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Biagio Sarnataro, Thomas Project

Marx necessario: Ancora in margine al Marx revival curato da Marcello Musto

Nelle pagine che seguono si tratta di svolgere più distesamente alcune delle considerazioni che propongo in una recensione a Marx revival.

Concetti essenziali e nuove letture1. Uscito per la Donzelli Editore nel novembre del 2019, il testo è a cura di Marcello Musto. Il volume presenta i contributi di ventidue studiosi, provenienti da dieci paesi diversi, tra i più eminenti del pensiero marxiano, e si lega alla stagione interpretativa della nuova edizione storico-critica delle opere complete di Marx ed Engels, la famigerata MEGA². Ci troviamo di fronte a un compatto dizionario marxiano che raccoglie spunti critici dall’intero corpus degli scritti e dei pronunciamenti di Marx, uno degli esempi concreti e più avanzati di che cosa significhi oggi ripensare Marx e i marxismi, e di quanto questo duplice ripensamento coinvolga una folta platea di studiosi, militanti, attivisti, intellettuali provenienti da tutti i continenti. Unita alla considerazione degli sviluppi che si sono dati in ambito marxiano, soprattutto in relazione all’ecologia politica e ai femminismi, la lettura di Marx revival ci aiuta a capire come un mutamento nel modo di concepire Marx possa rendere questo lavoro di riconsiderazione un momento di consapevole partecipazione, e contributo, al generale processo di mutamento dell’egemonia culturale.
I bachi da seta del capitale: la forza lavoro come concetto ecologico-politico
La nuova edizione storico-critica MEGA² offre la possibilità di tornare ai testi di Marx come egli stesso ci tornerebbe: leggendoli nella forma in cui egli stesso li ha lasciati. Non ci pare cosa da poco, anche perché per Marx era fondamentale diversificare i modi della ricerca e dell’esposizione, Forschungs- e Darstellungs-weise. Questa distinzione è uno dei fondamenti metodologici dell’opera di Marx, e perciò anche del procedimento del risalire dall’astratto al concreto, teorizzato come procedimento scientificamente corretto, nella soppressa Introduzione del 1857. L’Introduzione è anche il testo che, in relazione alle circostanze esteriori della vita del suo autore, aiuta a comprendere i motivi per cui soltanto con la pubblicazione del primo libro di Das Kapital Marx giudicò possibile smettere di scrivere delle Introduzioni, delle Zur Kritik, e poter inserire l’espressione critica della economia politica finalmente come sottotitolo.
L’autofondazione della scienza del capitale ne Il capitale consiste nella sua fondazione nella critica – anche dello statuto epistemologico dell’economia politica, come si sa –: critica che non solo ha il suo referente reale, ma la cui esistenza dipende da una condizione di possibilità materiale che è dichiarata da Marx stesso. Questo suo referente reale e questa sua condizione di possibilità materiale si sono dati insieme quando il conflitto che ab origine oppone al rapporto di riproduzione capitalistico una specifica forza produttiva, la forza-lavoro, si è dimostrato come antagonismo. La conoscenza di questo antagonismo ha individuato una contraddizione tendenziale tra il rapporto capitalistico di produzione e tutte le forze produttive materiali che esso, di volta in volta, chiama all’esistenza, o alla seconda esistenza di forze materiali della autovalorizzazione del capitale. Il modo di questa chiamata ci dà la cognizione di quella che per Marx è la legge della transizione da una forma sociale a un’altra, il passaggio che si prepara ad un altro diverso reale in una società organizzata in relazione all’opposizione fra il carattere progressivamente sociale della produzione e l’appropriazione privata dei prodotti di questa. Oggi, l’emergenza sanitaria che stiamo attraversando, ha aperto uno squarcio profondo rispetto a tale dinamica, facendo saltare il piano delle promesse di un sistema basato sulla subordinazione della vita agli imperativi di una ideologia abilista e machista, competitiva e performante. Per riprendere alcune delle riflessioni proposte da Marie Moïse in Zona rossa solidale su Jacobin Italia (2020), si può dire che, fino a ieri, se qualcuno stava peggio di noi avevamo un agile pretesto retorico per sfuggire all’ascolto di noi stessi, ma anche per illuderci di non arrivare ultimi nella competizione per la sopravvivenza, mentre oggi la gara è sospesa e quel qualcuno sta in cima all’elenco delle chiamate da fare.
La centralità della vita, la centralità della vita minacciata, della nuda vita, nella forma di epoché che stiamo vivendo, simultaneamente e im-mediatamente tutti insieme, cosa che davvero la rende un fatto filosofico, un nuovo terremoto di Lisbona per la coscienza dell’occidente, è anche il tema che ha tenuto vivo il dibattito biopolitico nelle ultime settimane, sulla scia di Agamben e del suo ancora una volta affermato concetto di stato di eccezione. Non posso ricostruire il dibattito. Mi limito soltanto a segnalare che dopo gli interventi di Davide Grasso su minima&moralia (Agamben, il corona virus e lo stato di eccezione), e di Luca Illetterati su Le parole e le cose (Dal contagio alla vita. Ritorno. Ancora in margine alle parole di Agamben), si possa mettere un punto solido al proliferare di spunti e appunti sul tema. Voglio farci riferimento però perché, da ultimo, Luigi Pellizzoni ci si è soffermato in modo, diciamo pure, inedito. In La sfida del covid-19 alle scienze umane. Alcune piste di riflessione, articolo pubblicato su Le parole e le cose nella rubrica «Ecologie della trasformazione», a cura di Emanuele Leonardi, lo studioso di sociologia dell’ambiente si chiede come tutti questi discorsi investano le scienze umane, soprattutto quando le scienze umane si pongono il problema, non piccolo, di avventurarsi nei dintorni – dirò Umwelt ma più precisamente Umgebung, o milieu ma anche entourage, meno invece nel senso di environment, e più di presso ambiente inteso come habitat – di una forma di vita. Il problema è, a partire dagli eventi attuali, come si riapre il discorso soprattutto rispetto all’uso delle categorie di bíos e zoé, all’interno di quell’ambito di studi che va sotto il nome di ecologia politica.
Stando ad Agamben, ci sarà un tempo in cui il bíos coinciderà con la propria zoé. Per Pellizzoni questo tempo è già qui: la confusione, l’isomorfismo non riconosciuto ma tuttavia esistente, è ciò che il capitalismo esplicitamente riproduce. Oggi ci troviamo alle prese con una ricomposizione della frattura nell’immaginario della ontological politics non però in direzione di una ritrovata armonia, ma di una più completa cattura dell’ordine del capitale. Ora, poiché l’isomorfismo tra bíos e zoé negli stati di eccezione reali e immaginabili sta emergendo nel nuovo ordine mondiale con una pervasività fino ad oggi sconosciuta, c’è ancora margine perché questa sovrapposizione assuma una forma diversa da quella dell’incubo? Il problema non è nuovo, aggiunge Pellizzoni. Anzi è antico. Se noi concepiamo, con Paul Robbins, l’ecologia politica come quel filone di ricerca critica basato sull’assunto che ogni strappo nella trama della rete globale di connessioni tra esseri umani e ambiente si riverbera sul sistema nel suo complesso e che questo strappo ci obbliga a interrogare la relazione tra economia, politica e natura, allora la risposta, che si può dare da un punto di vista marxiano è: ogni comunità in ogni epoca ha agito l’isomorfismo tra bíos e zoé, finché il capitale non è sorto come rapporto e ha incluso queste due dimensioni tra i suoi presupposti, scindendole, per appropriarsi della legge che le tiene unite da sempre: il lavoro, o meglio, la forza lavoro.
A John Bellamy Foster dobbiamo il concetto che più di tutti ha presentato al mondo un Marx ecologico. Nel suo contributo al Marx revival, Foster ci spiega come sia stato un vero e proprio processo di dissotterramento la «discoverta» – à la Vico del vero Omero – del pensiero ecologico di Marx. E anche un momento essenziale di autocritica dell’intera tradizione marxista. Sarò schematico: la forza-lavoro è un concetto ecologico perché è ecologica la stessa analisi della produzione di valore in Marx. La teoria della forma-valore ecologica è alla base della teoria critica di Marx. Il concetto di metabolic rift, la frattura metabolica tra lavoro, natura e valore, porta avanti la concezione materialistica della storia al punto da re-impostare il discorso rispetto a un metabolismo universale, naturale e sociale assieme, mediato dal lavoro e dal valore, dunque da una certa idea di ricchezza e di profitto, da una certa forma corrispettiva di povertà e pauperismo, e che non vuol dire in nessun caso né ricchezza né povertà in quanto tali. Non solo Marx ci ripete continuamente che il capitalismo lascia dietro di sé deserti, che accumula secondo spoliazione e per contaminazione, ma che quando si parla di capitale ci si riferisce sempre a una appropriazione gratuita e violenta delle forze naturali e di quelle sociali: terra e corpi diventano forze immediate del capitale.
Marx è un filosofo ecologico-politico fin dalla sua tesi di laurea: la natura è anch’essa un campo di battaglia e la questione ecologica aiuta a concepire l’emersione di un proletariato ambientale. Non è molto lontano il tempo in cui la proprietà privata del globo terrestre da parte di singoli individui apparirà così assurda come la proprietà privata di un uomo da parte di un altro uomo, scrive Foster. Il concetto di forza lavoro è un concetto biopolitico e da subito oltre la biopolitica. È un concetto ecologico-politico che da subito supera la differenziazione metafisica tra bíos e zoé, tra forma di vita e nuda vita. Cosa è la forza lavoro se non la capacità di esprimersi come corpi, integralità di bíos e zoé? Un corpo messo a lavoro è biologicamente e politicamente sempre in atto, è realtà effettuale produttiva e riproduttiva, en-ergeia, natura naturans. Il problema consiste in questa lotta corpo a corpo – e non è una metafora – tra ciò che è atto e ciò che è potenza nel mondo rovesciato del plusvalore, nel mondo dei bachi da seta industrializzati, tecnologizzati e digitalizzati: il problema sta nella potenza di un corpo, in ciò che un corpo può fare, e in ciò che più specificamente un corpo è stato chiamato a fare in forma di merce, cioè nella figura, nella forma e differentia specifica di forza lavoro. Il capitale dimostra di non avere mai veramente problema di sbocchi, se non nella misura in cui esiste per il capitalista il problema di una realizzazione autocontraddittoria – le crisi e la risoluzione delle crisi attraverso l’istituzione di altre crisi – di un profitto che deve essere commisurato a un saggio di riproduzione in relazione a una ristrutturazione dei capitali, del fondo di investimento, e che agisce in termini di esclusione, accumulazione, spoliazione, contaminazione. Il capitale muta ogni ostacolo che incontra in un suo proprio limite, in un suo proprio vincolo riproduttivo. L’istituzione di un limite (grenze) come barriera (schranke) da oltrepassare, ovvero come suo limite, è l’istituzione di sè come rapporto, vincolo sociale di produzione e riproduzione. In questa coazione a ripetere la posizione di un ostacolo è la posizione di un dover essere – il dover fare profitto da profitto – e la posizione di un dover essere è la posizione di un passaggio all’infinito, a un cattivo infinito tale per cui la forza-lavoro concorre alla produzione delle merci e alla riproduzione del capitale come sistema sociale, società.
Ma un corpo non è soltanto un oggetto di cui parlare, è soprattutto un soggetto attraverso cui parlare. In alcuni corpi capita ciò che in altri corpi non capita o non può capitare. Tale consapevolezza viene da mezzo secolo, almeno, di lotte e frequentazioni militanti. Ogni forma economica di produzione racchiude al proprio interno una serie di relazioni sociali possibili. Rispetto a queste possibilità il capitale fa leva su tutte le soggezioni e soggettivazioni sociali, poiché è quel rapporto che deve presupporre l’espropriazione e consentire l’alienazione materiale dei fini, degli scopi, dei prodotti dell’attività e dell’interazione tra gli uomini riuniti in società. Lo studio delle relazioni che sussistono tra produzione e riproduzione sociale, l’intreccio di questi ambiti con la questione di genere, è la questione che più di tutte è riuscita a mettere in luce i punti ciechi dell’analisi incompleta di Marx. Tuttavia, sostiene Heathe Brown nel suo contributo Eguaglianza di genere al Marx revival, gli scritti di Marx sulla questione di genere sono decisamente più solidi e preziosi di quanto non venga solitamente riconosciuto. Le categorie e le analisi di Marx si muovono in direzione di una critica sistemica del patriarcato quale si manifesta in seno al capitalismo. La Brown riporta un esempio davvero interessante. Marx pubblica nel 1846 un articolo, Peuchet: del suicidio. È la prima e unica volta in cui Marx si confronta col tema: 3 dei 4 casi citati riguardano donne. Oggi diremmo che quelle donne sono state suicidate dal sistema patriarcale. Al centro del testo si trova una critica sprezzante alla famiglia borghese, al sistema di replicazione nel focolaio domestico della domesticazione capitalista e viceversa. Marx scrive come le persone più penose e impotenti diventino spietate non appena possono far valere l’assoluta autorità paterna. L’abuso in questo campo è un grossolano risarcimento per la molta sudditanza e il molto servilismo a cui, volenti o nolenti, si assoggettano nella società borghese.
Marx tratta ampiamente del lavoro delle donne nel sistema industriale in tutti i libri de Il capitale. Ma il punto da tenere qui può essere un altro: per criticare il concetto di eguaglianza di genere, superare una rivendicazione che oggi sta bene solo a un certo femminismo di facciata liberal, si è imposto il bisogno di una rottura decisa. Si doveva passare per l’elaborazione militante di Silvia Federici e Leopoldina Fortunati e della varia e determinata comunità dei femminismi – come ha raccolto Anna Curcio ultimamente in Introduzione ai femminismi, edito da DeriveApprodi – per concepire il regime di doppia giornata lavorativa, per il quale si chiamava amore il lavoro non retribuito e si era inventata la figura sociale della casalinga a tempo pieno. Ma si doveva anche passare per le rivendicazioni del Black Feminism, dalla carica rivoluzionaria di quel ALL THE WOMEN ARE WHITE, ALL THE BLACKS ARE MEN BUT SOME OF US ARE BRAVE, che di nuovo ha articolato il discorso di classe. Dove si è decostruita la generica solidarietà universale, contrapponendo un’idea di solidarietà politica tra condizioni specifiche, per la quale ogni muro ribaltato diventa un ponte, come dirà Angela Davis. Fino, ma non certo per finire, alle favolose riflessioni proposte da Monique Wittig, rispetto allo sbarazzarci dell’“uomo” e della “donna”, e al problema di riempire categorie come “diverso” e “uguale”, palesando un radicale antiessenzialismo, perché alla fine esiste solo un sesso oppressore e un sesso oppresso, ed è l’oppressore a creare il significato, così come è stata la schiavitù a creare il negro. Mentre esiste davvero soltanto la libertà pubblica di essere chi si è, che è già una bella sfida in sé e per sé. E che vuol dire tutta la libertà che conta, per salvarci da ogni forma di oppressione: anche da quella che si genera tra gli oppressi.
Per andare, in questo caso, realmente oltre Marx, il passo è stato compiuto riconoscendo l’invisibilizzazione del sistema riproduttivo, verso il riconoscimento della stessa dignità di tutte le attività, di tutti e ciascun corpo che sopravviveva sotto la soglia del riconoscimento sociale, ovvero sotto la soglia, non solo del salario minimo, ma del vincolo salariale tout court. L’arcano della critica dell’al di là è stato svelato attraverso la critica dell’al di qua. L’arcano della critica dell’al di qua è la produzione. L’arcano della produzione è la riproduzione. Posta la critica della produzione, oggi la critica della riproduzione è il presupposto di ogni critica. Questa, se si vuole, è la nostra questione. La questione ecofemminista.
Che cosa è una classe
Anche il concetto di «proletariato» in Marx si può dire in molti modi. Per Marcel van der Linden c’è però un punto sostanziale: proletariato, quali che siano i proletari, è la contraddizione vivente del sistema capitalistico, l’esibizione della vita come contraddizione della produzione della vita come contraddizione della produzione, il soggetto che diventa rivoluzionario perché punto di leva dell’intero sistema, la classe della società civile che non è una vera e propria classe della società civile, il ceto che è la dissoluzione di tutti i ceti, lo stato della società che subisce e può rivendicare, nella universalità umana dei suoi patimenti, il diritto alla universalità. L’uomo alla radice, e dunque la radice dell’uomo, come individuo, come genere, come specie, che può per questo indicare, a partire da sé, la radicalità dell’individuo, del genere, della specie. Che cos’è che costituisce una classe come il proletariato? Un lavoro mai concluso di analisi della composizione può tuttavia partire da un ottimo assunto iniziale: il sistema di reclutamento dei ranghi sociali all’interno dei segmenti produttivi, regolati dal mercato. Accanto, anzi al di sotto di questa produzione che assorbe ed espelle forza lavoro, ci sono attività non impiegabili nel processo di scambio salariale, nella catena di montaggio sociale del lavoro sotto il dominio del capitale, ovvero il Lumpenproletariat. Come scrive Marx ne Il diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte, così come ci riporta van der Linden, fanno parte di questo spettacolo di umanità varia vagabondi, soldati in congedo, forzati usciti dal bagno, galeotti evasi, birbe, furfanti, lazzaroni, tagliaborse, ciurmatori, bari, maqueraus, tenitori di postriboli, facchini, letterati, sonatori ambulanti, straccivendoli, arrotini, stagnini, accattoni, in una parola tutta la massa confusa, decomposta, fluttuante, che i francesi chiamano la bohème. Il che deve farci pensare come il sottoproletariato fosse all’epoca, e continua ad essere, un ambito economico di esclusione dal regime ufficiale della produzione, per il quale vale anche lo stigma moralistico. Uno specchio totale dei rapporti di produzione. Sia chiaro: anche una sacrosanta indisponibilità, oltre che alla mercificazione, alla produttività, da parte di chi pratica persistentemente il proprio essere una vita.
Il contrasto tra lavoro salariato, cosiddetto libero, e capitale viene approfondito anche in relazione alla schiavitù. Quello che poteva essere inteso come uno stadio pre-capitalistico diventa il Keiserpanorama del rapporto di estrazione di pluslavoro nella sua essenza: uno schiavo è latifondo e rendita, capitale fisso e tuttavia vivo. La questione è importante perché Marx, nell’analisi della schiavitù, sia dal punto di vista della produzione che del suo peso politico nella guerra civile americana, si mostra disponibile a una riconsiderazione generale della teoria del valore. Ad esempio Marx scrive come nella stessa misura in cui l’esportazione del cotone divenne interesse vitale degli Stati del Sud, il sovraccarico di lavoro negro, e qua e là il consumo della sua vita in sette anni di lavoro, divenne fattore della produzione del plusvalore stesso e che questo plusvalore venne considerato tutto profitto. Marx usa «negro», e lo usa esplicitamente in una lettera a Engels, del 7 agosto 1862, tutta scritta in tedesco tranne che per negro che invece è in inglese. Ora, tra le tante indicazioni essenziali che si trovano nel contributo di Kevin B. Anderson al Marx revival su nazionalismo e questione etnica, si trova anche una piccola e illuminante nota a piè di pagina che si riferisce a tale lettera e che riporto perché il linguaggio non è mai un dominio neutro, ma, come ogni ambito di riconoscimento e del riconoscimento sociale, è un campo di battaglia: «In questa lettera, Marx si riferiva alla necessità di un reggimento negro (…) Questo è un esempio dell’uso di un termine razzista per sostenere un argomento antirazzista. Tale lessico riemerge in altri scritti di Marx, anche in articoli da lui pubblicati». E, potremmo aggiungere, emerge proprio per contestare e denunciare il processo di significazione ideologico che avviene nel fenomeno della costruzione sociale della razza e che consiste nella espressione di una percezione modificata, tale per cui, come scrisse Eric Williams in Capitalismo e schiavitù (1971, p. 6): la schiavitù non nacque dal razzismo, al contrario il razzismo fu conseguenza della schiavitù.
Marx si interessa della questione della liberazione nazionale della Polonia e approfondisce il problema dell’autodeterminazione dei popoli, studia la guerra civile americana e il problema moderno della schiavitù come base etnica e razziale della divisione del lavoro e dell’accumulazione, perché era convinto che il lavoro in pelle bianca non può emanciparsi là dove è marchiato a fuoco in pelle nera. S’interessa della questione irlandese, perché colonia e terra di migranti economici. Ed è proprio grazie allo studio della situazione irlandese che opera un profondo cambio di prospettiva nella teoria dell’iniziativa rivoluzionaria: la rivoluzione non è detto debba avvenire lì dove si trovano i rapporti di produzione più sviluppati. Ciò che accade nelle colonie mostra a Marx come il capitale segua logiche diverse a seconda del tipo di violenza da perpetrare. Il sistema coloniale figura come uno dei punti fondanti dell’indagine di Marx sulla cosiddetta accumulazione originaria. La forza bruta della conquista coloniale e il dominio della madre patria rappresentano, spiegano Mezzadra e Samaddar, il modello in generale per l’indagine sull’accumulazione originaria. La costruzione di una geografia del capitale consente di individuare una varietà di forme possibili in cui è avvenuta storicamente la separazione dei produttori dai mezzi di produzione. In India, in Cina, in Russia, in Irlanda e in Polonia, oltre che nella guerra civile tra sudisti e nordisti, Marx capisce come per conseguire la trasformazione sociale nel paese oppressore si rendeva necessaria l’indipendenza della colonia. Il colonizzato è il soggetto politico che esibisce tutte e ciascuna delle dannazioni che il capitale prepara su questa terra. È evidente come Marx cambi e approfondisca la sua teoria del capitalismo studiando e intervenendo in tali questioni. Diventa infatti in grado di vagliare come la costituzione delle catene globali di valore, come ricorda Seongjin Jeong, si strutturi in un sistema combinato e diseguale. Ciò che si verifica è uno scambio fra quantità di lavoro diseguali, nella formazione internazionale dei prezzi, stabilizzata sui livelli globali dei tassi di profitto. Il mercato mondiale diventa il terreno nel quale le contraddizioni del capitalismo si mettono tutte in movimento, e si muovono al massimo grado. Nelle crisi globali avviene la concentrazione massima e la compensazione violenta di tutte le contraddizioni dell’economia capitalistica. Che si tratti di schiavi neri, di sepoys cinesi, di giavanesi, di coolies, di impoveriti, contadini nelle fabbriche, salariati in competizione, lo schema di estrazione della forza lavoro punta al profitto: è coazione fisica sotto pressione padronale per l’autovalorizzazione del capitale. Ovvero: non esiste il capitalismo (anche storico) senza il colonialismo (anche storico).
Ora si pensi, come scrive Musto nel capitolo in cui tratta di Comunismo, che rispetto ai tentativi di intervenire nei processi reali del suo tempo, di non perdersi il minimo evento più o meno significativo per le sorti dell’Associazione Internazionale dei lavoratori, e dunque della possibilità di una rivoluzione in generale, in 40 anni di appunti e di carteggio serrato con Engels, Marx non ha mai esposto alcun sistema socialista determinato, come dice egli stesso nelle Glosse marginali al «Trattato di economia politica» di Adolf Wagner. Neanche quando le cose sembravano mettersi per il meglio, come nella Comune di Parigi del 1871, Marx si è lasciato andare. Ne La guerra civile in Francia, infatti scrive: «la classe operaia non si aspetta miracoli dalla Comune, non trova utopie belle e pronte da introdurre per decreto del popolo, perché l’emancipazione del proletariato deve passare attraverso lunghe lotte e per una serie di processi storici che trasformano circostanze e uomini».
L’esperienza della nostra generazione
Siamo la prima generazione del sistema-mondo a vivere una pandemia e a crescere all’ombra di ogni altra pandemia futuribile. Come deve suonarci strano quel It’s easier to image the end of the world than the end of capitalism, ce lo racconteremo da qui in avanti, facendoci rimbalzare nella testa il Benjamin che lottava contro i deterministi della Seconda e Terza Internazionale con quel il capitalismo non morirà di morte naturale, o l’André Gorz che spiegava come il capitalismo fondato sulla crescita fosse già morto, assieme al socialismo fondato sulla crescita, che gli somiglia come un fratello, già nel 1973, quando nelle pagine di Ecologia e libertà ci invitava a riflettere sull’immagine deformata che quelle ideologie proiettavano, più che del nostro futuro, del nostro passato.
Il capitale modifica continuamente le condizioni della propria riproduzione, assimilando a sé sistemi della produzione e sistemi della riproduzione sociale. E lo fa instaurando una temporalità specifica, come descrive Moische Postone nel capitolo del revival a sua firma, al punto da innescare contesti di conseguenze non intenzionali. Di come il capitale modifichi le vite di ciascuno di noi in modo diverso, e di come intervenga sui tempi di vita, secondo uno schema antagonistico, secondo il criterio della insocievole socievolezza che ricrea e che compensa nei modi più normali possibili, il periodo di quarantena ce ne sta dando una prova tragica. Le abitudini che si stanno innervando in quarantena, il buon cittadino virale (per come ne ha parlato Roberto Ciccarelli su il manifesto nella sua disamina della Cittadinanza virale) lascia presagire l’emergere di un nuovo habitus, di un diverso modo del prendere parte al proprio ambiente o habitat, il che diventa ancora più allarmante se ci si ricorda che habito è un frequentativo del verbo habeo, e dunque concerne la sfera simbolica e di senso dell’avere, del credere di avere o del credere di non avere, anche diritti, ad esempio.
Fenomenologia delle occupazioni
Prendiamo in esame la sezione del primo libro de Il Capitale dove si definisce la produzione del valore relativo. Qui vengono descritte tre figure di trasformazione del processo lavorativo: cooperazione, manifattura e grande industria. In questa sezione si vede come Marx metta mano a una sorta di fenomenologia sociale. Sicuramente questa fenomenologia è incrementabile. Presi come figure e non soltanto come capitoli d’inchiesta, i tre momenti non seguono una storia lineare, non concernono né tassonomie né cronologie, ma intersecano i loro livelli funzionali, nel processo generale di valorizzazione del capitale. E cioè: posto il capitale come rapporto, Marx è in grado di mostrare come ogni lavoro non potrà che specializzarsi, parcellizzarsi e infine diventare un’appendice dell’intero processo (sussunzione formale/sussunzione reale). Fino allo smart working che abbiamo sperimentato in queste ultime settimane. Da questo punto di vista il lavoratore – Arbeiter, non solo l’operaio della catena di montaggio interna all’opificio, alla fabbrica, ma il lavoratore in generale – è quel soggetto che partecipa in maniera subordinata, parcellizzata o addirittura in forma semi-automatica al processo di valorizzazione del capitale. Fa parte di questa valorizzazione tutto il sistema salariale e quando si dice sistema salariale si intende: lavoratori che percepiscono salario, disoccupati, inoccupati, ogni altro tipo di contribuzione esclusa dal vincolo del salario, e quindi anche il lavoro di riproduzione sociale – cura, lavoro domestico – come effettivo presupposto. Ogni segmento produttivo concorre alla formazione di pluslavoro. Anzi: tanto più viene invisibilizzato, tanto meglio vi concorre come gratuità effettiva. Nei Manoscritti del ‘44, ci ricorda Ricardo Antunes, Marx descrive il lavoro come attività vitale di un ente generico che riproduce se stesso attraverso la produzione dei suoi mezzi di sussistenza, e viceversa. Il capitalismo ha modificato la relazione metabolica che sussiste tra lavoro e natura. La questione è così centrale che già nel 1844 Marx era convinto di poter definire il comunismo come un umanesimo in quanto compiuto naturalismo e naturalismo in quanto umanesimo, verace soluzione del contrasto dell’uomo con la natura e con l’uomo, verace soluzione del conflitto fra esistenza ed essenza, fra oggettivazione e affermazione soggettiva, fra libertà e necessità, fra individuo e genere. Oggi viviamo la drastica riduzione del lavoro vivo, dovuta all’aumento del lavoro morto, per cui il lavoratore diventa sorvegliante e regolatore del processo produttivo, senza mai realizzare concretamente il tempo liberato dalla digitalizzazione dei processi lavorativi.
La democrazia è morta. Viva la democrazia!
Amy Wendling ci spiega come Marx abbia elaborato un concetto critico di tecnologia. Tanto noto quanto importante è il Frammento sulle macchine, luogo nel quale si vede chiaramente la tendenza che segue il processo lavorativo nel contesto dell’autovalorizzazione del capitale. D’altronde, nel primo libro de Il Capitale si legge che si potrebbe trattare dell’intera storia delle invenzioni che sono nate dopo il 1830 soltanto come armi del capitale contro le sommosse operaie. A partire dal 1845 e fino agli anni sessanta dell’Ottocento, Marx studiò la storia dello sviluppo tecnologico dettagliatamente. Ma ciò che anche in questo ambito sembra illuminante è come abbia potuto fissare il principio di questo sviluppo: la scissione fra potenze mentali del processo di produzione e il lavoro manuale, il processo di reificazione della attività mediate da cose e da macchine, nella produzione, fa in modo che non sia l’operaio ad adoperare la condizione del lavoro ma, viceversa, la condizione del lavoro ad adoperare l’operaio. Cosa possa significare questo, aggiornato nella privatizzazione di quell’ente collettivo che abbiamo imparato a chiamare general intellect nel capitalismo delle piattaforme e della datacrazia, come la definisce Daniele Gambetta nell’antologia che cura Datacrazia. Politica, cultura algoritmica e conflitti al tempo dei big data per D Editore, è una sfida aperta. Non possiamo fare a meno di condividere, né, tantomeno, dovremmo fare a meno di pretendere un certo tipo di auto-orgnaizzazione anche in quest’ambito, per condurre direttamente la forma di alienazione specifica che dischiude e ci lega (fino ad oggi, relega) come produttori di dati a mezzo di dati.
Il capitale è un rapporto di produzione e un produttore di rapporti. Si fa politica, Stato, ma anche assunto, realtà e senso della realtà, ovvero realismo, ma, anche, sur-realismo (distopie, utopie, eterotopie, discronie, ucronie, eterocronie). Rispetto a dinamiche come queste si deve allargare l’obiettivo: rivalità geopolitiche, sviluppi geografici diseguali, differenziazione delle istituzioni finanziarie e loro corrispettiva organizzazione politica, organizzazione politica delle istituzioni pubbliche e dello Stato e tra gli Stati sovrani, costituzione di poli tecnologici e di una diversa distribuzione dei livelli di tecnologia nel mondo. E tutto questo incorporato in un contesto più ampio di riproduzione sociale (famiglie, comunità), in relazioni metaboliche continue e in continua evoluzione con la natura, anche con la seconda natura dell’urbanizzazione e dell’ambiente artificiale, e con tutti i sistemi di formazione sociale, culturale, scientifica e della conoscenza, religiosa e contingente possibili, che le popolazioni creano nel corso del tempo e in uno spazio.
Partiamo dallo Stato. Uno Stato è secondo Bob Jessop una forma di relazione sociale altamente mediata. Ma mediazione è figura non solo della dialettica, è figura fattuale anche della società civile. Da un lato uno Stato politico compiuto, attraverso i suoi organi e apparati, fa valere il principio dell’autonomia del suo potere rispetto alla società; dall’altro non può non sostenere il potere sociale di chi ha la proprietà dei mezzi di produzione e riproduzione, garantendo come massima libertà possibile il diritto della proprietà privata. Il dominio di classe cambia la vita di ogni Stato, al punto che la conflittualità interna viene così ripartita: la lotta di classe economica è confinata all’interno della logica di mercato, tale per cui le lotte tra poveri le vincono i ricchi; la lotta di classe interna alle classi e ranghi dominanti, vengono decantate attraverso la gara elettorale; i lavoratori, che invece sono la sintesi vivente di questa scissione tra economia e politica, possono usare il loro potere economico per incrinare la podestà dei produttori, ammessa dai governi, attraverso lo strumento dello sciopero generale. Contro questo capitalista collettivo ideale che è lo Stato, la classe più sfruttata fa valere il principio non solo di un diverso accesso alla rappresentanza, ma incrina e incrimina l’illusione che la classe dominante sia la più adeguata a governare, che, anzi, se il governo continua a ispirarsi alla legge della formazione di questa classe, come definizione della dinamica di sviluppo sociale la più civile e progredita possibile, cessa di essere uno Stato politico compiuto, e divine un comitato d’affari.
Senza arrivare ad affermare che dove lo sfruttamento prende la forma dello scambio, la dittatura potrebbe assumere la forma della democrazia – di mercato – possiamo chiedere con Ellen Meiksins Wood: ma allora perché la democrazia liberale è compatibile con il sistema della disuguaglianza prodotta dal capitalismo? Risposta: perché in una democrazia liberale-neoliberale-liberista-neoliberista succede una cosa su tutte. Lo sfruttamento economico non appare come una lesione dei diritti politici ma come altra questione: la dialettica servo-padrone si dissolve perché nella coscienza di un lavoratore subordinato non appare più il rapporto di subordinazione in quanto sfruttamento. Lo sfruttamento, la precarietà è questa forma di signoria accettata e introiettata al punto di credere di non avere diritti. Per salvare il futuro della democrazia, come ideale e come regime, la si deve portare fuori da un contesto nel quale si sviluppa una dinamica di sussunzione. Il che significa: l’estensione della democrazia richiede la demercificazione.
La questione si complica ulteriormente se si considera la problematica della formazione del capitale come sistema di riproduzione sociale dal punto di vista delle relazioni tra Stati e della diplomazia in senso stretto. Di tutti i capitoli della critica della economia politica e della critica della politica, un tentativo di marxismo geopolitico – come lo definisce Benno Teschke – non compare nei desiderata della soppressa Introduzione del ’57. Tuttavia, ci invita a considerare una cosa su tutte: le relazioni internazionali mostrano come il capitale non sia l’unica forza motrice della storia, e, al contempo, come, una volta entrato in gioco, il capitale tenda ad accaparrarsi qualsiasi forza ad esso momentaneamente estranea. Manca un concetto di guerra come categoria della critica della economia politica. Marx, come sappiamo, fornisce un’amplissima tipizzazione storica dei conflitti, una sociologia materialistica delle faide medievali, delle rivolte contadine, delle ribellioni coloniali, delle guerre civili e di secessione. La tensione tra la concezione del capitale come categoria auto-sviluppantesi e il capitalismo come relazione sociale storica e transnazionale rimane in secondo piano in Marx, mentre sappiamo quanto questa tensione, un attimo prima che scoppiasse la pandemia, aveva portato nelle democrazie occidentali tutta una variegata tipologia di populismi e di più o meno accentuati nazionalismi rossi e neri. Teschke ha perciò ragione quando ci invita a fare attenzione a conciliare il newtonismo delle leggi di sviluppo generali con una visione storicista che valuti le singolarità storiche, in relazione alle azioni situate delle comunità e nelle comunità socio-politiche.
Il governo dei viventi: la liturgia delle ore del Capitale
Il dominio di classe cambia la vita di ogni Stato non soltanto rispetto allo spirito delle leggi, ma anche rispetto allo spirito in generale, al carattere di un popolo, direbbe in un linguaggio hegeliano Marx. Dopo una prima fase illuministica e ateistica, quella che si sviluppa intorno alla metafora della radice e del rovesciamento, Marx si concentra sul contenuto terreno delle nebulose religiose. Interessato a trattare delle forme di feticismo innescate dal processo di circolazione, arriva a stabilire un principio di critica valido non soltanto per i suoi tempi: il dominio della religione non è altro che la religione del dominio, il culto della volontà di governo, come riporta Gilbert Achcar. L’interpretazione religiosa del mondo, così come la stava pensando Marx, con il calcolo morale delle condotte di vita che implica, mostra una netta dipendenza dal tema della scarsità. All’onnipresenza di Dio la società capitalistica sapeva contrapporre l’onnipresenza del denaro, cosa che diventa più che simbolica quando, si può ricordare, la Chiesa comincia a dotarsi di magisteri come quello del tesoro della grazia della Chiesa, la cui nozione teologica disciplinava l’accesso a grazia e salvezza, nei termini moderni di distribuzione dei mezzi di grazia, entro la casa ecclesiastica – extra ecclesiam nulla salus – arrestandosi soltanto dinanzi al paradosso di una produzione totalmente individualizzata dei mezzi della redenzione.
L’orientamento di base di questa società è legato al problema di una mancata emancipazione dei sistemi sociali in gioco: come il protestantesimo non riesce a emanciparsi dai principi del naturalismo, così il sistema creditizio non si emancipa dalla base del sistema monetario. Leggere Marx significa anche incontrare spesso cose pungenti come questa. Ma l’indicazione lanciata supera il sarcasmo: c’è qualcosa di cui riparlare, c’è una analogia, una eguaglianza di rapporti, una equivalenza funzionale di alcune strutture, dunque, avrebbe detto Niklas Luhmann, una sostituibilità delle cause di certi fenomeni. Se si intende per religione una forma collettiva di educazione, ci si può concentrare sull’analisi del culto, della liturgia come forma di irrigidimento dei riti e della ritualità, di quanto, cioè l’uso pubblico della religione riguardi una determinata volontà di governare i viventi, e come questa dipenda da una vocazione pastorale alla governamentalità che Marx scopre nella radice della scarsità del denaro. D’altronde, persino il discorso che Marx faceva nella giovanile Questione ebraica non avanzava anche il problema di uno Stato politico compiuto dinanzi alla sovranità senza confini del capitale? Di un esodo di massa dai diritti politici? Per chi pensa e fa professione di critica, si ripresenta oggi il problema di ciò che costituisce un sapere, e ciò che costituisce, invece, un possedere – come avviene rispetto a ogni parola rivelata – dinanzi alla storia.

L’accesso al sapere e il problema della formazione della conoscenza sociale, della sua fruizione democratica, è il nesso del discorso di Robin Small sull’educazione in Marx. Confrontarsi con le affermazioni di Marx sull’educazione è importante perché, al di là dell’agenda pragmatica che mette a punto per l’istruzione del proletariato industriale inglese dell’epoca, fornisce uno strumento importante per inquadrare il tipo di organizzazione dell’educazione come sistema sociale, che in tempo di lezioni a distanza fa davvero riflettere. Intanto: gli insegnanti sono ancora il proletariato economico dei professionisti. Ma, ancora più attuale: cosa accade quando, come nell’aziendalizzazione della formazione, i sistemi incorporano conoscenza che quindi può non appartenere più soltanto a coloro che lavorano al loro interno? Quale forma assume il general intellect come corpus di conoscenze utili di una determinata società quando se ne privatizza il patrimonio? Questa considerazione avvicina Marx all’ambito di pedagogie e programmi d’insegnamento non proprio convenzionali.
Per una teoria minore dell’incompiuto
La vexata quaestio delle preposizioni legate al nome di Marx – di, con, per Marx e via dicendo – è stata risolta da Kohei Saito in Karl Marx’s Ecosocialism: Capital, Nature, and the Unfinished Critique of Political Economy. Questo punto di vista si deve tenere anche quando abbiamo tra le mani il Primo libro de Il capitale, che è stato il momento più compiuto di un percorso disatteso, dimezzato, incompiuto per l’appunto. Rispetto al progetto che aveva preventivato, quello di scrivere una critica della economia politica e una critica della politica in sei libri – sul capitale, sulla rendita fondiaria, sul lavoro salariato, sullo Stato, sul commercio estero, sul mercato mondiale – la pubblicazione del solo primo libro dei sei, e, come si sa, soltanto della prima parte, dovette apparire a Marx davvero come uno schizzo della genesi del capitalismo nell’Europa occidentale, ben lontano, per metodo e contenuti, dalla possibilità di intendere questo tentativo come una teoria storico filosofia della marcia generale, come si legge nella lettera agli editori della «Otečestvennye Zapiski», scritta nel 1877 ma pubblicata solo dopo la sua morte da Engels.
Ci si potrebbe chiedere, non solo rispetto all’incompiuto più rivoluzionario che si conosca in filosofia e cioè rispetto ai Grundrisse, a questi prolegomeni a ogni critica che voglia presentarsi come rivoluzionaria, ma guardando al percorso intero di Marx, se si possa interrogare l’autore proprio a partire dalla categoria di incompiutezza.
In che rapporto starebbe l’incompiuto, ad esempio, con l’aporetico? Che tipo di relazione possiamo ridestare tra discorso e scrittura, manifesto e trattato filosofico-politico a partire dall’esperienza di Marx? Cosa lega il non-finito al disegno generale, cosa annuncia, cosa segnala e di cosa può fare a meno? Cosa si scorge nei e cosa accomuna i tentativi irrealizzati – a vario titolo – dei sei libri di Das Kapital? È possibile accostarli ad altri documenti non terminati, come i Passagenwerk di Walter Benjamin oppure, Le età del mondo di Schelling oppure, e quasi in modo più abbagliante, alla tecnica del non-finito di Michelangelo Buonarroti?
Si potrebbe ricorrere a una sorta di mathesis singularis, dove il frammento acquista un valore specifico per l’interprete; o si potrebbe sollevare il problema della riduzione/aumento di complessità per ogni tipo di azione – anche quella teorica – per cui una teoria generale, anche nel caso di una teoria generale della società, è una teoria particolare, una ricerca specifica, con il suo metodo, i suoi problemi di condotta, i quali devono essere affrontati come capitoli a parte, mettendo sul tavolo il serio problema dell’indeterminazione, il problema dell’osservatore che modifica il fenomeno che osserva, mentre lo descrive e lo concepisce. In Marx abbiamo una continua mappatura del suo pensiero, attraverso piani di lavoro continuamente riaggiornati. Ma la mappa, si sa, non coincide con il territorio. Neanche nel migliore dei casi. E questo sarebbe bene ricordarlo a chi ha irrigidito l’analisi di Marx.
Ma è Isabelle Garo, attraverso le cose che dice sull’arte in Marx, a parlare di incompiutezza come consistenza ontica di un oggetto che si mostra refrattario a farsi sussumere dal valore di scambio. Certo, l’analisi di Marx sull’arte è molto collocata nel suo tempo, un attimo prima che si ponesse il problema della riproducibilità tecnica dell’opera e dell’evento d’arte. La preoccupazione di Marx riguardava il tipo di lavoro e di attività creatrice di singolarità, nella forma di alienazioni che spezzano il circolo di accumulazione anche simbolica del capitale tipico dell’arte. La Garo, tuttavia, rintraccia in Marx l’esistenza di una insolita estetica. Marx spiega come i segni della immaginazione e della creatività umana latu sensu mettano in crisi il modello stesso di ricchezza borghese, come accumulo/allocazione di merci, certo, non immediatamente negli effetti, ma in relazione al principio della formazione di questa certa idea di ricchezza mercatile. Nei Grundrisse, riporta la Garo, Marx scrive: una volta cancellata la limitata forma borghese, che cosa è la ricchezza se non l’universalità dei bisogni, delle forze produttive, degli individui, creati nello scambio universale? Che cosa è se non l’estrinsecazione assoluta delle sue doti creative, senz’altro presupposto dal precedente sviluppo storico, che rende fine a se stessa questa totalità dello sviluppo, cioè dello sviluppo di tutte le forze umane come tali, non misurate su di un metro già dato? Nella quale l’uomo non si riproduce in una dimensione determinata, ma produce la propria totalità? Dove non cerca di rimanere qualcosa di divenuto, ma è nel movimento assoluto del divenire?
In quest’ottica, l’attenzione per l’arte, se è stata sporadica, non è stata per nulla secondaria, dal momento che ha permesso a Marx di corroborare la sua definizione di comunismo nei termini del libero sviluppo di ciascuno come condizione per il libero sviluppo di tutti. E in cosa consiste tale libero sviluppo? Nella produzione di ricchezza, di un altro genere di ricchezza, storica e inattuale, individuale e collettiva, una volta cancellato il diritto della proprietà privata, cioè una volta cancellata la proprietà privata come diritto. Altro che la libertà negativa dei moderni, o la tolleranza di un Voltaire: non conta l’essere divenuti, conta solo il divenire, questa tipica forma di negatività dell’immaginazione e creatività umana, fonte ecologica di libertà, per cui ogni individuo, nell’esperienza del movimento assoluto del suo divenire, si mostra come differenza che fa differenza, vettore di emancipazione, condizione vivente di libertà da sé e di sé.
L’emancipazione è una forma di sensibilità pratica, una forma di attenzione alla propria intelligenza di specie. Il prossimo è la figura di un sé che diviene. In questo senso ci si approssima all’altro, si è prossimi all’altro come a se stessi. Non eraclitismo del commom sense, e nemmeno semplice rilievo attribuito alla figura della negazione. Una prassi, un sapere senza fondamenti e fondazioni: un libero gioco delle facoltà. E non è un caso se pongo il discorso sull’incompiutezza della critica e quello sull’arte accanto all’idea di comunismo, e, come vedremo, anche a quella di rivoluzione: non solo la Garo ma anche il contributo di Lowy mi offre l’opportunità di farlo, in termini strutturali, intrinseci, per così dire esoterici al discorso stesso di Marx. Il ponte è sicuramente rappresentato dal concetto marxiano di prassi. Prassi è al centro della definizione che Michael Löwy ci dà della rivoluzione in Karl Marx. La rivoluzione è il movimento pratico di auto-emancipazione del proletariato. Movimento che muta simultaneamente le condizioni sociali e le forme del processo di auto-emancipazione degli individui, ovvero di sé e delle circostanze. Perciò una rivoluzione non è soltanto necessaria per abbattere un sistema produttivo e riproduttivo, ma consente allo stesso tempo al proletariato, quale che sia la sua conformazione, di superare, nella prassi, i suoi limiti interni, preparando quelle relazioni che saranno utili in una società che si integra senza aver bisogno del valore di scambio, della proprietà, del pluslavoro. Ad ogni stagione va riscoperto il segno di questa prima radice, la forza e la grazia degli oppressi, che hanno da perdere, in questa danza scomposta e spossante, soltanto le loro catene.
Universalismo pratico-morale proletario contro regressione economico-politica del capitalismo dei disastri
Che si tratti di colonizzare, che si tratti di estrarre, che si tratti di ridurre in schiavitù, che si tratti di far finta di non vedere, il capitale comincia come furto e finisce come rovina. Sottrarsi al suo dominio è tanto difficile perché il suo dominio si basa sulla sottrazione: di tempo, di idee, di terra, di forza, e di ogni altra risorsa. E per quale motivo? Perché il capitale non può fare altrimenti.
Quando insorgono problemi sistemici che non possono più venir risolti in accordo con il modo di produzione dominante, come nel periodo che stiamo vivendo, la forma esistente dell’integrazione sociale è minacciata. Un meccanismo endogeno di apprendimento provvede all’accumulazione di un potenziale cognitivo-tecnico, che può venir utilizzato per risolvere i problemi che generano tali crisi. Ma questo sapere può essere messo in opera in modo da consentire un dispiegamento delle forze produttive soltanto se è già stato compiuto il passo evolutivo verso un nuovo quadro istituzionale e una nuova forma dell’integrazione sociale. Questo passo può essere spiegato solamente in base a processi di apprendimento di un altro tipo, cioè pratico-morale, scriveva Jürgen Habermas nel 1975, nella IV Tesi per la ricostruzione del materialismo storico. Oggi sappiamo che questo quadro istituzionale, questa nuova forma di integrazione sociale, l’assimilazione nel fare quotidiano di un meccanismo endogeno di apprendimento che ha accumulato potenziale cognitivo-tecnico – general intellect che coabita col capitalismo delle piattaforme –, è l’esito di un processo di apprendimento pratico-morale che dura da almeno mezzo secolo e si chiama reddito universale e incondizionato di autodeterminazione. Non sarà la rivoluzione. Ma è il minimo necessario. Un reddito di base incondizionato e un sistema universale di ammortizzatori sociali è il minimo necessario. E come minimo è necessario un sistema di progressività sociale e redistribuzione politica capace di tutelare la salute, la casa, l’istruzione, la connessione, la cooperazione e la vita in comune, come ha sostenuto Roberto Ciccarelli. Questa è l’unica reale base possibile per fare della solidarietà tra estranei il prototipo della cura tra consimili.

 

1 Il testo a cui si fa qui riferimento è una mia breve recensione uscita nel mese di aprile 2020 per la rivista mensile Jacobin Italia: www.jacobinitalia.it/marxiani-contro-lalienazione-virale/

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New Profiles of Marx after the Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA²)

I. The Marx Revival
For more than a decade now, prestigious newspapers and journals with a wide readership have been describing Karl Marx as a far-seeing theorist whose topicality receives constant confirmation. Many authors with progressive views maintain that his ideas continue to be indispensable for anyone who believes it is necessary to build an alternative to capitalism. Almost everywhere, he is now the theme of university courses and international conferences. His writings, reprinted or brought out in new editions, have reappeared on bookshop shelves, and the study of his work, after twenty years or more of neglect, has gathered increasing momentum. The years 2017 and 2018 have brought further intensity to this “Marx revival”, thanks to many initiatives around the world linked to the 150th anniversary of the publication of Capital and the bicentenary of Marx’s birth.

Marx’s ideas have changed the world. Yet despite the affirmation of Marx’s theories, turned into dominant ideologies and state doctrines for a considerable part of humankind in the twentieth century, there is still no full edition of all his works and manuscripts. The main reason for this lies in the incomplete character of Marx’s oeuvre; the works he published amount to considerably less than the total number of projects left unfinished, not to speak of the mountainous Nachlass of notes connected with his unending researches. Marx left many more manuscripts than those he sent to the printers. The sometimes-grinding poverty in which he lived, as well as his constant ill health, added to his daily worries; his rigorous method and merciless self-criticism increased the difficulties of many of his undertakings. Moreover, his passion for knowledge remained unaltered over time and always drove him on to fresh study. Nevertheless, his ceaseless labors would have the most extraordinary theoretical consequences for the future.

Of particular value for a reevaluation of Marx’s achievement was the resumed publication in 1998 of the Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA²), the historical-critical edition of the complete works of Marx and Friedrich Engels. Twenty-eight more volumes have already appeared (40 were published between 1975 and 1989), and others are in the course of preparation. The MEGA² is organized in four sections: (1) all the works, articles, and drafts written by Marx and Engels (with the exception of Capital); (2) Capital and all its preparatory materials; (3) the correspondence—consisting of 4,000 letters by Marx and Engels and 10,000 written to them by others, a large number published for the first time in the MEGA²; and (4) the excerpts, annotations, and marginal notes. This fourth section bears witness to Marx’s truly encyclopedic labors: ever since his time at university, it was his habit to compile extracts from the books he read, often interspersing them with reflections that they suggested to him.

Marx’s literary bequest contains some two hundred notebooks. They are essential for an understanding of the genesis of his theory and of those elements he was unable to develop as he would have wished. The surviving excerpts, covering the long time-span from 1838 to 1882, are written in eight languages (German, ancient Greek, Latin, French, English, Italian, Spanish, and Russian) and refer to the most varied disciplines. They were taken from works of philosophy, art history, religion, politics, law, literature, history, political economy, international relations, technology, mathematics, physiology, geology, mineralogy, agronomy, anthropology, chemistry, and physics—including not only books and newspaper and journal articles but also parliamentary minutes as well as government statistics and reports. This immense store of knowledge, much of it published in recent years or still waiting to be printed, was the construction site for Marx’s critical theory, and MEGA² has enabled access to it for the first time.

These priceless materials—many available only in German and therefore confined to small circles of researchers—show us an author very different from the one that numerous critics, or self-styled disciples, presented for such a long time. Indeed, the new textual acquisitions in MEGA² make it possible to say that, of the classics of political, economic, and philosophical thought, Marx is the author whose profile has changed the most in the opening decades of the twenty-first century. The new political setting, following the implosion of the Soviet Union, has also contributed to this fresh perception. For the end of Marxism-Leninism finally freed Marx’s work from the shackles of an ideology light years away from his conception of society.

Recent research has refuted the various approaches that reduce Marx’s conception of communist society to superior development of the productive forces. For example, it has shown the importance he attached to the ecological question: on repeated occasions, he denounced the fact that expansion of the capitalist mode of production increases not only the theft of workers’ labor but also the pillage of natural resources. Marx went deeply into many other issues that, though often underestimated, or even ignored, by scholars of his work, are acquiring crucial importance for the political agenda of our times. Among these are individual freedom in the economic and political sphere, gender emancipation, the critique of nationalism, the emancipatory potential of technology, and forms of collective ownership not controlled by the state. Thus, thirty years after the fall of the Berlin Wall, it has become possible to read a Marx very unlike the dogmatic, economistic, and Eurocentric theorist who was paraded around for so long.

II. New Discoveries on the Genesis of the Materialist Conception of History
In February 1845, after 15 intensive months in Paris that were crucial for his political formation, Marx was forced to move to Brussels, where he was allowed residence on condition that he “did not publish anything on current politics” (Marx 1975b:677).  During the three years spent in the Belgian capital, he pressed on fruitfully with his studies of political economy and conceived the idea of writing, along with Engels, Joseph Weydemeyer, and Moses Hess, a “critique of modern German philosophy as expounded by its representatives Ludwig Feuerbach, Bruno Bauer, and Max Stirner, and of German socialism as expounded by its various prophets” (Marx 1976:72). The resulting text, posthumously published under the title The German Ideology, had a dual aim: to combat the latest forms of neo-Hegelianism in Germany, and then, as Marx wrote to the publisher Carl Wilhelm Julius Leske on August 1, 1846, “to prepare the public for the viewpoint adopted in my Economy, which is diametrically opposed to German scholarship past and present” (Marx and Engels 1982:50; cf. Musto 2018:57). This manuscript, on which he worked right up to June 1846, was never completed, but it helped him to elaborate more clearly than before, though still not in a definitive form, what Engels defined for the wider public 40 years later as “the materialist conception of history” (Engels 1990a:519).

The first edition of The German Ideology, published in 1932, as well as all later versions, which only incorporated slight modifications, were sent to the printers with the semblance of a completed book. In particular, the editors of this actually unfinished manuscript created the false impression that The German Ideology included an essential opening chapter on Feuerbach in which Marx and Engels exhaustively set out the laws of “historical materialism” (a term never used by Marx). As stated by Althusser, this was the place where they conceptualized “an unequivocal epistemological break” with their previous writings (Althusser 1996:33). The German Ideology soon turned into one of the most important philosophical texts of the twentieth century. According to Henri Lefebvre (1968:71), it set out the “fundamental theses of historical materialism.” Maximilien Rubel (1980:13) held that this “manuscript contains the most elaborate statement of the critical and materialist concept of history.” David McLellan (1975:37) was equally forthright in maintaining that it “contained Marx’s most detailed account of his materialist conception of history.”

Thanks to Volume I/5 of MEGA², Deutsche Ideologie: Manuskripte und Drucke (1845–1847) (Marx and Engels 2017; 1893 pages), many such claims can now be downsized and The German Ideology restored to its original incompleteness. This edition—which comprises 17 manuscripts with a total of 700 pages plus a 1200-page critical apparatus providing variations and authorial corrections and indicating the paternity of each section—establishes once and for all the fragmentary character of the text. The twentieth-century fallacy of “scientific communism” and all the instrumentalizations of The German Ideology call to mind a phrase to be found in the text itself. For its cogent critique of German philosophy in Marx’s lifetime also sounds an acerbic warning against future exegetical trends: “Not only in its answers, even in its questions there was a mystification” (Marx and Engels 1976:28).

In the same period, the young Trier-born revolutionary extended the studies he had begun in Paris. In 1845, he spent July and August in Manchester delving into the vast English-language economic literature and compiling nine books of extracts (the so-called Manchester Notebooks), mostly from manuals of political economy and books on economic history. The MEGA² volume IV/4, Exzerpte und Notizen Juli bis August 1845 (Marx and Engels 1988), contains the first five of these notebooks, together with three books of Engels’s notes from the same time in Manchester. Volume IV/5, Exzerpte und Notizen Juli 1845 bis Dezember 1850 (Marx and Engels 2015; 650 pages), completes this series of texts and makes their previously unpublished parts available to researchers. It includes Notebooks 6, 7, 8, and 9, containing Marx’s excerpts from 16 works of political economy. The most sizeable of this group came from John Francis Bray’s Labour’s Wrongs and Labour’s Remedy (1839) and four texts by Robert Owen, in particular his Book of the New Moral World (1849), all of which evince Marx’s great interest at the time in English socialism and his deep respect for Owen, an author whom too many Marxists have over-hastily written off as “utopian.”  The volume ends with twenty or so pages that Marx wrote between 1846 and 1850, plus some of Engels’s study notes from the same period.

These studies of socialist theory and political economy were not a hindrance to Marx’s and Engels’s habitual political engagement. The 800 pages and more of the recently published Volume I/7, Werke, Artikel, Entwürfe, Februar bis Oktober 1848 (Marx and Engels 2016; 1294 pages), allows us to appreciate the scale of this in 1848, one of the most consuming years of political and journalistic activity in the lives of the authors of the Manifesto of the Communist Party. After a revolutionary movement of unprecedented scope and intensity plunged the political and social order of continental Europe into crisis, governments in place took all possible countermeasures to put an end to the insurrections. Marx himself suffered the consequences and was expelled from Belgium in March. However, a republic had just been proclaimed in France, and Ferdinand Flocon, a minister in the Provisional Government, invited Marx to return to Paris: “Dear and valiant Marx . . . the tyranny banished you, but free France will reopen its doors to you.” Marx naturally set aside his studies of political economy and took up journalistic activity in support of the revolution, helping to chart a recommended political course. After a short period in Paris, in April he moved to the Rhineland and two months later began editing the Neue Rheinische Zeitung, which had meanwhile been founded in Cologne. An intense campaign in its columns weighed in behind the cause of the insurgents and urged the proletariat to promote “the social and republican revolution” (Marx 1977:178).

Nearly all the articles in the Neue Rheinische Zeitung were published anonymously. One of the merits of the MEGA2 volume I/7 is to have correctly attributed the authorship of 36 texts to either Marx or Engels, whereas previous collections had left us in doubt about who wrote which piece. Out of a total of 275, a full 125 are printed here for the first time in an edition of the works of Marx and Engels. An appendix also features 16 interesting documents containing accounts of some of their interventions at the meetings of the League of Communists, the aggregates of the Democratic Society of Cologne and the Vienna Union. Those interested in Marx’s political and journalistic activity during the “year of the revolution,” 1848, will find here much invaluable material to deepen their knowledge.

III. Capital: The Unfinished Critique
The revolutionary movement that rose up throughout Europe in 1848 was defeated within a short space of time, and in 1849, after two expulsion orders from Prussia and France, Marx had no other option than to make his way across the Channel. He would remain in England, an exile and stateless person, for the rest of his life, but European reaction could not have confined him in a better place to write his critique of political economy. At that time, London was the world’s leading economic and financial center, the “demiurge of the bourgeois cosmos” (Marx 1978:134), and therefore the most favorable location from which to observe the latest economic developments of capitalist society. He also became a correspondent for the New-York Tribune, the newspaper with the largest circulation in the United States of America.

For many years Marx awaited the outbreak of a new crisis, and when this materialized in 1857 he devoted much of his time to analyzing its key features. Volume I/16, Artikel Oktober 1857 bis Dezember 1858 (Marx and Engels 2018; 1181 pages), includes 84 articles that he published between autumn 1857 and the end of 1858 in the New-York Tribune, including those expressing his first reactions to the financial panic of 1857. The American daily often printed unsigned editorials, but research for this new volume of MEGA² has made it possible to attribute two more articles to Marx, as well as appending four that were substantially modified by the editors and a further three whose origin remains uncertain.

Driven by a desperate need to improve his economic circumstances, Marx also joined the editorial committee of The New American Cyclopædia and agreed to compose a number of entries for this project (MEGA2 volume I/16 contains 39 of these pieces). Although the payment of $2 per page was very low, it was still an addition to his disastrous finances. Moreover, he entrusted most of the work to Engels, so that he would be able to devote more time to his economic writings.

Marx’s work in this period was remarkable and wide-ranging. Alongside his journalistic commitments, from August 1857 to May 1858 he filled the eight notebooks famously known as the Grundrisse. But he also set himself the strenuous task of an analytic study of the first world economic crisis. Volume IV/14, Exzerpte, Zeitungsausschnitte und Notizen zur Weltwirtschaftskrise (Krisenhefte), November 1857 bis Februar 1858 (Marx 2017; 680 pages), decisively adds to our knowledge of one of the most fertile intervals of Marx’s theoretical production. In a letter to Engels of December 18, 1857, Marx described his feverish burst of activity:

I am working enormously, as a rule until 4 o’clock in the morning. I am engaged on a twofold task: 1. Elaborating the outlines [Grundrisse] of political economy. (For the benefit of the public it is absolutely essential to go into the matter to the bottom, as it is for my own, individually, to get rid of this nightmare.) 2. The present crisis. Apart from the articles for the [New-York] Tribune, all I do is keep records of it, which, however, takes up a considerable amount of time. I think that, somewhere about the spring, we ought to do a pamphlet together about the affair as a reminder to the German public that we are still there as always, and always the same. (Marx and Engels 1983:224)

So Marx’s plan was to work at the same time on two projects: a theoretical work on the critique of the capitalist mode of production, and a more strictly topical book on the vicissitudes of the ongoing crisis. This is why in the so-called Notebooks on Crisis, unlike previous similar volumes, Marx did not compile extracts from the work of other economists but collected a large quantity of news reports on the major bank collapses, on variations in stock market prices, changes in trade patterns, unemployment rates, and industrial output. The particular attention he paid to the latter distinguished his analysis from that of so many others who attributed crises exclusively to the faulty granting of credit and an increase in speculative phenomena. Marx divided his notes among three separate notebooks. In the first and shortest one, entitled “1857 France,” he collected data on the state of French trade and the chief measures taken by the Bank of France. The second, the “Book on the Crisis of 1857,” was nearly twice as long and dealt mainly with Britain and the money market. Similar themes were treated in the slightly longer third notebook, “Book on the Commercial Crisis,” in which Marx annotated data and news items on industrial relations, the production of raw materials, and the labor market.

Marx’s work was as rigorous as ever: he copied from more than a dozen journals and newspapers, in chronological order, the most interesting parts of numerous articles and any other information he could use to summarize what was happening. His principal source was The Economist—a weekly from which he drew roughly half of his notes—although he also frequently consulted Morning Star, The Manchester Guardian, and The Times. All the extracts were compiled in the English language. In these notebooks, Marx did not confine himself to transcribing the main news reports concerning the United States of America and Britain. He also tracked the most significant events in other European countries—particularly France, Germany, Austria, Italy, and Spain—and took a lively interest in other parts of the world, especially India and China, the Far East, Egypt, and even Brazil and Australia.

As the weeks passed, Marx gave up the idea of publishing a book on the crisis and concentrated all his energies on his theoretical work, the critique of political economy, which in his view could brook no further delay. Yet the Notebooks on Crisis remain particularly useful in refuting a false idea of Marx’s main interests during this period. In a letter of January 16, 1858, to Engels, he wrote that “as regards method” to use for his work “Hegel’s Logic had been of great use to him” and added that he wanted to highlight its “rational aspect” (Marx and Engels 1983:249). On this basis, some interpreters of Marx’s work have concluded that when writing the Grundrisse he spent considerable time studying Hegelian philosophy. But the publication of Volume IV/14 makes it quite clear that his main concern at the time was with the empirical analysis of events linked to the great economic crisis that he had been predicting for so long.

Marx’s indefatigable efforts to complete his “critique of political economy” are also the main theme of Volume III/12, Briefwechsel, Januar 1862 bis September 1864 (Marx and Engels 2013; 1529 pages), which contains his correspondence from the beginning of 1862 up to the foundation of the International Working Men’s Association. Of the 425 surviving letters, 112 are exchanges between Engels and Marx, while 35 were written to, and 278 received from, third persons (227 of this group being published here for the first time). The inclusion of the latter—the most significant difference from all previous editions—constitutes a veritable treasure trove for the interested reader, providing a wealth of new information about events and theories that Marx and Engels learned from women and men with whom they had a shared political commitment.

Like all the other MEGA² volumes of correspondence, this one also ends with a register of letters written by, or addressed to, Marx and Engels that have left no more than traces testifying to their existence. These come to a total of 125, nearly a quarter of the number that have survived, and include a full 57 written by Marx. In these cases, even the most rigorous researcher can do no more than speculate about various conjectural hypotheses.

Among the key points of discussion in Marx’s correspondence from the early 1860s were the American Civil War, the Polish revolt against Russian occupation, and the birth of the Social Democratic Party of Germany inspired by the principles of Ferdinand Lassalle.  However, a constantly recurring theme was his struggle to make progress in the writing of Capital.

During this period, Marx launched into a new area of research: “Theories of Surplus Value.” Over ten notebooks, he minutely dissected the approach of major economists before him, his basic idea being that “all economists share the error of examining surplus-value not as such, in its pure form, but in the particular forms of profit and rent” (Marx 1988:348). Meanwhile, Marx’s economic circumstances continued to be desperate. On June 18, 1862, he wrote to Engels: “Every day my wife says she wishes she and the children were safely in their graves, and I really cannot blame her, for the humiliations, torments and alarums that one has to go through in such a situation are indeed indescribable.” The situation was so extreme that Jenny made up her mind to sell some books from her husband’s personal library—although she could not find anyone who wanted to buy them. Nevertheless, Marx managed to “work hard” and expressed a note of satisfaction to Engels: “strange to say, my grey matter is functioning better in the midst of the surrounding poverty than it has done for years” (Marx and Engels 1985:380). On September 10 of the same year, Marx wrote to Engels that he might get a job “in a railroad office” in the new year (ibid.:417).  On December 28, he repeated to his friend Ludwig Kugelmann that things had become so desperate that he had “decided to become a ‘practical man’”; nothing came of the idea, however. Marx reported with his typical sarcasm: “Luckily—or perhaps I should say unluckily?—I did not get the post because of my bad handwriting” (ibid.:436).

Along with the financial stresses, Marx suffered a great deal from health problems. Nevertheless, from summer 1863 to December 1865 he embarked on further editing of the various parts into which he had decided to subdivide Capital. In the end, he managed to draw up the first draft of Volume One; the sole manuscript of Volume Three, in which he gave his only account of the complete process of capitalist production; and an initial version of Volume Two, containing the first general presentation of the circulation process of capital.

Volume II/11 of MEGA², Manuskripte zum zweiten Buch des “Kapitals,” 1868 bis 1881 (Marx and Engels 2008; 1850 pages), contains all the final manuscripts pertaining to Volume Two of Capital that Marx drafted between 1868 and 1881.  Nine of these ten manuscripts had not been published previously. In October 1867, Marx returned to Capital, Volume Two, but various health issues forced another sudden interruption. A few months later, when he was able to resume work, nearly three years had passed since the last version he had written. Marx completed the first two chapters in the course of the spring of 1868, in addition to a group of preparatory manuscripts—on the relationship between surplus value and rate of profit, the law of the rate of profit, and the metamorphoses of capital—which occupied him until the end of the year. The new version of the third chapter was completed in the course of the next two years. Volume II/11 ends with a number of short texts that the aging Marx wrote between February 1877 and the spring of 1881.

The drafts of Capital, Volume Two, which were left in anything but a definitive state, present a number of theoretical problems. However, a final version of Volume Two was published by Engels in 1885, and it now appears in Volume II/13 of MEGA², entitled Karl Marx: Das Kapital: Kritik der Politischen Ökonomie, Zweiter Band. Herausgegeben von Friedrich Engels, Hamburg 1885 (Marx 2008; 800 pages).

Finally, Volume II/4.3, Ökonomische Manuskripte 1863–1868, Teil 3 (Marx 2012; 1065 pages), completes the second section of MEGA². This volume, which follows II/4.1 and II/4.2 in the previous series, contains 15 hitherto unpublished manuscripts from autumn 1867 to the end of 1868. Seven of these are draft fragments of Capital, Volume Three; they have a highly fragmentary character, and Marx never managed to update them in a way that reflected the progress of his research. Another three relate to Volume Two, while the remaining five tackle issues concerning the interdependence between Volumes Two and Three and include comments on excerpts from the works of Adam Smith and Thomas Malthus. The latter are particularly stimulating for economists interested in Marx’s theory of the rate of profit and his ideas on price theory. Philological studies linked to the preparation of this volume have also shown that the original manuscript of Capital, Volume One (of which “Chapter Six: Results of the Immediate Process of Production” used to be considered the only surviving part) actually dates back to the 1863–64 period, and that Marx cut and pasted it into the copy he prepared for publication.

With the publication of MEGA2 volume II/4.3, all the ancillary texts relating to Capital have been made available, from the famous “Introduction,” written in July 1857 during one of the greatest crashes in the history of capitalism, to the last fragments composed in the spring of 1881. We are talking of 15 volumes plus just as many bulky auxiliary tomes that constitute a formidable critical apparatus for the main text. They include all the manuscripts from the late 1850s and early 1860s, the first version of Capital published in 1867 (parts of which would be modified in subsequent editions), the French translation reviewed by Marx that appeared between 1872 and 1875, and all the changes that Engels made to the manuscripts of Volumes Two and Three. Alongside this, the classical box set of the three volumes of Capital appears positively minute. It is no exaggeration to say that only now can we fully understand the merits, limits, and incompleteness of Marx’s magnum opus.

The editorial work that Engels undertook after his friend’s death to prepare the unfinished parts of Capital for publication was extremely complex. The various manuscripts, drafts, and fragments of Volumes Two and Three, written between 1864 and 1881, correspond to approximately 2,350 pages of the MEGA2. Engels successfully published Volume Two in 1885 and Volume Three in 1894. However, it must be borne in mind that these two volumes emerged from the reconstruction of incomplete texts, often consisting of heterogeneous material. They were written in more than one period in time and thus include different, and sometimes contradictory, versions of Marx’s ideas.

IV. The International, Marx’s Researches Following Capital, and Engels’s Final Labors
Immediately after the publication of Capital, Marx resumed militant activity and made a constant commitment to the work of the International Working Men’s Association. This phase in his political biography is documented in Volume I/21, Werke, Artikel, Entwürfe, September 1867 bis März 1871 (Marx and Engels 2009; 2,432 pages), which contains more than 150 texts and documents for the period from 1867 to 1871, as well as minutes of 169 meetings of the General Council in London (omitted from all previous editions of the works of Marx and Engels) in which Marx made an intervention. As such, it provides research material for crucial years in the life of the International.

Right from the earliest days, in 1864, Pierre-Joseph Proudhon’s ideas were hegemonic in France, French-speaking Switzerland, and Belgium, and the mutualists—the name by which his followers were known—were the most moderate wing of the International. Resolutely hostile to state intervention in any field, they opposed socialization of the land and the means of production as well as any use of strikes as a weapon. The texts published in this volume show how Marx played a key role in the long struggle to reduce Proudhon’s influence in the International. They include the documents related to the preparation of the congresses of Brussels (1868) and Basel (1869), where the International made its first clear pronouncement on the socialization of the means of production by state authorities and in favor of the right to abolish individual ownership of land. This marked an important victory for Marx and the first appearance of socialist principles in the political program of a major workers’ organization.

Beyond the International Working Men’s Association’s political program, the late 1860s and early 1870s were rich in social conflicts. Many workers who took part in protest actions decided to make contact with the International, whose reputation was spreading ever wider, and to ask it to support their struggles. This period also saw the birth of some IWMA sections of Irish workers in England. Marx was worried about the division that violent nationalism had produced within the ranks of the proletariat, and, in a document that has come to be known as the  “Confidential Communication,”  he emphasized that “the English bourgeoisie ha[d] not only exploited the Irish misery to keep down the working class in England by forced immigration of poor Irishmen”; it had also proved able to divide the workers “into two hostile camps” (Marx 1985:120). In his view, “a nation that enslaves another forges its own chains” (ibid.), and the class struggle could not evade such a decisive issue. Another major theme in the volume, treated with particular attention in Engels’s writings for The Pall Mall Gazette, was opposition to the Franco-Prussian war of 1870–71.

Marx’s work in the International Working Men’s Association lasted from 1864 to 1872, and the brand-new Volume IV/18, Exzerpte und Notizen, Februar 1864 bis Oktober 1868, November 1869, März, April, Juni 1870, Dezember 1872 (Marx and Engels 2019; 1294 pages) provides the hitherto unknown part of the studies he made during those years. Marx’s research took place either close to the printing of Volume One of Capital or after 1867 when he was preparing Volumes Two and Three for publication. This MEGA² volume consists of five books of excerpts and four notebooks containing summaries of more than one hundred published works, reports of parliamentary debates, and journalistic articles. The most sizeable and theoretically important part of these materials involves Marx’s research on agriculture, his main interests here being ground rent, the natural sciences, agrarian conditions in various European countries and the United States, Russia, Japan, and India, and land tenure systems in precapitalist societies.

Marx read attentively Chemistry in Its Application to Agriculture and Physiology (1843), a work by the German scientist Justus von Liebig that he considered essential because it allowed him to modify his previous belief that the scientific discoveries of modern agriculture solved the problem of soil replenishment. From then on, he took an ever-keener interest in what we would today call “ecology,” particularly soil erosion and deforestation. Among the other books that greatly impressed Marx in this period, a special place should also be assigned to the Introduction to the Constitutive History of the German Mark, Farm, Village, Town and Public Authority (1854) by the political theorist and legal historian Georg Ludwig von Maurer. In a letter to Engels on March 25, 1868, he said that he had found Maurer’s books “extremely significant,” since they approached in an entirely different way “not only the primitive age but also the entire later development of the free imperial cities, of the estate owners possessing immunity, of public authority, and of the struggle between the free peasantry and serfdom” (Marx and Engels 1987:557). Marx further endorsed Maurer’s demonstration that private property in land belonged to a precise historical period and could not be regarded as a natural feature of human civilization.

Finally, Marx studied in depth three German works by Karl Fraas: Climate and the Vegetable World throughout the Ages, a History of Both (1847), A History of Agriculture (1852), and The Nature of Agriculture (1857). He found the first of these “very interesting,” especially appreciating the part in which Fraas demonstrated that “climate and flora change in historical times.” He described the author as “a Darwinist before Darwin,” who admitted that “even the species have been developing in historical times.” Marx was also struck by Fraas’s ecological considerations and his related concern that “cultivation—when it proceeds in natural growth and is not consciously controlled (as a bourgeois he naturally does not reach this point)—leaves deserts behind it.” Marx could detect in all this “an unconscious socialist tendency” (Marx and Engels 1987:558–59).

Following the publication of the so-called Notebooks on Agriculture, it can be argued with more evidence than before that ecology might have played a much greater role in Marx’s thinking if he had had the energy to complete the last two volumes of Capital. Of course, Marx’s ecological critique was anticapitalist in its thrust and, beyond the hopes he placed in scientific progress, involved a questioning of the mode of production as a whole.

The scale of Marx’s studies in the natural sciences has become fully apparent since the publication of MEGA² volume IV/26, Exzerpte und Notizen zur Geologie, Mineralogie und Agrikulturchemie, März bis September 1878 (Marx 2011; 1104 pages). In the spring and summer of 1878, geology, mineralogy, and agrarian chemistry were more central to Marx’s studies than political economy. He compiled extracts from a number of books, including The Natural History of the Raw Materials of Commerce (1872) by John Yeats, The Book of Nature (1848) by the chemist Friedrich Schoedler, and Elements of Agricultural Chemistry and Geology (1856), by the chemist and mineralogist James Johnston. Between June and early September, he was grappling with Joseph Jukes’s Student’s Manual of Geology (1857) (see Marx 2011:139–679), from which he copied down the largest number of extracts. The main focus of these is questions of scientific methodology, the stages of the development of geology as a discipline, and its usefulness for industrial and agricultural production.

Such insights awakened in Marx a need to develop his ideas regarding profit, with which he had last intensively occupied himself in the mid-1860s, when he wrote the draft of the part on “The Transformation of Surplus-Profit into Ground Rent” of Capital, Volume Three. Some of the summaries of natural-scientific texts had the aim of throwing greater light on the material he was studying. But other excerpts, more geared to theoretical aspects, were meant to be used in the completion of Volume Three. Engels later recalled that Marx “combed . . . prehistory, agronomy, Russian and American landownership, geology, etc., in particular to work out, to an extent . . . never previously attempted, the section on ground rent in Volume III of Capital” (Engels 1990b:341). These volumes of MEGA² are all the more important because they serve to discredit the myth, repeated in a number of biographies and studies on Marx, that after Capital he had satisfied his intellectual curiosity and completely given up new study and research.

Three books of MEGA² published in the last decade concern the late work by Engels. Volume I/30, Werke, Artikel, Entwürfe Mai 1883 bis September 1886 (Engels 2011; 1154 pages) contains 43 texts that he wrote in the three years following Marx’s death. Of the 29 most important of these, 17 consist of journalistic pieces that appeared in some of the main papers of the European working-class press. For although in this period he was mainly absorbed in editing Marx’s incomplete manuscripts of Capital, Engels did not neglect to intervene on a series of burning political and theoretical issues. He also brought out a polemical work that took aim at the resurgence of idealism in German academic circles, Ludwig Feuerbach and the End of Classical German Philosophy. A further 14 texts, published as an appendix in this MEGA² volume, are some of Engels’s own translations and a series of articles signed by other authors who benefited from his collaboration.

MEGA² has also published a new set of Engels’s correspondence. Volume III/30, Briefwechsel Oktober 1889 bis November 1890 (Engels 2013; 1512 pages), contains 406 surviving letters from the total of 500 or more that he wrote between October 1889 and November 1890. Moreover, the inclusion for the first time of letters from other correspondents makes it possible to appreciate more deeply the contribution that Engels made to the growth of workers’ parties in Germany, France, and Britain, on a range of theoretical and organizational issues. Some of the items in question concern the birth and many ongoing debates in the Second International, whose founding congress took place on 14 July 1889.

Finally, Volume I/32, Werke, Artikel, Entwürfe März 1891 bis August 1895 (Engels 2010; 1590 pages), brings together the writings from the last four and a half years of Engels’s life. There are a number of journalistic pieces for the major socialist papers of the time, including Die Neue Zeit, Le Socialiste, and Critica Sociale, but also prefaces and afterwords to various reprintings of works by Marx and Engels, transcriptions of speeches, interviews and greetings to party congresses, accounts of conversations, documents that Engels drafted in collaboration with others, and a number of translations.

These three volumes will therefore prove highly useful for a deeper study of Engels’s late theoretical and political contributions. The numerous publications and international conferences scheduled for the bicentenary of his birth (1820–2020) will certainly not fail to probe these twelve years following Marx’s death, during which he devoted his energies to the diffusion of Marxism.

V. Another Marx?
What Marx emerges from the new historical-critical edition of his works? In certain respects, he differs from the thinker whom many followers and opponents presented over the years—not to speak of the stone statues to be found in public squares under the unfree regimes of Eastern Europe, which showed him pointing to the future with imperious certainty. On the other hand, it would be misleading to invoke—as do those who over-excitedly hail an “unknown Marx” after each new text appears for the first time—that recent research has turned upside down everything that was already known about him. What MEGA² provides, rather, is the textual basis for rethinking a different Marx: not different because the class struggle drops out of his thought (as some academics would wish, in a variation of the old refrain of “Marx the economist” against “Marx the politician” that vainly seeks to present him as a toothless classic); but radically different from the author who was dogmatically converted into the fons et origo of “actually existing socialism” supposedly fixated on class conflict alone.

The new advances achieved in Marxian studies suggest that the exegesis of Marx’s work is again, as at many other times in the past, likely to become more and more refined. For a long time, many Marxists foregrounded the writings of the young Marx—primarily the Economic and Philosophic Manuscripts of 1844 and The German Ideology—while the Manifesto of the Communist Party remained his most widely read and quoted text. In those early writings, however, one finds many ideas that were superseded in his later work. For a long time, the difficulty of examining Marx’s research in the last two decades of his life hampered our knowledge of the important gains he achieved. But it is above all in Capital and its preliminary drafts, as well as in the researches of his final years, that we find the most precious reflections on the critique of bourgeois society. These represent the last, though not the definitive, conclusions at which Marx arrived. If examined critically in the light of changes in the world since his death, they may still prove useful for the task of theorizing, after the failures of the twentieth century, an alternative social-economic model to capitalism.

The MEGA² edition has given the lie to all the claims that Marx is a thinker about whom everything has already been written and said. There is still so much to learn from Marx. Today it is possible to do this by studying not only what he wrote in his published works but also the questions and doubts contained in his unfinished manuscripts.

References
1. Among the main recent works marking this resurgence of interest, see Musto 2020a.
2. Tomes II/4.1 and II/4.2 were published before the interruption of MEGA², while Tome II/4.3 came out in 2012. This three-part book brings to 67 the total number of MEGA² volumes published since 1975.  In the future, some of the further volumes will be published only in digital form.
3. Of particular relevance for the content of Marx’s library was the publication of MEGA² vol. IV/32, Die Bibliotheken von Karl Marx und Friedrich Engels (Marx and Engels 1999), which consists of an index of 1,450 books (in 2,100 total volumes)—two-thirds of those owned by Marx and Engels. This compilation indicates all the pages of each volume on which Marx and Engels left annotations and marginalia.
4. For a review of all 13 MEGA² volumes published from 1998—the year of the resumption of this edition—to 2007, see Musto 2007. In this review essay are discussed the 15 volumes—amounting to a total of 20,508 pages—published between 2008 and 2019.
5. In fact, Engels already used this expression in 1859, in his review of Marx’s book A Contribution to the Critique of Political Economy, but the article had no resonance and the term began to circulate only after the publication of his Ludwig Feuerbach and the End of Classical German Philosophy.
6. A few years before the publication of the MEGA² vol. I/5, on the basis of the German edition of the Marx/Engels/Weydemeyer Die Deutsche Ideologie: Artikel, Druckvorlagen, Entwürfe, Reinschriftenfragmente und Notizen zu I. Feuerbach und II Sankt Bruno, which appeared as a special issue (vol. 2003) of the Marx-Engels Jahrbuch, Terrell Carver and David Blank (2014) provided a new English-language edition of the so-called “Chapter on Feuerbach.” The two authors argued for maximum fidelity to the originals, furthermore criticizing the Marx-Engels Jahrbuch edition (now incorporated in MEGA² vol. I/5) on the grounds that, in line with earlier twenty-century editors, it arranged the discrete manuscripts as if they formed the draft of a a fully cohesive, if never completed, work.
7. A small part of this text has recently been translated into English as “Marx’s Economic Manuscript of 1867–68 (Excerpt)” (Marx 2019).
8. Volume II/4.2 has recently been translated into English as Fred Moseley (ed.), Marx’s Economic Manuscript of 1864–1865 (2015).
9. See Carl-Erich Vollgraf, “Einführung,” in MEGA² vol. II/4.3:421–74 (Marx 2012).
10. Some of them—like the addresses and resolutions presented to the congresses of the International—were instead included in the anthology Workers Unite! The International 150 Years Later (Musto 2014), which appeared on the occasion of the 150th anniversary of this organization.
11. On these questions, see also the work by Kohei Saito (one of the editors of MEGA² vol. IV/18), Karl Marx’s Ecosocialism: Capital, Nature and the Unfinished Critique of Political Economy (2017).
12. Marx’s great interest in the natural sciences, for a long time almost completely unknown, is also evident in MEGA² vol. IV/31, Naturwissenschaftliche Exzerpte und Notizen, Mitte 1877 bis Anfang 1883 (Marx and Engels 1999), which presented the notes on organic and inorganic chemistry taken by Marx after 1877.
13. See Marcello Musto, The Last Years of Karl Marx: An Intellectual Biography (2020b). An important milestone will be the publication of the volume edited by David Smith, Marx’s World: Global Society and Capital Accumulation in Marx’s Late Manuscripts (forthcoming 2021).

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Wajah Baru Marx Setelah Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA) (Bagian III)

I. Internasional Pertama
Begitu Kapital terbit, Marx melanjutkan aktivitas militannya dan berkomitmen penuh untuk Asosiasi Pekerja Internasional.
Dalam biografi politiknya, fase ini terdokumentasikan dalam Vol. I/21, “Karl Marx—Friedrich Engels, Werke, Artikel, Entwürfe. September 1867 bis März 1871”, yang mencakup lebih dari 150 teks dan dokumen dari periode 1867-1871, termasuk notulen 169 rapat Dewan Umum di London (dihapus dari semua edisi karya-karya Marx dan Engels sebelumnya) di mana Marx melakukan intervensi. Dengan demikian, ia menyediakan materi riset untuk tahun-tahun yang krusial bagi Internasional.
Sejak awal, pada 1864, ide-ide Proudhon sudah sangat hegemonik di Prancis, kawasan Swiss yang berbahasa Prancis, dan Belgia; dan kaum mutualis—istilah untuk menyebut para pengikutnya—adalah sayap paling moderat dari Internasional. Mereka—yang sepenuhnya menentang intervensi negara di bidang apapun—menolak sosialisasi tanah dan alat-alat produksi, serta penggunaan senjata. Teks-teks yang diterbitkan dalam volume ini menunjukkan bagaimana Marx memainkan peranan kunci dalam perjuangan panjang untuk mengurangi pengaruh Proudhon di Internasional. Teks-teks ini mencakup dokumen-dokumen yang terkait dengan persiapan kongres-kongres Brussels (1868) dan Basel (1869), ketika Internasional untuk pertama kalinya secara tegas menyuarakan sosialisasi alat-alat produksi oleh otoritas negara dan mendukung hak untuk menghapuskan kepemilikan individu atas tanah. Ini menandakan kemenangan penting bagi Marx dan kemunculan prinsip-prinsip sosialis dalam program politik organisasi utama kaum pekerja untuk pertama kalinya.
Di luar program politik Asosiasi Pekerja Internasional, akhir 1860-an dan awal 1870-an dipenuhi dengan konflik-konflik sosial. Banyak pekerja yang berpartisipasi dalam aksi-aksi protes memutuskan untuk menjalin kontak dengan Internasional yang reputasinya terus meluas. Para pekerja ini juga meminta Internasional untuk mendukung perjuangan-perjuangan mereka. Pada periode ini juga terjadi kelahiran beberapa kelompok pekerja Irlandia di Inggris. Marx mengkhawatirkan perpecahan yang diakibatkan oleh nasionalisme garis keras dalam barisan kaum proletar. Dalam sebuah dokumen yang dikenal sebagai “Komunikasi Konfidensial”, ia menekankan bahwa “kaum borjuis Inggris tidak hanya mengeksploitasi penderitaan orang-orang Irlandia untuk menundukkan kelas pekerja di Inggris lewat imigrasi paksa orang-orang miskin dari Irlandia”; mereka juga terbukti sanggup memisahkan kaum pekerja “ke dalam dua kubu yang saling bertentangan”. Dalam pandangannya, “suatu bangsa yang memperbudak bangsa lainnya sebenarnya menempa sendiri rantai yang membelenggunya” dan perjuangan kelas tidak dapat menghindar dari isu penting ini. Tema besar lainnya dalam volume tersebut—khususnya yang diulas dalam tulisan-tulisan Engels untuk The Pall Mall Gazette—adalah penolakan terhadap Perang Prancis-Prusia tahun 1870-1871.

II. Riset-Riset Marx Setelah Kapital
Kerja-kerja Marx untuk Asosiasi Pekerja Internasional berlangsung dari 1864 sampai 1872, dan volume baru IV/18, “Karl Marx—Friedrich Engels, Exzerpte und Notizen. Februar 1864 bis Oktober 1868, November 1869, März, April, Juni 1870, Dezember 1872” menyajikan bagian yang sebelumnya tak dikenal tentang studi-studi yang ia kerjakan selama tahun-tahun tersebut. Penelitian Marx dilakukan jelang dicetaknya Volume I Kapital atau setelah 1867 ketika ia mempersiapkan penerbitkan Volume II dan III untuk diterbitkan. Volume MEGA ini terdiri atas lima buku kumpulan kutipan dan empat buku catatan yang berisi rangkuman lebih dari seratus karya tulis, laporan-laporan debat-debat parlementer dan artikel-artikel jurnalistik. Bagian yang paling tebal dan penting secara teoretis dari materi-materi ini mencakup penelitian Marx tentang agrikultur, di mana minat utamanya di sini ialah tentang sewa tanah, ilmu-ilmu alam, kondisi tanah di negara-negara Eropa dan Amerika Serikat, Rusia, Jepang dan India, dan sistem penggunaan tanah dalam masyarakat-masyarakat pra-kapitalis.
Marx membaca secara cermat Chemistry and Its Application to Agriculture and Philosophy (1843), karya ilmuwan Jerman Justus von Liebig yang ia anggap penting karena turut mengubah pandangannya sebelumnya bahwa penemuan-penemuan ilmiah pertanian modern sukses mengatasi masalah pemulihan tanah. Sejak itu, ia mengembangkan minat pada apa yang kini kita sebut “ekologi”, khususnya masalah erosi tanah dan deforestasi. Di antara buku-buku yang amat berkesan bagi Marx dalam periode ini, ada tempat khusus untuk Introduction to the Constitutive History of the German Mark, Farm, Village, Town and Public Authority (1854) karya teoretikus politik dan sejarawan hukum Georg Ludwig von Mauer. Dalam sebuah surat kepada Engels, ia mengatakan bahwa buku-buku Mauer “amatlah signifikan”, karena dengan cara yang sangat berbeda meneropong “bukan hanya zaman primitif, tetapi juga perkembangan selanjutnya seperti tentang kota-kota merdeka, para pemilik lahan-lahan besar yang menikmati impunitas, pejabat publik, dan perjuangan kalangan petani merdeka dan hamba”. Marx juga memuji Maurer karena menunjukkan bahwa kepemilikan pribadi atas tanah adalah sesuatu yang terjadi dalam periode sejarah tertentu dan tidak bisa dianggap sebagai karakter alami dari peradaban manusia. Akhirnya, Marx mempelajari secara mendalam tiga karya berbahasa Jerman dari Karl Fraas: Climate and the Vegetable World throughout the Ages, a History of Both (1847), A History of Agriculture (1852) dan The Nature of Agriculture (1857). Ia mendapati bahwa yang pertama disebut di atas “amatlah menarik”, dan secara khusus mengapresiasi bagian saat Fraas menunjukkan bahwa “iklim dan flora berubah dalam sejarah”. Ia menyebut pengarangnya sebagai “seorang Darwinis sebelum Darwin”, yang mengakui bahwa “bahkan spesies pun berkembang dalam sejarah”. Marx juga dikejutkan oleh pertimbangan-pertimbangan ekologis Fraas dan keprihatinannya bahwa “pengolahan tanah—jika bersandar pada perkembangan alami dan bukannya secara sadar dikontrol (sebagai borjuis ia semestinya tidak mencapai pemahaman ini)—tidak akan menghasilkan padang gurun”. Marx dapat mendeteksi di sini “sebuah tendensi sosialis bawah sadar”.
Menyusul penerbitan Notebooks on Agriculture, kita bisa berargumen dengan tambahan bukti bahwa ekologi bakal memainkan peranan yang lebih besar dalam pemikiran Marx jika ia memiliki energi untuk menuntaskan dua volume terakhir Kapital. Tentu saja, kritik ekologis Marx bersifat anti-kapitalis, dan di luar harapan-harapannya akan kemajuan ilmu pengetahuan, mencakup pertanyaan tentang corak produksi secara keseluruhan.
Skala studi-studi Marx atas ilmu-ilmu alam telah menjadi nampak sepenuhnya sejak penerbitan Volume IV/26, “Karl Marx, Exzerpte und Notizen zur Geologie, Mineralogie und Agrikulturchemie. März bis September 1878”. Pada musim semi dan musim panas 1878, geologi, mineralogi, dan kimia pertanian menjadi lebih sentral dalam studi-studi Marx daripada ekonomi-politik. Ia mengumpulkan catatan dari berbagai buku, termasuk The Natural History of the Raw Materials of Commerce (1872) oleh John Yeats, The Book of Nature (1848) oleh ahli kimia Friedrich Schoedler, dan Elements of Agricultural Chemistry and Geology (1856) oleh ahli kimia dan mineral James Johnston. Antara Juni dan awal September, ia bergelut dengan Student’s Manual of Geology (1857) karya Joseph Jukes, yang darinya ia mengumpulkan banyak kutipan. Fokus utama dari semua pembelajaran ini adalah pertanyaan-pertanyaan tentang metodologi ilmiah, tahap-tahap perkembangan geologi sebagai disiplin ilmu, dan kegunaannya bagi produksi industrial dan agrikultural.
Pemahaman-pemahaman yang ia dapat melalui pembelajaran ini menyadarkan Marx tentang pentingnya mengembangkan lagi ide-idenya tentang profit, yang pernah membuatnya sibuk pada pertengahan 1860-an ketika menulis naskah tentang “Transformasi Profit-Surplus ke dalam Sewa Tanah“ dalam Kapital, Volume III. Beberapa rangkuman teks-teks ilmu alamnya memiliki tujuan untuk menerangi materi-materi yang sedang ia pelajari. Tetapi catatan-catatan lainnya, yang lebih condong pada aspek-aspek teoretisnya, dimaksudkan untuk digunakan dalam penyelesaian Volume III. Di kemudian hari Engels mengenang bahwa Marx “menyusuri (…) pra-sejarah, agronomi, kepemilikan tanah di Rusia dan Amerika, geologi, dll., secara khusus untuk mengembangkan hingga (…) yang belum pernah diupayakan, bagian tentang sewa tanah dalam Volume III Kapital”. Volume-volume MEGA ini semakin penting karena mereka akan mendiskreditkan mitos yang sering diulangi dalam biografi-biografi dan studi-studi tentang Marx, bahwa setelah Kapital ia telah memuaskan minat intelektualnya dan sepenuhnya meninggalkan studi-studi dan penelitian baru.

III. Kerja-Kerja Terakhir Engels
Akhirnya, tiga buku MEGA yang diterbitkan pada dekade terakhir berkaitan dengan Engels di masa tuanya. Volume I/30, “Friedrich Engels, Werke, Artikel, Entwürfe Mai 1883 bis September 1886” mencakup 43 teks yang ia tulis dalam tiga tahun setelah kematian Marx. Dari 29 teks terpenting dalam volume ini, terdapat 17 tulisan jurnalistik yang muncul di beberapa surat kabar utama kelas pekerja Eropa. Meski dalam periode ini perhatiannya banyak tersedot untuk mengedit naskah Kapital Marx yang belum tuntas, Engels tidak meninggalkan kesempatan untuk mengintervensi rangkaian isu-isu hangat di bidang politik dan teori. Ia juga menulis polemik yang ditujukan untuk menyerang kebangkitan kembali idealisme di lingkaran akademik Jerman, Ludwig Feuerbach and the End of Classical German Philosophy (1886). Empat belas teks lainnya, yang diterbitkan sebagai apendiks dalam volume MEGA ini, adalah beberapa terjemahan Engels dan rangkaian artikel dari penulis lain yang berkolaborasi dengannya.
MEGA juga menerbitkan kumpulan surat-surat Engels yang baru. Volume III/30, “Friedrich Engels, Briefwechsel Oktober 1889 bis November 1890” mencakup 406 surat yang masih terselamatkan dari total 500 atau lebih surat yang ia tulis antara Oktober 1889 dan November 1890. Lebih jauh lagi, disertakannya untuk pertama kali surat-surat dari koresponden lain memungkinkan kita untuk mengapresiasi secara lebih mendalam kontribusi yang Engels berikan bagi perkembangan partai-partai kelas pekerja di Jerman, Prancis, dan Inggris, mengenai beragam isu teoretik dan organisasi. Beberapa di antaranya ialah mengenai kelahiran Internasional Kedua dan perdebatan-perdebatan di dalamnya, yang kongres pendiriannya berlangsung pada tanggal 14 Juli 1889.
Akhirnya, Volume I/32, “Friedrich Engels, Werke, Artikel, Entwürfe März 1891 bis August 1895”, menyertakan tulisan-tulisan dari empat setengah tahun terakhir hidup Engels. Ada sejumlah tulisan-tulisan jurnalistik untuk koran-koran sosialis besar pada masa itu, termasuk Die Neue Zeit, Le Socialiste dan Critica Sociale, tetapi juga sejumlah kata pengantar dan penutup untuk berbagai edisi karya-karya Marx dan Engels, transkripsi pidato, wawancara dan sambutan dalam kongres-kongres partai, catatan percakapan, dokumen-dokumen yang Engels tulis dalam kolaborasi dengan orang lain, dan sejumlah terjemahan.
Tiga volume ini akan terbukti bermanfaat bagi studi yang lebih mendalam atas kontribusi teoretik dan politik Engels tua. Rangkaian publikasi dan konferensi internasional yang dijadwalkan pada perayaan dua abad kelahirannya (1820-2020) tentu tidak akan melewatkan masa dua belas tahun pasca kematian Marx ini, di mana Engels menghabiskan energinya untuk penyebaran Marxisme.

V. Marx yang Lain?
Marx yang seperti apakah yang lahir dari edisi historis-kritis baru atas karya-karyanya ini? Dalam beberapa hal, ia berbeda dari sosok pemikir yang selama ini digambarkan oleh para pengikut dan penentangnya—belum lagi jika kita berbicara tentang patung-patung dari batu yang ditemukan di ruang publik rezim-rezim Eropa Timur, yang menggambarkannya dengan postur menunjuk ke masa depan dengan keyakinan teguh. Di sisi lain, adalah keliru untuk menyebut—seperti mereka yang terlalu bersemangat merayakan penemuan sosok “Marx yang belum dikenal” setiap kali muncul teks yang baru—bahwa penelitian terkini telah memutarbalikkan semua yang sebelumnya diketahui mengenai dirinya. Apa yang disuguhkan oleh MEGA adalah landasan tekstual untuk memikirkan Marx yang berbeda: bukan berbeda karena perjuangan kelas disisihkan dari pemikirannya (seperti yang bakal diharapkan oleh para akademisi, dalam variasi nyanyian lama tentang “Marx sang ekonom” versus “Marx sang politisi” yang berupaya untuk menggambarkannya sebagai pemikir klasik yang ompong); tetapi secara radikal berbeda dengan pengarang yang secara dogmatis dijadikan fons et origo dari “sosialisme riil”, yang semata-mata mengarahkan perhatiannya pada pertentangan kelas.
Kemajuan-kemajuan baru yang dicapai dalam studi-studi Marxian menunjukkan bahwa eksegesis atas karya Marx lagi-lagi, seperti halnya di masa lalu, akan semakin dipertajam. Sejak dulu kaum Marxis mengedepankan tulisan-tulisan Marx muda—terutama Economic and Philosophic Manuscripts of 1844 dan The German Ideology—sementara Manifesto of the Communist Party tetap menjadi tulisannya yang paling banyak dibaca dan dikutip. Namun, dalam tulisan-tulisan masa mudanya tersebut, orang akan menemukan banyak gagasan yang kelak dilampaui dalam karya-karyanya yang belakangan. Sejak dulu, kesulitan untuk memeriksa penelitian Marx dalam dua dekade terakhir kehidupannya menghalangi pemahaman kita tentang pencapaian-pencapaian penting yang ia raih. Namun di atas segalanya itu, di dalam Kapital dan naskah-naskah persiapannya, dan juga dalam penelitian-penelitian di tahun-tahun terakhirnya, kita menemukan refleksi-refleksi yang paling berharga mengenai kritik masyarakat borjuis. Refleksi-refleksi ini merepresentasikan kesimpulan-kesimpulan terakhir, meskipun bukan yang definitif, yang Marx capai. Jika diperiksa secara kritis dalam terang perubahan-perubahan di dunia sejak kematiannya, mereka masih akan terbukti berguna untuk tugas teoretik, setelah kegagalan-kegagalan model sosial-ekonomi alternatif untuk kapitalisme di abad ke-20.
Edisi MEGA ini telah membuktikan kebohongan klaim bahwa segala hal tentang Marx telah ditulis dan dibicarakan. Masih ada banyak hal yang bisa dipelajari dari Marx. Kini menjadi mungkin untuk mempelajari bukan hanya apa yang ditulis Marx dalam karya-karyanya yang telah diterbitkan, tetapi juga pertanyaan dan keraguan yang terkandung dalam sederet naskah yang tak selesai.

 

Bagian I

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Wajah Baru Marx Setelah Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA) (Bagian II)

I. Pengasingan di London dan Kritik Ekonomi-Politik
Gerakan revolusioner yang bangkit di Eropa pada tahun 1848 ditaklukkan dalam tempo singkat dan pada 1849, setelah diusir dari Prusia dan Prancis, Marx tidak punya pilihan selain menyeberangi Selat Inggris.
Ia kemudian menetap di Inggris, sebagai orang buangan tak bernegara, selama sisa hidupnya. Namun, keadaan di Eropa menempatkan Marx di lokasi yang terbaik untuk menulis kritik ekonomi-politiknya. Pada saat itu, London adalah pusat ekonomi dan finansial termaju, ‘demiurgos kosmos borjuis’, dan karenanya merupakan lokasi yang paling mendukung untuk mengamati perkembangan ekonomi terkini dari masyarakat kapitalis. Ia juga menjadi penulis untuk New-York Tribune, surat kabar dengan sirkulasi terluas di Amerika Serikat.
Selama bertahun-tahun, Marx menantikan pecahnya krisis baru. Ketika hal ini termaterialisasikan pada tahun 1857, ia mengabdikan banyak waktunya untuk menganalisis karakter-karakternya. Volume I/16, “Karl Marx—Friedrich Engels, Artikel Oktober 1857 bis Dezember 1858”, mencakup 84 artikel yang ia terbitkan antara musim gugur 1857 dan akhir 1858 dalam New-York Tribune, termasuk artikel-artikel yang mengekspresikan reaksi-reaksi awalnya pada publik finansial pada 1857. Harian Amerika tersebut sering mencetak editorial-editorial tanpa nama pengarang, tetapi penelitian atas volume baru MEGA ini telah membuka kemungkinan untuk mengatributkan dua artikel lagi pada Marx, bersama dengan empat lainnya yang secara substansial diubah oleh para editor dan tiga lagi yang asal-muasalnya tetap belum jelas.
Didorong oleh kebutuhan mendesak untuk memperbaiki keadaan ekonominya, Marx juga bergabung dengan komite editorial The New American Cyclopædia dan setuju untuk menulis sejumlah artikel untuk proyek ini (volume I/16 mengandung 39 artikel jenis ini). Meski bayarannya $2 per halaman sangatlah rendah, ini tetap merupakan tambahan bagi kondisi keuangannya yang parah. Apalagi kebanyakan dari pekerjaan ini ia serahkan pada Engels, sehingga ia dapat lebih banyak mengabdikan waktu untuk tulisan-tulisan ekonominya.
Karya Marx dalam periode ini sungguh hebat dan luas cakupannya. Di samping komitmen jurnalistiknya, dari Agustus 1857 hingga Mei 1858 ia mengisi delapan buku catatan yang dikenal sebagai Grundrisse. Tetapi, ia juga menetapkan bagi dirinya tugas berat studi analitis tentang krisis ekonomi dunia yang pertama. Volume IV/14, “Karl Marx, Exzerpte, Zeitungsausschnitte und Notizen zur Weltwirtschaftskrise (Krisenhefte). November 1857 bis Februar 1858”, secara signifikan menambah pengetahuan kita tentang salah satu interval paling subur dalam produksi teoretis Marx. Dalam surat kepada Engels pada Desember 1857, Marx mendeskripsikan aktivitasnya yang gila-gilaan:
Aku bekerja dengan giat, umumnya hingga jam 4 pagi. Aku melibatkan diri dalam tugas ganda: 1. Menjelaskan skema [Grundrisse] ekonomi-politik. (mengupas masalah ini hingga tuntas demi kepentingan publik adalah sepenuhnya esensial, sama pentingnya dengan kebutuhan pribadiku untuk mengakhiri mimpi buruk ini). 2. Krisis di masa kini. Selain artikel-artikel untuk [New-York] Tribune, semua yang aku lakukan adalah mengumpulkan catatan-catatan mengenainya, yang sayangnya menghabiskan banyak waktu. Aku pikir kira-kira pada musim semi nanti kita harus menyusun sebuah pamflet bersama tentang isu tersebut sebagai pengingat kepada publik Jerman bahwa kita masih ada di sana dan selalu tetap sama.
Jadi, rencana Marx adalah mengerjakan pada saat yang bersamaan dua proyek: karya teoretis tentang kritik moda produksi kapitalis dan buku yang lebih tematis mengenai krisis yang tengah berlangsung. Inilah sebabnya mengapa dalam karyanya Notebooks on Crisis, tidak seperti volume-volume serupa sebelumnya, Marx tidak mengumpulkan bahan-bahan dari karya para ekonom lain, tetapi mengoleksi sejumlah laporan dari surat kabar tentang kolapsnya bank-bank besar, variasi harga pasar saham, perubahan pola-pola dagang, tingkat pengangguran dan hasil industri. Perhatian khusus yang ia berikan pada isu yang disebut terakhir membedakan analisisnya dari begitu banyak pengamat lain yang mengatributkan krisis-krisis ini secara eksklusif pada kesalahan penyaluran kredit dan peningkatan spekulasi. Marx membagi catatan-catatannya ke dalam beberapa buku catatan.
Pada buku catatan pertama sekaligus yang terpendek, yang berjudul “Prancis 1857”, ia mengoleksi data tentang situasi perdagangan di Prancis dan langkah-langkah yang diambil oleh Bank Prancis. Buku catatan kedua, “Buku tentang Krisis 1857”, panjangnya hampir dua kali lipat dan terutama berurusan dengan Inggris dan pasar uangnya. Tema-tema serupa dibahas dalam buku catatan ketiga yang sedikit lebih panjang, “Buku tentang Krisis Perdagangan”, di mana Marx mengomentari berita-berita dan data mengenai relasi-relasi industri, produksi bahan-bahan mentah dan pasar tenaga kerja.
Karya Marx seperti biasanya begitu cermat: ia menyusun secara kronologis bagian-bagian menarik dari sejumlah artikel dan informasi lain yang dapat ia gunakan untuk merangkum apa yang terjadi dari lusinan majalah dan surat kabar. Sumber utama yang ia gunakan adalah The Economist—mingguan yang darinya ia menyusun separuh catatannya—meski ia juga secara berkala memeriksa Morning Star, The Manchester Guardian, dan The Times. Semua bahan ini dikumpulkan dalam bahasa Inggris. Dalam catatan-catatan tersebut, Marx tidak membatasi dirinya pada berita-berita tentang Amerika Serikat dan Inggris. Ia juga melacak peristiwa-peristiwa paling signifikan di negara-negara Eropa lain—khususnya Prancis, Jerman, Austria, Italia, dan Spanyol—dan menunjukkan minat serius terhadap bagian-bagian lain dunia, khususnya India dan China, Timur Jauh, Mesir, dan bahkan Brazil serta Australia.
Setelah minggu-minggu tersebut berlalu, Marx meninggalkan ide menerbitkan buku tentang krisis dan mengkonsentrasikan seluruh energinya pada karya teoretisnya, kritik ekonomi-politik, yang menurut pandangannya tidak dapat ditunda lagi. Namun Notebooks on Crisis tetap berguna untuk membantah pandangan yang keliru tentang minat utama Marx selama periode ini. Dalam sepucuk surat pada awal 1858 untuk Engels, ia menulis bahwa ‘mengenai metode’ yang ia gunakan, ‘Logika Hegel sangatlah bermanfaat baginya’ dan menambahkan bahwa ia ingin untuk menyoroti ‘aspek rasionalnya’. Dengan dasar ini, beberapa penafsir karya Marx menyimpulkan bahwa ketika menulis Grundrisse, ia menghabiskan banyak waktunya untuk mempelajari filsafat Hegelian. Namun, penerbitan volume IV/4 menunjukkan jelas bahwa perhatian utamanya pada saat itu adalah analisis empiris atas peristiwa-peristiwa yang terkait dengan krisis ekonomi besar yang ia telah prediksikan jauh sebelumnya.

II. Awal 1860-an
Upaya-upaya tanpa kenal lelah dari Marx untuk menuntaskan ‘kritik ekonomi-politik’-nya juga menjadi tema utama dari volume III/2, “Karl Marx—Friedrich Engels, Briefwechsel Januar 1862 bis September 1864”, yang mencakup korespondensinya sejak awal1862 hingga pendirian Asosiasi Kelas Pekerja Internasional. Dari 425 surat yang tersisa, 112 adalah antara Engels dan Marx, sementara 35 ditulis kepada, dan 278 diterima dari, pihak ketiga (227 dari kumpulan ini baru diterbitkan untuk pertama kalinya). Disertakannya kumpulan terakhir ini—yang memiliki perbedaan paling signifikan dari seluruh edisi sebelumnya—menyuguhkan harta karun bagi pembaca yang berminat serta menyediakan kekayaan informasi baru tentang peristiwa-peristiwa dan teori-teori yang Marx dan Engels pelajari dari perempuan dan laki-laki yang dengannya mereka berbagi komitmen politik.
Di antara poin-poin diskusi dalam korespondensi Marx sejak awal 1860-an adalah Perang Saudara Amerika, revolusi Polandia melawan pendudukan Rusia, kelahiran Partai Sosial Demokratik Jerman yang terinspirasi oleh prinsip-prinsip Ferdinand Lassalle. Namun, tema yang secara konstan berulang adalah perjuangannya untuk meraih kemajuan dalam penulisan Kapital.
Selama periode ini, Marx meluncur pada area riset yang baru: Teori-Teori Nilai Surplus. Sepanjang sepuluh buku catatan, ia membedah pendekatan ekonom-ekonom besar sebelumnya, dengan pandangan dasar bahwa “semua ekonom sama-sama keliru dalam mengevaluasi nilai-lebih tidak pada bentuk murninya, melainkan dalam bentuk-bentuk khusus laba dan sewa”. Sementara itu, keadaan ekonomi Marx terus memburuk. Pada Juni 1862 ia menulis pada Engels: “Setiap hari istriku mengatakan ia berharap dirinya dan anak-anak kami aman di kuburan mereka, dan aku sungguh tidak dapat menyalahkannya, karena rasa malu, siksaan, dan peringatan yang seseorang harus lalui dalam keadaan demikian sungguh sulit dideskripsikan”. Situasinya begitu ekstrem sehingga Jenny memutuskan untuk menjual beberapa buku dari perpustakaan pribadi suaminya—meski ia tidak dapat menemukan orang yang mau membelinya. Di tengah keadaan demikian, Marx mampu ‘bekerja keras’ dan mengekspresikan kepuasan pada Engels: “aneh tapi nyata, otakku berfungsi lebih baik di tengah kemiskinan ini dibanding tahun-tahun sebelumnya”. Di bulan September, Marx menulis pada Engels bahwa ia mungkin akan mendapat pekerjaan “di kantor kereta api” pada tahun yang baru. Pada bulan Desember, ia mengulangi ucapannya pada temannya, Ludwig Kugelmann, bahwa keadaan telah menjadi sangat memprihatinkan sehingga ia “memutuskan untuk menjadi ‘orang praktis’; namun, ide ini tidak terwujud juga. Marx melaporkan dengan sarkasme khasnya: “Untungnya—atau mungkin aku harus bilang tidak beruntung?—aku tidak mendapatkan posisi tersebut karena tulisan tanganku jelek.”

III. Kritik yang Belum Tuntas dalam Kapital
Bersama dengan tekanan-tekanan finansial, Marx juga banyak menderita masalah kesehatan. Namun dari musim panas 1863 hingga Desember 1865 ia menyunting kembali bagian-bagian yang ia putuskan akan membentuk Kapital. Pada akhirnya, ia menyusun: naskah pertama Volume Satu; naskah satu-satunya dari Volume Tiga, di mana ia menunjukkan catatan satu-satunya yang ia buat tentang proses lengkap produksi kapitalis; dan versi awal Volume Dua, yang mencakup presentasi umum pertama tentang proses sirkulasi kapital.
Volume II/11 dari MEGA, “Karl Marx, Manuskripte zum zweiten Buch des ‘Kapitals’ 1868 bis 1881”, mengandung seluruh naskah untuk Volume Dua Kapital yang Marx susun antara 1868 hingga 1881. Sembilan dari sepuluh naskah ini belum diterbitkan sebelumnya. Pada bulan Oktober 1867, Marx kembali mengerjakan Kapital, Volume Kedua, namun beragam masalah kesehatan memaksa interupsi mendadak. Beberapa bulan kemudian, ketika ia mampu melanjutkan pengerjaan naskah, hampir tiga tahun telah berlalu sejak versi terakhir yang ia tulis. Marx menuntaskan dua bab pertama selama musim semi 1868, selain sekelompok naskah awal lainnya—mengenai hubungan antara nilai lebih dan tingkat laba, hukum tingkat laba, dan metamorfosis kapital—yang menyibukkannya hingga akhir tahun. Versi baru dari bab ketiga diselesaikannya dalam dua tahun berikutnya. Volume II/1 berakhir dengan sejumlah teks pendek yang Marx tulis antara Februari 1877 dan musim semi 1881.
Naskah-naskah awal Kapital, Volume Dua, yang tak pernah dituntaskannya, menampilkan sejumlah problem teoretis. Namun versi akhir dari Volume II diterbitkan oleh Engels pada tahun 1885 dan sekarang muncul dalam volume II/13 MEGA yang berjudul “Karl Marx, Das Kapital. Kritik der politischen Ökonomie. Zweiter Band. Herausgegeben von Friedrich Engels. Hamburg 1885”.
Yang terakhir, volume II/4.3, ‘Karl Marx, Ökonomische Manuskripte 1863-1868. Teil 3’, melengkapi bagian kedua dari MEGA. Volume ini, yang mengikuti seri II/4.1 dan II/4.2, mengandung 15 naskah yang tidak diterbitkan sejak musim gugur 1867 hingga akhir 1868. Tujuh darinya adalah potongan-potongan naskah awal Kapital, Volume III; mereka memiliki karakter yang amat fragmentaris dan Marx tidak pernah mampu memperbarui naskah tersebut dengan cara yang merefleksikan kemajuan penelitiannya. Tiga naskah lainnya terkait dengan Volume Dua, sementara lima sisanya berurusan dengan isu-isu mengenai kesalingbergantungan volume Dua dan Tiga dan mencakup komentar-komentar terhadap karya Adam Smith dan Thomas Malthus. Yang terakhir disebut ini menarik bagi ekonom-ekonom yang berminat pada teori Marx tentang tingkat laba dan ide-idenya tentang teori harga. Studi-studi filologis yang terkait dengan persiapan volume ini juga menunjukkan bahwa naskah asli Kapital, Volume Satu (di mana ‘Bab Enam. Hasil-Hasil Proses Produksi Langsung’ biasa dianggap sebagai satu-satunya bagian yang tertinggal) sebenarnya disusun pada periode 1863-1864, dan bahwa Marx menggunakannya untuk naskah yang diterbitkannya.
Dengan penerbitan MEGA volume II/4.3, seluruh teks pembantu yang terkait dengan Kapital telah tersedia: mulai dari ‘Pengantar’ yang terkenal itu, yang ditulis pada Juli 1857 selama krisis terbesar dalam sejarah kapitalisme, hingga fragmen-fragmen terakhir yang ditulis pada musim semi 1881. Kita berbicara tentang 15 volume plus banyak lagi catatan-catatan yang menyusun aparatus kritis bagi teks utama. Mereka mencakup seluruh naskah sejak akhir 1850-an dan awal 1860-an, versi pertama Kapital yang diterbitkan pada 1867 (yang bagian-bagiannya akan diubah dalam edisi-edisi berikutnya), terjemahan Prancis yang ditinjau kembali oleh Marx yang muncul antara 1872 dan 1875, dan seluruh perubahan yang dibuat Engels pada naskah-naskah Volume Dua dan Tiga. Dibanding ini semua, ketiga volume Kapital akan terlihat kecil. Tidak berlebihan jika kita mengatakan bahwa sekarang kita benar-benar bisa memahami keunggulan, keterbatasan, serta ketidaktuntasan magnum opus Marx.
Kerja editorial yang dilakukan Engels setelah kematian kawannya untuk mempersiapkan bagian-bagian yang belum tuntas dari Kapital untuk diterbitkan sesungguhnya amatlah kompleks. Aneka naskah dan fragmen dari volume II dan III, yang ditulis antara 1864 dan 1881, mencapai kira-kira 2350 halaman MEGA. Engels berhasil menerbitkan Volume II pada 1885 dan Volume III pada 1894. Namun, kita harus mengingat bahwa kedua volume ini muncul dari rekonstruksi teks yang tak tuntas dan seringkali mencakup materi yang beragam. Mereka semua ditulis selama lebih dari satu periode dan karena itu mencakup versi-versi yang berbeda dan bahkan berkontradiksi dari Marx.

 

Bagian III

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Les crisis en Marx a la dècada de 1850

Durant la dècada de 1850, Marx desenvolupà un profund treball de crítica econòmica al voltant de la idea de les crisis que resultaria en el preludi de les Grundrisse. Quin millor moment que l’actual per revisar-lo?

La crisi econòmica fou un tema constant als articles que Marx va escriure pel New-York Tribune. A «Revolució a la Xina i Europa», del juny del 1853, on connectava la revolució antifeudal xinesa que començà el 1851 amb la situació econòmica general, Marx hi expressà de nou la seva convicció que properament vindria «un moment en el qual el creixement dels mercats seria incapaç de seguir el ritme del creixement de les indústries angleses, i tal desproporció haurà de provocar una nova crisi amb la mateixa certesa amb la que ho ha fet en el passat»[i] Segons ell, en iniciar-se les calamitoses seqüeles de la revolució, una contracció imprevista del gran mercat xinès «encendrà una espurna al sí del sobrecarregat polvorí que és l’actual sistema industrial i provocarà l’explosió d’un crisi general covada llargament, la qual, escampant-se arreu del món, estarà seguida de prop per revolucions polítiques al Continent»[ii]. Per suposat, Marx no considerà mai el procés revolucionari d’una manera determinista, però estava segur que la crisi n’era un prerequisit indispensable per acomplir-lo:

«Des d’inicis del segle divuit no hi ha hagut cap revolució seriosa a Europa que no hagi estat abans precedida per una crisi financera i comercial. Això val tant per la revolució de 1789 com per la de 1848. […] Ni guerres, ni revolucions semblen capaces de posar Europa contra les cordes, a no ser que esdevinguin a conseqüència d’una crisi general del comerç i la indústria, el tret de sortida de la qual el dona, per norma, Anglaterra, la representant de la indústria europea al mercat mundial.»[iii]

La mateixa idea es posava de relleu a les darreries del setembre del 1853, a l’article «Moviments Polítics: L’Escassetat de Pa a Europa»:

«Ni les arengues dels demagogs, ni les nicieses dels diplomats no ens arrossegaran cap a una crisi, ara bé […] s’aproximen desastres econòmics i convulsions socials que tenen una alta probabilitat de ser els precursors d’una revolució europea. Des de 1849 la prosperitat comercial i industrial ha acotxat el bressol en el que la contrarevolució dormia segura.»[iv]

Les traces de l’optimisme amb el que Marx esperava els esdeveniments es poden resseguir a la seva correspondència amb Engels. A una de les cartes, per exemple, també de setembre del 1853, hi escriu: «Les coses van de meravella. L’infern sencer es desencadenarà a França quan la bombolla financera esclati»[v]. Però la crisi encara no acabava d’arribar i ell concentrà l’energia en altres activitats periodístiques per mirar de mantenir la seva única font d’ingressos.

Després de la publicació, entre octubre i desembre del 1853, d’una sèrie d’articles amb el títol de Lord Palmerston, en els quals criticava la política internacional de Henry John Temple (1784-1865), el veterà secretari d’exteriors i futur primer ministre d’Anglaterra, i després, d’una altra tirada d’articles, La Revolució a Espanya, en els que resumia i analitzava els principals esdeveniments de la prèvia dècada a Espanya, entre finals del 1854 i principis del 1855, Marx va reprendre els seus estudis d’economia política. Després d’un descans de tres anys, malgrat tot, va optar per rellegir els seus vells manuscrits abans de perseverar amb la tasca. A mitjans de febrer del 1855 escrigué a Engels:

«He estat incapaç d’escriure els últims quatre o cincs dies […] a causa d’una severa inflamació als ulls […] Els meus problemes oculars venen d’haver estat rellegint els meus propis quaderns de notes sobre economia, no tant amb la intenció d’elaborar el material, sinó més aviat de dominar-lo i deixar-lo enllestit per treballar-hi.»[vi]

Aquestes investigacions van ser el preludi a la composició dels Grundrisse, un manuscrit escrit durant uns dels períodes més productius i estimulants intel·lectualment de la crítica marxiana a l’economia política

Aquesta revisió dona lloc a una vintena de pàgines de noves anotacions, a les que Marx anomenà Citacions. Essència del diner, essència del crèdit, crisis; eren nous passatges extrets dels fragments que ja havia estat elaborant feia pocs anys. Repassant llibres d’autors com Tooke, Mill i Steuart, i articles de The Economist, van avançar en la síntesi de les teories dels principals economistes polítics sobre la moneda, el crèdit i la crisis, que havia començat a estudiar el 1850.[vii]

A la vegada, Marx va produir més articles sobre la recessió per la New-York Tribune. Al gener de 1855, a «La Crisi Comercial a Anglaterra», escrigué amb satisfacció: «La crisi comercial anglesa, els símptomes premonitoris de la qual han estat des de fa temps narrats a les nostres columnes, és un fet ara proclamat a tort i a dret per les més altes autoritats en la matèria.»[viii] I dos mesos més tard, a «La crisi a Anglaterra»:

«En pocs mesos la crisi se situarà a uns nivells als que mai havia arribat a Anglaterra des de 1846, potser fins i tot des de 1842. Un cop els seus efectes comencin a fer-se sentir del tot entre les classes treballadores, el moviment polític es reprendrà de nou, després d’estar-se durant sis anys en latència. […] Aleshores, els dos partits realment confrontats al país s’enfrontaran cara a cara —la classe mitjana i les classes treballadores, la Burgesia i el Proletariat.»[ix]

Així doncs, a causa de les circumstàncies econòmiques i de salut, Marx només podria treballar de nou l’economia política durant el juny de 1856, escrivint alguns articles per The People’s Paper sobre el Crédit Mobilier, el principal banc comercial francès, segons ell «un dels fenòmens econòmics més curiosos de la nostra època»[x]. L’octubre de 1856, Marc va escriure de nou sobre la crisi pel New-York Tribune. A «La Crisi Monetària a Europa» hi adduïa que s’aproximava «un moviment dels mercats monetaris europeus anàleg al pànic de 1847».[xi] I, a «La Crisi Europea», article aparegut al novembre, en un moment en què la majoria de columnistes predeien confiats que el pitjor ja havia passat, ell sostenia:

«Els indicadors provinents d’Europa […] certament semblen posposar per al futur el col·lapse final de l’especulació i l’abassegament d’estocs [stockjobbing], fet que homes als dos costat de l’oceà anticipen de manera intuïtiva com si es tractés d’una premonició temorosa d’una mena de fatalitat inevitable. Aquest col·lapse és segur, per molt que se’l posposi; de fet, el caràcter crònic que ha pres l’actual crisi financera tan sols és un presagi d’un final cada cop més destructiu i violent. Com més s’allarga una crisi, pitjor acaba sent el compte a pagar.»[xii]

Els esdeveniments també van donar a Marx l’oportunitat per atacar els seus rivals polítics. A «La Crisi Monetària a Europa», escrigué:

«Si comparem entre ells els efectes d’aquest breu pànic monetari i els efectes de les proclamacions de Mazzini i d’altres, la història sencera dels desenganys dels revolucionaris oficials d’ençà el 1849 queda tot d’una lliure dels seus misteris. No en saben res de la vida econòmica dels pobles, no en saben res de les condicions reals del moviment històric, i quan una nova revolució es desencadeni tindran més dret que el mateix Pilat a rentar-se’n les mans, adduint que són innocents de la sang vessada.»[xiii]

Durant la primera meitat del 1857, tanmateix, als mercats internacionals hi va prevaldre la calma absoluta. Fins al març, Marx va treballar en les Revelacions de la Història Diplomàtica del Segle Divuit (1856), que pretenia ser la primera part d’un treball sobre la historia de la diplomàcia. Finalment, al juliol, Marx va escriure algunes breus, si bé interessants, ressenyes crítiques sobre Les Harmonies Econòmiques(1850) de Fréderic Bastiat i els Principis d’Economia Política (1837-38) de Carey, dels quals ja havia extret fragments i estudiat el 1851. En aquestes notes, publicades pòstumament sota el títol de Bastiat i Carey, hi assenyalava la ingenuïtat d’ambdós economistes —el primer, campió del lliure mercat, el segon del proteccionisme—, els quals ens els seus escrits havien bregat per demostrar «l’harmonia de les relacions de producció»[xiv] i de retruc de la societat burgesa com a tot.

Aquestes investigacions van ser el preludi a la composició dels Grundrisse, un manuscrit escrit durant uns dels períodes més productius i estimulants intel·lectualment de la crítica marxiana a l’economia política, durant el qual també va poder desenvolupar amb més rigor la seva teoria de la crisi.

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Antonino Morreale, Gli Asini

Marx revival

Pubblicato a fine 2019 da Donzelli, Marx Revival, raccolta di “Concetti essenziali e nuove letture” a cura di Marcello Musto, è già uscito in inglese a giugno 2020; e per il 2021 sono previste le pubblicazioni in cinese, tedesco, giapponese, coreano e portoghese.

Con le sue 469 pagine può incutere qualche preoccupazione; e si rivela invece, scorrendo l’indice, ventaglio amplissimo e godibile di temi e di punti di vista.

I titoli dei saggi – li cito tutti per dare un’idea compiuta – rivelano l’ottica non banale secondo cui la raccolta è costruita: Capitalismo, Comunismo, Democrazia, Proletariato, Lotta di classe, Organizzazione politica, Rivoluzione, Lavoro, Capitale e temporalità, Ecologia, Eguaglianza di genere, Nazionalismo e questione etnica, Migrazioni, Colonialismo, Stato, Globalizzazione, Guerra e relazioni internazionali, Religione, Educazione, Arte, Tecnologia e scienze, Marxismi.

È evidente che in questo volume non è Marx a interrogare il presente, ma sono piuttosto i temi dell’attualità a interrogare Marx, ottenendo risposte più o meno convincenti, più o meno strutturate, ma sempre stimolanti; senza forzature per trovare in Marx quel che non c’è.

Per il lettore italiano, che viene da una tradizione di studi e di elaborazioni teoriche di alto livello, ma anche molto diversa da questa, è un’occasione importante, che speriamo voglia cogliere.

Cominciamo dagli autori dei 22 saggi. Pochi gli studiosi già da noi conosciuti. Infatti dei 19 non italiani, solo cinque hanno opere già tradotte (Achkar, Antunes, Löwy, van der Linden, Wallerstein. Quest’ultimo, appena scomparso, già molto noto fin dagli anni Settanta, però solo come storico, per opere fondamentali).

Ci volevano tante diverse mani per riuscire a disegnare un profilo di Marx che, col tempo, appare sempre più poliedrico: originari di 11 diversi paesi (7 statunitensi, 3 inglesi, 3 italiani, 2 francesi; 2 tedeschi; uno a testa Canada, Paesi Bassi, Corea, Brasile, Nuova Zelanda, India); insegnano in nove diversi paesi. Non è pertanto un volume eurocentrico, ma davvero “globale”.

Altro pregio: i saggi – nessuno su un tema marginale – sono tutti molto brevi.

Il volume è il risultato ben riuscito degli intenti del curatore, Marcello Musto, che vuole “presentare un Marx per molti aspetti differente da quello conosciuto attraverso le correnti dominanti del marxismo novecentesco. Esso muove dal duplice intento di ridiscutere, in modo critico e innovativo, i temi classici della riflessione di Marx e di sviluppare un’analisi approfondita di alcune tematiche fino a oggi ancora non sufficientemente accostate al suo pensiero. Questo volume si offre, dunque, come uno strumento prezioso sia per riavvicinare Marx a quanti ritengono, erroneamente, che sia già stato detto tutto sulla sua opera, sia per presentare questo autore a una nuova generazione di lettori che non hanno ancora avuto modo di avvicinarsi ai suoi scritti” (p. XIII). Criteri e scelte azzeccate dal curatore che è, di suo, autore di opere ormai imprescindibili come Ripensare Marx (2011), L’ultimo Marx (2016), K. Marx, Biografia intellettuale e politica (2018).

La lettura – anche “a saltare” – a cui si viene invitati, è una bella esperienza. Coniugare varietà, novità, solidità scientifica su temi così impegnativi è stata una sfida vinta.

Si sa, per la tradizione, Marx ha una origine “tripla”: filosofia tedesca, economia politica inglese, politica francese. Un Marx profondamente ”europeo”, e questo ha comportato spesso una divisione tematica. Questo libro incorpora invece una nuova e fondamentale acquisizione interpretativa: Marx viene letto e ricostruito seguendo passo passo sul filo del tempo la molteplicità dei suoi interessi, teorici e pratici; avanzando nella lettura, nello studio, su tutti i fronti contemporaneamente, piuttosto che ritagliando, di volta in volta, il Marx “filosofo“, “l’economista”, “il politico” eccetera. Superando così note difficoltà: come è possibile analizzare la “Miseria” scartando la polemica con Proudhon sulle questioni politico-organizzative contemporanee? Come è possibile considerare come rituali retorici i richiami di Marx al “dovere di fronte al partito” o alla “vittoria scientifica per il nostro partito”, riferiti ai “Grundrisse” e a “Per la critica”?

È il taglio “biografico” proposto e ottimamente realizzato da Musto nel suo ultimo K. Marx. Biografia intellettuale e politica. Con Marx (e non so con chi altri) questo approccio risulta particolarmente funzionale, per niente “banale”; presenta anzi difficoltà che non tutti gli studiosi sono in grado di superare.

Oggi, certamente, questo approccio è più praticabile di ieri perché, grazie al procedere della edizione storico-critica delle opere conosciuta come Mega2 (“Marx-Engels-Gesamtausgabe).

si può seguire il corso dei pensieri di Marx, da quando prende in mano un libro, ne discorre per lettera con Engels, comincia a farne sunti ed estratti, fino alla elaborazione di commenti e di bozze, fino al discorso filato e finito.

In questa ottica gli interessi appaiono “enciclopedici” e Marx riesce a soddisfarli appena, pur con la conoscenza di otto lingue.

Ogni lettore può scegliere in questa raccolta il tema che più lo interessa, oppure può utilizzarla come un libro di approfondimento e aggiornamento. La bibliografia citata è infatti la più abbondante e specializzata che possa trovarsi, e l’indice finale degli argomenti è un buon filo conduttore per orientarsi. E, naturalmente, porta il segno duro dello “spirito dei tempi” che a Lenin dedica 15 citazioni, 8 a Gramsci, 8 alla Luxemburg, 2 a Lukács, 2 ad Althusser, 13 ad Hegel, e zero a Korsch…

Possiamo riconoscere autocriticamente, noi italiani, che la “nostra” lettura è stata eurocentrica anche in quest’altro senso: abbiamo letto solo libri di italiani, francesi, tedeschi e qualche inglese. E invece qui troviamo “novità” nei temi, negli autori, nelle interpretazioni. Per un libro sul “vecchio” Marx che ci guarda dalla lontananza dei suoi 202 compleanni è una bella proposta.

Ma ci sono sorprese positive anche per chi ha qualche pratica di quel mare che è l’opera di Marx. Per cominciare, novità di contenuto, perché i saggi rendono conto delle ultime risultanze filologiche.

Marx si allarga dal suo blocco iniziale già amplissimo, filosofia-economia-storia-politica, terreni suoi da sempre, per dire la sua su territori più “marginali” (un esempio il Marx “giornalista”, sinora certamente sottovalutato come “lavoro per il pane”). Ed è questa la prova maggiore della sua attualità e imprescindibilità, pur nella profondità dei cambiamenti.

Un tempo serviva un Marx “dogmatico” per costruire una dottrina semplificata, non storicizzata, compattata sul leninismo e lo stalinismo, “guida per l’azione”, destinata alle masse da indottrinare e guidare alla lotta politica. Marx ha resistito a tanti di questi interventi, ai rimescolamenti della gerarchia delle sue opere, alla gabbia delle alternative secche: Marx giovane/Marx vecchio, Marx filosofo/Marx economista, delle “rotture epistemologiche”. Un Marx hegeliano; il Marx di Engels, del revisionismo di Bernstein e della Seconda Internazionale, del Lenin giovane che, anche come studioso di Marx. “sopra gli altri come aquila vola”, del marxismo-leninismo “d’acciaio”, ma inservibile, di Stalin; quello tutto “filosofico” di Lukàcs. In Italia quello del primo socialismo, di Loria e Labriola, di Croce, Gentile, Mondolfo. Il Marx al quale si concedeva la “scelta” tra “ciò che è vivo e ciò che è morto”. Quello tanto più complicato e creativo di Gramsci, e poi del così “diverso”, filosoficamente impegnativo, restauro (troppo sbilanciato sul ’43) di Della Volpe e della sua “scuola”…

Ma, alla fine, quel che resta, tra tante macerie e tanti monumenti, è il Marx che vive ancora nei suoi scritti, là dove sempre bisogna tornare, e che oggi ci è dato conoscere come mai prima, grazie a Mega2 che ha ripreso nel 1975 l’incredibile lavoro degli anni venti, di Riazanov, l’uomo che “sfilò” Marx dalle mani della Spd, lo fotografò e pubblicò, per finire vittima, anche lui, sommo marxologo, di Stalin, come tanti buoni marxisti.

La moltiplicazione dei temi, l’aumento dei testi disponibili, la caduta di tanti schemi, pongono oggi dinanzi a una “pericolosa” libertà, come è sempre, che può condurre a frammentare e a scombinare le tessere che compongono l’immagine di Marx. Il quale è, ci pare, un autore che si è mosso molto precocemente seguendo un proprio “filo conduttore”, che legge la propria vicenda regalandosi una patente di “coerenza”; ma che è, davvero, un autore che ha un “centro” da cui parte per andare a dar conto della realtà e a cui ritorna, e che ha un orizzonte teorico amplissimo. In Marx quasi mai la “cosa della logica” distorce o nasconde la “logica della cosa”, cioè l’analisi ravvicinata e puntuale; come rimprovera ad Hegel.

Anche chi appartiene alla “vecchia” generazione di lettori di Marx, leggendo questo libro, potrà rafforzarsi nella convinzione che “le fondamenta della sua analisi continuano a offrirci insostituibili armi critiche per ripensare la costruzione di una società alternativa al capitalismo”(Musto, Pref. p. XIII).

Nonostante intenti così ragionevoli e tanti ottimi risultati, qualche recensore ha visto in giro, nel libro, “sagrestani in adorazione”. E non si tratta di un improvvisato recensore ma di uno studioso che, già negli anni ‘60, ha pubblicato un apprezzato volume su “Alienazione e feticismo nel pensiero di Marx” e una monografia divulgativa. Buoni entrambi. L’accusa di “sacralizzare” Marx, sarebbe gravissima e antimarxista, se fosse vera. Ma è l’argomentare che zoppica: si rimprovera l’assenza di “Böhm-Bawerk, Bernstein, Pareto, Kelsen”: si ricorda il “formidabile attacco” di Bernstein; si stronca Marx per l’assenza di una “dottrina dello Stato”.

“Sacrestani in costante adorazione del Maestro”, ammonisce; mentre avremmo una “ricca tradizione del pensiero liberale” a cui inchinarci: Locke, Kant, Constant, e Toqueville. Parole in libertà, tanto più se aggiunge “dobbiamo studiare e meditare tutti i classici”. Futili consigli conditi da contraddittorie affermazioni: “Marx ha inaugurato un nuovo modo di guardare la storia” (di quanti filosofi si può dire?); “dopo Marx non è più possibile pensare come si pensava prima di Marx”(?); Marx è “un classico e non un Vangelo”(?).

Ma per mostrare, comunque, gratitudine per i contributi di tanto tempo fa, fornisco al recensore un primo elenco di pagine nelle quali potrà trovare osservazioni critiche a Marx: pp.26, 30, 99, 108, 117, 118, 156, 203, 204, 239, 240, 281, 305… alcune delle quali (Postone), puntano a una revisione radicale, a sua consolazione.

Per chiudere dando la parola al libro. Qualche riga da tre delle voci più riuscite del volume: “Capitalismo” di Kratke (Regno Unito); “Ecologia” di Bellamy Foster (Usa); “Democrazia” di Meiksins Wood (Canada).

Alla voce “Capitalismo” (p. 23): “(Marx) è da più parti considerato il primo ad aver scoperto e analizzato la tendenza alla “concentrazione e centralizzazione” del capitale (…), lo sviluppo del sistema industriale e la tendenza all’automazione, all’industrializzazione dell’agricoltura, alla diffusione della globalizzazione e alla creazione di una economia mondiale capitalista; e ancora, la tendenza all’ascesa del capitale associato e all’ascesa dei manager, l’accelerazione della circolazione, le rivoluzioni tecnologiche, l’ascesa di mercati finanziari del moderno sistema creditizio”.

Quanto poi alla sensibilità ecologica riscoperta in Marx in anni recenti: la verità è, al contrario, che è stata la nostra sensibilità ecologica, oggi, a essersi svegliata e che a quel risveglio non poteva che seguire una rilettura anche di Marx. A tal proposito è giusto ricordare le parole di M. Quaini del 1974 (!): “Marx (…) denunciò la spoliazione della natura prima che nascesse una moderna coscienza ecologica borghese”. Nel saggio di Bellamy Foster c’è una panoramica utile e chiara dell’incontro tra Marx e il tema ecologico e delle sue fasi: “La nozione marxiana del capitalismo come forza necessariamente dirompente e degradante rispetto ai processi della natura può essere rintracciata non solo nelle sue osservazioni su come il capitalismo ha depredato la natura, ma anche in quelle su come esso ha spogliato gli essere umani della loro essenza naturale-fisica (oltre che intellettuale), usandoli prematuramente per poi gettarli via, senza costi per il capitale” (p. 205).

Qualche riga da Meiksins Wood (p. 66): “L’essenza della ‘economia’ capitalistica consiste nel fatto che una gamma molto ampia delle attività umane, che in altri tempi e in altri luoghi erano soggette allo Stato o a regole comuni di vario genere, sono state trasferite all’interno del campo economico, sottoposte non solo alle gerarchie del luogo di lavoro, ma anche alle costrizioni del mercato, alle inarrestabili esigenze di massimizzazione del profitto e di accumulazione costante di capitale senza che nessuno di questi elementi sia assoggettato alla libertà o a un principio di responsabilità democratici”.

E queste altre, solo in apparenza paradossali, per chiudere: “Nessun signore feudale avrebbe potuto regolare così strettamente il lavoro del contadino come i processi di lavoro nel capitalismo sono regolati dal dominio del capitale”.

Questo volume ha tutto quel che serve per diventare un eccezionale, utilissimo, strumento di lavoro per chi, giovane e poco esperto volesse avvicinarsi alle tematiche essenziali del presente, con un occhio a Marx; e un libro di “meditazione”, come un “buon vino”, per chi, non più giovane, volesse ancora riprendere classici temi, per ricavarne che la “lotta” – per Marx il senso stesso della vita – è nelle cose stesse, e che la caduta del muro di Berlino ha dato solo un breve respiro al vecchio sogno di ogni buon borghese: il “capitalismo senza storia”. Ma era solo un “fermo-immagine”; la storia continua…

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Juan Dal Maso, La Izquierda Diario

Hay libros cortos que son grandes libros. Tal es el caso de Karl Marx 1881-1883. El último viaje del Moro, de Marcello Musto.

El original en italiano fue publicado en 2016 por Donzelli Editore y la versión en castellano salió por Siglo XXI México este año, con traducción de Agustín Santella.

El texto tiene 184 páginas y su autor es un reconocido especialista en la obra y vida de Marx.

Este libro tiene particular importancia para el público latinoamericano porque se refiere a un momento de la trayectoria de Marx en el que este abordó directamente problemas relacionados con cuestiones que se discuten en nuestro subcontinente dentro y fuera del marxismo: la relación entre el marxismo y los países periféricos, la relación entre la clase obrera y otros movimientos o sectores populares, la interpretación del marxismo como supuesta “filosofía de la historia” de corte “eurocéntrico”, entre otras.

Pero más allá de esa peculiaridad, vale leerlo por su apuesta global. Musto propone revalorizar el trabajo del último Marx. En esto se diferencia de algunos de sus principales biógrafos dentro del marxismo –como Mehring o Riazanov– que consideraron poco productivo teóricamente el período de sus últimos años.

El primer capítulo del libro presenta a Marx en su casa ubicada en Maitland Park Road 41, en un barrio periférico londinense. Libros por todas partes y un aparente desorden cuya lógica sin embargo era clara para Marx, que siempre encontraba lo que buscaba, para seguir trabajando. En ese momento, tenía en preparación el Libro segundo de El Capital, que finalmente fue publicado de manera póstuma por Engels. La casa era un lugar de encuentro para numerosos personajes relacionados con el movimiento socialista, encuentros que se fueron apagando en la medida en que empeoraba la salud de Marx y la de su esposa Jenny.

Musto destaca el estudio por Marx de una serie de obras, del cual dejó testimonio en sus Cuadernos antropológicos (también conocidos como Cuadernos o apuntes etnológicos). Aquí se destacan las reflexiones de Marx sobre el libro de Lewis Morgan La sociedad antigua, las cuales fueron retomadas luego por Engels en El origen de la familia, la propiedad privada y el Estado. Junto con este libro, también comentó Java, o cómo administrar una colonia de James Money, El poblado ario en India y Ceylan de John Phear y Lecciones sobre la historia antigua de las instituciones de Henry Maine.

Musto subraya que las reflexiones de Marx sobre estos textos, especialmente sobre el de Morgan, estaban orientadas a la búsqueda de una ampliación de los conocimientos sobre áreas geográficas y tiempos históricos distintos de la historia reciente europea. A través de este estudio, Marx pretendía profundizar la crítica de la economía política.

Entre la publicación del Libro primero de El Capital y estas lecturas, Marx había prestado especial atención al libro de Kovalevski La propiedad común de la tierra (1879), de modo tal que con nuevos materiales intentaba avanzar en una comprensión más profunda de la historia de los modos de producción anteriores al capitalismo. En ese contexto, resultaba muy significativa la investigación de Morgan, que cuestionaba la familia patriarcal como forma originaria de organización social. Retomando la importancia de la gens estudiada por Morgan, cuyo “linaje” se definía por línea materna, Marx criticaba los planteos de Maine en sus Lecciones, tildándolo de “estúpido inglés” por naturalizar la familia patriarcal. En la perspectiva de Marx, este tipo de organización familiar se asociaba directamente con la servidumbre primero y con la propiedad privada moderna después. También cuestionaba el fetichismo de Maine en relación con el Estado, señalando que el Estado era una excrecencia del desarrollo social, aparecida en determinado momento de la historia y destinada a desaparecer cuando la sociedad humana lograse nuevos grados de desarrollo, superando la división en clases.

De Morgan destacó Marx la cuestión de la paridad entre hombres y mujeres, así como sus reflexiones sobre la decadencia de la sociedad moderna dominada por la propiedad privada y el Estado y su utopía de una suerte de retorno (en otras condiciones) a las formas antiguas de organización social. La perspectiva de Marx era diferente, en tanto no pretendía volver a un pasado idealizado, sino revolucionar la sociedad actual para dar lugar al desarrollo de un modo de producción que superase las contradicciones de clase y creara condiciones para la supresión de las diferencias por raza y género, que Marx consideraba necesario combatir de manera permanente para que la clase trabajadora pudiera ser independiente de la burguesía. Recordemos que ya en sus Manuscritos de 1844 había planteado que la situación de la mujer en relación con el hombre debía ser tomada como medida del progreso de la sociedad (idea ya presente en el socialista utópico Fourier). Posteriormente, la cuestión de la subordinación de la mujer al hombre había sido retomada por Engels en El origen de la familia, la propiedad privada y el Estado, como un primer antecedente de la lucha de clases, reflexión que completaba las de Marx en sus apuntes.

Marx había anotado varios insultos en los momentos en que Maine realizaba comentarios racistas, pero es sobre todo en torno al libro de Phear que analizó los perjuicios generados por la presencia europea en Asia.

La cuestión de las posiciones de Marx sobre el colonialismo ha sido muy discutida, especialmente en América Latina, donde las corrientes nacionalistas burguesas intentaron presentar reiteradamente a Marx como un apologista de la expansión colonial. Se basaron en su primera evaluación de la colonización de la India como algo humanamente reprobable pero históricamente necesario (1853). Pero olvidaron casualmente los posicionamientos posteriores de Marx en apoyo a la lucha de los pueblos de la India y China contra los británicos (1857). Musto expone con sencillez y claridad lo insostenible de estas acusaciones.

Prosigue Musto señalando el interés de Marx por las matemáticas, que lo llevó al estudio del análisis matemático y el álgebra, del cual surgieron unos apuntes que quizás no impliquen ninguna contribución especial a la materia, pero testimonian el interés multidisciplinario de Marx y su intento de darle base científica a sus investigaciones económicas, tanto desde el punto de vista empírico como de las demostraciones lógico-matemáticas.

El segundo capítulo rescata los análisis de Marx sobre la comuna rural rusa. Recordemos que ante la consulta de Vera Zasulich, Marx había respondido que no veía razones para transformar la explicación de la acumulación originaria capitalista desarrollada en el cap. XXIV del Libro primero de El Capital en un esquema por el cual tuvieran que pasar todos los países. Particularmente sobre la comuna rusa, señalaba que había una diferencia sustancial entre el paso de una forma de propiedad agraria comunal a otra privada y de una pequeña propiedad privada a una gran propiedad (como había ocurrido en el caso de los campesinos del Reino Unido). A su vez destacaba que, habiendo sobrevivido hasta el desarrollo del capitalismo moderno en Occidente, la comuna rusa podía valerse de los adelantos técnicos para superar las dificultades a que la sometía el régimen zarista. De este modo, Marx no descartaba que en Rusia pudiera pasarse de la comuna campesina a una forma de colectivización socialista.

El debate sobre este tema ha estado presente en América Latina por varias razones. Una de ellas es que uno de los principales marxistas del subcontinente, José Carlos Mariátegui, planteó algo muy parecido sobre la comunidad indígena en el Perú, sin haber conocido la posición de Marx (la carta se publicó en ruso por primera vez en 1926). La otra surge de los debates sobre Marx y América Latina, donde se destaca la intervención de José Aricó, rescatando las mismas lecturas realizadas por Marx sobre las que Musto llama la atención, aunque sin entrar tan en detalle como Musto en su análisis específico [1]. Por último, es tema de discusión reciente a partir de las intervenciones de Enrique Dusell y más en general por el cuestionamiento realizado por la llamada corriente “decolonial” contra el supuesto “eurocentrismo” de Marx como individuo y del marxismo como teoría. Estos debates fueron retomados también en la Argentina por autores marxistas como Néstor Kohan y Ariel Petruccelli. Este último aborda el tema en un libro reciente, titulado Ciencia y utopía en Marx y en la tradición marxista (2016), en el que realiza un análisis minucioso de estos intercambios de cartas entre Marx y Vera Zasulich, así como de los intercambios de cartas entre Engels y Danielson, rescatando la posición de Marx en términos de una lectura sobre la posibilidad de una revolución socialista en Rusia, saliendo de cualquier esquema etapista o teleológico.

Musto reivindica los análisis de Marx como parte de su interés por conocer otras realidades históricas y geográficas que le permitiesen entender la realidad del capitalismo, pero también como un posicionamiento político a favor de los revolucionarios rusos, a los que apoyaba más allá de las cuestiones estrictas de programa o estrategia, por considerar que Rusia y el Reino Unido eran los baluartes de la reacción europea. Muestra que el análisis de Marx expresa una lectura del desarrollo histórico en términos multilineales y un interés por la comprensión de las realidades singulares, desde una lectura que buscaba articular lo más posible una comprensión de la totalidad, acorde con su concepción dialéctica.

Sin embargo, a diferencia de otras posturas, sostiene que Marx no fue un “orientalista” (en el sentido de adjudicar a los países asiáticos ciertas características peculiares de “atraso” pintoresco) ni hizo una suerte de “giro tercermundista” ni una ruptura con sus posiciones anteriores. Propone leer la posición de Marx en términos de un desarrollo de sus elaboraciones precedentes. Para fundamentar su interpretación, recuerda que Marx nunca dejó de lado la idea del proletariado moderno como sujeto revolucionario (lo cual se puede constatar en sus críticas al libro de Bakunin Estado y Anarquía de 1875). A su vez, destaca que Marx sostenía la ligazón de la revolución en Rusia con la revolución europea lo cual estaba planteado en su prólogo de 1882 a la edición rusa de El Manifiesto del Partido Comunista, escrito con Engels (cuestión que en la carta a Zasulich no estaba abordada exactamente en los mismos términos, sino sobre todo señalando la importancia de que la comuna rusa tomase la tecnología de Occidente).

El tercer capítulo aborda las vicisitudes de Marx, su compañera Jenny von Westphalen y sus hijas, mostrando las penurias a las que estuvieron sometidos, más por los problemas de salud y la muerte de Jenny que por la precariedad económica (que también marcó su existencia pero frente a la que contaron siempre con la colaboración incondicional de Engels). Asimismo analiza las dificultades para la difusión de El Capital en Europa, los debates con los socialistas británicos, alemanes y franceses. Con estos últimos Marx había discutido y elaborado un “Programa electoral de los trabajadores socialistas” (1880) que figura como apéndice del libro, en el cual resumía los objetivos comunistas ligándolos a ciertas reivindicaciones inmediatas como la limitación de la jornada laboral, la libertad de prensa, la abolición de los impuestos que afectan los salarios, la anulación de la deuda pública y otros. En relación a los problemas de programa y estrategia, Musto destaca el rechazo de Marx a presentar planteos predeterminados por fuera de las situaciones concretas. También había rechazado la propuesta de “salario mínimo” de Lafargue, porque consideraba que le dejaba servida en bandeja a la burguesía la posibilidad de “transformar el mínimo en máximo”. De una discusión con el socialista holandés Nieuwenhuis, el autor rescata la idea en Marx de la revolución como un proceso “largo y complejo”. Si bien Musto repasa con exactitud las discusiones realizadas por Marx en ese momento (1881-1883) se podría ampliar un poco más el abordaje de la cuestión para profundizar en el conocimiento de las reflexiones políticas del último Marx. Podemos destacar que después de la Comuna de París Marx saca conclusiones sobre el problema del Estado, especialmente la necesidad de la clase trabajadora de destruir el aparato del Estado burgués una vez conquistado el poder, como sostiene en La guerra civil en Francia (1871) y en el prólogo a la edición alemana del Manifiesto del Partido Comunista de 1872. En el mismo sentido, sus críticas al Programa de Gotha (1875), especialmente sobre su concepción del Estado y su visión reformista del socialismo y las posiciones vertidas junto con Engels en la circular de 1879 a Bebel, W. Liebchneckt, Bracke y otros. En esa carta, ambos amigos fustigaban a Bernstein y otros socialistas alemanes por su posición de diluir el carácter obrero del partido y transformarlo en un partido de la democracia burguesa, alejado de la lucha de clases e incluso opuesto a ella. En síntesis, entre 1872 y 1882, podemos decir que Marx hizo mucho hincapié en una definición rigurosa de las tareas de la revolución frente al Estado, en la defensa del carácter proletario del partido y del método de lucha de clases y en el marco de que no avizoraba una revolución inminente, propugnó la táctica de la intervención electoral.

Durante la enfermedad de Jenny, Marx elaboró una cronología histórica que iba desde el año 91 AC hasta la Paz de Westfalia que había dado fin a la Guerra de los Treinta Años en 1648. Desde la antigua Roma pasando por el Imperio carolingio, las ciudades-estado italianas, las Cruzadas, la república florentina y las guerras de religión europeas, Marx prestó especial atención a los cambios en las formas del Estado. La muerte de Jenny el 2 de diciembre de 1882 fue un golpe irremontable para Marx, que además de los crecientes problemas de salud (especialmente problemas respiratorios) se había quedado sin su compañera de toda la vida.

Las últimas páginas del libro recuerdan un insólito viaje de Marx a Argelia, permaneciendo en Argel durante 72 días entre febrero y mayo de 1882. Lo insólito del viaje tiene que ver con sus pésimos resultados. Destinado a servir como una experiencia que mejorase su estado de salud, finalmente le impuso nuevos sufrimientos porque, a contramano de los pronósticos que habían entusiasmado a Engels para impulsar a su amigo a realizar el viaje, el tiempo fue pésimo y el invierno muy frío. En la correspondencia escrita desde Argel, Marx expresa simpatía por el pueblo argelino y observa con mucha atención las diferencias de costumbres con Europa occidental, así como los elementos de hibridación entre las dos culturas producto de la colonización francesa. De vuelta hacia Francia y luego hacia Inglaterra, pasó por Montecarlo y retrató con ironía y cierta perplejidad las costumbres y los personajes que campeaban por esa ciudad en la que todo giraba alrededor del Casino, llena de aventureros y ricachones.

La muerte de su hija Jenny en enero de 1883 y su muerte en marzo del mismo año cierran el relato de las vicisitudes de un hombre que alguna vez dijo que la felicidad estaba en la lucha y que su obra El Capital iba a ser un golpe en el plano teórico del que la burguesía no se recuperaría jamás.

El texto de Musto recoge estas y otras peripecias, con un nivel de detalle destacable, tanto que podemos imaginarnos a Marx leyendo a Esquilo o a Cervantes o mirando con desconfianza a Kautsky (“es inteligente pero tiene el tipo del filisteo” había dicho) o encorvado sobre pilas de libros de economistas y sociólogos rusos. Al mismo tiempo, reconstruye con mucha empatía sus relaciones afectivas, sus preocupaciones, su angustia por no poder estar trabajando a tiempo completo por la causa de la clase trabajadora y el pueblo. Pero también expone la fuerza de un pensamiento que incluso en las peores circunstancias fue capaz de encontrar nuevas puntas para tirar del hilo, pensar la historia, la política y las iniciativas prácticas necesarias para la lucha revolucionaria.

En síntesis, un libro de mucha actualidad para pensar las potencialidades del marxismo, de cara a una nueva crisis histórica del capitalismo.

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Valdemar Cruz, Expresso

No dia 5 de janeiro de 1879, o jornal “The Chicago Tribune” publicava uma entrevista com o filósofo alemão Karl Marx (1818-1883).

Ja com 61 anos, Marx deixa uma resposta lapidar e premonitória: “Se eu fasse responder a tudo o que foi dito e escrito sobre mim, teria de contratar 20 secretários.” Lon­ge de ser ditada por sobranceria, a frase revela, antes de mais, a essencial noção do quanto, jà então, o seu pensamento era deturpado e manipulado, como continuou e continua a suceder, não obstante o renovado interesse e estudo dos seus conceitos teóricos. Embora se circunscreva aos últimos anos de vida de Marx, num arco temporal situado en­tre 1881 e 1883, quando sucumbe à sua própria doença e após dois anos mar­cados por dramas familiares, problemas económicos e a morte da mulher e companheira de luta, a ativista Johan­na von Westphalen, o livro do italiano Marcello Musto e um bom ponto de partida para uma viagem por algumas componentes do universo marxista. Centrado nos dois últimos anos de vida do filósofo, um período sobre o qual ha a tendência para acolher a ideia de um Marx menos produtivo e incisivo, esta pequena biografia põe em evidencia o modo como, ate naquele período difícil do ponto de vista pessoal, este não deixou de estender as suas investiga­ções aos mais diverses domínios. Com base em manuscritos pouco conhe­cidos, Musto mostra como o autor de “O Capital” passa a interessar-se pela matemática, pela antropologia, pelas particularidades do mundo árabe e até pelas questões do colonialismo euro­peu. Musto inclui ainda entrevistas com Eric Hobsbawm (1917-2012), um dos mais reputados historiadores marxistas ingleses, membro do PC da Grã-Bre­tanha desde 1931 ate a sua extinção em 1991, e com Immanuel Wallerstein (1930-2019), um dos mais influentes sociólogos dos EUA e membro do “Gang of Four”, grupo de academicos dedicados ao estudo e abolição do capitalismo global.

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Sapo Mag

“Os Últimos Anos de Marx”: livro de Marcello Musto editado em Portugal

A publicação em Portugal da obra “Os Últimos Anos de Marx”, de Marcello Musto, com tradução de Rubens Enderie, foi anunciada na sexta-feira pela editora Parsifal.

“Este livro analisa as duas principais distorções feitas ao seu trabalho: por um lado, que Marx deixara de escrever no final da sua vida; por outro, que era um pensador eurocêntrico e económico, concentrado apenas no conflito entre classes”, escreve a editora, destacando os “últimos manuscritos e correspondência de Marx, em que que se diferencia da forma como tinha vindo a ser representado pelos seguidores e críticos [seus] contemporâneos”.
Nos últimos anos, Karl Marx (1818-1883) escreveu sobre as novas descobertas antropológicas, analisou diferentes modos de propriedade de bens em sociedades pré-capitalistas, apoiou o movimento populista na Rússia e criticou a opressão na Índia, Irlanda, Argélia e Egipto, recorda a editora.
O italiano Marcello Musto é professor de Teoria Sociológica na Universidade de York, em Toronto, autor ou coautor, editor e organizador de várias obras como “Another Marx: Early Manuscripts to the International”, “Ripensare Marx e i marxismi”, “Studi e Saggi” ou “Karl Marx. Biografia Intellettuale e Politica”.

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Journalism

Wajah Baru Marx Setelah Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA) (Bagian I)

I. Kebangkitan Marx
SELAMA lebih dari satu dekade terakhir, jurnal-jurnal dan surat kabar bergengsi dengan pembaca luas telah mendeskripsikan Karl Marx sebagai teoretikus dengan pandangan jauh ke depan yang relevansinya terus memperoleh konfirmasi.
Banyak pengarang dengan pandangan progresif mempertahankan pendapat mereka bahwa ide-idenya tetap tak tergantikan bagi siapapun yang meyakini pentingnya membangun alternatif terhadap kapitalisme. Hampir di manapun juga, ia kini menjadi tema dalam mata kuliah di universitas dan konferensi-konferensi internasional. Tulisan-tulisannya yang dicetak kembali ataupun disusun dalam edisi-edisi baru telah muncul lagi di rak-rak toko buku, dan studi atas karyanya, setelah diabaikan selama dua puluh tahun lebih, telah mendapatkan momentum yang terus meningkat. Tahun 2017 dan 2018 menyaksikan intensitas yang lebih jauh lagi dari “kebangkitan Marx” ini, berkat banyak inisiatif dari berbagai penjuru dunia terkait dengan peringatan 150 tahun penerbitan Kapital dan dua abad kelahiran Marx.
Ide-ide Marx telah mengubah dunia. Namun meski teori-teorinya telah diafirmasi, bahkan menjadi ideologi dominan dan ajaran negara di banyak tempat pada abad ke-20, belum ada edisi lengkap dari seluruh karya dan manuskripnya. Alasannya terletak pada sifat karya-karya Marx yang tidak lengkap; tulisan-tulisan yang ia terbitkan terhitung jauh lebih sedikit daripada tulisan-tulisan yang tidak ia selesaikan, belum lagi catatan-catatan Nachlass yang menggunung terkait dengan penelitian-penelitiannya yang tidak ada habisnya. Marx meninggalkan lebih banyak naskah daripada yang ia kirim ke percetakan. Ketidaklengkapan adalah bagian tak terpisahkan dari hidup Marx: kemiskinan yang acapkali mewarnai hidupnya, kondisi tubuhnya yang sakit-sakitan, ditambah kecemasan-kecemasan harian; metodenya yang ketat dan otokritik tanpa ampun semakin menambah kesulitan hidupnya. Lebih-lebih, hasratnya akan pengetahuan tak pernah surut dan mengantarkannya pada studi-studi baru. Namun, kerja tanpa hentinya membawa konsekuensi-konsekuensi teoretis yang luar biasa bagi masa depan.
Materi yang sangat berharga untuk mengevaluasi kembali pencapaian Marx adalah lanjutan penerbitan Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA) pada tahun 1998, yaitu edisi historis-kritis karya lengkap Marx dan Friedrich Engels. Lebih dari dua puluh delapan volume telah muncul (empat puluh lainnya telah diterbitkan antara 1975 dan 1989), dan volume-volume lainnya sedang dipersiapkan (untuk lebih detilnya lihat artikel saya “Kembalinya Sang Raksasa”, IndoProgress, 3 September 2018). MEGA disusun dalam empat bagian: (1) seluruh karya, artikel, dan naskah awal yang ditulis oleh Marx dan Engels (dengan perkecualian Kapital); (2) Kapital dan seluruh materi persiapannya; (3) korespondensi—terdiri atas 4.000 surat dari Marx dan Engels dan 10.000 yang ditujukan pada mereka, yang banyak di antaranya baru diterbitkan untuk pertama kalinya dalam MEGA; dan (4) catatan-catatan kecil. Bagian keempat ini menjadi saksi atas kerja-kerja Marx yang sangat ensiklopedik: sejak berkuliah di universitas, ia telah mengembangkan kebiasaan mengkoleksi catatan dari buku-buku yang ia baca, dan seringkali membubuhinya dengan refleksi-refleksi atas bacaan tersebut. Koleksi Marx ini mencakup dua ratus buku catatan. Koleksi ini esensial perannya untuk memahami asal-mula teorinya dan elemen-elemen yang tidak mampu ia kembangkan seturut rencana awal. Catatan-catatan yang tertinggal, dari 1838 hingga 1882, ditulis dalam delapan bahasa (Jerman, Yunani kuno, Latin, Prancis, Inggris, Italia, Spanyol, dan Rusia), dan merujuk pada disiplin-disiplin yang sangat beragam, seperti filsafat, sejarah seni, agama, politik, hukum, sastra, sejarah, ekonomi-politik, hubungan internasional, teknologi, matematika, fisiologi, geologi, mineralogi, agronomi, antropologi, kimia, dan fisika—mencakup bukan hanya buku-buku, surat kabar, dan artikel-artikel jurnal, tetapi juga catatan sidang parlemen dan laporan-laporan statistik pemerintah. Simpanan pengetahuan yang luar biasa ini, banyak di antaranya terbit beberapa tahun terakhir atau masih menunggu penerbitan, adalah situs pembangunan teori kritis Marx, dan MEGA telah membuka akses padanya untuk pertama kali.

II. Penemuan-Penemuan Baru tentang Asal-Mula Konsepsi Materialis atas Sejarah
Pada Februari 1845, setelah 15 bulan yang intensif di Paris yang krusial bagi formasi politiknya, Marx terpaksa pindah ke Brussels. Di sana ia diizinkan tinggal dengan syarat “tidak menerbitkan tulisan apapun tentang politik kekinian”. Selama tiga tahun yang dihabiskan di ibukota Belgia, ia terus mengejar studinya tentang ekonomi-politik dan berpikir untuk menulis, bersama Engels, Joseph Weydemeyer dan Moses Hess, suatu “kritik atas filsafat Jerman modern sebagaimana digambarkan oleh Ludwig Feuerbach, Bruno Bauer, dan Max Stirner, dan atas sosialisme Jerman sebagaimana dinyatakan oleh nabi-nabinya”. Hasilnya, yang kemudian diterbitkan dengan judul Ideologi Jerman, memiliki tujuan ganda: memerangi bentuk-bentuk mutakhir neo-Hegelianisme di Jerman, dan kemudian, seperti yang dinyatakan dalam surat Marx kepada penerbit Carl Wilhelm Julius Leske, “menyiapkan publik untuk memahami perspektif dalam karya saya tentang ekonomi, yang sangat bertentangan dengan keilmuan Jerman pada masa lalu dan sekarang”. Naskah ini yang ia kerjakan hingga Juni 1846 ini tak pernah tuntas, namun mampu membantunya memperoleh kejelasan yang lebih lagi—meski belum mencapai bentuk definitifnya—tentang apa didefinisikan Engels di hadapan publik luas empat puluh tahun kelak sebagai “konsepsi materialis tentang sejarah”.
Edisi pertama Ideologi Jerman (terbit pada 1932) dan juga versi-versi mutakhirnya yang hanya menyertakan sedikit perubahan dikirimkan kepada percetakan seperti sebuah buku yang telah tuntas ditulis. Secara khusus, para editor naskah yang sebenarnya belum selesai pekerjaannya ini menciptakan kesan keliru bahwa Ideologi Jerman mencakup bab pembuka tentang Feuerbach yang esensial perannya, di mana Marx dan Engels secara lengkap meletakkan hukum-hukum “materialisme historis” (istilah yang tak pernah digunakan oleh Marx). Menurut Althusser, ini adalah momen di mana mereka mengkonseptualisasikan “patahan epistemologis yang signifikan” dari tulisan-tulisan mereka sebelumnya. Ideologi Jerman segera menjadi salah satu teks filosofis terpenting di abad keduapuluh. Menurut Henri Lefebvre, buku tersebut meletakkan “tesis-tesis fundamental materialisme historis”. Maximilien Rubel berpendapat bahwa “naskah ini mengandung pernyataan yang paling jelas tentang konsep sejarah yang kritis dan materialis”. David McLellan juga berujar bahwa naskah ini “mengandung penjelasan paling detil dari Marx tentang konsepsi sejarah materialisnya”.
Karena volume I/5 dari MEGA, “Karl Marx – Friedrich Engels, Deutsche Ideologie. Manuskripte und Drucke (1845-1847)”, klaim-klaim seperti di atas kini bisa diredam dan Ideologi Jerman kembali dilihat sebagai karya yang tidak lengkap. Edisi ini—yang mencakup 17 naskah dengan total 700 halaman plus 1.200 halaman catatan kritis yang menyediakan banyak ragam dan koreksi dari pengarang, serta menunjukkan kesalingtergantungan bagian-bagiannya—menegaskan secara utuh karakter fragmentatif dari Ideologi Jerman. Kesalahan “komunisme ilmiah” pada abad ke-20 dan seluruh instrumentalisasi Ideologi Jerman mendorong kita untuk mencari sebuah frasa dalam teks itu sendiri. Sebab, kritik tajam atas filsafat Jerman di zaman ketika Marx masih hidup juga memberikan peringatan serius terhadap tren-tren eksegetikal di masa depan: “Bukan hanya dalam jawaban-jawabannya, bahkan dalam pernyataan-pernyataannya pun terdapat suatu mistifikasi”.
Dalam periode yang sama, sang revolusioner muda asal Trier itu melanjutkan studi-studi yang telah ia mulai di Paris. Ia menghabiskan bulan Juli dan Agustus 1945 di Manchester, menenggelamkan diri dalam lautan bacaan ekonomi berbahasa Inggris dan mengumpulkan catatan sebanyak sembilan buku (yang kelak disebut sebagai “Catatan-Catatan Manchester”), kebanyakan buku panduan ekonomi-politik dan sejarah ekonomi. Volume IV/4 MEGA yang terbit pada 1988 mengandung lima buku pertama dari catatan-catatan ini, bersama dengan tiga buku dari catatan-catatan Engels pada saat yang sama di Manchester. Volume IV/5, “Karl Marx – Friedrich Engels, Exzerpte und Notizen Juli 1845 bis Dezember 1850”, melengkapi serial teks ini dan membuat bagian-bagian sebelumnya yang belum terbit tersedia pada para peneliti. Ini mencakup buku-buku catatan 6, 7, 8, dan 9, yang mengandung catatan-catatan Marx dari 16 karya ekonomi-politik. Catatan terbanyak dibuatnya dari buku John Francis Bray, Labour’s Wrongs and Labour’s Remedy (1839) dan empat teks Robert Owen, khususnya Book of the New Moral World (1840-1844), yang semuanya menunjukkan minat Marx yang besar pada saat itu terhadap sosialisme Inggris dan rasa hormatnya kepada Owen, penulis yang diabaikan dan terburu-buru dicap “utopis” oleh kaum Marxis. Volume tersebut diakhiri dengan dua puluh atau lebih halaman yang ditulis Marx antara 1846 dan 1850, plus beberapa catatan studi Engels dari periode yang sama.
Studi-studi teori sosialis dan ekonomi-politik ini tidak menghalangi keterlibatan politik Marx dan Engels. Sebanyak 800 halaman lebih volume I/7 yang baru saja terbit, “Karl Marx – Friedrich Engels, Werke, Artikel, Entwürfe. Februar bis Oktober 1848”, memungkinkan kita mengapresiasi besaran aspek ini pada 1848: salah satu tahun yang paling padat dengan aktivitas politik dan jurnalisme para penulis Manifesto Komunis. Setelah gerakan revolusioner yang cakupan dan intensitasnya hingga masa itu tak tertandingi sukses mendorong tatanan sosial dan politik Eropa kepada krisis, pemerintahan-pemerintahan yang ada mengupayakan segala langkah-langkah tandingan untuk mengakhiri pemberontakan. Marx sendiri menanggung konsekuensi-konsekuensinya dan diusir dari Belgia pada Maret. Namun, sebuah republik baru saja diproklamirkan di Prancis, dan Ferdinand Flocon, pejabat pemerintahan sementara, mengundang Marx untuk kembali ke Paris: “Marx yang pemberani dan terkasih, (…) tirani telah mengusirmu, tetapi Prancis yang merdeka akan membuka kembali pintunya untukmu”. Marx segera mengesampingkan studi-studi ekonomi-politiknya dan melakukan aktivitas jurnalistik guna mendukung revolusi tersebut, turut mengarahkan orientasi politik sesuai kemauannya. Setelah menjalani periode singkat di Paris, pada April ia pindah ke Rhineland dan dua bulan kemudian mulai menyunting Neue Rheinische Zeitung yang didirikan di Cologne. Kampanye yang intens dalam kolom-kolomnya memberi bobot dukungan yang kuat kepada para pemberontak dan mendorong kaum proletar untuk menyokong “revolusi sosial dan republikan”.
Hampir seluruh artikel dalam Neue Rheinische Zeitung diterbitkan secara anonim. Salah satu keunggulan volume ini adalah koreksinya atas kepengarangan 36 teks pada Marx atau Engels, sementara koleksi-koleksi sebelumnya membuat kita bingung mengenai siapa yang menulis teks yang mana. Dari total 275 teks, 125 secara lengkap dicetak di sini untuk pertama kalinya dalam edisi karya Marx dan Engels. Bagian Apendiks juga menampilkan 16 dokumen menarik yang mengandung catatan-catatan tentang intervensi-intervensi mereka dalam rapat-rapat Liga Komunis, agregat Masyarakat Demokratik Cologne, dan Serikat Vienna. Di sini, mereka yang tertarik pada aktivitas politik dan jurnalistik Marx selama ‘tahun revolusi’ 1848 akan menemukan banyaknya bahan tak ternilai untuk memperdalam pengetahuan.

 

Bagian II

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Lorenzo Mari, Fata Morgana

Prima che l’attuale situazione di pandemia prendesse il sopravvento tanto nell’attenzione mediatica quanto nel dibattito culturale, ad agitare la speculazione teorico-filosofica era, innanzitutto, la riflessione sulla crisi economico-finanziaria iniziata nel 2007, che ad oggi è ancora in corso, risultando ulteriormente aggravata dalle circostanze attuali.

Eguale rilevanza aveva guadagnato, negli ultimi tempi, il dibattito sull’orizzonte temporale e interpretativo dell’Antropocene, sulla spinta – a livello di immaginario mediatico, almeno – dei nuovi movimenti di protesta che si concentrano sul climate change.

Ora, invece, le cronache culturali sembrano essere dominate dal ritorno al paradigma della biopolitica – principalmente rappresentato dalle opere di Michel Foucault e Giorgio Agamben – con l’apertura, allo stesso tempo, di un curioso scollamento tra la critica teorica e le sue opzioni interpretative e operative. Tra gli altri, ne hanno recentemente parlato, da posizioni diverse, Davide Grasso e Luca Illetterati, commentando una serie di interventi sulla biopolitica della pandemia firmati dallo stesso Agamben. Illetterati, ad esempio, ha puntualizzato in modo molto chiaro l’esigenza di «pensare e ripensare […] la sclerotizzazione delle nostre prassi discorsive dentro opposizioni» e, più in generale, tutte quelle tassonomie «che si reggono solo a partire dalla loro reciproca unilateralità».

Tuttavia, si è presentato un rischio più o meno analogo anche nel caso della tradizione marxista, quando questa è stata chiamata in causa a proposito della crisi economico-finanziaria globale. Vi si può rintracciare, in effetti, un simile accentramento para-divistico dell’iconografia: basti pensare alle copertine più volte dedicate a Karl Marx dal Times negli ultimi anni come icona di un posizionamento “critico” rispetto alle periodiche crisi del capitalismo – “critica” mai di caratura realmente politica o economica, e regolarmente disattesa dalla linea editoriale della rivista, alla quale si adatterebbero meglio, forse, le fisionomie di David Ricardo o di Milton Friedman. Anche la possibilità del discredito, basata sulla sclerotizzazione, nella contemporaneità, di alcune categorie del pensiero di Marx, è stata analoga.

L’antologia Marx revival, a cura di Marcello Musto, si può leggere innanzitutto come un intervento in questa direzione, volto a chiarire, come si legge nel sottotitolo, i concetti essenziali del pensiero di Marx, aprendoli nello stesso tempo a Nuove letture. Se la si sottrae alle contingenze dichiarate nell’introduzione – relative alle iniziative organizzate tra 2017 e 2018 in occasione del 150° anniversario della pubblicazione del Capitale e del bicentenario della nascita di Marx – è proprio questo il merito principale dell’antologia: la rilettura del corpus di opere del filosofo di Treviri può uscire dalle categorie più usate e abusate per suscitare nuove letture, autenticamente utili nella contemporaneità.

La struttura è, in effetti, quella di un glossario che ai 22 lemmi proposti – si va da Capitalismo e Comunismo a Tecnologia e scienza e alla declinazione plurale dei Marxismi, passando per Lotta di classe, Ecologia, Migrazioni, Globalizzazione, ecc. – associa un saggio compilato di volta in volta da firme autorevoli, per la curatela di Marcello Musto, già autore di vari contributi importanti tra i quali si possono ricordare, a titolo di esempio, Sulle tracce di un fantasma. L’opera di Karl Marx tra filologia e filosofia (2005) e i più recenti volumi in inglese, Marx for Today (2012) e Another Marx: Early Manuscripts to the International (2018).

La ricerca di un “altro Marx” che inequivocabilmente trapela in questi titoli è chiaramente esplicitata anche nel presente volume, risultando articolata secondo molteplici direttive: con l’inclusione di voci come Genere, Migrazioni, Ecologia, l’antologia si pone nell’ottica di un dialogo proficuo, per quanto implicito, con quelle aree disciplinari, riunite sotto la definizione di Studies (Gender Studies, Postcolonial Studies e Environmental Studies, in particolare), che spesso si sono confrontate con l’eredità marxiana e marxista allo scopo di un’appropriazione selettiva se non anche di un netto allontanamento.

Significativa, a questo proposito, l’assenza di un lemma specificamente dedicato alla Cultura, parzialmente colmata dalle riflessioni di Isabelle Garo sull’Arte, ad evidenziare un’associazione estremamente problematica con i Cultural Studies, nel contesto di quello che Marco Gatto ha autorevolmente definito Marxismo culturale. Allo stesso tempo, lo sdoppiamento dell’ottica sintetizzato nei concetti essenziali e nelle nuove letture non consente sempre di poter prendere posizioni compiutamente informate di quelli che sono stati gli ampi dibattiti “con” e “contro Marx” inaugurati “prima degli Studies” e poi sviluppati secondo varie direzioni da questi ultimi.

In questo senso, quando Heather Brown affronta la questione del genere/gender, si concentra innanzitutto sulla considerazione dialettica di Marx dell’istituzione della famiglia, dimostrando come «l’enfasi posta sul cambiamento dialettico port[i] a una critica sistematica delle forme contemporanee del patriarcato» (Musto 2019, p. 237) che sembra mancare a certi intendimenti post-strutturalisti del femminismo che – l’affermazione è fortemente apodittica – «non hanno saputo elaborare un femminismo anti-capitalista» (ivi, p. 221). Se in questa posizione si sentono gli echi delle questioni rimesse sul tavolo da Nancy Fraser a partire da Fortunes of Feminism (2013), sembra invece mancare, tra le varie possibili in ambito femminista marxista, una riflessione sull’esclusione generalizzata del lavoro domestico come lavoro non salariato dalla prospettiva politica dello stesso Marx – punto sul quale si concentra invece la recente antologia di scritti di Silvia Federici, Genere e Capitale (2020).

In effetti, anche altri saggi di Marx revival portano l’attenzione sul lavoro non salariato, ma soltanto nell’ambito delle relazioni storiche, prima ancora che politiche o culturali, tra lavoro non salariato in condizioni di schiavitù e lavoro salariato. Se ne occupano, ad esempio, Pietro Basso, a proposito di migrazioni, Seongjin Jeong, parlando di globalizzazione, Sandro Mezzadra e Ranabbir Samaddar, a proposito di colonialismo/postcolonialismo, e Immanuel Wallerstein, in merito alla pluralità dei marxismi storicamente determinati.

Senza incorrere nella riproposizione di una qualche forma di teleologia, i vari studiosi inquadrano tale rapporto nella storia dell’espansione del “mercato mondiale” – cogliendo la grande frequenza del lemma Weltmarkt nelle opere di Marx (ivi, p. 325) – nei termini già marxiani del “sistema combinato e diseguale”, dove la forza-lavoro migrante è costantemente ricostituita come “esercito di riserva”. Prospettiva certamente necessaria per inquadrare i vari fenomeni entro una più articolata critica dell’economia politica, essa non mostra, tuttavia, la capacità operativa necessaria per insistere su quei pensieri e pratiche dell’intersezione che hanno avuto origine dall’incontro tra le varie forme di femminismo e di resistenza anticoloniale, com’è stato messo in luce negli ambiti dei Postcolonial e Gender Studies. Lo ricorda, in modo molto sintetico, Immanuel Wallerstein alla fine del suo intervento e del libro nel suo insieme, scrivendo che «la trinità formata da razza, genere e classe è ancora un tema centrale nella ridefinizione del marxismo» (ivi, pp. 447).

Più organico appare l’intervento sull’Ecologia, ovvero sull’eco-socialismo, di John Bellamy Foster, forte di una già lunga e importante produzione scientifica in materia. La ricapitolazione storica dell’incontro tra marxismo ed ecologismo perviene infatti a una sintesi, se non convincente, certamente affascinante, per la quale le due posizioni si possono incontrare e fondersi una nell’altra, se si ricorda che «[p]er Marx il socialismo era una nuova forma rivoluzionaria di riproduzione metabolica sociale finalizzata alla realizzazione di bisogni comunitari, radicata in condizioni di sostanziale uguaglianza e di sostenibilità ecologica» (ivi, p. 217). Si tratta di una posizione condivisa, in linea di massima, anche da Michael Löwy nel capitolo dedicato alla Rivoluzione, ma non da Michael Krätke che ritiene «molto improbabile» l’ipotesi che Marx censurasse moralisticamente la «crescita senza limiti» (ivi, p. 24) del Capitalismo.

Lo ha rilevato, tra gli altri, Antonio Carioti nella breve e non lusinghiera recensione del volume per La Lettura, ma questo – lungi dal costituire un problema di coerenza in un libro dichiaratamente plurale – segnala più che altro la difficoltà di riprendere, nello spazio dei brevi saggi di venti pagine circa che compongono il libro, la complessità della tradizione marxista, che per secoli si è confrontata sui vari temi e, nel caso specifico, sull’assioma per il quale l’espansione della produzione costituisce un limite interno ai sistemi capitalisti. Egualmente fuori fuoco può essere considerata la recensione di Alfonso Berardinelli, pubblicata sul Foglio, secondo la quale è certamente utile tornare alla «straordinaria, anche se ambivalente, importanza» dell’opera di Marx, ma «guai a diventare marxisti».

Entrambe le posizioni si concentrano sullo iato, sempre classico, tra eredità marxiana e marxista – iato che invece il volume si propone di superare, o meglio riarticolare dialetticamente, con una via irta di difficoltà e comunque affascinante come quella della “rilettura contemporanea dei concetti essenziali” dell’opera di Marx. Cercando anzi di evitare la sclerotizzazione di molte categorie e dibattiti e il loro scollamento dal piano più strettamente operativo, Marx revival indica proprio la necessità di ripensare la vigenza contemporanea del nesso marxiano/marxista. Oggi è questo “l’altro spettro che si aggira per l’Europa”, insieme alla non-vita virale, da accostarsi utilmente, poi, ai ragionamenti con e contro il paradigma biopolitico.

In questo modo si può forse realizzare – declinando il “mondo della vita” secondo modalità ancor più specifiche e coscienti dei propri spettri – anche la dichiarazione programmatica con la quale Luca Illetterati conclude il suo intervento sulle ultime posizioni di Agamben in merito alla pandemia:

Pensare l’innaturalità della natura e la naturalità dello spirito, ovvero ripensare in dialogo con le scienze della natura la nozione stessa di natura e ripensare in dialogo con le scienze umane ciò che la tradizione chiamava il mondo dello spirito, ovvero l’ambito della libertà e dunque la dimensione intersoggettiva e propriamente politica, senza ridurre per questo l’una all’altra e tuttavia cogliendone i nessi proprio a partire dalla nozione di vita è forse uno dei compiti (ovvero, ancora una volta, delle vocazioni, dei doveri, delle funzioni, dei ruoli) a cui la filosofia è oggi più che mai chiamata (Illetterati 2020).

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El Universal

Karl Marx, 1881-1883: El último viaje del moro, Marcello Musto; Siglo XXI Editores, México; 2020, 177 pp. Contra la idea muy extendida de que en sus últimos años de vida Karl Marx se alejó del trabajo filosófico, este libro de Marcello Musto analiza la atención que Marx puse en las varias formas de colonización en la India, Irlanda, Argelia y Egipto. Musto es unos de los mayores conocedores de la vida del filosofo nacido en Tréveris y del pensamiento marxista.

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Victoria Gearini, Aventuras na Historia

Casamento instável e filho bastardo: 5 obras sobre a vida íntima de Karl Marx

Considerado um dos maiores revolucionários socialistas, o pensador deixou um grande legado para a humanidade.

Filósofo, sociólogo, historiador, economista e jornalista, Karl Marx é considerado um dos maiores revolucionários socialistas. Nascido no dia 5 de maio de 1818, na Prússia, o pensador se tornou apátrida, por passar boa parte de sua vida em Londres. Devido ao seu vasto conhecimento foi responsável por elaborar duas grandes obras: O Manifesto Comunista (1848) e O Capital (1867-1894).
Defensor do socialismo, Marx foi importante para estabelecer a base dos estudos sobre a relação do trabalho com o capital, o que influência até hoje o pensamento econômico da sociedade. Desta forma, deixando um grande legado, este pensador acumula seguidores até os dias atuais.
Confira abaixo 5 obras sobre a vida íntima de Karl Marx, disponíveis na Amazon:
1. Karl Marx: Uma vida do século XIX, de Jonathan Sperber (2014)
Nesta obra, Jonathan Sperber conta detalhes da vida particular de um dos maiores filósofos da História. O autor revela informações inéditas sobre as obras completas de Marx e interliga com sua vida agitada como filósofo-economista do continente europeu, em um contexto de revoluções políticas e sociais.
2. Amor e capital: A saga familiar de Karl Marx e a história de uma revolução, de Mary Gabriel (2013)
Nesta biografia a escritora explora o lado humano e familiar de Karl Marx, revelando aspectos de sua vida pessoal, como seu casamento com a Jenny Von Westphalen. A obra retrata de forma profunda a relação entre Jenny e Marx, e conta, ainda, como a jovem teve seu amor colocado em prova enquanto o filósofo escrevia sua obra-prima, O Capital.
3. O Velho Marx. Uma Biografia de Seus Últimos Anos. 1881-1883, de  Marcello Musto (2018) – https://amzn.to/2VYfMxV
A obra apresenta uma análise de fatos pouco explorados da vida de Karl Marx. Por meio de uma pesquisa aprofundada, o escritor derruba o mito de que o filósofo teria suspendido suas pesquisas por causa de problemas de saúde. Ele explica ainda que Marx se dedicou ao estudo de outras áreas. Além disso, menciona o filho bastardo do pensador.
4. Karl Marx – Grandeza e ilusão, de Gareth Stedman Jones (2017)
Em Karl Marx: Grandeza e ilusão, Gareth Stedman Jones apresenta uma biografia polêmica de um dos maiores pensadores da humanidade. Nesta obra, Marx é apresentado como um homem diferente do que se é estudado. Além disso, é retratado como radical em alguns momentos
5. Karl Marx e o Nascimento da Sociedade Moderna. Biografia e Desenvolvimento de Sua Obra, de Michael Heinrich (2018)
Esta biografia dividida em três volumes promete relatar a vida pessoal de Marx e trazer reflexões sobre suas obras. O escritor investiga os primeiros anos de vida do filósofo, desde sua infância, até seu doutorado na Universidade de Iena.