitale vide la luce solo nel 1867.

References
1. In proposito si veda il volume collettivo Marcello Musto (a cura di), Sulle tracce di un fantasma. L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia, Manifestolibri, Roma 2005.
2. Karl Marx, Friedrich Engels, Joseph Weydemeyer, Die deutsche Ideologie. Artikel, Druckvorlagen, Entwürfe, Reinschriftenfragmente und Notizen zu “I. Feuerbach” und “II. Sankt Bruno”, in «Marx-Engels-Jahrbuch» 2003, Akademie, Berlin 2004. In questo saggio i titoli dei manoscritti incompiuti di Marx assegnati editorialmente sono inseriti nel testo tra parentesi quadre.
3. Karl Marx, Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma 1957, p. 6.
4. In proposito cfr. Marcello Musto, Vicissitudini e nuovi studi de ‘L’ideologia tedesca’, in «Critica Marxista», 2004, n. 6, pp. 45-9.
5. Friedrich Engels, Prefazione a Karl Marx, Il capitale. Libro secondo, op. cit., p. 9.
6. Friedrich Engels, Prefazione a Karl Marx, Il capitale. Libro terzo, Editori Riuniti, Roma 1965, p. 10.
7. Sulla terza sezione della MEGA2 si rimanda a Marcello Musto, Marx ai tempi de Il signor Vogt. Appunti di biografia intellettuale (1860-1861), in «Il pensiero politico», 2006, n. 3, pp. 446-8.
8. Cfr. Marcello Musto, The rediscovery of Karl Marx, in «International Review of Social History», 2007, n. 3, pp. 477-98
9. Cfr. David McLellan, Marx prima del marxismo, Einaudi, Torino 1974, p. 32.
10. Cfr. Boris Nikolaevskij – Otto Maenchen-Helfen, Karl Marx, op. cit., p. 21 e Auguste Cornu, op. cit., p. 69.
11. Diploma di maturità per l’alunno del ginnasio di Treviri Karl Marx , in Opere, vol. I, op. cit., p. 741.
12. Heinrich Marx a Karl Marx, 19 marzo 1836, in Opere, vol. I, op. cit., p. 750.
13. Heinrich Marx a Karl Marx, febbraio – primi di marzo del 1836, in Opere, vol. I, op. cit., pp. 747 e 749.
14. Cfr. il Certificato di congedo dell’università di Bonn, in Opere, vol. I, op. cit., p. 755.
15. Dal 1948 questa università assunse in nome di “Humboldt”.
16. Le Pandette sono la più importante delle quattro parti del Corpus iuris civilis redatto, tra il 528 e il 534, per ordine dell’imperatore Giustiniano I. In esse, con l’intento di fornire una sintesi di tutta la giurisprudenza imperiale dei secoli precedenti, furono raccolti gli scritti e i pareri dei più insigni giuristi romani.
17. Cfr. Sepp Miller – Bruno Sawadzki, Karl Marx in Berlin, Das Neue Berlin, Berlin 1956, p. 113 e Boris Nikolaevskij – Otto Maenchen-Helfen, op. cit., pp. 51-2.
18. Karl Marx, Buch der Liebe, MEGA2, vol. I/1, op. cit., p. 479.
19. Ivi, pp. 9-10.
20. Cfr. Istvan Mészáros, Marx filosofo, in Aa. Vv., Storia del marxismo, vol. 1, op. cit., pp. 122-3.
21. Karl Marx, Lettera al padre a Treviri, op. cit., pp. 10 e 13.
22. Questi estratti sono andati purtroppo dispersi.
23. «Hai ancora molto tempo, voglia Iddio, da vivere per il tuo bene e quello della tua famiglia e se i miei presentimenti non mi traggono in errore, per il bene dell’umanità», in Heinrich Marx a Karl Marx, 9 novembre 1836, in Opere, op. cit., p. 757.
24. Le tracce di questo progetto sono contenute in una lettera di suo padre, cfr. Heinrich Marx a Karl Marx, 16 settembre 1837, in Opere, vol. I, op. cit., p. 777.
25. Questo villaggio corrisponde oggi al quartiere di Berlino Stralau.
26. Karl Marx, Lettera al padre a Treviri, op. cit., pp. 14-15.
27. Cfr. Sepp Miller – Bruno Sawadzki, op. cit., pp. 68-75.
28. Karl Marx, Lettera al padre a Treviri, op. cit., p. 15.
29. Cfr. Auguste Cornu, op. cit., p. 151.
30. Cfr. Maximilien Rubel, Différence de la philosophie naturelle chez Démocrite et chez Épicure, avec un appendice. Notice, in Karl Marx, Œuvres III. Philosophie (a cura di Maximilien Rubel), op. cit., p. p. 6.
31. Cfr. Auguste Cornu, op. cit., p. 225.
32. Cfr. Ivi, pp. 194-7.
33. Cfr. Mario Rossi, Da Hegel a Marx. III La scuola hegeliana. Il giovane Marx, Feltrinelli, Milano 1977, p. 164.
34. Questi estratti, insieme a quelli dal De anima di Aristotele, si trovano nel volume Karl Marx – Friedrich Engels, Exzerpte und Notizen bis 1842, Dietz, Berlin 1976, MEGA2 IV/1, pp. 153-288. I compendi realizzati dal testo di Spinoza sono stati pubblicati in traduzione italiana nel volume Karl Marx, Quaderno Spinoza (1841) (a cura di Bruno Bongiovanni), Bollati Boringhieri, Torino 1987.
35. Cfr. Bruno Bongiovanni, Introduzione a Karl Marx, Quaderno Spinoza (1841), op. cit., pp. 36-8.
36. Cfr. Karl Marx a Carl Friedrich Bachmann, 6 aprile 1841, e Karl Marx a Oskar Ludwig Bernhard Wolff, 7 aprile 1841, in Opere, vol. I, op. cit., pp. 397-8.
37. Gli estratti del periodo di Bonn si trovano nel volume MEGA2 IV/1, op. cit., pp. 289-381.
38. Cfr. Karl Marx, Le discussioni alla sesta dieta renana. Terzo articolo: Dibattiti sulla legge contro i furti di legna e Giustificazione di ††, corrispondente dalla Mosella, in Opere, vol. I, Editori Riuniti, Roma 1980, pp. 222-64 e pp. 344-75.
39. Karl Marx, Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma 1957, p. 4.
40. Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino 1968, p. 4.
41. Duramente colpita dalla censura e dal dissidio tra Marx e Arnold Ruge, l’altro condirettore, questa pubblicazione apparve in un unico numero nel febbraio del 1844.
42. Poiché nel 1844 Marx non conosceva ancora la lingua inglese, durante questo periodo i libri inglesi furono da lui letti in traduzione francese.
43. Questi estratti sono compresi nei volumi Karl Marx, Exzerpte und Notizen. 1843 bis Januar 1845, MEGA² IV/2, Dietz, Berlin 1981 e Karl Marx, Exzerpte und Notizen. Sommer 1844 bis Anfang 1847, MEGA² IV/3, Akademie, Berlin 1998; tr. it. parz. La scoperta dell’economia, Editori Riuniti, Roma 1990.
44. Sullo stretto legame tra i cosiddetti [Manoscritti economico filosofici del 1844] e i [Quaderni di Parigi] si veda Marcello Musto, Marx a Parigi: la critica del 1844, in Marcello Musto (a cura di) Sulle tracce di un fantasma. L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia, op. cit., pp. 161-78.
45. Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., pp. 69 e 70-71.
46. Ivi , p. 103.
47. Heinrich Burgers, autunno 1844 – inverno 1845, in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, op. cit., p. 41.
48. Friedrich Engels a Karl Marx, inizio ottobre 1844, in Opere, vol. XXXVIII, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 7-8.
49. In realtà Engels contribuì allo scritto soltanto per una decina di pagine.
50. Friedrich Engels a Karl Marx, 20 gennaio 1845, in Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 17.
51. Cfr. Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 666, nota 319.
52. Cfr. Karl Marx, A proposito del libro di Friedrich List «Das nationale System der politischen Ökonomie», in Opere, vol. IV, op. cit., pp. 584-614.
53. Tutti questi estratti si trovano nel volume Karl Marx, Exzerpte und Notizen. Sommer 1844 bis Anfang 1847, MEGA² IV/3, op. cit.
54. Karl Marx, Piano della «Biblioteca dei più eccellenti scrittori socialisti stranieri», in Opere vol. IV, op. cit., p. 659.
55. Questi estratti sono compresi nel volume Karl Marx – Friedrich Engels, Exzerpte und Notizen. Juli bis August 1845, MEGA² IV/4, Dietz, Berlin 1988, che include i primi [Quaderni di Manchester]. Si noti, inoltre, che da questo periodo Marx cominciò a leggere direttamente in inglese.
56. Questi estratti, compresi nei [Quaderni di Manchester] VI – IX, sono ancora inediti.
57. Karl Marx, Dichiarazione contro Karl Grün, in Opere, vol. VI, Editori Riuniti, Roma 1973, p. 73.
58. Karl Marx a Carl Wilhelm Leske, 1 agosto 1846, in Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 455.
59. Friedrich Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, Editori Riuniti, Roma 1985, p. 13. In realtà Engels usò questa espressione già nel 1859, nella recensione al libro di Marx Per la critica dell’economia economia, ma questo articolo non ebbe alcuna risonanza e il termine cominciò a diffondersi solo in seguito alla pubblicazione dello scritto Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca.
60. Karl Marx a Carl Wilhelm Leske, 1 agosto 1846, in Opere, vol. XXXVIII, op. cit., p. 455-56.
61. Georg Weerth an Wilhelm Weerth, 18 novembre 1846, in Hans Magnus Enzensberger (a cura di), Colloqui con Marx ed Engels, op. cit., pp. 58-9.
62. Questi estratti costituiscono il volume Karl Marx, Exzerpte und Notizen. September 1846 bis Dezember 1847, MEGA² IV/6, Dietz, Berlin 1983.
63. Karl Marx a Pawel Wassiljewitsch Annenkow, 28 dicembre 1846, in Opere, vol. XXXVIII, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 458.

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Il contributo

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vol. XXXI (2010), n. 3, 25-50

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ISSN: 0391-2418

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